Vai al contenuto

Se vedete la mia faccia alla stazione Termini

Non è il caldo o l’effetto della riforma elettorale di ABC, ma la mostra che la fotografa Fiorenza Stefani sta portando in giro per l’Italia (ne parla Repubblica qui): LA LEGALITÀ non è un’idea astratta: ha occhi, bocca e molte facce. Quelle di chi si è battuto e si batte contro la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta: sono gli “sguardi liberi” che Fiorenza Stefani ha fotografato attraversando l’Italia dal nord al sud. E che adesso viaggiano per il paese con la mostra “Il mio sguardo libero. Volti per la legalità”, dedicata a Giuseppe D’Avanzo e premiata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con una medaglia di rappresentanza. Da oggi al 30 aprile l’atrio della stazione Termini di Roma ospiterà quarantuno primi piani in bianco e nero di uomini e donne, noti e meno noti: dallo scrittore che denuncia in tutto il mondo le dinamiche con cui si arricchisce la camorra allo sconosciuto negoziante che decide di non farla arricchire più, e smette di pagare il pizzo. Inaugurata a Napoli lo scorso novembre, la mostra è arrivata a Roma con il patrocinio della Provincia di Roma e di GrandiStazioni. “È stato un lavoro realizzato a poco a poco – spiegava Fiorenza Stefani alla ‘prima’ napoletana – un filo azzurro attraversa la mostra e lega virtualmente la bellezza dei sorrisi che ho incontrato: l’idea che dietro ogni foto ci siano la stessa fiducia e speranza in un paese fatto di gente pulita che lavora per un altro mondo possibile». Sorrisi puliti che accoglieranno, nel prossimo mese, chi scenderà da un treno alla stazione Termini: basterà guardarsi attorno per scoprire quarantuno facce di un’Italia possibile, e migliore.

Le foto sono qui.

Il libro ‘L’innocenza di Giulio’ secondo la libridine di Articolo 21

”Conoscere il processo Andreotti ci insegna a riconoscere la politica che tenta in tutti i modi di legittimare l’illegalità”…
“L’assoluzione più colpevole d’Italia”. Così Giulio Cavalli, scrittore, autore teatrale e consigliere regionale in Lombardia per Sinistra ecologia e libertà, definisce il “caso Andreotti”, al centro del suo ultimo libro “L’innocenza di Giulio” nelle librerie da oggi per l’editore Chiarelettere.  ”Conoscere il processo Andreotti ci insegna a riconoscere la politica che tenta in tutti i modi di legittimare l’illegalità – spiega Cavalli al Fattoquotidiano.it – Soprattutto capire che la storia di questo Paese è negli atti giudiziari, nei fatti che sono stati riscontrati, nei fatti che sono stati raccontati e su cui non possono esistere dubbi”.

Nel 2011 Cavalli porta in scena uno spettacolo teatrale – “L’innocenza di Giulio. Andreotti non è stato assolto” – uno spettacolo-monologo in cui testimonianze, deposizioni e lettura degli atti giudiziari si alternano per raccontare il processo per mafia che ha coinvolto una delle figure politiche più controverse della politica italiana. “Tutto parte da una cena con il procuratore Gian Carlo Caselli e con Carlo Lucarelli – racconta ancora l’autore, milanese, classe 1977 – In quel momento decidemmo che non potevamo lasciare il racconto della vicenda Andreotti a chi continuava a dire che il politico sette volte presidente del Consiglio era stato assolto nel processo per mafia”. Perché, “se si ripete una bugia infinite volte alla fine si riesce anche a trasformare in una verità storica qualcosa che in realtà non è mai avvenuto”. E quello che non è mai avvenuto è proprio l’assoluzione di “Belzebù”.

Tutti ricordano la giovane e allora sconosciuta avvocato Giulia Bongiorno chiamare l’illustre cliente gridando “Assolto! Assolto!”. Molti meno ricordano che nella sentenza d’appello, emessa dal tribunale di Palermo nel 2003 allora guidato da Gian Carlo Caselli, Andreotti viene riconosciutocolpevole del reato di partecipazione all’associazione per delinquere con Cosa Nostra, “concretamente ravvisabile fino alla primavera 1980″, reato però “estinto per prescrizione”. Una versione confermata anche dalla Cassazione. Altro che innocente. La sentenza della Corte d’Appello di Palermo è lapidaria: “Andreotti ha avuto piena consapevolezza che i suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; ha quindi coltivato, a sua volta, amichevoli relazioni con gli stessi boss; ha palesato agli stessi una disponibilità non meramente fittizia, ancorché non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi”.

