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LA LETTURA del Corriere su #Carnaio

di Ermanno Paccagnini, 16 dicembre 2018

Di​sto​pie pos​si​bi​li Giu​lio Ca​val​li gio​ca con il ma​ca​bro e il grot​te​sco, e im​ma​gi​na, im​pie​gan​do an​che il pro​prio ta​len​to di uo​mo di tea​tro, un por​to in​ve​sti​to da cen​ti​na​ia di mi​glia​ia di ca​da​ve​ri di «stra​nie​ri». Che di​ventano una ri​sor​sa eco​no​mi​ca

Impossibile non evocare, per Carnaio di Giulio Ca​val​li, la definizione di «romanzo po​li​ti​co», affidato com’è a una visionarietà da «oggi già possibilmente di​sto​pi​co» per una narrazione che sembra costruita avendo presente linee po​li​ti​che con​so​li​da​te e istanze legislative at​tua​li (red​di​to di cittadinanza, autodifesa, costruzioni di muri e barricate e altro ancora). Un romanzo comunque racchiuso tra immagini memori del​la tra​di​zio​ne narrati​va — il Manzoni della diffusione della peste e della paura tra contagio dei cittadini, co​sì co​me il Testori degli Angeli del​lo sterminio; coi qua​li colloqui con il Saramago di Cecità — prima di approdare a un finale nel segno d’una implosione delle scelte effettuate dal​la comunità protagonista del libro. Tutto inizia in un 15 marzo, al por​to di DF (omaggio to​po​no​ma​sti​co a Bolaño), cittadina si​tua​ta sul ma​re so​lo per necessità di trama, ma settentrionale per mentalità, allorché il bel personaggio del disilluso pescatore Giovanni Ventimiglia, at​trac​can​do al pontile, si imbatte nel cadavere di un uomo rimasto ammollo per giorni. Risuccede nei giorni seguenti, sin​ché una prima gran​de on​da​ta, come un autentico tsunami (che provoca ben 14 vittime tra i cittadini), por​ta dentro le vie «venticinquemilacentoundici corpi» i cui re​ci​pro​ci «margini di differenza so​no al mas​si​mo di due centimetri nella altezza, di un et​to nel peso, tutti di identica mas​sa muscolare con un margine di nemmeno un centimetro nella circonferenza». «Un’inspiegabile invasione di stranieri» di ignota provenienza che tocca in po​chi giorni i 300 mi​la, stabilizzandosi in «una media di ventimila corpi ogni quarantott’ore» di « quel​li » (co​me vengono regolarmente definiti, in contrasto con i « nostri »). Un problema ignorato dal​lo Sta​to, con conseguente decisione del sin​da​co di non in​via​re più i sol​di a Ro​ma, costituendosi di fatto co​me Sta​to au​to​no​mo, che impedisce l’ingresso a chiunque non sia residente, e anzi espellendo an​che i non originari del luogo. Di lì costruzioni di barricate e ,uri, an​che per difendersi dall’invasione d’una stampa considerata nemica, e un cli​ma da legge marziale. Ma pure una in​vi​dia​bi​le realtà economica costruita su quel «carnaio porta​to dall’on​da» del qua​le «non si butta via niente. Nien​te. Co​me il ma​ia​le »:« duecentottantotto milioni di chi​li di car​ne all’an​no, per il novanta per cento utilizzati nel comparto combustione e pro​du​zio​ne energia elettrica, ttrecentocinquantamila corpi utilizzati per il com​par​to alimen​ta​re e il re​sto (insieme agli scarti) per il confezionamento di monili, pellame e complementi d’arredo». Situazioni seguite in un periodo che va da un 15 marzo a un 20 marzo d’un qual​che anno successivo, che han​no richiesto un piglio narrativo di gran​de durezza, distribuito in due par​ti (con a chiusura una breve terza par​te: La fine). La prima par​te, I morti, gestita in terza per​so​na con una scrittura che inizialmente ti sembra po​co op​por​tu​na nel​la scelta stilistica del​la punteggiatura (un continuum con rari punti fermi), ma che ben pre​sto si fa sempre più sicura col trascorrere dei capitoli, insieme col crescere de​gli arrivi e del​le paure, e che si fa apprezzare in par​ti​co​la​re per la scelta di giocar​la sull’indiretto libero di matrice verghino, sia pur con qual​che eccesso di compiaciuta si​mi​li​tu​di​ne. E I vi​vi, una se​con​da par​te giocata su quel monologo nel qua​le Ca​val​li è già maestro a teatro, con pie​na padronanza di una oralità che re​sta spontanea anche nella scrittura, dando voce sin​go​la ai personaggi, ciascuno con un proprio registro (si confessino, scrivano, rilascino interviste) e una propria prospettiva per quanto sta accadendo, al tempo stesso ricostruendo sin​go​le sto​rie personalità, con le loro insicurezze, le paure per ciò che è diverso, la disponibilità a far​si manipolare. Una scrittura in crescendo di durezza e persi​no ferocia, a tratti iperbolica,, nel​la qua​le macabro e grottesco si scambiano e si sommano, co​me la più adatta a sottolineare la mascherata ferocia di una mentalità. E dove può il sarcasmo virulento d’una denuncia sempre te​nu​ta sul pia​no narrativo non dimentica la pietas per chi può ce​de​re per privati smarrimenti (il pescatore) o per chi ha il coraggio di du​bi​ta​re e di ribellarsi (la moglie del commissario), ricordando che «chi non si adatta diventa straniero. Chi è straniero diventa un impiccio, an​che se un’ora prima era tua mo​glie, tuo fra​tel​lo, tua figlia».

