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Diario

Quando ti alzi e ti sembra di averlo già visto

Io se fossi Dio
e io potrei anche esserlo
sennò non vedo chi.
Io se fossi Dio
non mi farei fregare dai modi furbetti della gente
non sarei mica un dilettante
sarei sempre presente.
Sarei davvero in ogni luogo a spiare
o meglio ancora a criticare
appunto cosa fa la gente.
Per esempio il piccolo borghese
com’è noioso
non commette mai peccati grossi
non è mai intensamente peccaminoso.
Del resto, poverino, è troppo misero e meschino
e pur sapendo che Dio è più esatto di una Sveda
lui pensa che l’errore piccolino
non lo conti o non lo veda.
Per questo
io se fossi Dio
preferirei il secolo passato
se fossi Dio
rimpiangerei il furore antico
dove si odiava e poi si amava
e si ammazzava il nemico.
Ma io non sono ancora
nel regno dei cieli
sono troppo invischiato
nei vostri sfaceli.
Io se fossi Dio
non sarei così coglione
a credere solo ai palpiti del cuore
o solo agli alambicchi della ragione.
Io se fossi Dio
sarei sicuramente molto intero e molto distaccato
come dovreste essere voi.
Io se fossi Dio
non sarei mica stato a risparmiare
avrei fatto un uomo migliore.
Sì, vabbe’, lo ammetto
non mi è venuto tanto bene
ed è per questo, per predicare il giusto
che io ogni tanto mando giù qualcuno
ma poi alla gente piace interpretare
e fa ancora più casino.
Io se fossi Dio
non avrei fatto gli errori di mio figlio
e sull’amore e sulla carità
mi sarei spiegato un po’ meglio.
Infatti non è mica normale che un comune mortale
per le cazzate tipo compassione e fame in India
c’ha tanto amore di riserva che neanche se lo sogna
che viene da dire
“Ma dopo come fa a essere così carogna?”
Io se fossi Dio
non sarei ridotto come voi
e se lo fossi io certo morirei per qualcosa di importante.
Purtroppo l’occasione di morire simpaticamente
non capita sempre
e anche l’avventuriero più spinto
muore dove gli può capitare e neanche tanto convinto.
Io se fossi Dio
farei quello che voglio
non sarei certo permissivo
bastonerei mio figlio
sarei severo e giusto
stramaledirei gli inglesi come mi fu chiesto
e se potessi
anche gli africanisti e l’Asia
e poi gli americani e i russi
bastonerei la militanza come la misticanza
e prenderei a schiaffi
i volteriani, i ladri
gli stupidi e i bigotti
perché Dio è violento!
E gli schiaffi di Dio
appiccicano al muro tutti.
Ma io non sono ancora
nel regno dei cieli
sono troppo invischiato
nei vostri sfaceli.
Finora abbiamo scherzato.
Ma va a finire che uno
prima o poi ci piglia gusto
e con la scusa di Dio tira fuori
tutto quello che gli sembra giusto.
E a te ragazza
che mi dici che non è vero
che il piccolo borghese è solo un po’ coglione
che quell’uomo è proprio un delinquente
un mascalzone, un porco in tutti i sensi, una canaglia
e che ha tentato pure di violentare sua figlia.
Io come Dio inventato
come Dio fittizio
prendo coraggio e sparo il mio giudizio e dico:
speriamo che a tuo padre gli sparino nel culo, cara figlia.
Così per i giornali diventa
un bravo padre di famiglia.
Io se fossi Dio
maledirei davvero i giornalisti
e specialmente tutti
che certamente non sono brave persone
e dove cogli, cogli sempre bene.
Compagni giornalisti avete troppa sete
e non sapete approfittare delle libertà che avete
avete ancora la libertà di pensare
ma quello non lo fate
e in cambio pretendete la libertà di scrivere
e di fotografare.
Immagini geniali e interessanti
di presidenti solidali e di mamme piangenti.
E in questa Italia piena di sgomento
come siete coraggiosi, voi che vi buttate
senza tremare un momento.
Cannibali, necrofili, deamicisiani e astuti
e si direbbe proprio compiaciuti.
Voi vi buttate sul disastro umano
col gusto della lacrima in primo piano.
Sì, vabbe’, lo ammetto
la scomparsa dei fogli e della stampa
sarebbe forse una follia
ma io se fossi Dio
di fronte a tanta deficienza
non avrei certo la superstizione della democrazia.
Ma io non sono ancora
del regno dei cieli
sono troppo invischiato
nei vostri sfaceli.
Io se fossi Dio
naturalmente io chiuderei la bocca a tanta gente
nel regno dei cieli non vorrei ministri
né gente di partito tra le palle
perché la politica è schifosa e fa male alla pelle.