Per quella sentenza il giudice Caselli, che firma la prefazione al libro, fu escluso dalla nomina a procuratore nazionale antimafia con una norma specifica ribattezzata “contra personam”. Ora Giulio Cavalli con il suo ultimo lavoro segue un sogno: “Quello – spiega – che dopo aver visto lo spettacolo, le persone sentano il desiderio di documentarsi e per questo comprino il libro”. Un libro contro “l’innocenza di un Paese che si ostina a dimenticare il passato”. Un libro per “interessarsi al presente”.

23 marzo 2012 da ARTICOLO21

#nonmifermo i documenti, adesso abbiamo bisogno di voi

Dopo l’agorà del 3 marzo siamo alla definizione degli ultimi particolare per il prossimo incontro. Non Mi Fermo non si ferma e continua a lavorare per seminare buona politica e buone pratiche. Senza troppi clamori, con il lavoro serio e costante dalle idee che ci sono state e nella costruzione di quelle che ci saranno.

Sono finalmente online i documenti pronti, cucinati e da servire nei consigli comunali, provinciali e regionali. Il bugiardino delle istruzioni è semplice e da fare circolare: 1. scaricare i documenti dalla pagina del sito. 2. citofonare, telefonare o offrire un caffè al vostro consigliere di fiducia (che avete votato esprimendo quella preferenza che chiediamo a gran voce per le elezioni nazionale e che dobbiamo “sfruttare” democraticamente ai livelli locali). 3. Farsene carico: seguire la proposta come un figlio mentre viene calendarizzata in commissione, discussa in consiglio e votata (preferibilmente a maggioranza). 4. Farci sapere com’è andata: mandarci il risultato e la discussione (e gli emendamenti) alla mail info@nonmifermo.it

Intanto stiamo preparando il prossimo appuntamento su integrazione e interazione a Bergamo (patria leghista di disintegrazione di pancia, appunto). Chiunque volesse collaborare, ecco, noi siamo qua. Per seguire il sito di #nonmifermo potete iscrivervi alla newsletter (che vi tiene informati, è semplice e pure ecologica).

Qui il materiale:

MATERIALI AGORA’ DEL  3 MARZO 2012: ETICA E POLITICA

ORDINE DEL GIORNO:

  • Campagna di diffusione e sensibilizzazione ai cittadini sulle funzioni, finalità e servizi del Comitato Regionale per le Comunicazioni:  ODG CoReCom
  • Istituzione dello scaffale della legalità nelle biblioteche cittadine: ODG Scaffale della legalità
  • Sul divieto di ricostituzione del partito fascista attuato dalla XII Disposizione transitoria e finale della Costituzione. Esame, approvazione e determinazioni:odgric.partitofascista

MOZIONE:

  • Contro i tagli alla cultura e per il rispetto del dettato costituzionale sull’obbligo per la Repubblica di promuovere lo sviluppo della cultura: Mozione Contro Tagli Cultura

  • Intervento sanitario e sociale nel campo della salute mentale: MOZ-302

PROGETTO DI LEGGE

  • Riconoscimento e valorizzazione del consumo critico,consapevole e responsabile:PDL GAS
  • Disposizioni in materia di accesso, pubblicazione e riutilizzo dei documenti e dei dati pubblici dell’amministrazione regionale in formato aperto tramite software libero e la rete internet: Progetto di legge Open Data
SLIDES INFORMATIVE

 

 

Le bugie del Governo sul progetto TAV: i fatti e i documenti

La Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone presenta oggi un documento di osservazioni sulle dichiarazioni rese dal Governo sul progetto TAV. Ed è importante perché riportare la discussione nel merito permette ai SITAV di evitare troppo spesso la propaganda mendace che spesso si avvale di ragioni pretestuose e, allo stesso tempo, evitare che i contrari al progetto (senza mediazioni e strani emendamenti come qui in Lombardia) non vengano relegati alla cronaca di azioni non condivisibili nei modi e negli obiettivi.

