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braccialetto elettronico

Altro che culla della democrazia: Londra abbandona in carcere in Iran una sua cittadina

Il ministro degli Esteri britannico, intervenendo sul caso di Nazanin Zaghari-Ratcliffe, ha affermato di non essere “legalmente obbligato a fornire assistenza” alla donna britannica-iraniana detenuta in Iran. Il Regno Unito, in sostanza, decide di abbandonare una propria cittadina all’estero, disinteressandosi di giustizia e di diritti. Proprio loro che del diritto e della democrazia si ergono a cultori in Occidente.

Era il 3 aprile del 2016 quando Nazanin Zaghari-Ratcliffe fu arrestata mentre stava lasciando l’Iran con sua figlia Gabriella, che aveva 22 mesi, per tornare nel Regno Unito dopo avere visitato la sua famiglia a Teheran.

Dopo essere stata detenuta per oltre cinque mesi, di cui i primi 45 giorni in isolamento e senza avere nessuna possibilità di mettersi in contatto nemmeno con il suo legale, la donna ha subito un processo che molti osservatori internazionali hanno definito profondamente iniquo ed è stata condannata a 5 anni di carcere per “appartenenza di un gruppo illegale”, riconosciuta colpevole di voler rovesciare il governo del Paese.

Nel 2016 l’Iran, vale la pena ricordarlo, ha detenuto arbitrariamente almeno 200 difensori dei diritti umani condannandoli a carcerazione e fustigazione.

Fino al momento del suo arresto Nazanin lavorava come project manager della Thomson Reuters Foundation, un ente non-profit che promuove il progresso socio-economico, il giornalismo indipendente e lo stato di diritto.

Nel corso di questi anni di detenzione le condizioni fisiche e psichiche della donna sono continuamente peggiorate, fino a rendere necessario il suo trasferimento dalla prigione di Evin al reparto psichiatrico dell’ospedale Imam Khomeini, nella capitale Teheran.

Nazanin ha intrapreso scioperi della fame e ha anche mostrato preoccupanti segnali di suicidio. La sua è una storia come quella di tanti attivisti dei diritti umani che si ritrovano ingiustamente oppressi in Iran, ma è anche una vicenda di pressioni diplomatiche dell’Iran nei confronti del Regno Unito.

A marzo di quest’anno Nazanin Zaghari-Ratcliffe è stata rilasciata con un permesso temporaneo, ospite in casa della madre con un braccialetto elettronico che non le permette di allontanarsi oltre i 300 metri e il governo iraniano aveva lasciato intendere una sua possibile liberazione.

Tutto invece precipita quando la donna è accusata di essere una spia: ora rischia un nuovo processo e una condanna fino a 16 anni. Il Regno Unito, dal canto suo, lascia intendere di volerla abbandonare al proprio destino.

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L’articolo proviene da TPI.it qui

Forse sarebbe il caso di occuparsi delle condizioni di lavoro di Amazon, anche senza #braccialettoelettronico

Per fortuna poi capita di trovare anche pezzi così, come questo de Il Post che affronta il tema del “braccialetto elettronico” di Amazon provando a fare un po’ di chiarezza: stiamo parlando di un brevetto (uno dei tanti) che le grosse aziende spesso depositano per avvantaggiarsi sulle idee della concorrenza.

Questo significa che non c’è il rischio che i lavoratori un giorno siano controllati? No, i lavoratori sono già controllati: ci sono i mezzi già oggi per controllare e essere controllati. Se avete qualche minuto vi consiglio di ascoltare Marco Montemagno:

È colpa del Jobs Act? No. Come spiega bene Giampaolo Coriani:

Non è vero che dopo il #jobsact il controllo è consentito su autonoma e discrezionale iniziativa dell’azienda.
E’ invece vero che è consentito se le apparecchiature servono solo per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale anche se, in concreto, da esse derivi la possibilità di un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, e se l’installazione sia preceduta da una forma di codeterminazione, un accordo, tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali dei lavoratori, con la conseguenza che, ogniqualvolta tale accordo collettivo non venga raggiunto, il datore di lavoro, prima di procedere all’installazione, è tenuto a presentare apposita richiesta di un provvedimento autorizzativo alla Direzione territoriale del lavoro.
In assenza di accordo o dell’alternativo provvedimento di autorizzazione, l’installazione dell’apparecchiatura è illegittima e penalmente sanzionata.
La Cassazione aveva inizialmente considerato sufficiente il consenso scritto dei dipendenti, ora ha mutato orientamento ritenendo che sia indispensabile l’intervento delle rappresentanze sindacali dei lavoratori, perchè la norma tutela interessi di carattere collettivo e superindividuale.

Il Jobs Act è una pessima legge per molti altri aspetti senza bisogno di braccialetti elettronici.

In compenso le condizioni di lavoro in Amazon sono già gravi oggi, ora (qui, qui, qui, solo per fare qualche esempio). E (anche) Amazon ha un quadro fiscale che forse sarebbe il caso di avere il coraggio di chiarire (basta leggere qui, un articolo a caso)

Non c’è bisogno di agitare spettri per evocare desolanti scenari che già ci sono. Essere seri paga, in campagna elettorale. Davvero.