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condanna

Uomini incompiuti (solo dopo, separati)

Un esempio fulgido l’abbiamo avuto con il titolo de Il Mattino. I fatti, intanto: Mario Bressi decide di punire la moglie che ha deciso di lasciarlo uccidendo i loro due figli e togliendosi la vita. Un infanticidio che in fondo è un femminicidio ancora più vigliacco: uccidere i figli per condannare una moglie è un gesto che nasconde tutta la ferocia possibile. Bressi prima di compiere il suo gesto, nella perfetta premeditazione di chi vuole provocare l’inferno, ha anche scritto alla ex moglie.

Torniamo al titolo de Il Mattino: «Il dramma dei papà separati», titolano piuttosto stupidamente. Ovviamente la narrazione è sempre la stessa, quella patriarcale dell’uomo ferito che viene giudicato per il suo dolore come se potesse essere una giustificazione. I figli ammazzati alla fine sono colpa della donna, ovviamente.

Si alza lo sdegno e Il Mattino ci riprova, corregge e scrive «Devastato dalla separazione» dimostrando che la stupidità è banale ma è anche soprattutto ripetitiva. Vengono sommersi ancora una volta dagli insulti, ci riprovano: «Papà separato, ha ucciso i figli nel sonno» dimostrando di non capirci proprio niente.

C’è solo il dramma dell’uomo, del forte, del padrone che ha deciso di togliere i figli per rivendicarne il possesso dopo avere perso il possesso della moglie. Non esistono i drammi dei bambini uccisi nel sonno, non uccide la distruzione di una madre punita in un modo così orribile. Niente. Tutti gli altri dolori che non siano quelli del maschio sono effetti collaterali tristi, certo, ma solo consequenziali.

E in fondo si tratta sempre degli stessi stoltissimi maschi, quelli costruiti in serie secondo le logiche peggiori della fallocrazia, quelli che vengono lasciati e non si chiedono mai cosa hanno sbagliato ma che trovano comodo, vigliacchi come sono, dire che lei “ha rovinato la famiglia”, che lei “si è venduta per un pompino”, che lei la rovineranno, gliela faranno pagare e sono felici solo la vedono sola, povera e pazza.

Sono uomini che non hanno fatto i conti con se stessi, incapaci di vedersi completi al di là della punta del proprio organo riproduttivo (su cui sono solitamente fissati) e che non transigono sul fatto di potere avere di fianco persone che si autodeterminano con le proprie scelte. Uomini che di facciata sembrano puliti e che spesso hanno mostri pelosi (che le loro ex mogli hanno provato a curare).

Non parliamo del dramma di padri separati (e ce ne sono tanti anche di padri separati che vivono drammi veri, senza bisogno di arrivare all’omicidio) quando ci sono di mezzo assassini. Il dramma vero è quello di certo giornalismo che si appiattisce sulla banalità del male. E come sono ripetitivi e banali tutti questi fallocrati che cercano la giustificazione per giustificare l’ingiustificabile. Mentre il bene, al contrario, si rinnova ogni giorno, si sceglie tutti i giorni e si reinventa se serve per non soffocare.

Buon lunedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Sulla Puglia e sulla democrazia

È una storia antichissima, che viene dalla notte dei tempi, quella del voto utile e di doversi presentare uniti alle elezioni. Su questo ogni volta ci si sfonda in contrapposte tifoserie: c’è chi dice che bisogna stare uniti per battere gli avversari e c’è chi dice che stare uniti se poi non si condividono gli stessi progetti e gli stessi ideali serve a ben poco anzi spesso serve proprio a fare votare gli avversari. Ognuno la pensi come vuole, è la democrazia, bellezza, e i pareri diversi e talvolta contrapposti sono il sale del dibattito politico, almeno su questo bisognerebbe essere d’accordo.

