Vai al contenuto

forza

Matteo risponde (male)

«Il regime saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico… è grazie a Riyadh che il mondo islamico non è dominato dagli estremismi». Lo ha detto il leader di Italia Viva in una intervista in cui ha parlato del suo viaggio in Arabia Saudita. Dove c’è una costante violazione dei diritti umani

Ieri Matteo Renzi è stato intervistato da Maria Teresa Meli per il Corriere della Sera. Chiamarla intervista in realtà è una parola grossa visto che l’ex premier, come spesso accade, ha potuto comiziare per iscritto praticamente intervistandosi da solo, come piace a lui. Poiché ormai la notizia del suo viaggio in Arabia Saudita è diventato un fatto non scavalcabile il senatore fiorentino è stato costretto a rispondere sul punto (senza rispondere, ovvio) e ha inanellato una serie di panzane che farebbe impallidire anche il più sfrontato dei bugiardi ma che Renzi invece ha sciorinato come se fosse un dogma.

«La accusano di avere fatto da testimonial del regime saudita», dice Maria Teresa Meli e l’ex presidente del Consiglio risponde: «Sono stato a fare una conferenza. Ne faccio tante, ogni anno, in tutto il mondo, dalla Cina agli Stati Uniti, dal Medio Oriente alla Corea del Sud. È un’attività che viene svolta da molti ex primi ministri, almeno da chi è giudicato degno di ascolto e attenzioni in significativi consessi internazionali». Renzi non è andato a fare una semplice conferenza ma siede nel board della fondazione Future investment initiative che fa capo direttamente al principe Bin Salman e per questo è pagato fino a 80mila euro all’anno. Non era lì in veste di conferenziere ma è uno dei testimonial dell’organizzazione di queste iniziative. La differenza è notevole, mi pare. Poi: Renzi dice che molti ex primi ministri svolgono questa stessa attività ma dimentica di essere un senatore attualmente in carica, l’artefice principale di questa crisi di governo, un membro della commissione Difesa nonché lo stesso che chiedeva di avere in mano la delega ai Servizi. Se non vedete qualche problema di conflitti di interessi allora davvero risulta difficile perfino discuterne.

Poi, tanto per leccare un po’ il suo narcisismo e il suo odio personale per Conte Renzi aggiunge: «Sono certo che anche il presidente Conte, quando lascerà Palazzo Chigi, avrà le stesse opportunità di portare il suo contributo di idee». Roba da bisticci tra bambini. E addirittura rilancia: «E grazie a questo pago centinaia di migliaia di euro di tasse in Italia». Capito? Dovremmo ringraziarlo che paga le tasse. Dai, su.

Ma il capolavoro dell’intervista renziana sta in queste due frasi: «Il regime saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico» e «Se vogliamo parlare di politica estera diciamolo: è grazie a Riyadh che il mondo islamico non è dominato dagli estremismi». E in effetti il senatore di Rignano deve avere dimenticato che 15 su 19 degli attentatori dell’11 settembre fossero sauditi (incluso Osama bin Laden) ma soprattutto che l’Arabia Saudita finanzi l’estremismo con molta indulgenza e pratichi l’estremismo proprio come forma di governo. Come quelli che sono interrogati in storia e non l’hanno studiata Renzi fa la cosa che gli viene più semplice: la riscrive. Infine, tanto per chiudere in bellezza, promette in futuro di rispondere «puntigliosamente in tutte le sedi» ventilando querele. Perfetto. Ovviamente nessuna osservazione da parte della giornalista: in Italia la seconda domanda è un tabù che non si riesce a superare.

Sarebbe anche interessante sapere da Renzi cosa ne pensi del “costo del lavoro” in Arabia Saudita che ha detto di invidiare, se è informato del fatto che il 76% dei lavoratori sono stranieri sottopagati che vivono in baracche malsane e che sono, di fatto, proprietà privata dei loro padroni che fino a qualche tempo fa addirittura tenevano i passaporti dei loro dipendenti come arma di ricatto per rispedirli a casa e che la situazione delle donne è perfino peggiore con “sponsor” che si spingono fino agli abusi psicologici e sessuali sulle loro dipendenti facendosi forza sul Corano che nella teocrazia saudita detta le leggi. E chissà se Renzi ha avuto il tempo almeno di leggersi una paginetta su Wikipedia (senza chiedere troppo) che dice chiaramente: «L’Arabia Saudita è uno di quegli Stati in cui le corti continuano a imporre punizioni corporali, inclusa l’amputazione delle mani e dei piedi per i ladri e la fustigazione per alcuni crimini come la cattiva condotta sessuale (omosessualità) e l’ubriachezza, lo spaccio o il gioco d’azzardo. Il numero di frustate non è chiaramente previsto dalla legge e varia a discrezione del giudice, da alcune dozzine a parecchie migliaia, inflitte generalmente lungo un periodo di settimane o di mesi. L’Arabia Saudita è anche uno dei Paesi in cui si applica la pena di morte, incluse le esecuzioni pubbliche effettuate tramite decapitazione».