Il 9 marzo 2012 il Governo ha pubblicato sul proprio sito istituzionale un documento con il quale,rispondendo a 14 domande da se stesso formulate,motivava le ragioni per la realizzazione della nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità/Capacità Torino-Lione.
Le risposte presentate sono improprie, imprecise e non risultano soddisfacenti a chiarire con il rigore e la qualità auspicabili le motivazioni di un’opera così costosa e impattante.
In attesa di poter avviare un serio confronto basato su dati oggettivi e su criteri di valutazione verificabili con metodo scientifico, si propone nel file allegato una lettura critica dei contenuti del documento governativo.
L’analisi è frutto dell’impegno collettivo degli Autori afferenti alla Commissione Tecnica «Torino-Lione» della Comunità Montana Val Susa e Val Sangone e del contributo di esperti esterni in varie materie. Ha comportato alcune centinaia di ore di lavoro prestate a titolo personale e non retribuite.

Scarica gli allegati:

– Osservazioni
– Lettera al Presidente del Consiglio

Legge elettorale: la preservazione della specie

Riprendo due opinioni del dibattito in corso sull’intesa Alfano, Bersani, Casini per una riforma della legge elettorale. Il solito Matteo Pucciarelli su Micromega che scrive:

C’è un’intera classe dirigente che ha pensato e pensa di far politica grazie alle alchimie elettoralistiche, suprema sintesi del dalemismo più spinto, a sua volta originato dal migliorismo di maniera: quello dei tecnicismi, dell’ingegneria istituzionale, strategie e giuristi al lavoro ma non si capisce mai per fare cosa e in nome di quale idea di società.

Il sottoscritto, e con me quasi tre milioni di italiani (un milione e centomila di voti per la Sinistra Arcobaleno; ottocentottantamila voti alla Destra; trecentocinquantamila voti socialisti; quasi quattrocentomila tra Sinistra Critica e comunisti di Ferrando, e mi fermo qui), da circa quattro anni non è (e non siamo) rappresentati in Parlamento. E c’è il rischio di non esserlo anche da dopo il 2013. I nostri voti valgono meno? Le nostre teste non hanno diritto d’asilo? È questa una democrazia reale e compiuta?

Claudio Tito su Repubblica scrive:

La paura di perdere le prossime elezioni. Sembra questo l´architrave su cui poggia l’accordo trovato ieri dai tre partiti della maggioranza che sostiene il governo “tecnico”. Sull’idea che nessuna forza politica – a cominciare da Pdl, Pd e Udc – sia in grado di scommettere sul risultato delle prossime elezioni politiche. Tutti sperano di tenersi le mani libere e ognuno punta a limitare i danni. Lasciando aperta la porta ad ogni soluzione per il dopo-voto. L’intesa preparata da Alfano, Bersani e Casini è soprattutto il frutto di una convergenza di interessi.

E lo dimostra l’idea di tornare a un sistema sostanzialmente proporzionale, cancellando il vincolo di coalizione e assegnando un premio che non determina la maggioranza. Di fronte ad una instabilità, tipica degli ordinamenti e dei sistemi politici transitori, i tre principali partiti si adattano alla “corsa solitaria” e mirano a rimettere tutti ai nastri di partenza nella previsione che nessuno potrà vincere da solo. Proprio come accadde nel 1946 con la legge elettorale per l´Assemblea Costituente e nel 1948 per la prima tornata parlamentare dopo la caduta del fascismo e l´entrata in vigore della Costituzione.

Una convergenza di interessi che consente al Pdl di limitare la probabile – almeno al momento – sconfitta senza precludere la possibilità di ricomporre l´alleanza con la Lega dopo il voto. Nella consapevolezza, peraltro, di non avere un candidato premier sufficientemente forte e autorevole.

Al Pd di mettere definitivamente in soffitta la cosiddetta “foto di Vasto” e l’alleanza con Vendola e Di Pietro. Bersani spera così di contare sulla chance di presentarsi per la presidenza del consiglio senza dover trattare con nessuno la sua premiership e predisponendo un patto successivo con il Centro di Casini.

I centristi, invece, non saranno obbligati ad una scelta di campo preventiva, potranno confidare nel ruolo di ago della bilancia che i sondaggi gli assegnano sempre più e di coltivare il progetto di mantenere Mario Monti a Palazzo Chigi anche nella prossima legislatura (l’indicazione del premier non è prevista in Costituzione e quindi non sarà obbligatorio rispettare le designazioni dei partiti).

Giulio Andreotti l’aveva chiamata “strategia dei due forni” (potete cercarla qui) e quando mi è capitato di leggerne ne ero rimasto basito. Mi chiedevo come potessero essere stati così democraticamente assenti i nostri padri. Oggi quella disastrosa tesi torna e credo che con la riforma del lavoro sia il bivio che debba per forza dividere chi ci sta e chi no. Senza le solite noiose mediazioni per preservarsi e per non disturbare. Perché in una nuova Balena Bianca tinta di arancione passa la voglia di starci e di impegnarsi. Sul serio.