Certo le incongruenze dei comportamenti contano, andrebbero comunque ricordate per avere un quadro più chiaro della situazione: quelli che candidano Ivan Scalfarotto alla presidenza della Puglia sono gli stessi che quando stavano nel Pd contestavano addirittura l’esistenza di quelli che chiamavano partitini (li chiamavano proprio così) e condannavano le eventuali candidature al di fuori della coalizione di centrosinistra come personalismi e addirittura boicottaggi.

Sia chiaro: la democrazia consiste nella libertà di unirsi e di dividersi, per fortuna. E quindi da queste parti, dove spesso si è detto e scritto in difesa di quelli che rivendicano il diritto di non assomigliare a una coalizione si difende anche la libera scelta di correre da soli, come farà Scalfarotto in Puglia. Rimane però il dubbio che l’iniziativa politica di Renzi sia, per l’ennesima volta come è nella sua natura, una questione personale che assume connotati politici e a cui si appiccia una giustificazione che appaia come un’idea di governo regionale.

E allora facciamo un patto: i renziani, quelli che sono riusciti per anni a dirci che ogni iniziativa contro il capo Renzi fosse una questione di antipatia o una ricerca di un posto al sole ora ci chiedono scusa e ammettono che in politica capiti di non essere d’accordo, ci sia il diritto di non essere d’accordo.

Per il resto un grande in bocca al lupo a tutti i candidati delle prossime regionali. E un grande in bocca al lupo a questa politica che non riesce a dibattere se non scontrandosi e duellando, sempre pronta a contarsi piuttosto che a contare. Ne abbiamo bisogno, di fortuna, tutti.

Buon lunedì.

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Vivere sotto scorta non è affascinante, è solo una condanna che fa soffrire e ti rende solo

Vivere sotto scorta non significa farsi accompagnare e nemmeno saltare la coda: vivere sotto scorta significa comprimere i tuoi affetti in un angolo, come un bonsai, per non lasciarlo in pasto agli altri. Significa perdere il diritto di cittadinanza nel Paese della normalità. La scorta è un tarlo. Un tarlo col quale convivi per difenderti ma che intanto cresce mangiando la tua solitudine.
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Femminicidio: Marianna uccisa 12 volte prima di essere uccisa davvero

“Mi ha minacciato con un coltello, non so più che devo fare: aiutatemi”. Diceva così Marianna Manduca quando implorava di essere ascoltata dalla Procura di Caltagirone, terrorizzata da un marito vigliacchetto e violento come ne leggiamo troppi nelle cronache italiane.

Dodici denunce. Dodici volte Marianna ha chiesto aiuto a un Paese che continua a derubricare i segnali di femminicidio a piccole beghe famigliari che non meritano attenzione, contribuendo al senso di impunità dei maschi che si arrogano il diritto di ritenere le proprie compagne proprietà private a cui dare un senso con le botte e con la morte.

Io non so nemmeno se si riesce a scrivere con che sguardo una donna possa uscire dalla caserma per la dodicesima volta. Non so nemmeno immaginare dove finisca la sfiducia e dove inizi la paura per chi poi alla fine di coltellate ci è morta davvero: il marito Saverio Nolfo l’ha uccisa con sei coltellate al petto e all’addome il 4 ottobre del 2007 a Palagonia.

La procura di Caltagirone per la morte di Marianna è stata condannata dalla corte d’Appello di Messina: hanno riconosciuto il danno patrimoniale condannando la presidenza del Consiglio dei ministri al risarcimento di 260mila euro, e riconoscendo l’inerzia dei magistrati dopo una lunga trafila giudiziaria.

Dopo dodici volte insomma Marianna è morta per davvero. E dodici anni dopo le hanno chiesto scusa.

Perché non basta quasi mai solo un assassino per compiere un femminicidio.

Buon mercoledì.

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Monsanto? colpevole di crimini contro l’umanità

(il comunicato di Navdanya International)

A l’AIA i giudici internazionali del tribunale Monsanto hanno ritenuto che l’azienda sia responsabile di crimini contro l’umanità.

