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Contrordine, sovranisti: ora la mascherina va messa. La ridicola retromarcia di Trump e Salvini

Dice Trump che chi usa la mascherina è un vero patriota. Dice Salvini che bisogna usare la testa (è credibile come un bradipo che ci insegna come correre lesti) e che bisogna mettere la mascherina nei posti chiusi. Contrordine camerati! La mascherina non è più la spada con cui il sovranismo combatte la sua sacra guerra contro l’ordine mondiale e ora di colpo si diventa tutti responsabili. Bellissimi i messaggi disorientati di quelli che hanno creduto al Covid come una messinscena e avevano trovato i loro falsi profeti. Non hanno mica capito che Trump, Salvini e compagnia cantante hanno come arma di propaganda quella di leccare i complotti ma poi non hanno nemmeno il coraggio di cavalcarli davvero, con la faccia tosta di chi ci mette almeno la faccia.

No, Salvini butta l’amo e poi lo ritira subito, giusto in tempo per pescare in superficie i pesci che abboccano. Non hanno idee: sono opinioni omeopatiche che durano il tempo di qualche mi piace su Facebook o di qualche retweet ma poi sono pronti a cambiare fronte se i sondaggi scendono. E così quando i collaboratori del Trump originale e del nostro Trump in versione discount gli hanno fatto notare che con questa storia della mascherina stavano perdendo voti (presumibilmente anche solo quelli dei malati, dei famigliari delle vittime e degli amici dei malati, che nel nord Italia e che negli USA sono numeri considerevoli) allora hanno inforcato la retromarcia. E così il loro bullismo suona ancora più goffo, più stonato, risibile e estremamente pericoloso.

Avere dei leader di partito che come giochetto non fanno nient’altro che dire il contrario di quello che dicono i loro avversari politici li costringerà presto a affermare che il nero è bianco, che gli alberi hanno le ruote e che i tram crescono sotto i cavoli. Un trucco di propaganda talmente banale che li mostra per quello che sono: banalissimi propagatori di bufale che devono far credere che un nemico invisibili giochi tutto il giorno per portarli alla sconfitta.

La retromarcia sulle mascherine è un manifesto politico: prima era tutto un “non usatele, non usatele, viva la libertà” e ora che si sono ammalati gli altri è tutto un correre ai ripari per salvarsi la pelle. Del resto il vero sovranista ha un’unica Patria: se stesso. E per la propria autopreservazione sono disposti a tutto, anche a apparire più ridicoli di quello che sono già stati. E continueranno così finché ci sarà una nuova bufala da cavalcare per fomentare un po’ di gratuita indignazione.

Leggi anche: Lauree in Albania, soldi scudati in Svizzera: quando “serve” la Lega diventa internazionale (di G. Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Quattro bufale sul Coronavirus

La più divertente è quella che vede tutti ritirare i panni dal balcone e rinchiudere in casa i cani: «Avvisare a tutti PASSAPAROLA: Dalle 23:00 stasera fino alle 05:00 di domani mattina passerà un elicottero e disinfettará tutto, mi raccomando nn rimanete i panni scarpe e altre cose fuori e soprattutto attenti ai cani!» Sì, ciao, come no. Il messaggio che circola è quella che tecnicamente si definisce una cagata pazzesca. Tra l’altro la sanificazione non avviene con gli elicotteri. Quelli sono film.

Poi ci sono quelli che sognano scenari apocalittici e paramilitari: «Il dipartimento della protezione civile, in collaborazione col governo ha deliberato che il 15 marzo se l’epidemia non è stata contenuta verrà dichiarato il biocontenimento BSL-4. Il più alto che prevede protocolli di contenimento estremamente stringenti. Se l’oms dichiara la pandemia significa che il mondo si fermerà completamente per 21 giorni. Borsa, parlamenti, scuole, aeroporti, treni, uffici, attività commerciali.. tutto. Solo un membro per ogni nucleo famigliare sarà dotato del kit necessario per recarsi ai checkpoint militari approntati per i rifornimenti necessari. Nessun’altra potrà lasciare la quarantena domiciliare, malato o sano, grave o no. Dopo 21 giorni sapremo che il virus è sconfitto ma faremo la conta di un isolamento così rigido». Potete spegnere i videogiochi e tornare nella vita normale.

