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Gianni Letta

Chi ha messo lì Mastrapasqua? quasi tutti.

Me lo chiedevo giusto ieri qui e mi ha risposto Sergio Rizzo per Il Corriere della Sera:

mastrapasqua-presidente-inps-indagatoBasta guardarlo, Mastrapasqua, per capire che il suo fisico segaligno è modellato sulla corsa di resistenza. Ne ha corse tante, insieme a Giampaolo Letta, il capo di Medusa, la società di produzione cinematografica di Silvio Berlusconi. Giampaolo è il figlio di Gianni, lo zio di Enrico e braccio destro del Cavaliere. Sono amici dai tempi della scuola, al San Leone Magno: ancor di più ora, al circolo Canottieri Aniene dove sgambetta tutta la Roma che conta.

Corre forte, il maratoneta Mastrapasqua. Troppo forte per Alfredo Antoniozzi, figlio dell’ex ministro democristiano Dario, a sua volta politico dc e poi forzista, del quale è collaboratore. A un certo punto stacca pure lui, per agganciarsi definitivamente a Gianni Letta. Il Nostro passa per essere un brillante commercialista nell’avviatissimo studio del papà. Così, quando l’Ospedale israelitico, struttura convenzionata con la sanità pubblica, finisce nei guai, Letta lo propone per il salvataggio.

E chi meglio di lui quando c’è da riempire un posto nel consiglio di amministrazione dell’Inps? Di nuovo, è Gianni Letta che fa il suo nome. In quegli anni da semplice consigliere il maratoneta corre senza sosta. Trovando il tempo anche per curare i propri affari, scrive nel libro «Tutti a casa» Mario Giordano, raccontando come fa a conquistare una residenza principesca in via Filippino Lippi a Roma, nel cuore dei Parioli: compra per un milione e mezzo di euro due case dell’Inail dagli inquilini che le hanno acquistate dall’ente qualche giorno prima.

Mastrapasqua sa dove vuole arrivare: in cima. Il suo protettore è potente, ma ci vuole qualcosa di più. Come un appoggio dentro l’istituto. Allora si lega alla Cisl e al direttore generale Vittorio Crecco. Preparandosi a fare le scarpe al presidente Gian Paolo Sassi.
Accade quando l’Inps entra in Equitalia con il 49 per cento. La vicepresidenza della società dovrebbe andare al numero uno dell’istituto. Ma quando Sassi sta per assumere l’incarico, ecco la solita telefonata da Palazzo Chigi: «Il posto è di Mastrapasqua, non si discute».

E non è una poltrona da nulla, considerando che nel 2011 garantiva al suo occupante, dice la Corte dei conti, 465 mila euro l’anno. Il triplo del presidente. Quella telefonata è una investitura in piena regola. La nomina di Mastrapasqua al vertice Inps viene approvata in Parlamento anche dal Partito democratico. Se ne occupa l’ex ministro del Lavoro unionista Cesare Damiano in persona. Mentre nessuno bada agli oltre cinquanta incarichi che in quel momento riveste.

Le potenti intese

POTENTI-INTESE_-copia-2-187x300Enrico Letta era il politico perfetto per incarnare e al contempo nascondere un patto onusto di ipocrisia e di non detti. Lo era per il curriculum e le relazioni; per l’immagine di serietà attenuata quel giusto dalla cordialità dei modi e da qualche cortese battuta; per la capacità di rappresentare mediaticamente un cambiamento generazionale ma anche di stile – e niente auto blu con la scorta quando va a giurare al Quirinale, meglio arrivarci guidando un’utilitaria in favore di fotografi.

Ricordate che orgoglio aveva in fronte il giovane Letta quando presentava il suo esecutivo come «pieno di giovani e di donne»? Che straordinaria operazione mediatica erano le varie Lorenzin e Kyenge, chiamate a camuffare l’eterno pote- re di sempre, l’andreottiano «tiriamo a campare» che si era tolto la grisaglia per esibirsi con il Friday wear.

Il tutto condito da un eloquio di velluto – Enrico Letta non riuscirebbe a litigare veramente nemmeno con il mostro di Rostov – oltre che da una rete bipartisan come quella di VeDrò (a cui il libro dedica alcune delle sue pagine più interessanti).