Non c’è che dire: è proprio aria di Rinascimento. Davvero. O forse semplicemente Renzi ha detto la verità: lui invidia un mercato del lavoro così, dove il Jobs Act è stato scritto proprio come lo sognano i ricchi padroni.

Buon lunedì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Rendiamoci conto: con questa crisi si torna a parlare di Berlusconi presidente della Repubblica

La prima conseguenza della crisi di governo del Conte bis si annusa nell’aria, si legge sui giornali e circola tra i social: la destra, ringalluzzita dai problemi del governo, si spinge addirittura dove non ha mai osato e Silvio Berlusconi, quello stesso Berlusconi che negli ultimi anni galleggiava nella sua inconsistenza politica e tra i problemi dati dai suoi processi, improvvisamente si ridesta e diventa addirittura papabile per la presidenza della Repubblica.

Un disastroso capolavoro, non c’è che dire, se non fosse che il rischio è molto più concreto di quello che sembra. Matteo Salvini, interpellato sull’argomento a Non è l’Arena su La7, risponde: “Berlusconi candidato a presidente della Repubblica? Se mi chiede il mio parere personale, le dico di sì: secondo me può ambire al Quirinale“.

Con un anno di anticipo il leader leghista avanza la candidatura del leader di Forza Italia al Colle e in mente ha un piano perfetto: togliersi l’impiccio del Cavaliere decaduto in un centrodestra in cui tutti vogliono essere leader, assicurarsi una presidenza della Repubblica rassicurante e amica e spingere Silvio a non cedere a nessuna tentazione di governi di unità nazionale insistendo su nuove elezioni.

Avrebbe potuto essere solo una boutade (una delle tante) del leader leghista, se non fosse che la palla è stata presa subito al balzo dal deputato di Forza Italia Gianfranco Rotondi, che è corso a dichiarare: “Berlusconi è stato il fondatore della Seconda Repubblica, del bipolarismo, del centrodestra”. “In questo momento – ha continuato Rotondi – il centrodestra è maggioranza elettorale nei sondaggi e nel ‘sentiment‘ del Paese. L’elezione di Berlusconi al Quirinale sarebbe naturale, legittima e pacificatrice. Sarebbe, sarà”.

Così l’ex datore di lavoro del mafioso Mangano, l’amico intimo del condannato Marcello Dell’Utri che per conto di Berlusconi faceva da tramite con Cosa Nostra, un condannato in via definitiva per frode fiscale, l’imputato nel processo Ruby ter, l’indagato dalla procura di Firenze come presunto mandante occulto della stragi mafiose del 1993 di Milano, Roma e Firenze, quest’uomo oggi si ritrova tra i papabili presidenti della Repubblica.

Lega e Forza Italia si dicono già d’accordo, Giorgia Meloni per ora osserva e tace in attesa di prendersi la leadership del centrodestra. E nell’Italia del 2021 si discute di qualcosa che sarebbe stato osceno anche solo ipotizzare fino a qualche mese fa. Un altro piccolo capolavoro, sicuro.

Leggi anche:  1. La malattia morale e politica di chi invoca il ritorno di Berlusconi (di Marco Revelli) / 2. Il governissimo con Berlusconi è il simbolo di una politica marcia voluta da certi salotti e certe redazioni (di Luca Telese)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Grazie, Biden: dopo un anno orribile, in un solo giorno ci hai restituito la speranza nel futuro

Sono tempi magri per la politica questi, tempi in cui tocca esultare per essersi liberati di qualcuno rimanendo ancorati alla convinzione che non possa andare peggio di così e che per forza prima o poi, dopo avere toccato il fondo, si possa risalire. Però negli USA che finalmente si liberano di Trump, al di là dei lustrini per l’insediamento di Biden come nuovo presidente, arrivano anche 17 ordini esecutivi firmati nel primo giorno di presidenza Biden che già ci dicono qualcosa dello scenario futuro e che inducono all’ottimismo.