E tutti quelli che fanno questo gioco
che poi è un gioco di forza ributtante e contagioso
come la lebbra e il tifo
e tutti quelli che fanno questo gioco
c’hanno certe facce che a vederle fanno schifo
che sian untuosi democristiani
o grigi compagni del Pci.
Son nati proprio brutti
o perlomeno tutti finiscono così.
Io se fossi Dio
dall’alto del mio trono
vedrei che la politica è un mestiere come un altro
e vorrei dire, mi pare Platone
che il politico è sempre meno filosofo
e sempre più coglione.
È un uomo a tutto tondo
che senza mai guardarci dentro scivola sul mondo
che scivola sulle parole
anche quando non sembra o non lo vuole.
Compagno radicale
la parola compagno non so chi te l’ha data
ma in fondo ti sta bene
tanto ormai è squalificata
compagno radicale
cavalcatore di ogni tigre, uomo furbino
ti muovi proprio bene in questo gran casino
e mentre da una parte si spara un po’ a casaccio
dall’altra si riempiono le galere
di gente che non c’entra un cazzo.
Compagno radicale
tu occupati pure di diritti civili
e di idiozia che fa democrazia
e preparaci pure un altro referendum
questa volta per sapere
dov’è che i cani devono pisciare.
Compagni socialisti
ma sì, anche voi insinuanti, astuti e tondi
compagni socialisti
con le vostre spensierate alleanze
di destra, di sinistra, di centro
coi vostri uomini aggiornati
nuovi di fuori e vecchi di dentro
compagni socialisti, fatevi avanti
che questo è l’anno del garofano rosso e dei soli nascenti
fatevi avanti col mito del progresso
e con la vostra schifosa ambiguità
ringraziate la dilagante imbecillità.
Ma io non sono ancora
nel regno dei cieli
sono troppo invischiato
nei vostri sfaceli.
Io se fossi Dio
non avrei proprio più pazienza
inventerei di nuovo una morale
e farei suonare le trombe per il Giudizio universale.
Voi mi direte: perché è così parziale
il mio personalissimo Giudizio universale?
Perché non suonano le mie trombe
per gli attentati, i rapimenti
i giovani drogati e per le bombe.
Perché non è comparsa ancora l’altra faccia della medaglia.
Io come Dio, non è che non ne ho voglia
io come Dio, non dico certo che siano ingiudicabili
o addirittura, come dice chi ha paura, gli innominabili
ma come uomo come sono e fui
ho parlato di noi, comuni mortali
quegli altri non li capisco
mi spavento, non mi sembrano uguali.
Di loro posso dire solamente
che dalle masse sono riusciti ad ottenere
lo stupido pietismo per il carabiniere
di loro posso dire solamente
che mi hanno tolto il gusto di essere incazzato personalmente.
Io come uomo posso dire solo ciò che sento
cioè solo l’immagine del grande smarrimento.
Però se fossi Dio
sarei anche invulnerabile e perfetto
allora non avrei paura affatto
così potrei gridare, e griderei senza ritegno
che è una porcheria
che i brigatisti militanti siano arrivati dritti alla pazzia.
Ecco la differenza che c’è tra noi e gli innominabili:
di noi posso parlare perché so chi siamo
e forse facciamo più schifo che spavento
di fronte al terrorismo o a chi si uccide c’è solo lo sgomento.
Ma io se fossi Dio
non mi farei fregare da questo sgomento
e nei confronti dei politicanti sarei severo come all’inizio
perché a Dio i martiri
non gli hanno fatto mai cambiar giudizio.
E se al mio Dio che ancora si accalora
gli fa rabbia chi spara
gli fa anche rabbia il fatto che un politico qualunque
se gli ha sparato un brigatista
diventa l’unico statista.
Io se fossi Dio
quel Dio di cui ho bisogno come di un miraggio
c’avrei ancora il coraggio di continuare a dire
che Aldo Moro insieme a tutta la Democrazia cristiana
è il responsabile maggiore
di vent’anni di cancrena italiana.
Io se fossi Dio
un Dio incosciente, enormemente saggio
c’avrei anche il coraggio di andare dritto in galera
ma vorrei dire che Aldo Moro resta ancora
quella faccia che era.
Ma in fondo tutto questo è stupido
perché logicamente
io se fossi Dio
la Terra la vedrei piuttosto da lontano
e forse non ce la farei ad accalorarmi
in questo scontro quotidiano.
Io se fossi Dio
non mi interesserei di odio e di vendetta
e neanche di perdono
perché la lontananza è l’unica vendetta
è l’unico perdono.
E allora
va a finire che se fossi Dio
io mi ritirerei in campagna