La Monsanto deve essere ritenuta responsabile per crimini contro l’umanità, violazione dei diritti umani, libertà di informazione e Ecocidio. I cinque giudici internazionali del tribunale Monsanto hanno presentato, oggi a L’Aia, il loro parere legale dopo aver analizzato per 6 mesi le testimonianze di oltre 30 testimoni, avvocati ed esperti sui danni causati dalle attività della Monsanto. I giudici hanno concluso che la Monsanto ha condotto azioni che hanno negativamente pregiudicato il diritto ad un ambiente sano, il diritto al cibo e il diritto alla salute. I giudici hanno infine incoraggiato gli organi di controllo a proteggere l’ambiente e i diritti umani internazionali contro la condotta delle multinazionali che stanno, inoltre, violando il diritto alla libertà di ricerca scientifica.

Il parere legale ha confermato ciò che i movimenti, i cittadini, gli agricoltori denunciano da almeno 30 anni, conducendo una dura battaglia sul campo. Il modello di un’agricoltura basata su monocolture, sull’ampio uso di prodotti chimici e di sementi geneticamente modificate, e il modello economico industriale, basato a sua volta su politiche neoliberiste di libero scambio e sulla liberalizzazione del commercio, stanno avvelenando milioni di persone e stanno espellendo i piccoli agricoltori dalla terra, consentendo alle aziende di stabilire monopoli e ottenere il controllo dei nostri semi e del nostro cibo. Pur avendo distrutto buona parte del nostro suolo, inquinato l’acqua e messo a rischio la biodiversità, pur avendo contribuito massicciamente all cambiamento climatico, il modello di agricoltura industriale produce solo una minima parte del cibodisponibile a livello globale basandosi sulla falsa asserzione che abbiamo bisogno di veleni per produrre cibo. I produttori  reali sono i nostri impollinatori, gli organismi del suolo e della biodiversità e i piccoli agricoltori che, come co-creatori e co-produttori con la natura, forniscono la maggior parte del cibo che è nutriente per il pianeta e per la gente e in grado di offrire una soluzione alla povertà, alla crisi agraria, all’emergenza della salute e alla malnutrizione.

Il parere consultivo dei giudici internazionali del tribunale Monsanto rappresenta quindi un colpo consistente al potere del big business e un supporto rilevante per il lavoro di migliaia di attivisti, agricoltori, consumatori e cittadini di tutto il mondo. I giudici hanno considerato come, durante l’ultimo mezzo secolo, le aziende abbiano creato miti e propaganda su sostanze chimiche velenose “necessarie per sfamare il mondo”. Per l’industria si trattava di aumentare le loro fonti di utili dopo la fine della guerra, ma per il pianeta e i suoi abitanti, i costi sono stati molto alti: invece di nutrirci, il cibo di origine industriale è diventato una delle principali cause di malattia e povertà. Il parere consultivo del Tribunale Monsanto non solo esprime preoccupazione sui risultati delle attività delle multinazionali in tutto il mondo, ma mette in guardia la società civile e le istituzioni sui pericoli futuri. Nonostante tutti i loro crimini, le grandi aziende stanno, infatti, cercando di ingrandirsi, reclamando potere assoluto, diritti assoluti, immunità assoluta, mettendo in campo strumenti ancora più violenti contro la natura e le persone. Fusioni, acquisizioni e accordi, come quelli tra la Monsanto-Bayer, fra la Dow-Dupont, fra la Syngenta-ChemChina, risulteranno in un cartello di 3 aziende giganti di semi e prodotti chimici in grado di controllare il nostro cibo e la nostra agricoltura, con un forte impatto sui diritti degli agricoltori e dei consumatori. Mentre la concorrenza è la retorica degli accordi di libero scambio, il monopolio è il vero risultato. E’ questo il modo con cui le multinazionali stanno distruggendo la diversità, il pluralismo e la democrazia, cercando di sbarazzarsi delle normative che proteggono il nostro cibo, la nostra salute e i nostri mezzi di sussistenza.