Per fronteggiare la pandemia, smettendola finalmente di lisciare complottisti e negazionisti vari, Biden ha creato il ruolo di Coordinatore della risposta alla Covid-19 che è stato affidato a Jeffrey D. Zients. È stato anche bloccato il ritiro degli USA dall’Organizzazione mondiale della sanità che Trump aveva accusato, ovviamente senza prove, di “cattiva gestione e insabbiamento della diffusione del coronavirus”.

È iniziato anche il percorso di reintegro degli USA negli accordi sul clima di Parigi, il più importante trattato ambientale degli ultimi anni, con l’impegno di contrastare il riscaldamento globale. Fermati invece i lavori dell’oleodotto Keystone XL, contestato dagli ambientalisti americani e che già Obama aveva bloccato durante la sua presidenza.

Smontati in poche ore anche tutti i provvedimenti razzisti di Trump che avevano fatto inorridire il mondo: è stato rafforzato il DACA (che serve per proteggere i bambini dalle espulsioni) e soprattutto cancellato il “travel ban” con cui si limitavano le concessioni dei visti per l’ingresso ai cittadini di alcuni Paesi africani a maggioranza musulmana. L’amministrazione Biden sta anche studiando delle forme di risarcimento per i cittadini che sono stati discriminati.

Ve lo ricordate la dispendiosissima (e inutile) costruzione del muro al confine con il Messico? Ecco, finalmente Biden ha messo la parola fine a quella farsa. Biden ha anche cancellato l’ordine di Trump che limitava (con l’intento di cancellarli) i corsi sulla diversità e sull’inclusione chiedendo invece la costituzione di un nuovo organo che si occupi di combattere la discriminazione all’interno delle organizzazioni federali.

A proposito di quelli che lavoreranno con lui, Biden ha stabilito anche alcune regole etiche con l’intento di “riguadagnare e conservare la fiducia nel governo”. Insomma, siamo solo all’inizio, ma molto di Trump si è già dissolto nelle prime 24 ore della nuova era americana. E questa è già una buona notizia: perché questi sono fatti, mica parole.

Leggi anche: 1. Biden è presidente, la buona America è tornata (di G. Gramaglia) / 2. Il primo discorso del presidente Biden: “Oggi è il giorno della democrazia” / 3. Il discorso d’addio di Trump: “Continuerò a combattere per voi, torneremo in un modo o nell’altro”

L’articolo proviene da TPI.it qui

Non gli resta che intralciare

La mossa del cavallo non gli è riuscita, nemmeno stavolta. Ne sta sbagliando parecchie ultimamente Matteo Renzi ma la crisi di governo che alla fine non è andata a buon fine rimane una delle sue imprese più deprimenti per modalità, per l’accrocchio di motivazioni e per l’esito finale. Ma esattamente cosa ha ottenuto Renzi? Voleva ancora una volta essere lo spiffero che apriva una crepa per potersi intestare un eventuale nuovo governo e rivendicare un ruolo d’azionista, continuando a galleggiare con un peso politico dopato che esiste solo in Parlamento (perché bisognerebbe ricordare che il numero di parlamentari che Italia Viva ha ora sono solo il frutto di meccanismi di palazzo che non hanno nessuna corrispondenza nelle proporzioni nel mondo reale) e invece si ritrova ad essere all’opposizione con Meloni e con Salvini sempre più solo, circondato perfino dal malumore dei suoi uomini che ora gli presentano il conto del risultato rancido.

Renzi avrà avuto forse la soddisfazione di avere indebolito Conte e il governo (ma può essere un obiettivo politico destabilizzare un governo senza nemmeno la forza di farlo cadere?) ma sostanzialmente cosa ha ottenuto? Niente, zero, nisba. E infatti non è un caso che già ieri qualcuno dei suoi abbia cominciato a proporre aperture al governo e abbia cominciato a parlare dell’esigenza “di ricostruire”.