G.Gaber

Teatro popolare a chi?

C’è questa santa mania di chiamarlo teatro popolare in tutte le diverse inclinazioni che possano essere commerciabili, come se fosse un alibi sulla forma. Se il teatro popolare avesse sull’olimpo un guardiano dell’arte avrebbe vinto tante di quelle cause da farlo costruire sul serio il Teatro Cantoregi a Carignano a quelli del PROGETTO CANTOREGI, perchè il palco, le quinte e il graticcio ce le hanno già tutte nella testa e nella tensione per l’emozione. Da vedere per chi è stufo dei treatanti con le movenze da arcipreti e il sottovuoto della falsa sperimentazione.

Come ci vengono sempre bene i funerali

Come ci vengono sempre bene i funerali. Matrimoni e funerali: dove c’è da mangiare fino a slacciarsi i pantaloni siamo i primi della classe. Ho aspettato a scrivere su Giovanni Falcone perché volevo sedimentare insieme alla commemorazione che, come nelle previsioni, è riuscita fantasticamente nei modi, nella comunione d’intenti, nelle parole, nei tempi, nella trasversalità politica e nelle scene e i costumi.

Mi fanno paura tutte le manifestazioni che mettono tutti d’accordo, come se fosse veramente solo il tempo di ricordare perché su tutto il resto abbiamo già tutte le risposte: un anniversario di funerale così ben fatto in diretta tv è la ciliegina sulla “normalizzazione” della mafia in Italia. Io, Giovanni, non ci sono andato, ma ho riletto la preghiera laica di Antonino Caponnetto.

UNA PREGHIERA LAICA MA FERVENTE

di Antonino CAPONNETTO*

Queste sono le parole di un vecchio ex magistrato che e’ venuto nello spazio di due mesi due volte a Palermo con il cuore a pezzi a portare l’ultimo saluto ai suoi figli, fratelli e amici con i quali Leggi tutto »Come ci vengono sempre bene i funerali

Emergenza sicurezza

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perchè rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perchè non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare.

Bertold Brecht

Le diverse declinazioni

Quando ti guardi indietro ma proprio di un poco quasi di un niente. Sta finendo la prima stagione del Teatro Nebiolo. E pensare che era iniziata così il 28 ottobre 2007: con un pezzo che mi porto volentieri in tasca. L’avevamo scritto io e Francesco Lanza, come al Teatro Parenti sulla coda delle stagioni.