E, naturalmente, da una parentela come quella con zio Gianni: fondamentale, come vedremo, non perché Enrico sia un «raccomandato», ma perché gli ha permesso di crescere respirando la Roma profonda e antica del potere democristiano. Intendendo per «democristiano», più che un partito, un metodo: un insieme di prassi basate sull’inclusione, la spartizione, l’arrotondamento degli spigoli, la coltivazione dei rapporti, lo scambio perpetuo e sorridente, insomma la subcultura di casa Angiolillo che sopravvive a ogni mutamento e ogni mutamento assorbe, anestetizza, annulla. E che pure è fra i protagonisti di questo libro.

(Uno stralcio dalla prefazione di Alessandro Gilioli per il libro di Matteo Marchetti e Luca Sappino “Le potenti intese”, uscito oggi per Castelvecchi. Vale la pena leggerlo, per capirsi).

Media italiani censurano intervento Alto Commissario Onu per i Diritti Umani

Riporto e condivido il comunicato del Gruppo EveryOne sulle politiche intolleranti di questo Governo denunciate dalla comunità internazionale e prevedibilmente oscurate.

La visita dell’Alto Commissario in Italia aveva in realtà un significato di primissimo piano per la società italiana, il suo sviluppo civile e la sua presenza nella realtà internazionale. Navi Pillay, infatti, ha incontrato a Roma il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, il Ministro degli Interni Roberto Maroni, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta, il Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini e il Presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini. Ha tenuto discorsi al Senato e alla Pontificia Università Lateranense. Ha visitato due campi nomadi e il Cie di Ponte Galeria. Ha, infine, incontrato i rappresentanti di oltre 40 ong.

Roma, 12 marzo 2010. L’Europa e il mondo si chiedono (basta leggere i giornali esteri per rendersene conto) come sia possibile che in Italia proseguano da anni – in totale spregio degli accordi internazionali sui Diritti Umani – le politiche intolleranti contro i migranti, i Rom e le minoranze sgradite alle Istituzioni e alle autorità. La risposta è facile. Politici e media, senza distinzione fra le loro “correnti” di appartenenza, conducono da molto tempo una propaganda xenofoba, connotata da discriminazioni forti riguardo alla provenienza, al colore della pelle, alle tradizioni culturali e religiose dei gruppi sociali colpiti. Le ideologie dei partiti anti-stranieri non hanno, in Italia, un contraddittorio, perché i mezzi di comunicazione e informazione sono strumenti politici, mentre gli attivisti e i promotori di una cultura di pace sociale e uguaglianza sono imbavagliati e perseguitati. Le leggi chiaramente discriminatorie, come la Bossi-Fini, il pacchetto sicurezza, le centinaia di provvedimenti comunali, hanno contaminato anche la cultura giuridica e l’operato dei magistrati, come dimostrano le innumerevoli condanne di Rom e migranti senza prove o per reati coniati a loro misura (occupazione di suolo pubblico, oltraggio, resistenza, accattonaggio molesto ecc.) e le sentenze-choc, come quella di ieri della Cassazione che ha giudicato lecito deportare un padre di famiglia clandestino, anche se i suoi bambini vanno a scuola in Italia. Questa cultura deviante che criminalizza lo straniero facilità anche la sottrazione di minori non italiani da parte dei servizi sociali e le adozioni di bambini – che sono amati dai loro genitori, ma sono considerati “adottabili” a causa del loro status di “irregolari” o “senzatetto” – da parte di famiglie italiane. Come scritto sopra, i media hanno un ruolo fondamentale e sono sostanzialmente uniti nella guerra allo straniero. Ne è un’ulteriore dimostrazione la censura attuata nei confronti dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite, signora Navi Pillay, il cui invito a sospendere le politiche persecutorie nei confronti di Rom e migranti durante importanti incontri istituzionali è stato completamente ignorato o relegato in spazi piccoli e marginali sia sui quotidiani che nei radiogiornali e telegiornali.

Nelle foto: le copertine odierne del Giornale, del Messaggero, della Repubblica e del Corriere della Sera. Il giorno successivo alla visita della signora Pillay, nessun riferimento ai suoi incontri e discorsi alle Istituzioni italiane