E ora che faranno Renzi e i renziani? Faranno gli intralciatori, ovvio, per farsi notare, per non sparire mentre fanno ciao ciao con la manina e nella giornata politica di ieri si è già avuto un assaggio significativo: durante il voto sulle misure contro la pandemia (misure discusse e decise quando Italia Viva era ancora in maggioranza) la capogruppo in Senato Laura Garavini ha annunciato il voto di astensione (per la discussione della pregiudiziale di costituzionalità ndr) con parole che sarebbero degne di una Meloni o di un Salvini qualsiasi: “stiamo assistendo ad una inedita modalità di produzione normativa. Un modo di procedere che non solo crea confusione tra i cittadini, a causa della sovrapposizione tra i diversi testi. Ma che viola le regole democratiche dei rapporti tra le fonti normative”, ha detto Garavini. Peccato che solo tre giorni fa il renziano Rosato dicesse: “la nostra è una rottura responsabile. Voteremo il decreto ristori, mercoledì in Aula voteremo lo scostamento di bilancio, giovedì e venerdì anche il decreto sul Covid, così come continueremo a sostenere tutte le misure che aiuteranno il nostro Paese nella lotta al coronavirus“. Niente, promessa mancata.

Ora continueranno così, pronti a essere l’elemento disturbante per potersi fare notare, pronti a fare pesare il loro (debole) peso per intralciare ogni cosa, almeno per certificare la propria esistenza. IV: intralciatori vivi. Segnatevelo ogni volta che sentirete Renzi parlare di “responsabilità”.

Buon mercoledì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Demolition man

Basta mettere in fila un po’ di commenti internazionali sull’ultima mossa politica di Renzi per capire quanto sia pessima l’opinione di lui che hanno i giornali esteri

Vi ricordate quando Renzi e i renziani volevano convincerci che la stampa internazionale impazzisse per lui e che solo grazie a lui l’Italia brillava nel mondo? Bene, ecco. Oggi proviamo solo a mettere in fila un po’ di commenti internazionali sull’ultima mossa politica di Renzi, perché ne vale la pena, perché rende l’idea e perché in fondo così il buongiorno si scrive praticamente da solo.

Demolition man Renzi mette sotto sopra Roma” è il titolo del Financial times, che scrive: «La crisi italiana minaccia di ostacolare il Recovery plan di Bruxelles». E poi aggiunge: «La mossa di Renzi potrebbe essere stata pensata per rafforzare il potere di interdizione del suo piccolo partito e la sua stessa immagine personale, ma potrebbe facilmente ritorcersi contro di lui, mentre il Paese combatte la pandemia».

Il Guardian scrive che la manovra «largamente impopolare» di Renzi arriva «nel momento peggiore possibile per l’Italia» e «lascia gli osservatori perplessi riguardo alle motivazioni». Nonostante siano stranieri hanno ben in mente i motivi della crisi: «La sua popolarità è crollata da quando ha dovuto dimettersi da premier dopo il fallito referendum del 2016. Italia viva nei sondaggi ha meno del 3% dei voti».

Andiamo avanti. El Paìs scrive di un «momento delicatissimo e difficile da spiegare». Il settimanale tedesco Die zeit scrive: «Con richieste sempre nuove» Renzi «ha portato alla caduta della coalizione di governo in Italia. Dietro c’è un calcolo di potere: il suo partito è basso nei sondaggi». «Renzi – conclude l’articolo – vuole far parte del prossimo governo», sia esso una riedizione «della coalizione precedente» sia nella forma di «una soluzione di tutti i partiti». «Ma se questo accadrà è scritto nelle stelle. È anche concepibile che Conte cerchi nuovi sostenitori tra i piccoli partiti di centro in Parlamento – e Renzi sederebbe poi all’opposizione senza alcuna influenza. O che si arrivi a nuove elezioni – e Italia viva lascerebbe quasi certamente il Parlamento. Renzi potrebbe allora passare alla storia come qualcuno che si è suicidato per paura della morte».

In Francia Le Figaro scrive: «Chi si assumerà la responsabilità della caduta del governo italiano in un momento in cui l’Italia sta attraversando una crisi senza precedenti?».

Insomma, un successo per Matteo. Pensate che aspirava alla Nato. Direi che anche questa missione è miseramente fallita.

Intanto la ministra Bonetti, quella che è stata dimessa da Renzi in una conferenza stampa che è stata tutto un attacco, ieri ha dichiarato: «Le mie dimissioni sono lo spazio perché questo tavolo si apra per le risposte da dare al Paese. Noi sgombriamo il campo, adesso si faccia la politica, noi ci stiamo». Aggiungendo di essere disposti a rimanere in maggioranza. Ettore Rosato, vicepresidente della Camera e presidente di Italia viva, è riuscito perfino a dire: «Se ci sono risposte concrete non abbiamo preclusioni rispetto a Giuseppe Conte».

Sempre peggio.

