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Legge quadro antimafia: sia un comitato di responsabilità

Ha il sapore buono della responsabilità la decisione di oggi in Regione Lombardia di istituire un comitato (di cui faccio parte) che in tempi stretti possa scrivere una proposta di legge quadro sulla questione della criminalità organizzata. Innanzitutto perché nasce da un’idea fresca e senza tatticismi intorno ad un tavolo di prima mattina con i buoni consigli di LIBERA LOMBARDIA e si trasforma in metodo operativo in meno di un’ora nella II Commissione; e poi perché è una visione ancora più ambiziosa del punto di partenza (la nostra proposta di legge 12 presentata il 18 maggio di quest’anno).

Oggi, almeno questo è ottenuto, la mafia in Lombardia esiste e la Lombardia vuole parlarne. I “negazionisti” si avviano, finalmente, ad essere un’ingiustificabile razza in estinzione e sul tema non c’è più possibilità di non parlarne come copertura: una proposta di legge diventa, nei suoi passaggi in Commissione e Consiglio, un percorso obbligato di sì o di no, di dichiarazioni di voto e discussioni a viso aperto. Uno spiffero di consapevolezza e responsabilità sotto gli occhi di tutti.

Eppure questo è il primo passo di un cammino che non sarà né facile né banale: qualcuno giocherà a fare il più antimafioso degli altri, qualcun altro potrebbe essere sospettosamente garantista, qualcuno vorrà allargare tanto perché alla fine non se ne faccia niente oppure potrebbe sbucare all’ultimo momento l’artifizio di qualche leguleio che affossa il passo. Oggi il passo è di quelli che contano: dimenticare (tutti) la casacca di partito e vestire la maglietta della responsabilità.

Lavoro e ricatti: manifestazione per i lavoratori del 16 ottobre.

Il diritto di sciopero, sancito dalla nostra Carta Costituzionale all’art. 40, in questi ultimi mesi sta subendo affronti impensabili fino a pochi anni fa.

La progressiva delegittimazione del dissenso dei lavoratori è riuscita ad oscurare e, a volte, come nel caso del licenziamento dei tre operai della Fiat di Melfi, a cancellare il diritto di astensione dal lavoro per la difesa o la promozione di interessi collettivi, sia giuridici che economici.

Bisogna, del resto, soffermarsi sull’importanza fondamentale che assume il diritto di sciopero in una Repubblica democratica fondata sul lavoro (art.1 Cost.) che riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto (art.4 Cost.). Se è vero che ogni cittadino ha il diritto di avere un lavoro, è altrettanto certo che non può esistere in uno Stato di diritto la possibilità per alcuno, tantomeno per il datore di lavoro, di calpestare quei diritti che i lavoratori hanno ottenuto attraverso faticose lotte sindacali.

In questo quadro, inoltre, si inserisce il grave problema del precariato. Sembra che la Costituzione sia stata cambiata sotto i nostri occhi e non ce ne siamo accorti. Mi colpisce molto il fatto che si continui a parlare di diritto al lavoro e poi si permetta di sfruttare i lavoratori con la minaccia di un contratto che non verrà mai rinnovato. La flessibilità, utilizzata spesso come scriminante di una forma contrattuale che si mostra come un insulto alla dignità dei lavoratori, è solo un concetto astratto che non ha alcun contatto con la realtà del mondo del lavoro. In un periodo di crisi economica e di disoccupazione non esiste flessibilità bensì solo instabilità e incertezza. Utilizzare come arma di ricatto un contratto a tempo determinato, che non assicura alcun futuro ai giovani e alcuna certezza a padri e madri di famiglia, è una concessione che una Repubblica realmente fondata sul lavoro non dovrebbe permettere.

Ritengo necessario manifestare il dissenso a una concezione aziendale del diritto al lavoro, a una continua denigrazione del diritto di sciopero ed a una costante offesa del lavoratore precario. Per questo aderisco alla manifestazione indetta dalla Fiom per il prossimo 16 ottobre a Roma. È giunto il momento che i lavoratori facciano sentire ancora la loro voce che in troppi ormai cercano di soffocare.

Discarica di Bollate: la risposta della Regione su una storia che non è chiusa per niente

La vicenda della discarica di Bollate (ex cava Bossi) è la metafora di un settore che anche in Lombardia è diventato il banchetto ricco delle mafie, in particolare delle famiglie di ‘ndrangheta che infestano l’hinterland milanese. A Bollate si vocifera con una certa insistenza che l’ombra di un latitante arrivi in molti campi che lambiscono la movimentazione terra. Un video già pubblicato su questo sito ha dimostrato come nella discarica esistessero evidenti falle legali. Oggi, leggendo le risposte date in commissione dagli assessori Marcello Raimondi e Romano La Russa, possiamo aggiungere già qualche tassello in un puzzle che è tutto in divenire:

L’Assessore all’Ambiente Marcello Raimondi dice “L’ultima autorizzazione della ditta Rip.Am. risulta la numero 163 del 24 aprile 2009, rilasciata dalla Provincia di Milano, relativamente alle operazioni di messa in riserva, recupero, raggruppamento e ricondizionamento preliminare, miscelazione e deposito preliminare di rifiuti speciali non pericolosi, nonché all’accorpamento dell’attività svolta in regime semplificato da parte della medesima ditta” e aggiunge “risulta agli atti della Provincia di Milano un sopralluogo, effettuato in data 27 luglio 2010 dalla Polizia provinciale stessa, unitamente alla Polizia locale di Bollate. Dal verbale redatto, risulta che sono state contestate violazioni in merito alla qualità di materiale stoccato, alla pavimentazione dell’area, alla separazione dei rifiuti e per aver accettato rifiuti senza il prescritto formulario.