I movimenti di tutto il mondo hanno denunciato ogni tentativo delle multinazionali di estendere il loro controllo sulla nostra vita, sui nostri semi, e sulle conoscenze indigene attraverso i diritti di proprietà intellettuale, utilizzando lo strumento di brevetti sui semi e sulla vita. La porta ai brevetti è stata aperta attraverso la chiave dell’ingegneria genetica, dichiarando che i semi sono un’invenzione aziendale e quindi di proprietà delle multinazionali. Attraverso la creazione di monopoli, le multinazionali raccolgono royalties e negano agli agricoltori il diritto di condividere e conservare i semi derubando così i cittadini dei loro diritti alla sovranità alimentare. Oltre ai problemi di sicurezza, tra cui la modificazione genetica, la biologia sintetica e la modifica dei geni legata agli OGM, la questione principale appare essere quella dell’obiettivo delle multinazionali di ottenere il possesso della vita sulla terra.

Il Tribunale Monsanto ha confermato la pericolosità di prodotti e di sostanze chimiche tossiche come Round Up (glifosato) e Basta (glufosinato), neonicotinoidi, atrazina, e altri pesticidi velenosi che hanno causato distruzione dei suoli, desertificazione, sterminio di api, aumento di epidemie come cancro e difetti congeniti. Queste multinazionali stanno contaminando la popolazione inquinando il suolo e avvelenando i nostri sistemi alimentari. La relazione pubblicata di recente da Hilal Elver, relatore ONU per il diritto al cibo, presenta una chiara analisi relativa all’uso di pesticidi in agricoltura e agli impatti sui diritti umani. Lo scorso settembre, la Corte Penale Internazionale ha dichiarato di voler dare la priorità ai reati connessi alla “distruzione dell’ambiente”, allo “sfruttamento delle risorse naturali” e alla “espropriazione illegale” di terra prendendo in considerazione molti crimini tradizionalmente sottovalutati. La CPI non sta estendendo formalmente la sua giurisdizione, ma ha specificato di voler valutare reati esistenti, come i crimini contro l’umanità, in un contesto più ampio.

Il parere consultivo reso pubblico dai giudici del Tribunale Monsanto ha un forte valore morale e conferma la necessità di affermare il primato dei diritti umani e ambientali all’interno di un quadro giuridico internazionale. Il diritto internazionale dovrebbe ora riconoscere, con precisione e con chiarezza, i diritti dell’ambiente e il reato di Ecocidio. Il Tribunale conclude che, se il reato di Ecocidio fosse riconosciuto nel diritto penale internazionale, le attività della Monsanto potrebbero, con tutta probabilità, costituire un crimine. I movimenti della società civile possono ora contare su nuovi strumenti e su un parere consultivo legale eminente per rafforzare la loro azione in difesa dei diritti della terra e dei suoi abitanti.

Storia pregressa e prossime  attività in programma

Il procedimento che ha condotto il “Cartello dei Veleni” a prendere atto dei propri crimini e che ha portato all’organizzazione del Tribunale Monsanto, è frutto di 30 anni di lavoro in campo scientifico, legale, sociale e politico da parte di movimenti, scienziati e cittadini coscienziosi.

Mentre i tribunali si occupano dei crimini del Cartello di Veleni, che è molto importante affinché si affermi la giustizia, le persone detengono il potere di cambiare le modalità di produzione del loro cibo.

Contemporaneamente al Tribunale Monsanto, lo scorso ottobre si è svolta a L’Aia anche un’Assemblea Popolare. E’ stato un incontro di movimenti ed attivisti che lavorano per difendere il nostro ecosistema e la nostra sovranità alimentare, che studiano gli effetti delle sostanze chimiche usate in agricoltura sulle nostre vite, sul nostro suolo, sulla nostra atmosfera e sul clima. L’Assemblea Popolare ha rappresentato un’occasione per individuare insieme la giusta strada per reclamare un futuro basato sulla Libertà dei Semi e del Cibo, sull’agro-ecologia e sui diritti degli agricoltori, sui nostri beni comuni, su economie di condivisione e sulla Democrazia della Terra. Negli stessi giorni, si sono svolte Assemblee Popolari auto-organizzate da comunità locali di tutto il mondo che hanno dato vita ad una rete globale di cooperazione al fine di garantire un futuro più salutare sia dal punto di vista della genuinità del cibo sia da quello del rispetto dell’ambiente.