Buon venerdì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Dino Giarrusso (M5S) a TPI: “Avanti con Conte senza Renzi, ora trattiamo per un governo con altri partiti. Ma no impresentabili”

Sulla crisi di governo in corso abbiamo intervistato per TPI Dino Giarrusso, parlamentare europeo del Movimento 5 Stelle.
Giarrusso, a che gioco a sta giocando a Renzi?
“Sta giocando al gioco ‘fai male all’Italia’, un gioco che non mi piace per niente. Qui il problema sono gli italiani e le loro vite: nessuno dotato di coscienza può pensare di provocare una crisi di governo in questo momento. Lo sappiamo tutti. Lo dicono gli osservatori europei. Siamo stati anni a dire ‘ce lo chiede l’Europa’ e ora sappiamo benissimo che l’Europa, i mercati, il mondo, ci chiedono stabilità, non certo di andare alla crisi o alle elezioni. Benché tutti sappiamo che questa è una scelta che fa male agli italiani, viene dato un enorme spazio mediatico a Renzi e al suo modo, suggestivo e imbarazzante ad un tempo, di raccontare le cose. Ha giornalisti molto amici che sostengono questa visione delirante della realtà. È un profluvio di spazio dato a Renzi e ai suoi fedelissimi in tv e sui giornali, ma parliamo di un partito al 2%. Come mai?”.

Cosa ha in mente? Cosa vuole?
“Questo facciamo fatica a capirlo tutti. Questa è la verità. Perché, finché chiedi qualcosa di più per te e per i tuoi, è un atteggiamento squallido ma farebbe parte delle cose della politica. Magari cerchi di ottenere quanto più possibile. Invece questo atteggiamento distruttivo è faticoso anche da comprendere. Che cosa vuole? Non sono in tanti ad averlo capito. A me sembra uno di quelli che al tavolo da gioco hanno perso tanto e, nella disperazione, continua a fare mosse sconsiderate. Sicuramente riesce a fare parlare di sé. Se si va a vedere il sentimento degli italiani nei suoi confronti si vede che sta sulle scatole a tutti”.

Però quello che conta sono i voti in Senato…
“Noi oggi stiamo assistendo a una crisi di governo portata avanti da un partito che conta 18 senatori, ma questo partito non era presente alle elezioni che hanno formato questo Parlamento. Nella scheda elettorale questo partito non c’era, capisce? Dal punto di vista democratico questa cosa va bene? Dobbiamo chiederci se sia ancora normale creare gruppi parlamentari di partiti che non erano presenti alle elezioni. È una cosa sana? Non mi pare che rispecchi la volontà degli italiani. E una riflessione in tal senso sui regolamenti parlamentari andrebbe fatta. Mi sembra la cosa più evidente in questo momento, ma nessuno ricorda che la crisi è causata da un partito che gli italiani non hanno votato, poiché non era sulla scheda”.

Come vede lo scenario futuro?
“Prevedo che sia impossibile, se questo governo cade, una maggioranza ancora con Renzi, dopo questo comportamento. Allo stesso tempo mi sembra ingiusto pensare a un futuro governo senza Conte, protagonista di una buona stagione di governo in Italia. Mi auguro che ci sia la possibilità di andare avanti con Conte”.

Quindi vi affidate ai responsabili? Imbarcate qualcuno?
“La parola ‘responsabili’ mi piace fino a un certo punto. Nel teatrino dell’assurdo a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni ho sentito dire ad alcuni renziani che è sbagliato da parte di Conte cercare degli Scilipoti in giro. Ma sono loro a essere gli Scilipoti: sono loro che non esistevano alle elezioni e hanno tradito il partito con cui sono stati eletti. Non si possono accusare gli altri di propri comportamenti, è surreale. Tornando alla domanda: bisogna vedere innanzitutto se tutti i senatori di Renzi lo seguiranno. Bisogna capire se gli ex senatori del M5S vogliono sostenere Conte. Che cosa faranno quelli nel Gruppo Misto? Vedremo. E poi capire le opportunità che possono esserci con altre forze politiche. Perdere Conte sarebbe una follia, ma bisogna vedere che carte ha in mano chi vuole entrare in maggioranza. C’è il rischio di avere personaggi poco raccomandabili dentro il governo, ma a riguardo mi fido dei miei colleghi in Parlamento: se ci sarà un governo con i voti M5S non possono esserci impresentabili”.