L’Assessore La Russa dichiara di avere subito interpellato “peraltro ripetutamente, perché non è stato proprio facilissimo ricevere risposta, e non si capisce bene perché – il Comune di Bollate che “ci comunica che, per quanto riguarda problemi di sicurezza ai cittadini, non sussiste assolutamente nessun rischio, nessun pericolo, né sono stati segnalati negli ultimi mesi eventuali allarmi nelle adiacenze, in prossimità o sulle strade della cosiddetta cava”.

Ora il Comune di Bollate ci dovrà chiarire un paio di cose. L’ostinazione è un mio difetto che porto con una certa fierezza.

“ITR numero 3010: Interrogazione concernente le informazioni circa i gestori della cava di Bollate”

PRESIDENTE

Passiamo all’ITR/3010 ancora a firma dei Colleghi Cavalli, Sola, Patitucci e Zamponi, annunziata in Aula in data 28 luglio 2010, con risposta dell’Assessore Raimondi e dell’Assessore La Russa.

RAIMONDI Marcello

Signor Presidente, l’interrogazione numero 3010 chiede informazioni circa i gestori di una cava, ossia la ex cava Bossi di Bollate. La cava di cui si parla nell’interrogazione risulta cessata da oltre trent’anni, ossia anteriormente all’entrata in vigore delle leggi regionali numero 18 del 1982 e numero 14 del 1998. Pertanto, tale attività estrattiva non fu soggetta alla disciplina di queste leggi.

Il contenuto dell’interrogazione, quindi, si riferisce ad attività di discarica e deposito e non ad attività estrattiva. Ho comunque chiesto agli Uffici di effettuare ulteriori ricerche per agevolare il lavoro dei Consiglieri, nello spirito di collaborazione instaurato con questa Commissione.

Chiaramente la mia struttura non può rispondere su aspetti inerenti le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano o delle Procure coinvolte.

Da una ricerca effettuata presso gli Uffici regionali risulta che, in data 21 aprile 1993, la ditta Rip.Am. Srl presentò istanza di autorizzazione per la costruzione di un impianto di trattamento di materiale lapideo. L’Ufficio competente, al rilascio delle autorizzazioni per le emissioni in atmosfera, ritenne di predisporre un atto di diniego, citando il parere negativo espresso dal Sindaco di Bollate. Dal 1994 in Lombardia le Province sono titolate ad autorizzare le discariche di inerti, in forza di deliberazione della Giunta regionale, ai sensi della legge numero 142 del 1990 e della legge regionale numero 94 del 1980. La successiva legge regionale numero 26 del 2003 ha dato un assetto organico a tali competenze provinciali in materia.

Da informazioni assunte presso la Provincia di Milano – grazie al lavoro degli Uffici dell’Assessorato, che ringrazio – risulta che in data 23 aprile 1999, a seguito di un’istanza di autorizzazione per attività di discariche inerti, presentata alla Provincia di Milano dalla medesima ditta Rip.Am., funzionari della Provincia effettuarono un sopralluogo e dietro parere favorevole, non riscontrando elementi ostativi all’accoglimento della domanda, in data 30 giugno 1999 venne rilasciata l’autorizzazione, con disposizione dirigenziale numero 18 del 1999. Parliamo sempre della Provincia. In data 21 ottobre 1999 la Provincia di Milano ha segnalato la ditta in argomento all’Autorità giudiziaria per non aver ottemperato a tutte le disposizioni contenute nella sopracitata autorizzazione provinciale.

L’ultima autorizzazione della ditta Rip.Am. risulta la numero 163 del 24 aprile 2009, rilasciata dalla Provincia di Milano, relativamente alle operazioni di messa in riserva, recupero, raggruppamento e ricondizionamento preliminare, miscelazione e deposito preliminare di rifiuti speciali non pericolosi, nonché all’accorpamento dell’attività svolta in regime semplificato da parte della medesima ditta.

Relativamente ai controlli effettuati, risulta agli atti della Provincia di Milano un sopralluogo, effettuato in data 27 luglio 2010 dalla Polizia provinciale stessa, unitamente alla Polizia locale di Bollate. Dal verbale redatto, risulta che sono state contestate violazioni in merito alla qualità di materiale stoccato, alla pavimentazione dell’area, alla separazione dei rifiuti e per aver accettato rifiuti senza il prescritto formulario.

Chi volesse accedere a ulteriori informazioni, può assumerle presso la Provincia di Milano e il Comune di Bollate, che permangono competenti per il controllo delle attività esistenti nel territorio.

PRESIDENTE

Assessore La Russa, a lei la parola.

LA RUSSA Romano

Signor Presidente, in riferimento all’ITR ho poco da aggiungere, per quanto riguarda le competenze del mio Assessorato, ben poche in questo caso. Comunque, abbiamo provveduto ben volentieri a interpellare – peraltro ripetutamente, perché non è stato proprio facilissimo ricevere risposta, e non si capisce bene perché – il Comune di Bollate, il quale ci comunica che, per quanto riguarda problemi di sicurezza ai cittadini, non sussiste assolutamente nessun rischio, nessun pericolo, né sono stati segnalati negli ultimi mesi eventuali allarmi nelle adiacenze, in prossimità o sulle strade della cosiddetta cava, che peraltro – mi pare lo abbia già detto l’Assessore nel suo intervento – è una ex cava. La chiamiamo impropriamente “cava”, perché ormai è da anni che non ha questa funzione.

