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costituzione italiana

«Essere antifascisti oggi significa essere contro il razzismo»

Se n’è andata Carla Nespolo, la presidente dell’Anpi e donna coraggiosa e forte. Ma Carla Nespolo ci ha lasciato una lezione che va tenuta bene a mente, va mantenuta in tasca ogni mattina a quando ci si sveglia e ci si alza per andare in giro per il mondo: essere antifascisti oggi è molto di più del fare memoria, significa esercitare memoria e adattarla ai tempi che sono e allargarla ai nuovi pericoli che avanzano.

«Essere antifascisti oggi significa essere contro il razzismo, contro chi approfitta anche della crisi sociale per far regredire politicamente, culturalmente, moralmente il nostro Paese», disse Carla Nespolo e qui dentro c’è tutta la battaglia che non bisogna avere paura di combattere. C’è in atto da tempo un vile giochetto, appoggiato anche da sedicenti liberali di un sedicente centrosinistra, di incasellare i vizi del fascismo e i suoi orrori in tempi storici che vengono considerati passati. C’è qualcuno anche dalle parti del presunto centrosinistra che insiste nel negare che essere antifascisti oggi significhi combattere i nuovi razzismi che hanno assunto nuove forme.

A proposito di lezioni. C’è un’altro punto da tenere bene in mente che Carla ci ha lasciato: in tutti i suoi interventi la presidente dell’Anpi ribadiva con forza che la Costituzione italiana non sia “afascista ma antifascista” e che quindi sia un obbligo costituzionale essere contro i fascismi, alla faccia dei tanti che non “sono né di destra né di sinistra” (che alla fine sono sempre di destra) e che vorrebbero elevarsi culturalmente facendo gli equidistanti.

Un ultimo punto: Carla Nespolo notava spesso, lo faceva in pubblico e in privato, quanto i sovranismi di matrice fascista fossero stati bravi a crearsi una rete internazionale e a essere in collegamento tra loro e quanto invece gli antifascisti fossero molto più distratti nel percepire e nel mettere in rete le esperienze degli altri. Un’internazionale antifascista, anche a livello europeo, è un progetto politico che urge da anni e di cui si parla pochissimo.

Insomma Carla ci ha insegnato che la memoria si esercita, mica ci si può ridurre a commemorarla. Se quelli che in questi ore mandano messaggi di affettato cordoglio vogliono rimboccarsi le maniche c’è parecchio da fare: il suo manifesto è chiaro.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Quanto è stata privata la scuola pubblica?

La Lombardia è una delle regioni più ricche d’Italia. Lombardia è la patria del capitalismo italiano, del benessere, del liberismo e delle opportunità. Dicono. Eppure questa opulenta Regione non riesce ad assicurare ai suoi studenti un sistema scolastico dignitoso e accessibile a tutti. Prima di analizzare la situazione delle istituzioni scolastiche lombarde, mi preme citare e ricordare due articoli della Costituzione Italiana:

  • Art. 33: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
  • Art. 34: La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Gli artt. 33 e 34 della Carta Costituzionale dovrebbero essere i pilastri sui quali edificare il sistema scolastico regionale, invece in Lombardia ci si trova di fronte a situazioni opposte al modello costituzionale.

Il comma 3 dell’art.33 è quello che mi colpisce di più, in quanto assolutamente disatteso dall’esecutivo della nostra Regione. Si afferma che enti e privati possono istituire scuole senza oneri per lo Stato. Il bonus scuola dato “per la libertà di scelta” dalla Regione Lombardia per pagare le rette delle scuole private non è un onere per lo Stato? Gli 827 milioni di Euro erogati dal 2001 sotto forma di bonus scuola non pesano sul bilancio regionale?

E poi mi chiedo quale sia la libertà di scelta di cui continua a parlare Gianni Rossoni, l’Assessore all’istruzione della Regione Lombardia. Quale famiglia può scegliere di pagare 8.000, 9.000 Euro all’anno per una scuola paritaria o privata con un contributo regionale di soli 1.050 Euro? Non vi è alcuna libertà di scelta in questo, bensì il bonus rappresenta un dono per famiglie che non ne hanno bisogno.

Vorrei, a questo punto, chiarire che non sono contrario alle scuole private, sono contrario al fatto che i soldi pubblici debbano finanziarle, soprattutto in un momento in cui le istituzioni scolastiche pubbliche stanno crollando. Il crollo della scuola pubblica non è una semplice immagine suggestiva, è quello che realmente accade. Il Liceo classico Rebora di Rho (zona Fiera) quando piove si allaga, sul tetto vi è l’amianto e ci sono tegole di eternit rotte. Da dieci anni alunni e insegnanti aspettano una nuova sede. A Milano in zona San Siro cinque anni fa è stata rasa al suolo una scuola media ad indirizzo musicale, perchè vi era il progetto di ricostruirla in chiave più moderna. La scuola non è stata mai ricostruita e al suo posto vi è un enorme buco di acqua stagnante. Sono solo due esempi, tuttavia rappresentano perfettamente la situazione delle istituzioni scolastiche in Lombardia. Mi chiedo come sia possibile finanziare scuole private, seppur in modo indiretto, e lasciare la scuola pubblica in queste situazioni di estrema difficoltà. Mi chiedo quanto risponda ai principi della politica per la collettività la scelta che uno studente di una scuola privata costi circa 478 Euro, mentre il suo collega alla scuola pubblica solo 3,31 Euro.

Mi sembra fondamentale erogare finanziamenti alla scuola pubblica per farla sopravvivere, vivere, crescere e renderla competitiva anche a livello internazionale. Le risorse che si gettano a fondo perso per i bonus, ovvero per una libertà di scelta che in concreto non esiste, dovrebbero essere opportunamente erogate per le scuole pubbliche.

Molti demagoghi della politica continuano ad affermare che vi è equiparazione tra scuola pubblica e privata, si sdegnano di fronte alle critiche parlando di libertà di scelta. Eppure se vi fosse equiparazione ci dovrebbero essere gli stessi diritti e gli stessi doveri per le scuole pubbliche e per quelle private. Ebbene non è così. La scuola pubblica, ad esempio, non può rifiutare l’iscrizione di un bambino portatore di handicap, mentre le scuole paritarie possono. La direttrice de “La zolla”, scuola privata di Milano, afferma: “ci sono scuole che per scelta non accettano i bambini disabili perché, comunque, accettare un disabile richiede delle risorse finanziarie, perché un disabile richiede un insegnante di sostegno pagato interamente”. E’ forse il riflesso di una libertà di scelta il fatto che nelle scuole private i disabili siano l’1% e gli extracomunitari in numero pari allo 0%?

La scuola ex art. 34 c.1 Costituzione non dovrebbe essere aperta a tutti?