Sammy Church Uanciùfrì

Sammy Church Uanciùfrì al paese lo chiamavano tutti “l’americano”: Sammy Church Uanciùfrì. Lo chiamavano l’americano perché come diceva Brooklyn lui, giù al bar non ci riusciva nessuno. Come diceva lui brooklin con tutto quell’attorcigliamento di lingua, quella faccia tanto americana e tutto quello sputacchiamento…. (continua) Leggi tutto »Le diverse declinazioni

Lo sapete che si sparava?

Il 25 aprile in orario di cena tarda ero appena giù dal palco a tavola con la scia del sipario chiuso e un partigiano di lunga data. Lui era con gli occhi vivi, lo sguardo veloce e il karaoke che gli rimbalzava nelle orecchie. Si parlava di 25 aprile dimenticandosi di avere a tavola qualcuno che li ha visti tutti.

Poi Frà Diavolo (il suo nome di battaglia) si è inserito nel discorso raccontando del suo allontanamento forzato dalla sua Lerici. – perchè se ci prendevano – dice – ci avrebbero sparato. Lo sapete che si sparava? –

In quella domanda c’è tutto il niente del 25 aprile di marketing “neo democratico”, del revisionismo prepotente e c’è il sospetto sessant’anni dopo che loro pensino che noi non si sia capito nulla.

In mezzo al tavolo c’era un vassoio di fritto scaldato male.

Partecipare, da parte

Essere partigiano vuol dire prendere una parte. Scegliere. Condividere. Portare avanti. Resta da vedere se si tratta di una partecipazione o di uno stare in disparte. Le parti degli altri non si cancellano e non si riscrivono; in democrazia ci si oppone, ci si confronta. Riscrivere la resistenza è una frase che cola ignoranza. Continuiamo a scriverla e raccontarla ognuno con la propria sintassi e il proprio angolo di osservazione. Riscrivere è l’eufemismo di cancellare. Il rogo dei libri è il barbecue della pochezza.

Mio padre è morto partigiano a 18 anni

Mi’ padre e’ morto partigiano
a diciottani fucilato nel nord, manco so dove;
percio’ nun l’ho mai visto, so com’ era da quello che mi madre me diceva:
giocava nella roma primavera.

Mo l’antra notte, mentre che dormivo, sara’ stato due o tre notti fa,
m’e’ parso de svejamme all’improvviso e de vedello, come fusse vero;
sulla faccia c’aveva un gran soriso, che spanneva ‘na luce come un cero.

– Ammazza, come dormi – m’ha strillato,
era proprio lui, ne so’ sicuro,
lo stesso della foto che mi’ madre ciaveva sur como’,
dietro na fronda de palma tutta secca, benedetta,
un rigazzino, che ride in camiciola, col fazzoletto rosso sulla gola.

Ma siccome sognavo i sogni miei, pe’ la sorpresa jo chiesto – Ma chi sei?-
– So’ tu padre – ma detto lui ridenno – forse che te vergogni alla tua eta’
de chiamamme cor nome de papa’? –

– No, papa’, te chiamo come hai detto, me fa ride vedette ar naturale,
scuseme tanto se me trovi a letto, che voi sape’ ? Nun me posso lamenta’,
nun so’ un signore, trentadu anni, davanti c’ho na vita,
ancora nun e’ chiusa la partita. –
– Lo sai, da quanno mamma s’e’ sposata co’ mi padre, che invece er mi patrigno… credo sett’anni dopo la tua morte… –

A ‘ste parole ho visto che strigneva un poco l’occhi, come quanno se sta ar sole troppo forte.- Scusa papa’, credevo lo sapessi –
Ma lui, ridenno senza facce caso spavardo, spenzierato, m’ha risposto:
– Ma che ne so io de quello che è successo, io so’ rimasto come v’ho lassato,
quanno giocavo, giocavo, giocavo…
giocavo a calcio e mica me stancavo, giocavo co’ tu madre e l’abbracciavo,
giocavo co’ la vita e nun volevo, co’ li nazzisti io pero’ nun ce giocavo,
perche’ io lottavo, lottavo, lottavo. –