Noi – lo ripeto – ci siamo attivati e questa è stata la risposta del Comune di Bollate, dove non hanno assolutamente rilevato niente di inconsueto o di strano. Questa è la risposta che ci ha dato il Comune e questa è la risposta che do io alla Commissione, naturalmente.

Milano: lasciare le primarie alle primarie

C’è un (bel) dibattito a Milano negli ultimi giorni sui modi e sul profilo delle primarie che indicheranno a novembre uno dei candidati contro la Moratti per le prossime amministrative nel 2011. Un dibattito che si apre a opinioni e visioni talvolta fortemente contrastanti e a tre personalità (Giuliano Pisapia, Valerio Onida e Stefano Boeri) che sicuramente hanno da dire e raccontare storie e futuri per questa città. Ho sempre creduto che le primarie (come ogni consultazione diretta con i cittadini) siano un passaggio necessario per costruire credibilità: primarie che siano una partecipazione senza mediazioni, senza recinti e senza argini accomodanti. Primarie che siano l’occasione per i cittadini di spiazzare i partiti e non che siano il modo per i partiti di piazzare cittadini. Primarie che siano una libera circolazione di opinioni e sostegni dove i cittadini (politici, intellettuali, impiegati, ragazzi e genitori) decidono di sostenere questo o quel candidato per un’affinità libera da disegni di partito. Lasciare le primarie alle primarie quindi per non trasformare tutto in un gioco messo in ballo in attesa di conferme. Per questo ho più volte espresso i miei dubbi sulla “discesa in campo” istituzionale di alcuni partiti (nostra opinione personale e, bontà nostra, ora nostra linea politica essendo noi chiamati a farla, la politica) che hanno certificato più o meno questo o quel candidato addirittura all’alba della candidatura. E’ un’opinione, condivisibile o non condivisibile, ma è la nostra opinione che ci portiamo in tasca con fierezza. Mi sono ritrovato nelle parole di Valerio Onida, nei dubbi di Nando Dalla Chiesa e perfino nell’analisi di Davide Corritorela sensazione, qui fuori, è che  tutti parlino di entusiasmo e vivacità ma alla fine la maestrina ci voglia tutti seduti in silenzio e ben composti ai banchi.

Per questo l’IDV a Milano non “molla le primarie” né “si chiama fuori” ma, più semplicemente, lascerà ai cittadini l’onere e l’onore di essere il motore di questo percorso (e quindi lascerà ai propri iscritti il diritto ed il dovere di votare ognuno con la propria convinzione ) continuando a fare il “partito” sui temi, sui punti irrinunciabili e le proposte. Perché la cottura di un programma e della “famiglia” oggi è una speranza, un disegno e non deve essere strategia. Ed è grossolano e svilente pensare che uscito il candidato ci si sieda per cercarsi di aggiustare: quanto potremmo piacerci (noi al candidato e il candidato a noi) si annuserà cammin facendo e ascoltando quanto parleremo la stessa lingua. Tutto il resto sono stanzette dove quattro dirigenti di partito aggiustano il tiro. E questo proprio non ci interessa.

(Finalmente) Regione Lombardia risponde in commissione sul fiume Lambro

In Luglio avevamo presentato un’interrogazione a risposta scritta circa la reale situazione del fiume Lambro e i provvedimenti presi. Senza dimenticare le parole di un ottimista Formigoni che appena accaduto l’incidente aveva beatamente dichiarato (ostendando una certa sicurezza): “abbiamo deciso un primo stanziamento di 20 milioni di euro per un nuovo patto di fiume che spenderemo secondo un accordo che sarà sottoscritto a breve con tutti i comuni che si affacciano sul Lambro” ricordando inoltre come “Regione Lombardia abbia già stanziato 150 milioni di euro per il recupero del fiume che hanno anche favorito il ritorno dei pesci” ed aggiungendo infine “Il Lambro certamente non è morto. Da qui al 2015 il nostro obiettivo è quello di riportarlo a quelle condizioni di fiume azzurro per le quali era conosciuto dai nostri avi e dai nostri nonni”.

Poiché carta canta più di qualsiasi visione e opinione vi appoggio qui la trascrizione della risposta dell’Assessore Marcello Raimondi. A voi le conclusioni.


“ITR numero 3009: Interrogazione concernente la situazione del fiume Lambro in relazione allo sversamento di sostanze inquinanti nel mese di febbraio 2010”

PRESIDENTE

La parola all’Assessore Raimondi.

RAIMONDI Marcello

Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti. Inizio col rispondere all’ITR/3009 che riguarda la situazione del fiume Lambro in relazione allo sversamento di sostanze inquinanti nel mese di febbraio, a firma dei Consiglieri Cavalli, Sola, Patitucci e Zamponi.

Nell’ottica della proficua collaborazione che abbiamo instaurato con la Commissione, ho chiesto agli Uffici dell’Assessorato di effettuare tutti gli approfondimenti del caso per rispondere a questa interrogazione e anche alle associazioni audite nella vostra precedente seduta.

Mi sento di ribadire, come ho fatto in altre occasioni, tutto l’impegno dell’Assessorato e dalla Regione per la riqualificazione e la valorizzazione del fiume Lambro, e le risposte che seguono spero che siano utili a rendere evidente anche ai Commissari come queste intenzioni vengono concretizzate.