Leggi anche: 1. I 5 Stelle uniti in blocco a sostengo di Conte. E con i renziani mai più, meglio Forza Italia / 2. Di Battista sposa la linea Conte: “Se Renzi apre la crisi, mai più un Governo con lui” / 3. I 3 scenari che trasformano Giuseppe Conte in Giovanna d’Arco (di Luca Telese) / 3

L’articolo proviene da TPI.it qui

L’ultima vergogna della destra italiana: Roberto Fiore e Susanna Ceccardi compiangono i martiri pro-Trump

Prima è arrivato Roberto Fiore, sì proprio lui. Il segretario di Forza Nuova, che in un Paese normale non sarebbe nemmeno un partito ma un’illegale accolita di fascisti violenti e rancorosi, ci illumina sulla politica USA con un epitaffio su Ashli Babbit, la donna rimasta uccisa negli scontri di Washington mentre assaltava il Congresso americano.

Sia chiaro, tanto per spazzare subito il campo: ogni perdita di vita umana è una sconfitta per tutti e ogni volta che una persona perde la vita in uno scontro con polizia e forze dell’ordine è dovere di verità e giustizia accertare le dinamiche, le cause e le responsabilità.

Torniamo a Fiore: “Onore ad #AshliBabbitt, morta per le libertà. Uccisa vigliaccamente dalla polizia con altri 3 dimostranti. È la prima eroina della Rivoluzione popolare americana e va ricordata come una donna disarmata e coraggiosa che ha offerto il petto e il volto a un potere corrotto e vile”, scrive sui suoi social. Per poi aggiungere: “Media e partiti si stracciano le vesti per assalto a ‘democrazia’ dei brogli e delle truffe. Nessuno pensa ai 4 manifestanti assassinati da sicari del Deep State. Uomini in nero uccidono a freddo per terrorizzare chi ama la sua Nazione. Come fu con Alba Dorata e ad Acca Larenzia”.

In pratica il segretario di Forza Nuova ci dice chiaramente che Babbit era dalla parte giusta della storia, che la polizia fosse al servizio di un “potere corrotto e vile” e che quell’assalto che tutto il mondo condanna sia stato addirittura un alto momento di democrazia. Qui, per dirla semplice semplice, stiamo parlando di veri e propri “fiancheggiatori” che rivendicano con orgoglio ciò che è accaduto negli USA. Segnatevelo bene, vi tornerà utile quando fingerete di stupirvi che anche qui da noi ci siano gli stessi fascisti esaltati che hanno imperversato con Trump.

Poi è arrivata Susanna Ceccardi, donna di punta della Lega di Matteo Salvini, che in modo più morbido, ma ugualmente disgustoso, scrive: “I morti in America dopo gli scontri sono ben 4. Tutti sostenitori di Trump. Si fosse trattato al contrario di una manifestazione di sinistra questi 4 sostenitori sarebbero stati già dei martiri contro lo Stato che reprime la libertà di pensiero. Invece erano di destra, quindi facinorosi. Ashli Babbit è una delle vittime, era una veterana delle forze armate. Era disarmata quando è morta”.

Insomma anche la Ceccardi non riesce a cogliere il problema di assalire il palazzo simbolo del governo. E badate bene: questi sono gli stessi che rivendicano il diritto della violenza per legittima difesa con il ladruncolo che salta dentro il proprio giardino. Sono gli stessi che urlano “ordine e disciplina” in ogni pezzo di conversazione. Sono quelli che scambiano la legge per una roncola da usare contro l’avversario, o calpestare in nome della libertà per se stessi. Sempre loro.

Leggi anche: 1. Il giorno più buio dell’America (di Giulio Gambino) // 2. Il golpe di Trump (di Luca Telese) // 3. La democrazia Usa cancellata per qualche ora, ma il vero sconfitto è Trump (di G. Gramaglia); // 4. Ora non dite che sono solo quattro patrioti sballati (di Giulio Cavalli); // 5. E se i manifestanti pro Trump che hanno assaltato il Congresso fossero stati neri?

L’articolo proviene da TPI.it qui

E gli amichetti di Trump?

Meloni e Salvini (e non solo loro) fischiettano facendo finta di niente, come se quello che è avvenuto negli Usa sia qualcosa che non li riguardi

Il giorno dopo l’assalto al Congresso Usa qui da noi si è assistito a un teatrino desolante ma significativo. Qualcosa che va raccontato perché se è vero che le violenze hanno un nome e un cognome, Donald Trump che istigato, lisciato e perfino ringraziato i manifestanti, è anche vero che gli amichetti di Trump, quelli che per 4 anni hanno fatto finta di non vedere questo tragico intercedere dello svilimento della democrazia che si professa la “più importante del mondo” sono desolanti nella loro vergogna.