Corriere della Sera: Ermanno Paccagnini su #Carnaio

«Impossibile non evocare per Carnaio di Giulio Cavalli la definizione di romanzo politico “Chi non si adatta diventa straniero. Chi è straniero diventa un impiccio anche se un’ora prima era tua moglie tuo fratello tua figlia”»

Oggi Corriere della Sera ha una pagina dedicata a #Carnaio

Berlusconi ha già cominciato la campagna acquisti. Il prossimo centrodestra è già putrido

“Non si dice mai di no a chi dice ‘Sottoscrivo il vostro programma’. Noi saremmo molto convenienti per loro perché potrebbero incassare interamente l’indennità parlamentare”: la frase è stata pronunciata da Silvio Berlusconi durante un’intervista al Corriere della Sera e i “loro” di cui parla sono i transfughi del Movimento 5 Stelle che, nonostante siano stati “espulsi” dal Movimento, saranno eletti (per merito di una pessima legge elettorale, giova ricordarlo) e andranno a rimpinguare un Gruppo misto che si preannuncia già folto fin dall’inizio della legislatura.

Stiamo parlando (per ora) di sei persone coinvolte nel cosiddetto caso “rimborsopoli”: Maurizio Buccarella, in lista al secondo posto per il Senato nel collegio Puglia 2; Carlo Martelli, al primo posto per il Senato nel collegio Piemonte 2; Elisa Bulgarelli, al terzo posto nel collegio Emilia Romagna 1 per il Senato; Andrea Cecconi, al primo posto per il collegio Marche 2 per la Camera; Silvia Benedetti, al primo posto in un collegio veneto per la Camera; Emanuele Cozzolino, al terzo posto in un altro collegio veneto sempre per Montecitorio; dei quattro candidati “massoni” (Piero Landi, candidato a Lucca; Catello Vitiello a Castellammare di Stabia, David Zanforlin a Ravenna e Bruno Azzerboni a Reggio Calabria), di Emanuele Dessì (amico del clan Spada e in affitto in una casa popolare a 7 euro al mese e candidato al Senato nel collegio Lazio 3, al secondo posto).

Ma non è questione solo di candidature sbagliate: qui si tratta di un recidivo (Berlusconi) che sfrontatamente dichiara di avere aperto la campagna acquisti per ambire a un gruppo parlamentare già dopato indipendentemente dal risultato elettorale. È il solito Berlusconi, quello pessimo a cui la storia ci ha abituato, quello che la Lorenzin e la Bonino da sinistra dichiarano come prossimo alleato naturale in nome della responsabilità. È lo stesso disco. Rotto. Vecchio. E quasi nessuno si indigna.

Buon mercoledì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/02/21/berlusconi-ha-gia-cominciato-la-campagna-acquisti-il-prossimo-centrodestra-e-gia-putrido/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui.

Gli omosessuali e la schiavitù

Un lavoro geniale di Luigi Castaldi:

Provo a parafrasare ciò che Pietro Citati scrive sul Corriere della Sera di oggi a commento del referendum irlandese. Lascio pressoché intatto il suo testo (sulla sinistra) apportando solo le opportune modifiche (sulla destra).

citati

Le minacce che partono dall’anticamera di un Presidente di Corte d’Appello, la strana scorta e lo strano lodigiano

foto8C’è un’inchiesta della Procura di Milano che lambisce l’anticamera del presidente della Corte d’appello, Giovanni Canzio. Tutto è cominciato il 10 gennaio 2013, quando una giornalista del Corriere della sera, Elisabetta Andreis, riceve una telefonata di minaccia: “Lei, signora Andreis, dove si trova in questo momento? È qui in tribunale? Non si preoccupi, anche noi potremmo farle delle domande… E lei con la sua famiglia dove si trova? E al lavoro dove va? Lei ci risponda, o rispondiamo noi”.