La prima domanda ci chiede di approfondire l’entità dell’increscioso evento. Il 23 febbraio 2010 è avvenuta una fuoriuscita di gasolio da alcuni serbatoi dell’ex raffineria Lombarda Petroli, il gasolio si è riversato sul piazzale della ditta e da qui, a causa delle intense precipitazioni, è confluito nelle fognature. Una parte del gasolio è confluita nel Lambro, fuoriuscendo dallo sfioratore della fognatura ubicato tra Villasanta e Monza. Parte è giunta all’impianto di Alto Lambro Servizi Idrici SpA a Monza, danneggiandolo e mettendolo fuori uso sino al 20 marzo ed impedendo di fatto in quel periodo il pieno funzionamento dell’impianto.

La quantità di materiale sversato è stata calcolata in circa 2.600 tonnellate approssimativamente costituito da 1.600 tonnellate di gasolio e 800 di olio combustibile, di cui si stima che siano state recuperate in tonnellate 1.060 di prodotti idrocarburici ed emulsioni, 570 di acque contaminate, 1.770 di terreno provenienti dalle operazioni di messa in sicurezza del sito di Lombarda Petroli, 1.100 di idrocarburi presso l’impianto di depurazione di Monza, 80 di idrocarburi provenienti dalle barriere realizzate sul Lambro, 750 di emulsioni oleose e 500 di idrocarburi e morchie lungo gli sbarramenti sul fiume Po, sbarramento principale a Isola Serafini. Infine, altro materiale è stato assorbito dai sistemi di assorbimento predisposti sul Lambro e sul Po.

Il restante materiale si è in parte disperso – frazioni più leggere e solubili – nell’acqua fino al mare ed in parte si è depositato nei sedimenti del Lambro e del Po. Mentre, quindi, lo stato delle acque è rientrato nell’ordinario già poche settimane dopo lo sversamento, lo stato dei sedimenti è via via divenuto l’obiettivo prioritario degli accertamenti tecnici condotti.

In fase iniziale alcune disposizioni di idrocarburi sono state individuate lungo le sponde del Lambro dai tecnici che hanno provveduto a svolgere apposite ricognizioni.

Queste deposizioni sono state in gran parte dilavate dalle piene susseguitesi tra maggio e giugno di quest’anno. Gli effetti ambientali ed ecologici dello sversamento sono attualmente in fase di verifica mediante opportune attività di monitoraggio svolte prevalentemente dall’ARPA.

In particolare, sono stati avviati in luglio i primi monitoraggi sui macroinvertebrati, per i quali si è in attesa dell’elaborazione dei risultati. In autunno inizierà una fase di approfondimento sullo stato delle componenti biologiche proprio per verificare l’eventuale danno anche sul lungo periodo.

Il secondo punto riguarda la composizione degli idrocarburi. La composizione degli idrocarburi sversati è stata verificata dalla Magistratura competente per le indagini. Gli accertamenti effettuati dal consulente tecnico della Procura non hanno evidenziato la presenza significativa di sostanze estranee alla composizione dei normali prodotti petroliferi in commercio.

Informazioni ulteriori relative alla composizione del materiale sversato si renderanno disponibili approfondendo la caratterizzazione chimica dei campioni di materiale idrocarburico originariamente prelevati dall’ARPA presso il sito di Lombarda Petroli.

Tali analisi saranno condotte nell’ambito di una collaborazione in fase di avviamento con il CNR e l’Istituto di ricerca sulle acque (IRSA) di Brugherio.

Il terzo punto riguarda le risorse stanziate dalla Regione. Con riguardo a queste risorse che sono stanziate e programmate per interventi di risanamento delle acque e riqualificazione idraulica nel Bacino Lambro-Seveso-Olona, la Regione Lombardia sin dalla fase di predisposizione del Piano di tutela delle acque 2001-2004 e poi con il PRS nell’VIII Legislatura ha avviato interventi di riqualificazione ambientale e territoriale dei bacini di maggior rischio idraulico e degrado ambientale del territorio lombardo, in particolare nel Bacino dei fiumi Olona, Seveso e Lambro, sviluppando strumenti di partenariato locale a scala di bacino per assicurare l’azione coordinata di tutti i soggetti pubblici e privati interessati.

I Contratti di Fiume rappresentano i nuovi strumenti sperimentali di concertazione, gestione e integrazione delle politiche regionali allo scopo di sviluppare apposite azioni di salvaguardia e valorizzazione ambientale.

Gli accordi quadro di sviluppo territoriale, cioè i Contratti di Fiume relativi ai sottobacini Olona, Bozzente, Lura e Seveso, sono stati rispettivamente sottoscritti in data 22 luglio 2004 e 13 dicembre 2006.

La sottoscrizione del protocollo di intesa verso il Contratto di Fiume Lambro è intervenuta in data 4 ottobre 2007 e con delibera di Giunta del dicembre 2009 è intervenuta la promozione dell’Accordo quadro sviluppo territoriale Contratto di Fiume Lambro settentrionale.

Complessivamente il partenariato coinvolto comprende oltre 130 Comuni, 7 Province, 7 ATO, l’Autorità di bacino del fiume PO (AIPO), i parchi regionali e i Parchi locali di interesse sovracomunale (i cosiddetti PLIS), due Comunità montane, oltre ad un significativo numero di soggetti privati, associazioni e singole imprese.

Per l’intero bacino Lambro-Seveso-Olona le risorse economiche ad oggi già disponibili e destinate alla realizzazione delle azioni ammontano a 185 milioni di euro, a fronte di un fabbisogno stimato di 300 milioni di euro. In aggiunta sono già programmati ed in corso di realizzazione interventi nel settore delle infrastrutture afferenti al collettamento e alla depurazione pari a 130 milioni di euro, che derivano dall’Accordo di programma quadro Ministero-Regione dal titolo “Tutele delle acque e gestione integrata delle risorse idriche e ai piani di finanziamento mediante mutui assistiti dalla Regione con la Cassa depositi e prestiti”.