Altra chicca: «Buongiorno a tutti. Scusate, allora le mie notizie invece riguardano la salute. Sono arrivate adesso le notifiche a noi ospedalieri dal San Gerardo di Monza, dal Policlinico, dal Sacco, insomma gli ospedali quelli più impestati, facciamo prima a dir così. Allora, è efficacissima la vitamina C sui pazienti già affetti da coronavirus. La stanno usando come terapia e i pazienti rispondono benissimo. Quindi, assunzione di vitamina C anche come a scopo preventivo nell’ordine di 1-2 grammi al giorno. Come fare? Sicuramente una spremuta di arancio, limone e un kiwi al giorno se si utilizza l’alimentazione ma supplementato da una compressa da 1 grammo di Cebion, vitamina C che trovate nelle parafarmacie o nelle farmacie. Mi raccomando, questa cosa divulgatela il più possibile. Vitamina C a tutti quanti, bambini, adulti e soprattutto anziani nell’ordine di 1/2 grammi al giorno. Ciao.» Sì, ciao. La smentita arriva proprio dagli ospedali. E poi, pensateci, davvero avremmo potuto non pensare alla vitamina C?

Poi ci sono quelli che ci dicono che il virus può rimanere nell’aria per 30 minuti e percorrere fino a 4,5 metri. La notizia stava in uno studio cinese pubblicato su una rivista scientifica. E invece no. Lo studio è stato ritirato. La notizia è falsa.

Però sono verissimi quelli che godono nell’aggiungere psicosi alla psicosi, dei malati anche senza virus che diffondo sciocchezze per apparire come quelli che hanno notizie di prima mano. Non credetegli. Stategli lontani. Anche quando passerà il Coronavirus.

Buon giovedì.

 

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

‘Quando c’era Lui’: le bufale sul fascismo a cui la gente continua a credere

(un articolo da incorniciare e tenere nel cassetto di Leonardo Bianchi, fonte)

 

A partire dal caso della “spiaggia fascista” di Chioggia, per poi passare alla proposta di legge di Emanuele Fiano o alle dichiarazioni (fraintese) di Laura Boldrini sui monumenti del regime, questo luglio ci siamo confrontati praticamente ogni giorno sul fascismo e la sua eredità.

Per alcuni commentatori, l’Italia non ha mai fatto veramente i conti con il Ventennio e dunque è destinata a essere perennemente attraversata da pulsioni nostalgiche o antidemocratiche. Dall’altro lato episodi come quello di Playa Punta Canna sono definiti innocue “goliardate,” e insieme a derubricazioni di questo tipo continuano a resistere le argomentazioni più o meno revisioniste—del tipo che nel Ventennio, comunque la si pensi, qualcosa di buono è stato fatto; o che comunque non era così malaccio come ci hanno sempre fatto credere.

Quest’ultimi sono dei refrain che si sentono da tempo immemore, ma che con l’avvento dei social stanno vivendo una sorta di seconda epoca d’oro.

In particolare, proprio in concomitanza con le polemiche delle ultime settimane, sul FascioFacebook (e non solo) hanno ricominciato a girare una serie di miti e leggende sulle grandi conquiste sociali ed economiche del fascismo—conquiste che sono contrapposte alla contemporaneità, e servono sostanzialmente a dire: “Vedete? Mentre i politici di adesso non fanno un cazzo, LVI le cose le faceva sul serio!”

Visto che tali bufale riaffiorano di continuo—e dimostrano un’incredibile persistenza proprio perché distorcono verità storiche e le mescolano con la disinformazione—ho pensato di mettere in fila quelle che hanno avuto più successo e risonanza.

IL DUCE HA CREATO LE PENSIONI

Quella di Mussolini che ha creato da zero il sistema pensionistico di cui godremmo tutt’ora è senza dubbio la bufala più persistente e di successo, al punto tale che un anno fa Matteo Salvini ha dichiarato: “Per i pensionati ha fatto sicuramente di più Mussolini che la Fornero. […] La previdenza sociale l’ha portata Mussolini.”

In realtà, non è proprio così. Come si può agevolmente verificare sul sito dell’INPS, la previdenza sociale nasce nel 1898 con la creazione della Cassa Nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai. Si trattava di un'”assicurazione volontaria integrata da un contributo di incoraggiamento dello Stato e dal contributo anch’esso libero degli imprenditori.”

Nel 1919 l’iscrizione alla Cassa diventa obbligatoria e interessa 12 milioni di lavoratori. Vent’anni dopo, il regime promuove varie misure previdenziali, tra cui le assicurazioni contro la disoccupazione, gli assegni familiari e la pensione di reversibilità. La pensione sociale, tuttavia, è istituita solo nel 1969—ossia a 24 anni dalla morte di Mussolini.