Gli amichetti italiani di Trump fischiettano facendo finta di niente e intercedono come se quello che sia avvenuto negli Usa sia qualcosa che non li riguardi, sorridono alle telecamere parlando il più genericamente possibile e sperano di non essere visti mentre si infilano la testa sotto la sabbia.

Partiamo da un presupposto: gli accadimenti americani sono figli di un presidente che prima ha usato la rabbia e la violenza per racimolare voti, poi ha alimentato la rabbia e la violenza con un linguaggio e dei comportamenti della stessa pasta e rilanciando notizie false, poi l’ha condonata quando sono accaduti episodi condannabili nel suo Paese da parte dei suoi sostenitori, poi l’ha legittimata inventandosi nemici per giustificare i propri limiti di governo e infine l’ha istituzionalizzata cianciando di elezioni truccate senza nemmeno riuscire a raccogliere uno straccio di prova a supporto della sua tesi. Quelli hanno occupato i palazzi delle istituzioni perché si sentono loro stessi “istituzioni” sotto assedio. Era immaginabile che finisse così.

Ma in Italia? Giorgia Meloni lo scorso gennaio a proposito di Trump diceva che fosse «la ricetta che vogliamo portare in Italia». Ora che dice, al di là di quattro tweet sputati di circostanza in cui condanna la violenza dimenticandosi di nominare il violento? Matteo Salvini che diceva lo scorso 5 novembre «ha ragione Trump a chiedere controllino voto per voto, seggio per seggio e non escludo nulla. Vedrete che potranno esserci sorprese», che dice delle sorprese che ci sono state? Lui che diceva «vigileremo» che dice? Ma attenzione, non si tratta solo dei destrorsi che a Trump si rifanno in tutto e per tutto da anni. Che dice Di Battista, grande fan di Trump piuttosto che di «quelli golpista di Obama», come ebbe a dire? Davvero il presidente del consiglio Conte non riesce a infilare il nome di Trump nei suoi comunicati di preoccupazione? Vi ricordate Beppe Grillo che diceva che Trump e il M5s avessero “delle similitudini” celebrando l’elezione di Trump a presidente?

La leadership si misura anche nella capacità di fare i nomi e i cognomi. Non è difficile. «Trump ha responsabilità in quanto accaduto» ha detto ieri la Merkel. Perfino il presidente della Ligura Toti e il braccio destro di Giorgia Meloni ci sono riusciti. Dai, sforzatevi, su.

Buon venerdì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

La prima nata a Genova dimostra che non c’è solo il Covid da combattere nel 2021, ma anche (e ancora) il razzismo

Il 32 dicembre in molti speravano che fosse il primo gennaio, che l’anno nuovo si fosse portato via mica solo il Covid-19 da combattere ora con un vaccino finalmente disponibile ma anche le croste di quelle brutture che hanno insozzato un anno già difficile, pesante, inquinato da un cattivismo (in tutte le sue forme: razzismo, disprezzo per i poveri, bastoni sui disperati) che ha reso l’aria ancora più tossica e pestifera.

Il 32 dicembre il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti ha pubblicato sul proprio profilo Facebook la foto di una mamma che tiene in braccio la figlia appena nata. La bambina si chiama Graeter ed è la prima nata a Genova. Graeter è figlia di Joy, una donna nata in Nigeria, come il papà della bimba. “Siete la nostra speranza, il nostro futuro, la forza per non mollare in questo nuovo anno che è appena iniziato. Benvenuti al mondo piccoli e auguri alle vostre famiglie a nome mio e di tutta la Liguria”, scrive Toti.

E il 32 dicembre inizia lì dov’era finito, con una tormenta di commenti a sfondo razzista: “Dopo il vaccino obbligatorio, lo ius soli? Renzi La aspetta a braccia aperte!”, “Nata in Liguria, ma somala o africana a prescindere…”, “Questo non è vero. Come non è vero che chi nasce in Italia è italiano. Cosa hanno di ligure questi signori? Ma cosa sta dicendo?”, “Stupido e iprocrita pietismo”, “Imbarazzanti lo siete voi…se io fossi nata al polo sud di certo non ero per diritto di nascita un pinguino!”. E così via.