Per quanto riguarda poi il sottobacino Lambro settentrionale, il cui Contratto di Fiume è in fase di definizione, per il quale è previsto uno specifico programma delle azioni, sono già stati programmati e per la maggior parte finanziati una serie di interventi. Tra questi quelli più significativi finanziati ed in corso di attuazione sono gli interventi di completamento e potenziamento delle infrastrutture di collettamento e depurazione. Sono undici: San Giuliano Milanese, San Rocco di Monza, Nibionno, Pieve Fissiraga, Peschiera Borromeo, Borghetto Lodigiano, Sant’Angelo Lodigiano, Pioltello, Monza, Nerone, Sesto San Giovanni, per un totale di 54,88 milioni di euro, di cui 46 a carico dell’Accordo di programma quadro che ho citato prima, 3,6 a carico delle Autorità di bacino e 5,28 in fase di reperimento.

Per gli interventi di difesa del suolo e riqualificazione fluviale, sono in corso le progettazioni ai fini della loro attivazione e riguardano opere di regolazione, difese spondali, manutenzione idraulica, rinaturazione delle sponde fluviali, eccetera, per un totale di 23 milioni di euro, che derivano da finanziamenti statali e locali dei fondi FAS, eccetera.

Il quarto e ultimo punto riguarda le azioni regionali a seguito dello sversamento.

Per quanto concerne i temi ambientali, le prime azioni approntate da Regione Lombardia a seguito dello sversamento hanno riguardato il monitoraggio degli effetti sulle matrici ambientali, acque e sedimenti. Tali attività sono state in gran parte svolte dall’ARPA, ma hanno visto anche il coinvolgimento di ulteriori soggetti, quali il Parco della Valle del Lambro, che ha operato sulla base di un programma di azioni per il primo intervento di tutela del fiume finanziato dalla Direzione generale – Sistema Verdi e Paesaggio.

L’andamento della qualità delle acque superficiali nel periodo immediatamente successivo allo sversamento è stato monitorato essenzialmente verificando la concentrazione del parametro “idrocarburi totali”. Nei mesi successivi all’evento sono continuati i monitoraggi, aumentando la periodicità dei controlli e i punti della rete di monitoraggio ordinario, nonché aggiungendo ulteriori parametri chimici tra quelli ricercati di prassi.

La cadenza dei campionamenti della qualità delle acque del Lambro è stata mantenuta quindicinale fino al mese di giugno, mentre è attualmente mensile. Sul fiume poi i monitoraggi hanno mantenuto una cadenza mensile.

Le rilevazioni effettuate nei mesi successivi allo sversamento non hanno fatto registrare valori anomali degli inquinanti monitorati, se non per il parametro “PCB” (policlorobifenili), per il quale nei mesi di giugno, luglio ed agosto sono state rilevate concentrazioni superiori a quelle dei mesi precedenti.

È ipotizzabile che i campionamenti abbiano dato riscontro di fenomeni di rimobilitazione causati dai significativi eventi di piena di maggio e giugno di materiale depositatosi in alveo o sulle sponde.

Il programma di monitoraggio delle acque superficiali, che sarà attuato a partire dal corrente mese, terrà conto della necessità di verificare se le concentrazioni di PCB riscontrate nei mesi estivi siano riconducibili agli eventi di piena o siano imputabili a cause diverse dallo sversamento di Lombarda Petroli o allo stato del fiume pregresso a tale episodio.

Sul fiume Po gli esiti delle analisi chimiche delle acque non hanno evidenziato particolari criticità. Sulle acque sotterranee sono state effettuate due campagne di monitoraggio in marzo e aprile, in cui non sono state evidenziate anomalie, e in luglio e agosto le cui determinazioni sono in via di completamento.

Per i sedimenti è stata svolta una prima campagna di monitoraggio lungo il Lambro nei mesi di marzo e aprile. Essendo in prossimità della stagione irrigua si è scelto di dare priorità ai punti posti in corrispondenza delle derivazioni d’acqua. Queste verifiche hanno evidenziato valori localmente problematici delle concentrazioni di idrocarburi e in alcuni casi valori significativi per i PCB.

Nel mese di luglio sono stati ripetuti i campionamenti lungo tali punti. Per questi campioni non sono ancora disponibili gli esiti analitici.

Nello stesso mese si è proceduto a verificare anche lo stato dei sedimenti in punti lungo l’asta del Po, dalla foce del Lambro (Orio Litta) fino a Somaglia. I valori riscontrati nel Po non evidenziano particolari criticità, mentre risultano significativi i campioni prelevati nel Lambro a Orio Litta.

Le risultanze dei suddetti accertamenti, in particolare per quanto riguarda la presenza di idrocarburi e PCB nei sedimenti del Lambro, evidenziano la necessità di effettuare ulteriori piani di indagine che consentano di ottenere una mappatura più accurata della distribuzione degli inquinanti lungo l’asta fluviale, unitamente a valutazioni di carattere tecnico-ambientale che consentano di verificare l’opportunità o la necessità di interventi di risanamento.

A tale scopo è in corso di definizione un programma di monitoraggio che coinvolgerà, oltre all’ARPA, il CNR e l’IRSA di Brugherio, anche al fine di proporre valori di riferimento di intervento in assenza di specifici valori contenuti nelle norme.

