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Giuliano Pisapia

La classe dirigente che già c’è

Lo dice bene Giuliano Pisapia in un’intervista a Liberazione qui: la grande scoperta è che questi comitati, questi gruppi, queste persone non si limitano a dire ‘no’ a un ecomostro, piuttosto che alla chiusura di un luogo di aggregazione o di un centro di cultura, ma hanno elaborato tanti progetti alternativi, valutandone costi e fattibilità. In questo primo anno in Regione la sorpresa sono stati loro. Collaboratori ostinati, quotidiani, spesso anche pungenti, i comitati e le associazioni mi hanno aiutato a costruire proposte dietro e proteste. Un grazie glielo devo.

Giuliano a Milano

Di Giuliano Pisapia apprezzo l’eleganza. E ammetto di continuare a pensare che sia una virtù dei forti; mica di forti sugli altri quanto piuttosto dei forti per sé stessi. L’eleganza di sentirsi umilmente coerenti, senza vippismo, senza urli e senza l’appetenza degli interessati. Se fosse un partito sarei l’eleganza di Pisapia. Per questo a Milano porterebbe un buon vento.

Letizia, per dignità ritirati

La giornata era iniziata con l’invito del leghista Davide Boni ad “abbassare i toni sulla campagna elettorale di Milano”. Un leghista che chiede di abbassare i toni è già il segnale che la giornata non promette niente di buono, passano poche ore e Letizia Brichetto (in arte Moratti) dice aGiuliano Pisapia sei stato condannato per furto. Lo dice pochi secondi prima della fine della trasmissione per non concedere nessun contraddittorio, com’è normale per una classe politica che si è costruita culturalmente sugli stacchetti pubblicitari, sui quiz prima del gong.
Abbassare i toni, si era detto. Ma l’atteggiamento di Letizia non stupisce: “abbassare i toni” per la metastasi che è il berlusconismo in Italia (e la Lega in grembiule a fare da cameriera) significa non sputare, non ruttare e non prendersi a ceffoni: la bugia è ammessa. La bugia è la pietra focaia per accendere il falò dell’insinuazione e della delazione. Dì una cosa, ripetila all’infinito e diventerà una mezza verità. Al massimo, se non funziona, sarà una “valutazione politica” (agenzia Adnkronos di donna Letizia delle ore 17.48).

Ci eravamo abituati a sentire le bugie del capocomico in mondovisione negli ultimi anni: in fondo l’avevamo capito tutti che probabilmente sono gli effetti collaterali dei farmaci per la sua terapia della disfunzione erettile. Ma vedere la Moratti scimmiottare il proprio padrone con il dilettantismo dell’eterna incompiuta e dell’alunna che ha svolto bene il compitino non è sopportabile: la Moratticondannata (lei sì) dalla Corte dei Conti a restituire all’ Erario 263mila euro “per gli incarichi esterni a non laureati o soggetti con precedenti incarichi finiti male” che stanno tra le consulenze spartite durante il suo mandato di sindaco, la Moratti che negava di sapere della Bat-casa del Bat-figlio dove invece andava a farsi un bat-tuffo in piscina, la Moratti ha negato per anni la mafiamentre le mafie si compravano Milano.

La III Corte d’Assise d’Appello di Milano presieduta dal dott. Luigi Maria Guicciardi nel procedimento n. 76 del 1985 ha assolto Giuliano Pisapia per non aver commesso il fatto. La sentenza recita alle pagine 1562 e 1563: «In conclusione non vi è prova – né vi sono apprezzabili indizi – di una partecipazione del Pisapia, sia pure solo sotto il profilo di un concorso morale, al fatto per il quale è stata elevata a suo carico l’imputazione di furto, dalla quale l’appellante va pertanto assolto per non aver commesso il fatto». Tale sentenza di assoluzione con formula piena è passata in giudicato ed è quindi definitiva.

Quindi la Moratti oggi è bugiarda e certificata.

Ci chiedevamo se Milano meritasse di avere un Lassini consigliere comunale  e rischiavamo di dimenticarci una bugiarda come sindaco.

Ritirati Letizia, per dignità.

 

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/11/moratti-per-dignita-ritirati/110561/