IL DUCE CI HA REGALATO LA TREDICESIMA

Un’altra leggenda che circola molto (soprattutto sotto Natale) è la seguente: se abbiamo un mese di stipendio in più è merito esclusivo della magnanimità di Mussolini. Anche in questo caso, tuttavia, la storia è diversa.

Nel Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro del 1937 venne effettivamente introdotta una “gratifica natalizia.” La mensilità in più era tuttavia destinata ai soli impiegati del settore dell’industria; e non ad esempio agli operai dello stesso settore, che anzi si videro aumentare le ore di lavoro giornaliero fino a 10, e 12 con gli straordinari non rifiutabili.

Come scritto in questo post, insomma, si trattava di una misura “in piena linea con quelle che erano le normali politiche dell’epoca fascista, in una società […] bloccata sul corporativismo basato non sul diritto per tutti, ma sul privilegio di pochi gruppi e settori.”

La vera tredicesima è stata istituita prima con l’accordo interconfederale per l’industria del 27 ottobre 1946, e poi estesa a tutti i lavoratori con il decreto 1070/1960 del presidente della Repubblica.

SOLO CON IL FASCISMO L’ITALIA HA RAGGIUNTO IL PAREGGIO DI BILANCIO

Nell’immagine qui sopra, si ricorda enfaticamente che il “Governo Fascista” raggiunse il pareggio di bilancio nel 1924, praticamente grazie alla lotta contro gli sprechi e alla riduzione delle tasse. Morale della favola: con tutte le tasse che ci sono adesso, invece, i conti dello Stato non tornano mai. Ergo: la Casta è inetta, ci soffoca con la pressione fiscale, e dunque si stava meglio prima.

Ora, il pareggio di bilancio fu effettivamente raggiunto (nel 1925, e non nel 1924). Ma come tutte le disinformazioni che si rispettino, si evita accuratamente di dire cose successe prima e dopo il raggiungimento di quel traguardo.

L’artefice fu il ministro delle finanze e dell’economia, Alberto De Stefani. Dal 1922 in poi, l’economista spinse per la liberalizzazione dell’economia, cercò di contenere l’inflazione, ridusse la spesa pubblica e la disoccupazione. La sua politica di “neoliberismo autoritario” era però vista di cattivo occhio sia dalla parte più radicale del fascismo, che soprattutto da latifondisti, industriali e grandi capitalisti.

Non a caso, nel luglio del 1925 venne destituito dopo aver presentato ripetutamente le dimissioni; e da lì in poi iniziò ad assumere posizioni sempre più critiche (non in senso democratico o antifascista, ovviamente) nei confronti del regime e della sua nuova politica economica che—tra la Grande Depressione, l’autarchia e tutto il resto—portò il paese allo sfascio. Per citare un articolo che si è occupato di smontare il messaggio implicito di questo mito, “un modello che è crollato su se stesso non è il miglior modello.”

IL DUCE HA RICOSTRUITO I PAESI TERREMOTATI IN UN BATTER D’OCCHIO

Anche la storia della prodigiosa ricostruzione del Duce dopo il terremoto del Vulture (in Lucania) del 23 luglio 1930 è piuttosto ricorrente.

La fonte primaria, ripresa dai siti di estrema destra e replicata in vari meme, è un articolo del Secolo d’Italia pubblicato dopo il terremoto che l’anno scorso ha colpito il centro Italia. In esso si sostiene che in appena tre mesi si costruirono 3.746 case e se ne ripararono 5.190, e si infila pure il commento agiografico “altri tempi, ma soprattutto altre tempre…”

Il dato è però parziale e decontestualizzato. Come si può verificare dal sito dell’INGV, nell’ottobre del 1930 furono ultimate “casette asismiche in muratura corrispondenti a 1705 alloggi” e “riparate dal genio Civile 2340 case.” Solo nel settembre del 1931—a operazioni ultimate—si raggiunge la cifra indicata nell’articolo, che corrisponde a 3.746 alloggi in 961 casette. Insomma: i numeri sono comunque rilevanti per l’epoca, ma non è semplicemente vero che in appena tre mesi fu ricostruito tutto da zero.

IL FASCISMO HA RESO L’ITALIA UN FARO PER LE SCOPERTE SCIENTIFICHE

In questa immagine, rivolta a tutti quelli che “NON L’AMMETTERANNO MAI,” si sostiene con la forza di una bella scritta in maiuscolo che il fascismo avesse reso l’Italia—tra le varie cose—”una nazione faro per scoperte scientifiche.”