Il 16 ottobre 2016, Giornata Internazionale dell’Alimentazione, l’Assemblea Popolare ha emesso il suo verdetto: la Monsanto e il Cartello dei Veleni sono colpevoli di crimini contro in nostro pianeta e contro l’umanità. L’industria che fabbrica i veleni sta distruggendo la vita sulla terra, la nostra salute e le nostre democrazie. L’Assemblea Popolare ha quindi deciso che è tempo di mettere fine ad un secolo di ecocidio e genocidio.

Nel momento in cui le multinazionali si compattano per mezzo di fusioni ed aumentano di dimensioni e potere, i movimenti che hanno preso parte all’Assemblea Popolare hanno deciso di unire le forze per reclamare i diritti delle persone ad un’alimentazione sana e a un ambiente altrettanto sano e sicuro, come anche per difendere le tutele esistenti, in materia di diritti umani e ambientali conquistate nel corso di decenni di lotte sociali.

Nel 2016 si sono svolte più di 1100 Assemblee Popolari in 28 paesi diversi, nelle quali i partecipanti hanno preso l’impegno di difendere collettivamente la Libertà dei Semi, del Cibo e i nostri diritti democratici per far sì che il nostro sistema alimentare del futuro protegga la vita sulla terra ed il benessere di tutte le creature viventi.

Questa mobilizzazione a livello globale continua a crescere: movimenti da ogni parte del mondo continuano a incontrarsi con il comune intento di mettere fine ad un secolo di ecocidio e genocidio.

In risposta alla serie di preannunciate fusioni tra i giganti dell’industria agro-chimica, l’ultima delle quali l’acquisizione di Monsanto da parte di Bayer, Navdanya sta organizzando diversi eventi ed attività per i prossimi mesi:

Recentemente, Navdanya è entrata a far parte di un vasto movimento di opposizione contro i veleni presenti nel nostro sistema alimentare e ha invitato la cittadinanza a firmare l’Iniziativa dei Cittadini Europei per vietare il glifosato e per riformare le politiche di approvazione dei pesticidi nell’Unione Europea. In relazione agli effetti dei pesticidi contenenti glifosato sulla salute umana, molti testimoni da Europa, Stati Uniti e Argentina hanno partecipato  al Tribunale Monsanto, condividendo la loro esperienza relativa ai danni associati ai prodotti chimici utilizzati in agricoltura.

In India, Navdanya è molto attiva nel contrastare il processo locale di approvazione delle fusioni tra multinazionali e sta mettendo in guardia il governo indiano sui conflitti d’interesse esistenti e sul pericolo derivante dalla troppa concentrazione di potere. Allo stesso tempo, Navdanya ha riunito vari movimenti per intraprendere un Satyagraha Yatra, un pellegrinaggio per la Libertà dei Semi e del Cibo, programmato nel mese di aprile 2017.

In Grecia, dal 20 al 22 aprile, Navdanya si unirà a Peliti per il Festival Olimpico per la Libertà dei Semi insieme a movimenti e organizzazioni provenienti da tutto il mondo.

In Germania dal 25 al 29 aprile, insieme a CBG (Coalition against Bayer Dangers), IFOAM Organics International, Colabora e molti altri movimenti di cittadini ed organizzazioni, Navdanya ha organizzato una serie di eventi che culmineranno in una manifestazione, il 28 aprile a Bonn, di fronte al World Conference Center dove, lo stesso giorno, è in programma l’incontro annuale di Bayer con gli azionisti.

Mai come ora è stato più importante per la popolazione organizzarsi per fermare la presa di potere delle multinazionali sul nostro cibo e sul nostro pianeta.