Una settimana da ottimista a Milano

Una Milano migliore c’è. Basta andare una mattina qualsiasi di queste ultime settimane nelle piazze, nei mercati, nei circoli, nelle librerie e negli uffici. Una Milano che non ha bisogno di strateghi per martellare futuro ma che il proprio futuro chiede solo di poterlo interpretare. Giuliano Pisapia in questa campagna elettorale ha avuto il merito di accendere un’uguaglianza che a Milano non si respirava da tempo: persone così diverse per indole, professione, funzione e storia che si sono riunite, si sono divise i compiti, hanno messo sul tavolo i propri luoghi e le competenze e sono scese a riprendersi la città. Partendo dalle periferie per convenire in piazza. Senza preoccuparsi di pose e telecamere. Convergere sul futuro dei cittadini (che faranno la città), tornando alle persone come Milano si era dimenticata di fare.
Questa settimana me la voglio regalare da ottimista. Mica con l’ottimismo miope del kamikaze, ma con l’ottimismo di chi è confortato dal profumo che sprigiona la corsa, dall’ottimismo che si respira per la città e dalla voglia rinnovata. Un’onestà vogliosa qui a Milano era merce rarissima, avevamo temuto che le voglie fossero solo gocce delle macchie del re.
L’ottimismo di chi ha troppe cose da chiudere questa settimana per preoccuparsi degli stessi, soliti, amici degli amici della Moratti o impegnarsi a smentire il cerchiobottismo dell’estremo Centro, e evitando di rispondere alla Lega evitando di confondersi. Ci sono troppe persone in giro a cui raccontare e chiedere di raccontare la Milano che è già negli occhi delle migliaia di persone che costruiscono la città che vorrebbero loro e che vorrebbe Giuliano Pisapia.
Evitando anche antipatiche preoccupazioni sul Movimento 5 Stelle o altri (tra l’altro qualcuno un giorno dovrà spiegarmi secondo quali oscure statistiche si è certi che tutti quei voti debbano per forza appartenere al centrosinistra). Sui temi credibili e concreti gli uguali convergono. Altrimenti, semplicemente, sono altro.
Milano può cambiare. Insieme.

DONADI E CAVALLI: DIECI DOMANDE (PIU’ UNA) PER LETIZIA MORATTI

Il PDL milanese (dimenticandosi di avere il proprio leader in tribunale a rispondere di frode fiscale e appropriazione indebita) decide di stilare una lista di domande a Giuliano Pisapia. Letizia Moratti ultimamente annaspa dimenticandosi che il ruolo di candidato sindaco è quello di proporre, piuttosto che opporre. Io e l’onorevole Massimo Donadi avevamo in tasca da qualche mese qualche curiosità. Quale giorno migliore per porle alla candidata sindaco Letizia Brichetto (per gli amici Moratti) se non oggi? Attendiamo fiduciosi le risposte…


1. Come è riuscita nella difficile impresa di battere ogni record di assenteismo nel Consiglio comunale della ‘sua’ Milano?

2. Dopo l’annuncio dell’abbattimento della bat-casa del figlio, ritiene risolto il problema dei furbetti del mattone che, nell’ombra hanno governato in questi anni a Milano

3. Quando intende raccontare ai milanesi dei rapporti non sempre trasparenti tra la sua Giunta e il pregiudicato Ligresti?

4. Dal momento che il tema di Expo 2015 è ‘Nutrire l’ambiente, quando smetterà di occuparsi di cubature, proprietà e Pgt focalizzando finalmente l’impegno di Milano sui contenuti piuttosto che suoi contenitori?

5. Perché i milanesi che hanno diritto ad un alloggio Aler si ritrovano in lunghissime liste d’attesa mentre la criminalità organizzata continua ad offrire alloggi popolari a prezzi vantaggiosi e in tempi record? Quale è la sua posizione sulle recenti indagini che coinvolgono i vertici di Aler?

6. Quando riterrà di aver acquisito le competenze necessarie per spiegare ai milanesi i ‘vantaggi’ della sua operazione-derivati, che ha portato le casse comunali ad un indebitamento record? Quando riuscirà a scegliere i consulenti senza essere ripresa dalla Corte dei Conti?

7. A seguito dell’ultimatum che ha lanciato: “O me o Lassini”, lette le diverse posizione dei suoi compagni di partito, le risulta sia stata presa una decisione dai probiviri del PdL? E se sì, chi esce di scena?

8. In considerazione della sua conclamata volontà di favorire la scuola privata, perché non ha inserito nei suoi manifesti elettorali le macerie dei fatiscenti istituti scolastici pubblici milanesi cronicamente provi di risorse?

9. Augurandosi che dopo le centinaia di arresti degli ultimi mesi di uomini di ‘ndrangheta anche lei (ultima dei negazionisti) si sia ricreduta, come ci si sente da Sindaco uscente di una città in cui la mafia esiste?

10. Avendo ritenuta non legittima una commissione antimafia durante il suo mandato, la scelta di candidare nelle proprie liste persone che hanno avuto frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata, rientra in una precisa linea di governo?

10+1. Quando ha intenzione di iniziare la campagna elettorale, smettendo di gettare fango sugli avversari? Quando illustrerà suoi programmi e le sue proposte invece di chiedere quelle degli altri? Insomma, quando darà risposte smettendo di fare domande?

 

Consigliere Regionale Lombardia – Giulio Cavalli

Capogruppo alla Camera – Massimo Donadi

 

 

 

Milano, non perdiamo questo vento

Sono personalmente molto contento della vittoria di Giuliano Pisapia. C’è un vento buono che non bisogna lasciare appoggiare su delle primarie che non mi sono mai piaciute in alcuni modi ma che ha indubbiamente messo in campo quattro belle personalità che hanno scelto di metterci la faccia. Ho sorriso con una certa soddisfazione nel vedere i nostri iscritti godere di un’autonomia reale nella scelta di chi sostenere. Alcuni “politici” e alcuni giornali hanno cercato di raccontare di un nostro “vuoto politico” mentre il nostro atteggiamento veniva rivendicato come diritto-dovere da una buona parte del popolo delle primarie. In queste settimane il filo diretto con i candidati ha chiarito quali sono le nostre priorità e i nostri punti fermi per una Milano bella, vivibile, solidale e soprattutto non più “gelatinosa” sulle amicizie del cemento. Oggi (e solo oggi) c’è da sedersi intorno al tavolo per scrivere, discutere, progettare e fissare i propri paletti. Dicevamo che le primarie dovessero disegnare programmi e coalizioni come un buon piatto cucinato a fuoco lento: ora qualcuno è pronto e qualcuno (forse) è fin troppo bollito.
Al lavoro.