Ovviamente a rimestare nella melma si butta anche la Lega che con il deputato Edoardo Riki si butta a capofitto a chiarire che “quella bambina non è ligure” e che addirittura si spreca in moralismo spiccio: “Niente contro di lei, ma devo dire che poi non apprezzo il fatto che si mettano in mezzo bambini appena nati e si utilizzino per commenti politici”. Alla fine perfino Toti, sconsolato da tanta bassa bruttezza, è costretto a intervenire sulla sua bacheca cercando di abbassare i toni.

E così il 32 dicembre del 2020 che molti hanno scambiato per il primo giorno del 2021 l’Italia fa ancora i conti con quello che è: una livorosa accozzaglia di diritti ostinatamente da negare e di una realtà ostinatamente taciuta e nascosta. Ne ha fatto le spese Graeter ma in fondo è stato il risveglio anche per noi: l’anno nuovo inizia quando iniziano nuovi comportamenti, quando si evolvono i pensieri e i modi, quando la realtà riesce a fare risultare “passato” quello che era. E invece niente di tutto questo. È un anno lunghissimo questo decennio.

Leggi anche: Liguria, Toti pubblica la foto della prima nata a Genova: insulti razzisti e scontro con la Lega

L’articolo proviene da TPI.it qui

Un regalo: la comunanza

La comunanza è una chiave di lettura collettiva di persone che si riconoscono uguali in qualcosa. Sotto l’albero quest’anno vi auguro di trovarne un po’

La chiameremo comunanza anche se è una parola che si è impolverata parecchio in questi anni di verbi ipermuscolari, di termini affilati per tagliare i pochi caratteri dei social e di aggettivi sempre magniloquenti e turbo per dopare il dibattito. Comunanza invece è una parola mite come la presa di coscienza collettiva, che non è mica arrendevole anche se quest’anno ha avuto la tentazione di arrendersi spesso. La comunanza è una chiave di lettura collettiva di persone che si riconoscono uguali in qualcosa: pensiamo che sia il virus, no, non è così semplice, non è così immediato, non è così superficiale.

Sotto l’albero quest’anno vi auguro di trovare un po’ di comunanza, anche una fetta sottile, da dividere come si dividono il pane quelle comunità che vivono degne perché rifiutano e allontanano gli ingollatori, li giudicano indegnamente avari per potere essere membri della comunità.

Abbiamo la comunanza di paure. Ed è un collante straordinario la paura. Pensa se sotto l’albero trovassimo la forza e la lucidità di riconoscersi spaventati per elaborare, ognuno con l’esperienza del proprio spavento, una strategia comune per riconoscere le paure, riconoscerne la dignità e per prendersene cura. Pensa se sotto l’albero trovassimo un vocabolario contrario a quello di chi usa e ha usato le paure per esacerbare gli animi e invece trasformassimo le paure in un’occasione di nobiltà e di gentilezza. La comunanza di paure genera mostri oppure costruisce comunità.

Abbiamo la comunanza di affetti da manutenere difficoltosamente. E quest’anno potremmo avere in regalo l’occasione di capire che gli affetti per sbocciare dignitosamente e per essere innaffiati hanno bisogno di capacità di spostamenti, di avere gli strumenti per poter dire che “andrà tutto bene” perché la frase da sola è uno slogan che non salva nessuno. Gli affetti hanno bisogno di un futuro possibile. Ce ne siamo accorti: il diritto all’affetto non è il diritto all’abbraccio (rifiutarlo può essere una premura) ma è il diritto ad esercitarlo con dignità. Questo Natale non mancheranno i cenoni, mancherà per molti la possibilità di dirsi che sì, ce la faranno.

Abbiamo la comunanza di sperare nel lavoro. E nel lavoro non ci si dovrebbe sperare in un Paese normale. I diritti quando mancano mancano come manca l’aria e ora il reddito spaventa anche chi aveva il lusso di non interessarsene. È una comunanza dolorosa ma su cui si potrebbe costruire uno scenario diverso se non fossimo qui ad accapigliarci per i chilometri da percorrere.

Abbiamo la comunanza della dignità della malattia. Erano così meno i malati che i loro diritti sembravano una fissazione per pochi e invece ora sono diventati terribilmente popolari, tragicamente popolari. Pensa che regalo se ora diventassero un chiodo fisso per molti.

Ecco questo Natale vorrei che la comunanza trovata sotto l’albero non si disperdesse e diventasse lei, lei sì, virale davvero. Pensa come cambierebbe tutto.

Buon venerdì.

L’illustrazione in alto di Fabio Magnasciutti è una delle opere che compongono il calendario 2021 di Left. Lo trovate in edicola fino al 7 gennaio in allegato al numero 52 

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.