Vi invitiamo ad unirvi alle comunità di tutto il mondo in questa nuova “Chiamata all’azione contro la presa di potere delle multinazionali sul nostro cibo e sulla nostra salute”. Vi invitiamo inoltre ad organizzare un’Assemblea Popolare, ovunque voi siate per creare un futuro migliore per il nostro sistema alimentare ed il nostro pianeta.

In ogni luogo, assumiamo l’impegno per creare un futuro più salutare per il nostro cibo e per il nostro pianeta. Dalle Assemblee Popolari lanceremo una campagna di boicottaggio, per proteggere i cittadini dai veleni e dalle imposizioni del Cartello dei Veleni, e per liberare i nostri semi e la nostra terra, le nostre comunità e società, il nostro pianeta e noi stessi.

(Contatto: info [@] navdanyainternational.it)

 

Su Formigoni, il morigerato

Immodesto. Lo si dice di chi abbia un’alta stima dei propri meriti e scarsa considerazione per i meriti altrui.
(Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo, 1911)

Così, di corsa, solo per avvisarvi che sul buon Formigoni ne ho scritto qui per Fanpage con un ricordo quasi personale e qui nel mio buongiorno per Left di oggi. Così, se vi va di passare.

 

Il tramonto (giudiziario) dei berluscones

Se avesse la solennità della tragedia, dovrebbe suonare il Crepuscolo degli Dei. Siccome assomiglia più al grottesco, potrebbe diffondersi la musichetta finale di qualche spettacolo del Bagaglino. La foto di famiglia di Silvio Berlusconi perde uno dopo l’altro i soggetti principali, da Nord a Sud, da Roberto Formigoni – condannato a 6 anni per corruzione – a Giuseppe Scopelliti – 5 anni per abuso d’ufficio e falso. In un giorno solo finisce in pezzi l’ultimo residuo della classe dirigente che ha guidato l’Italia per anni, almeno 15. Dal comandante fino ai colonnelli, il centrodestra non vivrà di soli ricordi, ma anche di sentenze e di processi, spesso finiti male. Non solo il leader del partito e capo del governo, non solo ministri, non solo sottosegretari e viceministri, non solo “mele marce” tra i parlamentari. Ma anche presidenti di Regione, ex sindaci, coordinatori regionali del partito. In Lombardia Formigoni, in Campania Cosentino, in Liguria Scajola, in Calabria Scopelliti, in Sicilia Dell’Utri. Non solo amministratori, ma anche dirigenti di partito, che avevano il potere di formare altri politici, di fare nomine, di “produrre” altra classe dirigente.

Oggi è stata la giornata della condanna in primo grado dell’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni, in appello dell’ex governatore in Calabria Giuseppe Scopelliti e anche della requisitoria del pm nel processo più complicato per Denis Verdini, in cui il magistrato in aula ha detto che l’ex braccio destro di Berlusconi, coordinatore di Forza Italia, è “un truffatore” che con la sua attività al Credito cooperativo fiorentino, che ha guidato per vent’anni, ha “rovinato” quella banca. Verdini, imputato in 5 processi, è già stato condannato per corruzione in primo grado per un’altra vicenda (quella della Scuola dei Marescialli di Firenze), pena poi prescritta in appello. Per il poco che vale sempre oggi un ex parlamentare del Pdl, Alfonso Papa, napoletano, è stato condannato a 4 anni e mezzo, in primo grado, per i reati di concussione e istigazione alla corruzione.

I veterani
Dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sanno tutti tutto: la frode fiscale, la condanna definitiva, la pena dei servizi sociali, l’espulsione dalla politica attiva attraverso la decadenza da senatore e l’incandidabilità fino al 2019. L’ex senatore Marcello Dell’Utri, ideatore di Forza Italia e principale consigliere del leader, è in carcere da tempo per la condanna definitiva a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e è indagato e imputato in altri svariati processi, con accuse che vanno dal peculato all’esportazione illecita di opere d’arte fino alla frode fiscale e alla bancarotta. E’ stato condannato definitivamente, nel 2007, anche l’ex ministro della Difesa Cesare Previti: un anno e 6 mesi per corruzione perché secondo i giudici partecipò alla corruzione di un giudice (Vittorio Metta) perché la Corte d’appello di Roma desse la maggioranza della Mondadori a Berlusconi anziché alla Cir di De Benedetti. Previti ha poi scontato la pena sotto forma di affidamento ai servizi sociali.