(il titolo è ispirato ad una citazione rubata a Barbara Collevecchio)

Decidiamolo: favoreggiamento culturale alla mafia

scritto per Il Fatto Quotidiano

«Gaetano Badalamenti, celeberrimo boss della mafia siciliana, si distinse per essere stato il capo di un giro di traffico di eroina internazionale multimiliardario che andava da Brooklyn alla Sicilia».E’ la scritta che si legge sulla targa «commemorativa» che il Mob Museum di Los Angeles, il primo museo tematico sulla criminalità organizzata, ha dedicato al capomafia originario di Cinisi. «Lo abbiamo collocato al terzo piano del museo», ha spiegato il portavoce della struttura, Mike Doria.

Ha ragione il magistrato Vincenzo Macrì, che la definisce «Una scelta squallida e oscena. Raccontino le vittime della mafia, non la storia dei boss. Cosi si applicano dinamiche revisionistiche – ha aggiunto – e si tenta di storicizzare un fenomeno tutt’altro che finito. Sul piano culturale è pericoloso perché si tenta di circoscrivere la mafia in modo che la gente possa dire “è roba da museo” ed è finalizzata a creare un alone leggendario attorno a squallidi criminali».

La notizia fa il paio con lo studente italiano che, in Erasmus a Madrid, scopre con ribrezzo che ilmarchio ‘mafia’ è florido anche all’estero. Scrivendo a Nando dalla Chiesa (che racconta la vicenda sul suo blog) scrive: “navigando nella rete mi sono imbattuto in un sito di una catena di ristoranti italiani in Spagna, dal nome ‘La Mafia’, sono rimasto scioccato da come viene utilizzata questa parola, diventata addirittura un marchio per contraddistinguere la cucina italiana e noi italiani”. Una disinvoltura che non tiene conto di centinaia di vittime, che continua a passare inosservata alle istituzioni e che sembra abbia concimato una malata abitudine alla notizia. Si chiede Nando dalla Chiesa: “davvero nessuno ha notato questo oltraggio permanente alla storia dell’Italia migliore? Nessun funzionario si è indignato per questo sconcio, ha pensato a qualche centinaio di vittime dello Stato che pure rappresenta, ha forcato e brigato con le autorità spagnole, ha posto un problema diplomatico? Quali licenze? Quali titolari veri e con quali investimenti? Se è avvenuto, noi non l’abbiamo mai saputo. Noi abbiamo solo saputo che la nostra immagine era rovinata all’estero dalla “Piovra” e da“Gomorra”. Meno male che c’è l’Erasmus. Meno male che ci sono gli studenti.”

Forse non siamo riusciti a raccontare con abbastanza forza come il potere della mafia stia fuori dalla mafia, come la collusione inconsapevole (che sia indifferenza o peggio sublimazione) sia la sponda più difficile da leggere ma comunque fondamentale e come il gioco degli eroismi (anche negativi) abbia forgiato questo continuo senso di delega sul tema che riduce lo scontro universale atlante piccole faccende personali.

Il giorno che finalmente riusciremo a scrivere e sancire il reato di favoreggiamento culturale alla mafia forse ci sentiremo tutti più civili.

Spese militari: il grande imbroglio del Governo

Ne scrive Flavio Lotti (Coordinatore Nazionale della Tavola della pace) sull’Unità. E credo non ci sarebbero parole migliori da scrivere.