Nei mesi successivi all’episodio di sversamento è stato altresì avviato un confronto con l’Autorità di bacino del fiume Po per la scelta delle modalità di monitoraggio ambientale post-emergenza. Sono state presentate diverse proposte di monitoraggio e di indagini pluriennali su acque e sedimenti sul Lambro e sul Po, che sono attualmente in corso di valutazione nelle competenti sedi tecniche (tavolo di lavoro tra Autorità bacino del Po, Regioni interessate, Agenzia regionale per l’ambiente ed altre strutture tecniche).

Il programma di monitoraggio in corso di definizione con ARPA e CNR-IRSA è in accordo con le linee d’azione delineate in tale sede insieme agli altri soggetti interessati. Il monitoraggio finora svolto sullo stato delle matrici ambientali potenzialmente interessate dallo sversamento è avvenuto in coordinamento e sinergia con la DG Sanità e le AASSLL territorialmente interessate. In modo particolare esse hanno curato il controllo sugli acquedotti e sulle fonti di approvvigionamento di acqua per il consumo umano, al fine di stabilire il mantenimento dei requisiti di uso a scopo potabile alimentare, e la verifica dello stato di salute della fauna ittica e selvatica.

Sulla base degli esiti analitici sono state via via revocate le ordinanze sugli usi delle acque, in particolare quella sull’uso irriguo, dagli Enti competenti. Risultano essere stati sporadici gli interventi di assistenza e cura della fauna selvatica effettuata in collaborazione con le associazioni di volontariato presenti sul territorio e non è stata segnalata una significativa mortalità di fauna ittica e selvatica.

Per quanto riguarda le caratteristiche delle acque destinate al consumo umano, superata la fase di cautela iniziale non si sono verificate criticità rispetto all’idoneità all’uso del detto scopo.

Letizia Moratti: un sindaco un po’ così

Letizia Moratti ha sempre un sorriso sereno. Lo spegne soltanto quando finge contrizione per qualche lutto cittadino. L’importante è che il lutto sia rigorosamente bipartisan, perché la Letizia milanese ormai riesce a scontentare gli alleati anche per un funerale sbagliato. Letizia Moratti ha fantasticato su EXPO come una buona mamma con i propri figli per farli addormentare. Così almeno fino a domani mattina si riesce a stare in casa un po’ tranquilli e farsi con calma i fatti suoi. Poi su EXPO ha litigato un po’ con tutti: prima con i comitati (ma quelli, si sa, sono comunisti dell’ultim’ora), poi con il Presidente della Provincia di Milano (nomen omen Podestà), con il celeste Formigoni (che se non si parla di ASL o Ospedali rimane mediamente indifferente) fino ai proprietari dei terreni intorno a Milano (che la mala organizzazione di EXPO ha trasformato nei veri latifondisti feudali della Milano da bere). Per chiudere in bellezza, dopo le centinaia di arresti dei mesi scorsi, ha anche negato di avere negato che la mafia non esiste: una bugiarda al cubo. Ma con il sorriso.

Letizia Moratti si è stracciata le vesti contro questa finanziaria (promossa dal suo Governo) che taglia le finanze dei comuni. Ha rilasciato interviste su sobrietà e crisi mentre sullo sfondo la festa sfavillante di Dolce e Gabbana trasformava per una notte il Palazzo Comunale in un bidet per pochi intimi. Ha parlato di moralità della sua Giunta mentre a pochi metri il suo consigliere Milko Pennisi girava con 5000 € corrotte in un pacchetto di sigarette come un Paperinik in salsa padana. Ha promosso la rivoluzione dell’Ecopass e adesso ci dice di aspettare con calma il giudizio dei nostri pronipoti nel 2070, perché la fretta è cattiva consigliera. Ha detto di voler essere vicina alle periferie e oggi, a fine mandato, ci confessa di frequentarle di notte camuffata (per non essere soffocata dall’abbraccio della folla). Strano a dirsi, in verità: di notte le periferie milanesi sono deserte e buie come il suo programma di governo. In compenso le latterie in via Padova tra poco dovranno chiudere alle 14, così ci sentiremo tutti più sicuri da questo latticini serali.

Oggi la Moratti ha deciso di assegnare ai rom 25 alloggi Aler. Quegli stessi Rom che la sua Giunta sgombera preferibilmente di notte, in una giornata di pioggia, con meno sette gradi e se possibile con lo sciopero dei benzinai. Come i bambini sulla spiaggia che spostano la sabbia dal secchiello all’altro secchiello. Non serve a niente ma fa ridere e crea un po’ di polvere e movimento. Il ministro Maroni (che della Moratti dovrebbe essere alleato politico) dice che non spetta a lui metterci becco. Conferma comunque di essere poco d’accordo e dice che fatto lo sgombero non è più compito suo. Consigliata, eventualmente, la polverizzazione. Come sulla spiaggia. Il consigliere leghista Salvini (in forte ascesa per l’incredibile e irrefrenabile litanìa di cazzate consecutive) propone di sgomberarli, rimpatriarli, poi riportarli qui, metterli nelle case popolari per poi ricominciare da capo. Almeno riesce a stare in bella mostra sui giornali per i prossimi mesi.

Oggi Letizia Moratti è la ricandidata sindaca di Milano. Ha vinto le primarie del centro destra che si svolgono secondo un complicato percorso politico e meccanismo elettorale per cui chi manda per primo un sms a Re Silvio vince. Lei ha trovato libero e ha vinto.

Cosa succede in Regione Lombardia sulla caccia

Il 15 luglio 2010 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha condannato l’Italia e varie regioni, tra cui svetta la Lombardia, per le ripetute violazioni avvenute verso le direttive europee in vigore sulla caccia.