Poi il misterioso interlocutore interrompe la comunicazione. Andreis va alla polizia e denuncia l’accaduto. Sta conducendo per il Corriere un’inchiesta sulle aste giudiziarie e su una gara indetta dalla Camera di commercio di Milano per la gestione della pubblicità e la pubblicazione sul web degli avvisi d’asta e per la preparazione del processo civile telematico. La gara, avviata nel 2012 con fondi Expo per il Tribunale di Milano, era stata vinta dalla società Edicom Finance con un ribasso da brivido (72,5 per cento) e in condizioni che avevano insospettito l’Autorità nazionale anticorruzione di Raffaele Cantone.

Per capire meglio i termini della questione, la giornalista aveva contattato via e-mail anche Canzio, che le aveva però fatto rispondere di non essere disponibile. Poi era partita la telefonata minacciosa. Ed erano scattate le indagini, affidate al pm Paolo Filippini. Arriva subito la prima, imbarazzante sorpresa: il pm scopre che la chiamata è partita da un telefono fisso dell’anticamera di Canzio, quello a disposizione del capo scorta del presidente della Corte d’appello, il brigadiere dei carabinieri Roberto Scapoli, il quale, secondo i tabulati telefonici, risulta in contatto con titolari di società attive nelle vendite giudiziarie. La seconda sorpresa è ancor più sconcertante: in quell’anticamera staziona spesso un amico di Scapoli, Giuseppe Frustaci, che si qualifica come agente della Questura e lo sostituisce quando è assente. Scapoli a Palazzo lo presenta come “collega”. Ma dalle indagini emerge che Frustaci non è affatto un poliziotto: è stato, al massimo, guardia giurata volontaria per la vigilanza ittica e venatoria a Lodi. In compenso, un rapporto dei carabinieri lo dipinge come un personaggio che stringe rapporti con appartenenti alle forze di polizia e al personale amministrativo del Palazzo di giustizia di Milano, dai quali riceve notizie, anche riservate, che poi rivenderebbe ad agenzie investigative private.

Oggi Frustaci è titolare di un’impresa edile, la Gf Costruzioni. Ma mentre non risultano sue attività nell’edilizia, sembra darsi molto da fare nel mondo dell’intelligence. Nel 2007 è stato condannato dal Tribunale di Lodi al pagamento di 2.400 euro di ammenda per aver fatto l’investigatore privato senza le autorizzazioni. Aveva addirittura condotto una strana bonifica presso gli uffici della polizia provinciale di Lodi, per verificare la presenza di “cimici”.

Secondo una relazione della Digos, si fa passare per informatore dei servizi segreti. Altre volte, si presenta come primo dirigente o come maresciallo dei carabinieri della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Milano. Oppure si spaccia per uomo dei servizi, proponendo scambi d’informazioni a poliziotti e carabinieri veri. Nel 2013, la Corte d’appello di Brescia lo condanna a 1 anno e 4 mesi per aver rubato da un’armeria, la “Galleria del tiro” di Lograto, Brescia, diverse armi comuni da sparo. Malgrado questo curriculum, è spesso accanto a Scapoli, nell’anticamera di Canzio, il magistrato più alto in grado del Palazzo di giustizia di Milano.

Il pm Filippini nel settembre 2014 iscrive Scapoli nel registro degli indagati. Due mesi dopo aggiunge anche Frustaci. Reati ipotizzati: minacce (nei confronti della giornalista del Corriere), concorso in turbativa d’asta e rivelazione di segreti d’ufficio (per l’anomala vittoria della Edicom Finance). Il magistrato chiede al gip di poter intercettare i due indagati, ma il giudice per le indagini preliminari Anna Maria Zamagni nel novembre 2014 ipotizza che in questo procedimento Canzio, pur non essendo parte offesa, possa essere danneggiato dal reato: dichiara dunque la propria incompetenza e una parte degli atti va così alla procura di Brescia, competente per le vicende che riguardano i magistrati milanesi. Resta a Milano l’indagine sulle minacce alla giornalista del Corriere. E l’imbarazzo per una brutta storia che si è consumata, a sua insaputa, nell’anticamera del presidente Canzio e che ancora non è arrivata alla parola fine.

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