Il grande imbroglio. L’Ammiraglio-Ministro tecnico della Difesa, Giampaolo Di Paola, ci sta lavorando incessantemente da parecchi mesi. E oggi, alla Camera dei Deputati, ha uno dei passaggi più delicati. Ad attenderlo ci sono ben otto mozioni sugli F-35 presentate da altrettanti gruppi e sottogruppi parlamentari. Ma andiamo con ordine. Il 14 febbraio l’Ammiraglio Di Paola ha annunciato un progetto di riorganizzazione dello strumento militare italiano che prevede tra l’altro la riduzione degli F-35 (da 131 a 90) e dei soldati (da 180 a 150.000). Dove sta l’imbroglio? Nel dire una cosa e nel farne un’altra. Altro che riduzione delle spese militari. Se venisse approvato il progetto del Ministro produrrebbe un vero e proprio aumento della spesa pubblica. Alla faccia di tutte le manovre rigoriste che stanno mettendo in ginocchio milioni di giovani e meno giovani, famiglie, associazioni, scuole, imprese, Enti Locali e Regioni. La prima parte dell’imbroglio sta nello scaricare una parte del personale e dei suoi costi sulle altre amministrazioni dello stato per poter spendere di più in armi. La seconda, e non meno grave, parte dell’imbroglio sta nel tentativo di modificare radicalmente il profilo delle nostre FFAA senza alcun mandato parlamentare. Il modello del Ministro non ha nulla a che vedere né con il dettato costituzionale né con le “missioni di pace” previste dalla Carta dell’Onu. E’ un modello fortemente aggressivo imperniato sulle portaerei, sui cacciabombardieri e sulla capacità di partecipazione alle guerre ad alta intensità come quella che qualcuno sta progettando in Iran. Ma tutto ciò non si può e non si deve dire. Per questo il Ministro ha messo il veto sul progetto di “Istituzione di una Commissione parlamentare per l’elaborazione di un Libro bianco sulla difesa e sicurezza nazionale” proposto dal Partito Democratico in entrambi i rami del Parlamento. Per questo il Ministro non vuole che si parli di “nuovo modello di difesa” ma solo di “riorganizzazione dello strumento militare”. Per questo il Ministro pretende che il parlamento si affretti ad approvare una “legge delega-in-bianco” che gli lasci il bilancio inalterato e la possibilità di fare quello che vuole. E’ troppo chiedere che qualcuno intervenga? E’ troppo invocare un po’ di ragionevolezza? Può essere che per qualcuno il Parlamento possa costituire un intralcio, ma i parlamentari che ne pensano? Tra le otto mozioni che oggi saranno votate dai nostri deputati ce n’è una dell’IdV che dice di no agli F-35 e a tutto il resto, come la pensano tanti italiani. Ma ce n’è anche un’altra firmata da 22 deputati di diversi partiti (tra cui Pezzotta, Sarubbi, Carra, Giulietti, Castagnetti, Lucà, Bobba) che chiede al governo di “rinviare qualunque decisione relativa all’assunzione di impegni per nuove acquisizioni nel settore dei sistemi d’arma, sino al termine del processo di ridefinizione degli assetti organici, operativi e organizzativi dello strumento militare italiano.” Come a dire: non toglieteci anche la dignità. Prima discutiamo compiti e obiettivi delle nostre forze armate e poi decidiamo gli acquisti di cui abbiamo bisogno. E’ troppo anche questo?

Nella mediocrità non si cresce

Non c’è crescita senza cultura. Una tale affermazione potrà sembrare apodittica o, peggio, intellettualmente disonesta poiché priva di fondamenti razionali. Personalmente ritengo sia questa invece una premessa essenziale a un progetto politico progressista le cui prospettive non siano esclusivamente riconducibili a paradigmi di circostanza, bensì si distinguano per una visione più ampia nel tempo e l’assunzione di responsabilità verso le generazioni future.

Se anche solo ci soffermassimo sul significato etimologico (dal verbo latino còlere, coltivare) o storico del termine, potremmo notare come il minimo comune denominatore di ogni definizione di cultura sia individuabile nel concetto di “conoscenze e cognizioni intellettuali” che costituiscono – attraverso l’educazione (studio, ambiente, esperienze, etc.) – lo spirito di un individuo, e dunque di una società.

Claudio su cultura e politica della cultura.

Hamza Kashgari: morire per un tweet

Lo scorso 4 marzo Hamza Kashgari, editorialista di ventitré anni del quotidiano Al-Bilad, posta una serie di tweets riguardanti immaginarie conversazioni con il profeta Maometto. Nel giorno del compleanno del fondatore dell’Islam, il poeta arabo saudita scrive: nessuna donna saudita andrà all’inferno, perché è impossibile andarci due voltenel tuo compleanno  dirò che ho amato il ribelle che era in te, che sei sempre stato una fonte di ispirazione per me, e che non amo l’alone di divinità che ti circonda. Non pregherò per te. Nel tuo compleanno, ti troverò dovunque mi girerò. Dirò che ho amato aspetti di te, ne ho odiati altri, e che non ne capisco molti altri. Nel tuo compleanno, non mi inchinerò a te. Non bacerò la tua mano. Piuttosto, la stringerò come fanno due uguali, e sorriderò come tu mi sorridi. Ti parlerò come amico, niente più.

Ora rischia la pena di morte. Qual è la posizione dell’intera comunità europea? Ne parla Odetta su Non Mi Fermo.