La condanna avviene in seguito all’accoglimento di una richiesta del Wwf, sottoscritta da tutte le associazioni ambientaliste e animaliste lombarde, che ha evidenziato l’anomalia della normativa nazionale e regionale che consente la caccia a specie protette dalla “direttiva uccelli” in violazione delle norme comunitarie e delle convenzioni internazionali.

In particolare, la regione Lombardia ha autorizzato la caccia di volatili tutelati dalla normativa europea senza averne mai dimostrato la reale utilità che dovrebbe consistere nella prova scientifica. Tra l’altro, tale deroga non spetta alle regioni bensì al governo. Per superare questa “difficoltà” l’Italia nell’articolo 19 bis della legge sulla caccia, la 157 del 1992, ha istituito un procedimento di controllo di legittimità delle deroghe a livello regionale, che in sostanza risulta inefficace e poco tempestivo.

Nonostante la condanna netta dell’Unione Europea, la regione Lombardia ha riproposto un provvedimento di caccia in deroga per la prossima stagione venatoria. L’8 settembre 2010 la Commissione agricoltura ha, infatti, approvato il provvedimento che disciplina le regole per l’esercizio dell’attività venatoria lombarda per la stagione 2010- 2011, frutto della fusione di un progetto di legge presentato e sottoscritto da Gianmarco Quadrini e Valerio Bettoni (Udc) e di uno presentato dai Consiglieri della Lega Nord.

Il progetto di legge ora deve passare al vaglio del Consiglio regionale, la cui seduta si terrà oggi 14 settembre. Italia dei Valori presenterà 200 emendamenti e 40 ordini del giorno al fine di interrompere l’iter di questa legge vergognosa che viola la normativa europea e giustifica un crudele sfoggio di potere su piccoli volatili indifesi.

Emiliano, Christian, i giornalisti calabresi e le minacce come un prurito

Mi ero ripromesso di parlare e scrivere il meno possibile delle minacce. Soprattutto per una questione mia personale di pudicizia e coscienza e soprattutto per il gioco perverso di questo Paese (oggi posso dire pienamente verificato sulla mia pelle) che ogni volta accende i riflettori sulla bestialità degli intimidatori che meriterebbero il peggiore oblìo.  Non sono per niente convinto che la scelta sia sensata ma me lo ero imposto in questi ultimi mesi in cui ho avuto modo di sentirmi addosso la paura ancora più appuntita. Me l’ero imposto perché potessero cantare ad alta voce tutti i professionisti delle “carte a posto” secondo cui la nostra dovrebbe essere una condizione passeggera e niente di più.

Christian Abbondanza è un uomo contestato e contestabile. Con la sua associazione CASA DELLA LEGALITA’ da anni racconta la Liguria (e non solo) complice consapevole delle mafie sul territorio: dai Gullace e Fazzari, ai Fameli, Mamone, Fotia a tutta la banda Raso-Gullace-Albanese. Senza remore contro i mafiosi e i politici conniventi. Qualcuno dice che sia un allarmista provocatore.

Emiliano Morrone è il direttore de LA VOCE DI FIORE nonché autore di libri sulla ‘ndrangheta calabrese (insieme a Francesco Saverio Alessio) che sono “magicamente” spariti dagli scaffali e che non fanno sconti a nessuno. Qualcuno lo definisce con un po’ di spocchia “un semplice blogger”.

In Calabria (mentre la ‘ndrangheta alza il tiro impunemente contro le istituzioni) quotidianamente si sente di giornalisti minacciati e intimiditi per smussare la scrittura e tacere le notizie che possono dare fastidio. Si accende la solidarietà (poca) per il tempo di ualche editoriale sparso nel web e subito dopo sembra cadere un silenzio cimiteriale. Mentre loro rimangono al fronte. Qualcuno dice che se la sono andata a cercare e cercano un po’ di pubblicità.

Eppure Christian Abbondanza nei giorni scorsi ha ricevuto l’ennesima minaccia che gli ha fatto gridare “basta!“, Emiliano è ritornato la sera a casa e non ha più trovato i computer con le proprie inchieste e i documenti (vi ricordate non molto tempo fa un caso analogo alla giornalista di LA7 Silvia Resta?) e in Calabria si continua con le lettere anonime, i proiettili in busta e le taniche di benzina. Senza contare le centinaia di casi che rimangono taciuti per paura o peggio per nostra disattenzione.

In una scia inaccettabile a cui ormai ci siamo abituati. Come se facesse inevitabilmente parte del gioco. Come se fosse colpa loro pretendere un po’ di attenzione. Come se fosse diventata una colpa in Italia essere minacciati perché, in fondo, chi non si adegua, chi è fuori dal gruppo, non ha il diritto alla solidarietà. Chi alza i toni o accende i riflettori sceglie consapevolmente di uscire dalla “comunità”.

Eppure sembrerebbe così banale e normale che le opinioni e i modi abbiano tutte il diritto di non ricevere pallottole. Anche i blogger e gli allarmisti. O no?

La religione padana di Salvini

L’arcivescovo Dionigi Tettamanzi, che, in fondo, sotto le sue sacre vesti (dicono i più informati) deve essere un comunista, negli scorsi giorni ha affermato che i musulmani “hanno diritto a praticare la loro fede nella legalità. E’ legittima la loro richiesta di avere un posto per pregare. La politica strumentalizza il problema della moschea”.