Nei primi anni del regime però, come ricostruisce dettagliatamente questo articolo sulla Treccani, il governo “aveva sostanzialmente ignorato tutte le questioni connesso con l’organizzazione della struttura di ricerca scientifica,” che rimaneva quella dell’Italia liberale ed era carica di problemi. Nel 1923 venne avviato il CNR (Consiglio nazionale delle ricerche), la prima struttura deputata a svolgere ricerca “su temi di interesse generale.” La sua attività fu subito caratterizzata dalla penuria dei finanziamenti, segno della “scarsa fiducia nel nuovo ente che ancora nutriva Mussolini.”

Col passare degli anni, nonostante i proclami e la propaganda, il CNR non divenne mai incisivo e non produsse nulla di significativo, soprattutto perché la sua unica indicazione di ricerca era quella per l’autarchia—un’indicazione troppo generica. Lo scoppio della seconda guerra mondiale, poi, “allontanò in modo generalizzato i più giovani tra ricercatori, assistenti, tecnici di laboratorio e, in breve tempo, il lavoro scientifico rallentò fino alla quasi totale paralisi.”

Nel 1938, a riprova di quanto al fascismo non fregasse nulla della scienza, l’ambiente scientifico italiano era stato travolto dal più infame e antiscientifico degli atti politici del regime: la promulgazione delle leggi razziali. Il che mi porta all’ultima leggenda che ho scelto per compilare questa lista.

IL DUCE NON ERA RAZZISTA, E NEMMENO IL FASCISMO ERA UN REGIME RAZZISTA

Con ogni probabilità questa è la mistificazione più odiosa, che fa leva sul radicato stereotipo del “bravo italiano” e del “cattivo tedesco.”

Se è vero che in un primo momento i rapporti tra gli ebrei e il fascismo furono “normali,” e lo stesso Mussolini—nel libro Colloqui con Mussolinidisse che “l’antisemitismo non esiste in Italia,” le cose cambiarono progressivamente con la torsione totalitaria del regime e sfociarono infine nelle persecuzioni.

La maggior parte della storiografia è ormai concorde sul fatto che l’antisemitismo e le leggi razziali non furono introdotte per imposizione della Germania—il Manifesto della razza, ad esempio, pare che sia stato scritto dallo stesso Mussolini.

Piuttosto, come sostiene lo storico Enzo Collotti, la “spinta a una politica della razza nel fascismo italiano” da un lato era “iniziativa e prodotto autonomo” del regime—specialmente dopo il 1933 e l’affermazione del nazismo—e dall’altro era una scelta “connaturata allo stesso retaggio nazionalista, che esaltava la superiorità della stirpe come fatto biologico e non solo culturale.”

Lo stesso discorso si può fare con la “civilizzazione” delle colonie, che si pone in perfetta continuità con quanto detto sopra. Secondo Collotti, la guerra d’aggressione contro l’Etiopia nel 1935 è stata “l’occasione per mettere a fuoco una politica razzista dell’Italia fascista”; e dopo la conquista del paese—mai completata fino in fondo—”fu instaurato un vero e proprio regime di separazione razziale, un vero e proprio prototipo di apartheid.”

Dire che il fascismo non era un regime razzista è negare una delle sue caratteristiche fondamentali. Se si porta all’estremo questo ragionamento, si finisce col dire che il fascismo non era fascista. E non penso che al Duce farebbe molto piacere, no?

Quelli che hanno condiviso la bufala sulla sorella della Boldrini sono scemi due volte.

Ritengo che Laura Boldrini sia (come altri) vittima da tempo di sguaiati attacchi assolutamente da condannare ma la denuncia che tutti hanno denunciato inorriditi nelle ultime ore (quella della sorella, tra l’altro defunta, attaccata sui social) si basa su un falso grande come una casa. Denunciare le bufale con una bufala non è una grande idea, insomma.

Per fortuna c’è Mantellini che ne scrive senza remore:

La prima è questa. Quella foto è un’imitazione di una campagna online raffinata e intelligente le cui immagini sono state molto diffuse e molto condivise qualche tempo fa. Un’iniziativa messa in piedi da alcuni esperti di social media per sottolineare l’ampiezza della credulità alle bufale online. Erano in quel caso “bufale che sapevano di esserlo”, spesso divertenti, scritte per stigmatizzare l’assurdità di chi crede e condivide tutto, ma anche di come esista un inevitabile ruolo dei media in tutto questo. La foto che ha indignato Boldrini non è stata prodotta dagli ideatori di quella iniziativa ma da qualcuno che ne ha copiato stile ed idee per una replica di pessimo gusto. Purtroppo si sa, il remix è fatto così, sarà possibile passare dal genio alla spazzatura (e viceversa) in un singolo colpo di click.


