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Decreto FARE: per l’urbanistica si torna indietro di 30 anni

Ė invece passato quasi inosservato un emendamento introdotto dal Senato al testo governativo che consente a Regioni e province autonome di approvare con proprie leggi e regolamenti disposizioni derogatorie al D.M. n. 1444/68, dettando “disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attivitá collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali.”

Nonostante la forma circonvoluta e imprecisa, ė tuttavia molto chiaro l’obiettivo perseguito: si tratta dell’ennesimo e forse definitivo tentativo di sopprimere le conquiste ottenute alla fine degli anni Sessanta in tema di spazi pubblici minimi e distanze tra gli edifici (18 mq/abitante, distanza pari all’altezza degli edifici, con un minimo di 10 metri tra pareti finestrate), dopo i guasti della stagione liberista degli anni Cinquanta conclusasi con il massacro di molte delle nostre città da parte della speculazione edilizia e infine con il tragico episodio della frana di Agrigento.

Con la pretesa delle incombenti difficoltà economiche del settore edilizio, vedremo così vanificarsi non solo la stagione che tra il 1975 e il 1990 aveva visto molte Regioni rafforzare quelle conquiste, con la prescrizione di dotazioni pubbliche superiori a quelle minime nazionali, attestate attorno a 24-28 mq/abitante in sintonia con le tendenze europee, ma verrà meno anche il plafond minimo garantito dalle norme nazionali, che nemmeno regioni così selvaggiamente deregolatrici come la Lombardia erano sinora riuscite a sfondare completamente.

Non sorprende che a condurre questo attacco sia stato l’attuale ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi che come assessore al Comune di Milano prima e parlamentare FI e PdL poi – spesso in combutta con il parlamentare milanese Pierluigi Mantini della Margherita, in una sorta di premonizione delle larghe intese – nelle scorse legislature aveva portato avanti proposte di impronta filo-liberista che equiparavano interessi pubblici e privati, fortunatamente mai giunte a definitiva approvazione.

Ma qualcuno si era accorto di quello che scrive Sergio Brenna qui?

Ambientalismo attenuato

“Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre all’eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalità generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti dalla parte terza”.

Sono le parole del Decreto Fare del Governo Letta che stanno allarmando le associazioni ambientaliste e non solo. Basta leggerlo con attenzione per cogliere come il fattore economico diventi la componente principale per valutare una bonifica. Spaventa anche ‘l’attenuazione’ come soluzione accettabile. Io non so cosa ne pensino gli EcoDem o le persone per bene che da dentro il PD in tutti questi anni si sono spesi per una seria legge contro il consumo di suolo e una nuova responsabilità ambientale in politica ma certo le associazioni sono sul piede di guerra. La delusione invece, quella, ormai è già sdraiata al sole.

Ne scrivono diffusamente gli amici di A Sud qui.