A questo punto la parte “più sensibile” del panorama politico ha parlato. Il ministro Roberto Maroni ha affermato “sono il ministro dell’Interno, non un costruttore di moschee” e il sempre attento Matteo Salvini ha ironizzato “se il cardinale ha fretta e ha già dimenticato l’occupazione del sagrato, ospiti gli islamici nei suoi immensi palazzi. Noi stiamo con quei parroci che a Milano e con coraggio anche nei Paesi islamici difendono la propria religione e la propria gente”.

Vorrei illustrare alla mente sicuramente già illuminata di Salvini quale sia il ruolo dell’arcivescovo e quale, a mio parere, dovrebbe essere il ruolo della politica.

Il cardinale Dionigi Tettamanzi è la massima autorità della Chiesa cattolica in territorio ambrosiano. Salvini probabilmente, dedito al rito celtico, non capisce le dichiarazioni dell’arcivescovo semplicemente perché ignora totalmente una cultura che nel popolo italiano, anche quello del Nord, è radicata ovvero la cultura cristiana. Del resto, è lo stesso Salvini che fa riferimento ai parroci che difendono la propria religione. Ma qual è la religione di cui parla l’europarlamentare leghista?

Nel Levitico 19,33-34 si dice “quando un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio.” Il Deutoronomio 10,19 afferma “amate dunque il forestiero, poiché anche voi foste forestieri nel paese d’Egitto”, il vangelo di Matteo 25,35-36 “perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”, infine la Lettera agli Ebrei 13,2 asserisce “non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo”.

Ebbene il cardinale è il rappresentante di questa cultura religiosa e non di una ottusa, antidemocratica e razzista presa di posizione nei confronti degli immigrati e di tutti coloro che non professano la fede cattolica.

La politica in un paese laico può contestare ed essere in disaccordo con le dichiarazioni dei ministri di culto e dei rappresentanti di ogni religione, ma non può utilizzare in modo volgare trazioni millenarie portandole a dire ciò che non hanno mai avuto intenzione di affermare. Il cardinale è il portavoce della religione cattolica e i suoi inviti rientrano perfettamente nell’insegnamento religioso. Deridere l’arcivescovo e relegarlo in un piano di distacco rispetto alle persone con cui i parroci si interfacciano quotidianamente non è solo un’arida denigrazione ma anche segnale di una totale ignoranza in tema religioso.

Forse prima di parlare di religioni e di islam bisognerebbe studiarne le radici, gli usi, i testi e vivere a contatto con chi professa ogni giorno la propria fede.

Non credo che Salvini conosca la cultura islamica ma, quello che più mi preoccupa, non penso abbia mai letto la nostra Carta Costituzionale. All’art.8 della Costituzione si legge che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.” e all’art.19 che “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.

Ritengo che la costruzione doverosa di un luogo di culto per una religione diffusa sul nostro territorio sia perfettamente in sintonia con la norma costituzionale e che affermare il contrario o, addirittura, proporre una legge affinché non si possano costruire moschee, sia anticostituzionale e, di conseguenza, antidemocratico.

Il cardinale Dionigi Tettamanzi ha dimostrato ancora una volta di essere più laico dei nostri laici politici leghisti che, talvolta, alzano la testa affermando di stare dalla parte dei cristiani. Caro Salvini, Le posso assicurare che i cattolici usi a leggere le Sacre Scritture non si sentono minacciati dalla costruzione di una moschea, ma dalla xenofobia razzista e violenta dilagante in questo Paese.

Chi minaccia Frediano Manzi?

Frediano Manzi è uno di quei tipi umani che difficilmente riesce a farsi voler bene dalla politica: parla troppo, scrive nomi e cognomi e spesso finisce per mettere il dito nelle piaghe di una Milano che preferirebbe non sapere. I nemici di Frediano non funzionano per scrivere di epopee mafiose: stanno nell’arroganza di periferia dei Tatone a Quartoggiaro o nelle ciabatte unte dei Pesco-Cardinale e nei polsini bianchi del “cartello” delle pompe funebri milanese che riesce ad avere lo stomaco per pasteggiare anche sui morti. Boss mica buoni per farci una copertina, piuttosto quattro guappi sgarruppati che sembrano non interessare a nessuno. Nonostante loro siano molto interessati a Manzi. Aggiungiamoci anche Frediano non ha imparato in fretta e bene la postura elegante, sempre spettinato e di corsa nel cuore dei quartieri di Milano.
Frediano Manzi (e la sua associazione) non è stato minacciato ieri. Frediano Manzi è stato lasciato solo da un pezzo, supportato solo da qualche volontario e circondato dai politici nel tempo di una telecamera. Ha chiesto una sede e ha ottenuto qualche straccio di comunicato stampa, ha chiesto una mano per distribuire i propri questionari e si è sentito rispondere che bisognava capire quanti voti portassero, ha provocato ed urlato e si è meritato al massimo qualche querela. Frediano Manzi non lamenta minacce dalla mafia, Frediano Manzi è stato lasciato solo dalle istituzioni. Quando l’ho conosciuto qualche anno fa mi sono sempre chiesto chi glielo facesse fare, cosa avesse da guadagnarci. Nulla.
Sai, Frediano, ce lo siamo detti spesso che quello che conta a Milano è essere chic e non rompere alle persone sbagliate. E so benissimo che ormai la lezione non la impari più. Ma non preoccuparti, vedrai che alla fine l’odore di elezioni su Milano trasformerà tutti (da una parte e dall’altra) in paladini in tua difesa almeno fino al ballottaggio. Così almeno riusciremo a non lasciare in pace queste quattro fecce sparse per la città. Almeno fino alla prossima inevitabile parentesi di minacce e solitudine.