Nella complessità di tutto questo il pensionato settantenne intervistato da Repubblica perché ha condiviso la bufala sulla sorella di Boldrini (una notizia apparentemente irrilevante questa, ma poi animata da alcuni misteri sulla doppia vita on line del ciarliero internauta) e Boldrini stessa, abitano nel medesimo sottoinsieme: quello di quanti prestano attenzione alle bufale che leggono on line e che, per un motivo o per un altro, sono incapaci di sottrarsi a simili comunicazioni. Dentro quel caotico casino informativo (dal quale io trovo incomprensibile che Boldrini non si tolga definitivamente) sarà possibile trovare le bugie intenzionali (dei propagandisti o degli affaristi del web), quelle costruite per sottolineare le bugie intenzionali, quelle non intenzionali alle quali l’ingenuo autore/lettore crede veramente. Il piano d’azione è uno solo: imparare a districarsi e dedicare il proprio tempo a ciò che si ritiene importante.

La seconda chiave di lettura è questa: chi sono i nostri punti di riferimento culturale? Chi ci indica la strada? Quali sono i pilastri intellettuali della nostra società? Questi che oggi accorrono indignati e compatti al grido di allarme (l’ennesimo) di Boldrini? Perché prestigiosi editorialisti, politici di primo piano, personaggi noti scendono in campo compatti contro la vergogna di una campagna diffamatoria on line se non ne conoscono altro che una sua versione semplificata? Perché se Boldrini da tempo non sembra essere in grado di districarsi dentro simili complessità nemmeno loro, che sono spettatori meno coinvolti nella vicenda, non riescono ad astenersi da un biasimo superficiale e automatico?

(il suo post è qui)

Due, tre, quattro alani. E la magnitudo.

ValigiaBlu come al solito studia le cause che hanno portato la stampa a sparare magnitudo diverse nell’arco di pochi minuti (senza complotti, eh) con un articolo ben argomentato e soprattutto con fonti alla mano. Lo trovate qui. Tra le considerazioni vale la pena riprenderne una:

Le bufale come quella del “complotto della magnitudo rivista” trovano terreno fertile nella confusione. Il credito di cui ha goduto la falsa magnitudo 7.1 ha generato la convinzione che ci fosse qualcosa di “sospetto” nei dati comunicati successivamente. La stima preliminare dell’Ingv è stata di 6.1, molto più bassa rispetto alla falsa magnitudo, e questo ha disorientato molte persone che si sono chieste il motivo di questa “correzione” (anche se tale non era). Le bufale e i complotti hanno vita propria, spesso sono incoerenti, e possono nutrirsi di qualsiasi fatto (anche vero). Ma proprio per questo è bene non fornire nuovi argomenti a chi ci crede o a chi le sostiene in malafede.

Il feticcio della velocità forse corre un po’ troppo veloce e qualcuno si lascia prendere la mano. E non è un problema di “internet” come cocciutamente continua a credere qualcuno. Questa, ad esempio, è la foto di alcuni strilli fuori da un’edicola trentina in cui la stessa notizia vede coinvolti due alani, forse tre, probabilmente quattro:

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Fate un po’ voi.

L’orrore delle bugie su Parigi

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Arianna Ciccone e tutti quelli che scrivono per Valigia Blu hanno cominciato da tempo una battaglia per ottenere dal giornalismo anche un po’ di serietà. Sembrerebbe una questione simpatica scritta così se non fosse che sulle false notizie che rimbalzano su tutti i socialcosi del mondo stanno contribuendo a minare una credibilità già piuttosto pericolante dopo anni di servilismi e scendiletto. Per questo vale la pena investire qualche minuto nel post in cui si stila un veloce elenco delle bugie più grosse raccontate sui fatti di Parigi (che dovrebbero avere anche l’aggravante di apologia al lutto) e l’articolo (tradotto) di Claire Wardle sulla necessità di un debunking in tempo reale che i media devono riuscire a fare in tempo reale.

Sono riflessioni che farebbero bene a tutta la categoria.

Detto da un abusivo, poi. Che sono io.