Milano: primarie in salsa grigia

Alla fine Costanzo Ariazzi rassegna le proprie dimissioni dal “Comitato organizzatore” delle primarie di Milano. Un “Comitato organizzatore” che visto da fuori ha avuto il sapore troppo spesso di un comitato elettorale appiattito sulla candidatura di Stefano Boeri (che ha ricevuto l’investitura ufficiale di uomo gradito alla dirigenza, e mica tutta la base, del PD lombardo): l’accusa arriva dal solitamente mite Valerio Onida durante una sua serata dopo che ne aveva parlato (tra gli altri) in un suo scritto Gad Lerner, Nando Dalla Chiesa e lo stesso Davide Corritore. Tutti (si badi bene) iscritti al Pd per cui non ascrivibili alla colata di detrattori professionisti che si infilano ovunque con l’obbiettivo di distruggere piuttosto che dibattere.

Nella sua “lettera d’addio” Ariazzi scrive “Obiettivo del Comitato è dare vita a un’ampia partecipazione popolare e lavorare per tutti i candidati, per questo tutti i partiti della coalizione e i candidati che vi prendono parte hanno condiviso e sottoscritto delle regole. Il nostro lavoro è stato fin qui equilibrato e rispettoso di tutti, ogni decisione è stata presa con ampio consenso e con uno spirito fortemente lontano dalla definizione di primarie falsate“; poiché sia Onida che Pisapia lamentano uno squilibrio di dinamiche e comunicazioni mi viene da chiedere come venga misurato il “consenso” che, dentro gli uffici degli organizzatori, viene definito addirittura “ampio”. E un’errata visione e sensazione della soddisfazione dei candidati è un ottimo motivo per dimettersi. Meglio così.

Mi spiace che Stefano Boeri abbia reagito stizzito alle osservazioni di Onida senza cogliere la palla al balzo per scrollarsi finalmente di dosso un alito pesante che sta circondando la sua corsa verso le primarie. Ho già avuto modo di scriverlo e mi sento oggi di ripeterlo ancora più forte: Ho sempre creduto che le primarie (come ogni consultazione diretta con i cittadini) siano un passaggio necessario per costruire credibilità: primarie che siano una partecipazione senza mediazioni, senza recinti e senza argini accomodanti. Primarie che siano l’occasione per i cittadini di spiazzare i partiti e non che siano il modo per i partiti di piazzare cittadini. Primarie che siano una libera circolazione di opinioni e sostegni dove i cittadini (politici, intellettuali, impiegati, ragazzi e genitori) decidono di sostenere questo o quel candidato per un’affinità libera da disegni di partito. Lasciare le primarie alle primarie quindi per non trasformare tutto in un gioco messo in ballo in attesa di conferme. Per questo ho più volte espresso i miei dubbi sulla “discesa in campo” istituzionale di alcuni partiti (nostra opinione personale e, bontà nostra, ora nostra linea politica essendo noi chiamati a farla, la politica) che hanno certificato più o meno questo o quel candidato addirittura all’alba della candidatura. E’ un’opinione, condivisibile o non condivisibile, ma è la nostra opinione che ci portiamo in tasca con fierezza. La sensazione, qui fuori, è che  tutti parlino di entusiasmo e vivacità ma alla fine la maestrina ci voglia tutti seduti in silenzio e ben composti ai banchi.

E mi fa sorridere chi mi bisbiglia all’orecchio (senza farsi sentire troppo in giro) che Italia dei Valori dovrebbe entrare nella competizione. Abbiamo parlato di libera scelta e di igiene dei meccanismi delle primarie, abbiamo espresso i nostri dubbi su un “partitismo” infiltrato nelle contrapposizioni tra candidati, abbiamo rivendicato un reale potere di giudizio e di scelta dei cittadini ugualmente informati sulle attività dei candidati, abbiamo chiarito i nostri dubbi su una coalizione che si definisce e si “cementa” (mi si passi l’ironia) sui modi e sui valori che emergono lungo il percorso e non “di forma” ai nastri di partenza, abbiamo (e stiamo continuando a farlo) lasciato indipendenza ai nostri iscritti nel collaborare con uno o con l’altro candidato. E oggi, a guardarle da fuori, le primarie lasciano un profumo con aromi previsti e prevedibili. Senza comunque perdere il gusto di una vittoria di partecipazione. Una delle poche rimaste ai cittadini. E quindi, ancor di più,  una di quelle da preservare incondizionata.