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duomo

Un piccola storia ignobile

 

C’è un bambino. Chiamiamolo Andrea. Immaginatelo scuro o con i capelli più folti rispetto agli Andrea che avevate per nonni. I suoi, di nonni, come i suoi genitori sono di un Paese qualsiasi in giro per il mondo, non importa quale: anche Andrea non c’è mai stato, non l’ha mai visto, non conosce nessuno. Andrea è nato a Milano. Poi è cresciuto. Parla milanese, pensa milanese, si siede ad aspettare sugli scalini del Duomo, litiga con i ghisa, mangia nebbia tutti gli inverni, ha in camera il poster di Zanetti, frequenta con buoni risultati il Liceo Parini (anche se si impegna sempre troppo poco) e organizza barbecue di nascosto all’Idroscalo.

Andrea ha 16 anni. Ed è apolide. Senza nazionalità. Non può avere la cittadinanza fino all’età di 18 anni. Per la legge italiana (lo “ius sanguinis” della legge 92 del 1991) deve avere un genitore italiano e invece i suoi sono di qualsiasi altro Paese del mondo. Se non avesse avuto i genitori invece (abbandonato) sarebbe italiano. Deve aspettare la maggiore età. La maturità, la chiamano. E fa niente che il disagio maturi molto prima.

Ora immaginate una legge fin troppo tiepida che dica ad Andrea che può acquisire la cittadinanza se almeno uno dei suoi genitori ha un diritto di soggiorno permanente, quindi con un periodo di residenza di almeno 5 anni, un alloggio adeguato e dopo aver superato un test di lingua. Il genitore va all’anagrafe e chiede la cittadinanza per il figlio, visto che la norma si applica per i minorenni (la novità per i maggiorenni è che avranno due anni e non uno per scegliere la cittadinanza italiana).

Bene. In questa storia ora metteteci dentro “l’invasione”, “la sostituzione di razza”, “gli sbarchi” e un po’ di “terrorismo” che ci sta sempre bene. Provate a capirci cosa c’entri con Andrea. Spiegateglielo, anche.

E capite di cosa stiamo parlando. Capite su cosa stanno facendo baccano questi squallidi squadristi che si infervorano in Parlamento. Decidete voi chi sono gli ignobili in questa storia.

Buon venerdì.

(da Left)

A due passi dal Duomo, Samarani Cafè, il ristorante con la mafia tutto intorno

La Gdf di Milano, nell’ambito dell’inchiesta della Dda sulla presunta cosca mafiosa dei D’Agosta con al centro l’intestazione fraudolenta di beni per 5 milioni di euro, ha sequestrato lo ‘storico’ bar-ristorante milanese ‘Samarani Cafe”, in piazza Diaz, a due passi dal Duomo. Nell’ambito delle indagini sul reimpiego di capitali illeciti, i finanzieri del nucleo di polizia tributaria hanno messo i sigilli anche all’hotel ‘Il Faro Molarotto’ in Costa Smeralda e ad un altro bar in provincia di Olbia.

Gli accertamenti dei militari della Gdf hanno riguardato, in particolare, due presunti appartenenti a una cosca mafiosa di Vittoria (Ragusa), Carmelo e Gianfranco D’Agosta, gia’ condannati a vario titolo per associazione mafiosa e traffico di droga.  Stando alle indagini, coordinate dal pm Claudio Gittardi, sarebbero emerse una serie di ”discrasie” tra i redditi dichiarati dai due e i beni intestati a loro o a presunti prestanome. Ipotesi che ha fatto scattare il sequestro preventivo, deciso dal gip di Milano Anna Maria Zamagni, in base alle norme sull’intestazione fittizia di beni relative a soggetti gia’ condannati per associazione mafiosa.Il ‘Samarani cafe” era gia’ stato coinvolto, negli anni ’90, in indagini simili che riguardavano presunti esponenti mafiosi siciliani e investimenti illeciti in locali e attivita’ a Milano. Ieri poi nel capoluogo lombardo era stato sequestrato anche il bar ‘Gran Caffe’ Sforza’, sempre in centro, nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Napoli sulla camorra ‘cutoliana’ del clan Belforte. Nel blitz di oggi, invece, sono stati sequestrati anche l’hotel a quattro stelle ‘Il Faro Molarotto’, a una quarantina di minuti da Porto Cervo, e un altro bar in Sardegna, oltre ad un’auto di grossa cilindrata.