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bombe

Solidali pelosi verso la Siria e intanto vendono le bombe

(il mio buongiorno pubblicato questa mattina per Left)

È arrivata direttamente dall’Arabia Saudita la nave Bahri Tabuk, fino a Cagliari per caricarsi 3000 bombe prodotte dalla RWM, azienda tedesca con base a Domusnovas in Sardegna. Diciotto container. Non so se vi sia mai capitato di vedere o se vi riesce di immaginare quanto lunghi siano diciotto container messi tutti in fila.

Un’operazione degna di un film: vigili del fuoco, forze dell’ordine e un riserbo totale. L’operazione di carico, del resto, era in “codice rosso”, assoluta segretezza: un blitz commerciale che impegna uomini della Polizia e della guardia di finanza di guardia al porto fin dalle prime luci dell’alba e poi per le successive dodici ore di operazioni di carico.

Le bombe, per intendersi, sono quelle che vengono poi sganciate sullo Yemen. “Il governo Gentiloni interrompa subito le forniture dei sistemi militari che vengono impiegati dalle forze armate saudite e dai suoi alleati nel conflitto in Yemen, in particolare le bombe aeree che hanno già causato migliaia di morti tra la popolazione civile di quel martoriato Paese” ha scritto la Rete Italiana per il Disarmo alla luce anche della decisione dell’amministrazione Obama di sospendere l’invio a Ryad di “bombe aeree” e di “munizionamento di precisione” pur perdendo centinaia di migliaia di dollari. Gli Usa si preoccupano delle vittime (oltre 4mila secondo le Nazioni Unite), nel Regno Unito il Parlamento interroga il Governo e qui niente. Niente.

Anzi. Una nota stampa del sito di intelligence militare “Tactical News” ha scritto qualche giorno fa che il Vice Principe ereditario e ministro della Difesa saudita, Mohammed bin Salman bin Abdulaziz, ha ricevuto “offerte da Fincantieri per navi militari, tra cui fregate e corvette” e subito il ricordo corre alla visita della ministra Pinotti in Arabia Saudita di poco tempo fa quando la Pinotti addirittura minacciò querele a chi ipotizzava che si fosse parlato di armi. Pensa te.

Però tutti a esprimere solidarietà alla Siria. Ovviamente. Avanti così.

Buon venerdì.

La Pinotti risponde: “le bombe? le vende Gentiloni”

Sembra una barzelletta. Ha scritto tutto Mazzetta:

«A questo punto si capisce che Pinotti ha sentito il bisogno di reagire in maniera diversa da come aveva fatto un paio di giorni fa, quando la reazione era stata affidata a un patetico tweet del Ministero della Difesa che minacciava querele alle ONG che da mesi cercano risposte dal governo su quelle che sembrano forniture assolutamente illegali, posto che l’Arabia Saudita è un regime sanguinario, una monarchia assoluta che calpesta i diritti umani e pure uno paese sponsor del peggior terrorismo. A paesi del genere in teoria non dovremmo vendere armi, abbiamo scritto una legge per vietarlo, da qui la necessità per Pinotti di schivare ogni assunzione di responsabilità, anche ricorrendo alle bugie.

Necessità che oggi l’ha spinta a smarcarsi a titolo personale, scaricando tutta la responsabilità sul collega Gentiloni, ha infatti dichiarato che:«Il ministero della Difesa non si occupa dell’export di armi, è una questione che dipende dal ministero degli Esteri». Una dichiarazione che è una bugia autoevidente perché il ministero della Difesa negli anni è stato frequentemente impegnato nella promozione dei nostri prodotti bellici all’estero e qualche anno fa organizzò allo scopo persino un tour porta a porta nelle tirannie del Golfo. Se qualcuno pensa che sotto la gestione Pinotti il Ministero della Difesa abbia cambiato attitudine, sappia che nel giugno scorso Roberta Pinotti in persona è stata impegnata nella firma dell’accordo per la fornitura al Qatardi di naviglio militare. Peraltro sul sito della Presidenza del Consiglio c’è scritto che il suo Ministero: « fornisce al Ministro degli Affari Esteri il necessario parere sulle restanti tipologie di esportazione tenendo in considerazione le valutazioni di carattere tecnico-operativo, politico-militare e di sicurezza.» È molto difficile sostenere che non si occupa del’export delle armi di fronte a tali evidenze, ma Pinotti lo ha fatto lo stesso, chiaramente mentiva sapendo di mentire. Così come visibilissima è la coda di paglia che spunta dal tweet di Gentiloni, perché c’è anche la sua firma su quelle bombe.

Resta da capire come reagirà Gentiloni all’uscita della collega, che gli scarica la responsabilità dell’armare un regime che poi con le nostre bombe commette stragi indegne come quella  consumata nella capitale dello Yemen. ma soprattutto resta da capire come reagirà il governo nel suo complesso, perché dopo aver cercato di sopire la questione per mesi, contando anche sulla complice indifferenza di buona parte dei media, ora si trova coinvolto in uno scandalo che assume dimensioni sempre più difficili da ignorare. Tanto che ora dovrà risponderne anche ai giudici di Brescia, che hanno aperto un’inchiesta proprio al fine di verificare la legalità della fornitura d’armamenti al regime saudita, i quali difficilmente s’accontenteranno della parola di Pinotti, secondo la quale è tutto fatto «secondo la legge»

(il suo post è qui)

Lì dove sganciano bombe. Di semi.

Perché abbiamo bisogno di alberi

La deforestazione è una piaga che affligge tutto il mondo e che, oltre a mettere a repentaglio i mezzi di sostentamento delle persone, sta minacciando una vasta gamma di specie arboree e animali e contribuendo ad aggravare i cambiamenti climatici. La Thailandia ha perso negli ultimi decenni quasi metà della propria copertura forestale, il Paese ha dunque deciso di adottare una nuova strategia per ripristinare le foreste.

Foreste dal cielo

Il governo thailandese ha avviato un programma di rimboschimento che prevede di lanciare “bombe di semi”, un po’ come quelle impiegate per la cosiddetta guerrilla gardening, da aerei in volo e da droni. Le “bombe” sono realizzate con argilla, compost e semi.

L’idea è di un contadino giapponese

Il primo a rendere popolare l’dea di bombardare i campi con palline piene di semi è stato Masanobu Fukuoka, botanico giapponese, acceso promotore di un’agricoltura poco invasiva, denominata del non fare. I capisaldi di questo tipo di agricoltura sono la totale assenza di aratura o lavorazione del terreno e la rinuncia a pesticidi o concimi.

I primi lanci di semi

La prima testimonianza conosciuta dei bombardamenti di semi risale al 1930, quando gli aerei sono stati usati per riforestare alcune zone nelle montagne di Honolulu. L’idea di adottare questa tecnica su larga scala è datata invece 1999, anno in cui la Lockheed Martin, azienda attiva nei settori dell’ingegneria aerospaziale e della difesa, riuscì a piantare 900mila alberi in un solo giornolanciando semi da enorme velivolo militare.

(fonte)