Poi m’ha toccato i piedi dentro al letto e ha fatto un cenno, come da di’ –
Sei alto! –
– E dimmi – dice – prima d’anna’ via, che n’hai fatto della vita che t’ho
dato giocanno co la mia… Vojo sape’ sto monno l’hai cambiato?
Sto gran paese l’avete trasformato? L’omo novo e’ nato o non e’ nato?
In qualche modo c’avete vendicato? – e rideva co’ l’occhi, coi capelli
sembrava quasi lo facesse apposta. Me sfotteva, capito, quer puzzone
rideva e aspettava la risposta.

– Ma tu che voi co’ tutte ‘ste domanne? Mo’ perche’ sei mi padre t’approfitti.
Tu m’hai da rispetta io so’ piu’ grande!
Va beh adesso accampi li diritti perche’ sei partigiano fucilato… ma se me
fai sveja io t’a risponno mabbasta solo che a ripjo fiato.
Certo che la vita e’ migliorata! Avemo pure fatto l’avanzata.
Travolgente hanno scritto sui giornali. –

– Mejo cosi’ – me fa – se vede che servito… vedi quanno che m’hanno fucilato
Nun ho strillato le frasi de l’eroi pensavo a voi che sullo stesso campo avreste
certo vinto la partita pure che io eprdevo er primo tempo. –

– No un momento papa te spiego mejo… nu n’e’ che avemo proprio gia’ risolto
nella misura in cui ci sta il risvolto emh… – e allora quel ragazzo de mi padre che
stava a pettinasse nello specchio sa rivolta me fissa e me domanna
– Ma insomma, adesso il popolo comanna?-

A sta domanda so zompato dar mio letto, co’ na mano m’ areggevo le mutanne,
co’ l’altra cercavo de toccallo, e nun potevo.
Allora j’ho parlato, perche’ m’aveva preso come na malinconia e nun volevo
che se ne annasse via prima de sape’ bene come è stato
– Sei ragazzo, papa’ come te spiego nun poi capi come e’ cambia er
monno.. Ce vole tempo, il tempo se li magna i sogni nostri, io, sai che
faccio, aspetto! Tutto quello che viene, io l’accetto, semo contenti si la
Roma segna, li compagni so’ tanti e li sordi pochi…e nun ce sta piu’
tempo pe’ li giochi! –

– Ma so’ sempre quelli te strappano le pene, ma tu nun poi capi’ papa’, sei
minorenne, si eri vivo te daveno trent’anni, mejo che torni da dove sei
venuto, perche’ quelli che t’hanno fucilato, proprio quelli li’ qui te fanno
mori’ tutti li giorni! Lassa perde papa’, qui nun e’ aria, semo cresciuti…
nun semo piu’ bambini, torna a gioca’ co’ l’artri regazzini
che hanno fatto come hai fatto tu, noi semo… seri.
E nun giocamo piu’-

A ‘sto punto mi padre s’e’ stufato, ha fatto du’ spallucce, un saluto,
s’e’ rimesso in saccoccia la sua gloria e voltanno le spalle se n’e’ annato
ripetendo nel vento la sua storia:
– Ma che ne so io de quello che e’ successo, io so’ rimasto come v’ho lassato,
quanno giocavo, giocavo, giocavo…
giocavo a calcio e mica me stancavo, giocavo co’ tu madre e l’abbracciavo,
giocavo co’ la vita e nun volevo, co’ li nazzisti io pero’ nun ce giocavo,
perche’ io lottavo, lottavo, lottavo… –

monologo di Magni
recitato da Proietti
nello spettacolo “A me gli occhi, please” 1976