Il Casalese non ama i libri

Scritto per IL FATTO QUOTIDIANO

Nicola Cosentino (anzi, i suoi famigliari per la precisione) ha intentato una causa penale e civile agli autori e all’editore del libro Il Casalese – Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro. L’accusa è di aver leso l’immagine dell’azienda di famiglia. Si chiede il ritiro del volume dalle librerie e un milione e 200mila euro di risarcimento danni. Quel libro (che oggi ancora di più vale la pena di leggere e comprare) è l’unica biografia non autorizzata dell’ex sottosegretario salvato dal servilismo bipartisan di un parlamento garantista con i potenti e macellaio con i poveri. Quel libro è il simbolo oggi del giornalismo che decide di scrivere il fatto che sarebbe meglio oltrepassare, di fare quel nome che porta solo guai e di non essere compiacente. Mai.

Scrive uno degli autori, Ciro Pellegrino, sul suo blog:

Sostanzialmente Cosentino (il fratello) ritiene che il libro abbia un «intento denigratorio» tale da far affermare coscientemente il falso ai giornalisti che l’hanno scritto. Nella richiesta di distruzione e risarcimento si citano una serie di vicende raccontate ne “Il Casalese”: vicende rispetto alle quali gli autori dei capitoli in questione sono pronti a confrontarsi e lo faranno, pubblicamente.

Due spaventi, dicevo. Ma non ho spiegato perché sono ottimista sulla seconda vicenda: perché l’angoscia che lorsignori possono arrecarci con fiumi d’atti giudiziari e risarcimenti milionari  è in parte compensata dalle tante domande durante le presentazioni, dalle mail dei ragazzi, dall’interesse verso quella che –  dotti medici e sapienti se ne facciano una ragione – è semplicemente un’inchiesta giornalistica.  Spero che quest’interesse cresca.

Già: nessuno di noi ha la presunzione di poter parare tutti i colpi che arrivano (e arriveranno). Per questo motivo mi (ci) scuserete se oggi anziché raccontare la notizia, la notizia siamo noi, i giornalisti autori del Casalese. E ci scuserete se chiediamo attenzione sulla nostra vicenda. Consapevoli del giusto diritto di chiunque a veder rettificati errori lesivi della propria dignità e reputazione, al tempo stesso altrettanto coscienti dell’onesto e diligente lavoro di documentazione e scrittura intorno a questo libro, non certo operazione commerciale né politica, visto che a editarlo è una piccola casa editrice di Villaricca, popoloso comune alla periferia Nord di Napoli, a cavallo fra il capoluogo  e il Casertano.

Ci scuseranno anche gli amanti dell’anticamorra-spettacolo: non siamo abituati, abbiamo fatto solo i giornalisti. Ma in Italia da giornalista a imputato il passo è breve, troppo breve.

Fuori dal Parlamento però, le carte e le ragioni non sono secretati. Per questo gli autori e l’editore hanno deciso di organizzare due eventi per dire a gran voce le proprie ragioni e sostenere le proprie tesi.

– Martedì 27 marzo, alle 9.30, a Napoli presso la sede dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, in via Cappella Vecchia, 8. Oltre all’editore e agli autori, parteciperanno: Ottavio Lucarelli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania; Lucia Licciardi, consigliere dell’Associazione napoletana della stampa.

– Giovedì 29 marzo, ore 17, a Roma, presso la FNSI in Corso V. Emanuele II, 349 . Parteciperanno insieme agli autori il presidente della FNSI, Roberto Natale, e il presidente dell’Associazione napoletana della stampa, Enzo Colimoro.

Questa volta il dibattito è pubblico. E da pubblicizzare.

Quando un uomo non ha il coraggio di resistere alla corrente, di bandire apertamente la verità e di sostenere contro tutti, anche contro il proprio interesse, la giustizia, smetta la penna, perocché la audace e tempestosa milizia del giornalismo non è fatta per lui. Quando voi obbliate che lo scrittore, poeta o giornalista, esercita un sacerdozio, non un traffico, che a lui è principalmente affidato l’educazione e il miglioramento della società, che la civiltà d’un popolo sta in diretta ragione della moralità della sua stampa; quando obliate tutto ciò per l’aura d’un giorno, per la limosina d’uno scudo, allora lasciate anche che vi dica che non v’è opera nefanda che uguagli la vostra, e che io, Potere, vi rizzerei tutti quanti sopra una gogna, affinché le moltitudini conoscessero chi ha loro ritardato i giorni della rivendicazione della giustizia. (Giuseppe Guerzoni)