Il ministro per 17 giorni
Berlusconi fece ministro per 17 giorni e sottosegretario per un totale di 7 anni anche Aldo Brancher, condannato in via definitiva a due anni di reclusione per ricettazione e appropriazione indebita nel caso Antonveneta, pena non scontata grazie all’indulto. Nel caso di Brancher si arrivò all’impudicizia: solo 5 giorni dopo essere stato nominato ministro “alla sussidiarietà e il decentramento”, chiese la sospensione del suo processo per “organizzare il nuovo ministero”. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano intervenne spiegando che Brancher era ministro senza portafoglio e non c’era nessun ministero da organizzare. Alla fine, prima di una mozione di sfiducia e le proteste generali, Brancher si dimise.

Ex governatori e ex capi regionali di partito
Anche l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino è in cella da anni: di recente è stato condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione camorristica e in precedenza aveva preso altri 4 anni per corruzione (entrambe le sentenze sono arrivate in primo grado). Giancarlo Galan, ex presidente del Veneto ed ex ministro, ha patteggiato una pena di 2 anni e 10 mesi per corruzione nell’inchiesta sul Mose restituendo tra l’altro 2,6 milioni di euro (a petto, secondo i pm, di oltre 15 milioni). Claudio Scajola, più volte ministro, è sotto processo per il presunto favoreggiamento di un latitante, l’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato a 3 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Ugo Cappellacci, ex presidente della Regione Sardegna, è stato condannato in primo grado a due anni e mezzo per bancarotta “per dissipazione e documentale”.

(fonte)

Intanto l’ex assessore di Scopelliti si prende 9 anni per mafia

(Lucio Musolino per Il Fatto Quotidiano)

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Nove anni di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso e 2.100 euro di multa. L’ex consigliere e assessore comunale all’Ambiente Pino Plutino è stato condannato anche dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria al termine del processo “Alta tensione 2“. Adesso manca solo il sigillo della Cassazione per confermare quanto sostiene la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e cioè che l’uomo di fiducia dell’ex sindaco e governatore Giuseppe Scopelliti è un componente della famiglia mafiosa Caridi federata con la potente cosca Libri.

La sentenza è arrivata intorno alle 19 dopo una lunga camera di consiglio. In sostanza, i giudici della Corte d’Appello hanno confermato l’impianto accusatorio del pm Stefano Musolino che, in primo grado, aveva ottenuto la condanna di Plutino a 12 anni di carcere.

Arrestato nel 2012, l’ex assessore comunale sarebbe stato il referente politico dei Caridi al Comune di Reggio. Su di lui, il clan avrebbe fatto confluire i voti non solo degli affiliati, alterando la libera competizione elettorale per le comunali del 2011. Plutino, infatti, è il cugino di Domenico Condemi, considerato il boss del quartiere San Giorgio Extra e condannato a 20 anni di carcere.

Secondo gli inquirenti, l’ex assessore condannato era “il referente della cosca Caridi-Borghetto-Zindato e cresciuto politicamente attraverso queste dinamiche”. Secondo la Procura, da questa inchiesta, è venuta fuori quella che definiscono la ‘ndrangheta “fluida” capace di infiltrarsi nelle istituzioni e che chiede di essere riconosciuta come “sistema di potere“.

La Corte d’Appello ha assolto il fratello del boss, Filippo Condemi, “per non aver commesso il fatto”. Cadono le accuse anche per il poliziotto Bruno Doldo processato per rivelazione del segreto d’ufficio. Al termine del processo, così come era avvenuto in primo grado, i giudici hanno ritenuto che Doldo (all’epoca anche arrestato) fosse innocente e, soprattutto, non fosse quell’”agente della Digos” di cui si parla nelle intercettazioni effettuate durante le indagini.