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Giulio Cavalli notizie

Difendiamo la Paolo Grassi

Giulio Cavalli e Bottega dei Mestieri Teatrali si uniscono al coro di proteste contro il sollevamento di Maurizio Schmidt dal ruolo di direttore della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano.

Alleghiamo il comunicato

LUNEDì 7 la Scuola d’arte Drammatica Paolo Grassi di Milano si mobilita.
MOBILITAZIONE DEGLI ALLIEVI DELLA SCUOLA D’ARTE DRAMMATICA PAOLO GRASSI
Gli allievi della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, riuniti nel Comitato Studenti DifendiamolaPaoloGrassi, si mobiliteranno lunedì 7 settembre 2009 per una manifestazione finalizzata a sostenere pubblicamente la ricandidatura di Maurizio Schmidt alla direzione della Scuola, direttore dal 2007, recentemente sollevato dall’incarico, nonostante il dissenso espresso da allievi e docenti nei confronti di questa dannosa decisione della Fondazione Scuole Civiche di Milano. La mobilitazione avverrà simbolicamente nell’ultima giornata del bando per la nomina di direzione della Paolo Grassi.
La giornata sarà articolata in tre momenti:
– dopo l’incontro alle ore 10 in Piazza XXIV Maggio, i manifestanti si muoveranno fino a via Alzaia Naviglio Grande, davanti alla sede della Fondazione Scuole Civiche di Milano, per formare un primo presidio di protesta animato da performances degli allievi
– alle ore 12 è previsto un secondo presidio di fronte a Palazzo Marino
– infine, a partire dalle ore 17 fino alle 22.00, la Scuola Paolo Grassi (via Salasco, 4) verrà aperta al pubblico per una serie di discussioni, approfondimenti e momenti teatrali. Interverranno alla serata Moni Ovadia, Serena Sinigaglia e Elio De Capitani e molte altre personalità dello spettacolo.
Gli allievi intendono manifestare perché non condividono la scelta, resa pubblica dalla Fondazione soltanto il 20 luglio 2009 con una tempistica ritenuta fortemente inadeguata, di non riconfermare Maurizio Schmidt nel ruolo di direttore della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, interrompendo improvvisamente, e per ragioni che tuttora appaiono poco chiare, un percorso didattico che ha portato a risultati indiscutibilmente positivi, quali una maggiore apertura della Scuola verso altre realtà culturali, lo sviluppo di progetti anche a livello internazionale, la moltiplicazione delle opportunità e degli stimoli offerti agli allievi, la qualità dell’insegnamento di base, la capacità di reperire autonomamente risorse per la realizzazione di progetti. Ciò è testimoniato, oltre che dai fatti, anche dalle numerosissime dichiarazioni di solidarietà ricevute da parte di alcuni dei maggiori esponenti del panorama teatrale milanese ed italiano, tra cui Sergio Escobar, Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Siro Ferrone, Serena Sinigaglia, Emma Dante, Paolo Rossi, Pamela Villoresi, Toni Servillo, Danio Manfredini e moltissimi altri.
Ciò che preoccupa in modo particolare gli allievi, oltre al fatto che nel corso dell’anno scolastico che sta per iniziare si risentirà in maniera grave della ristrettezza dei tempi entro i quali un nuovo eventuale direttore si troverà ad agire, è che NON CI SIANO PER LA SCUOLA GARANZIE DI AUTONOMIA DIDATTICA E PROGETTUALE, che il divario tra gli organi direttivi della fondazione e chi ogni giorno lavora con passione ed impegno all’interno della scuola stia diventando incolmabile e che la Paolo Grassi si trovi continuamente a subire DECISIONI CALATE DALL’ALTO.
Abbiamo la necessità di ottenere l’attenzione del Comune, unico socio della Fondazione SCM, del nuovo Consiglio d’Indirizzo della Fondazione (appena nominato e non responsabile della decisione presa dal precedente Consiglio) e dell’opinione pubblica, sperando si possa rimediare al più presto a questo errore.
Inoltre riteniamo che la penalizzazione ed il ridimensionamento di ciò che meriterebbe invece ulteriori sviluppi e riconoscimenti, la mancanza di garanzie, la sensazione che spesso sia impossibile influire su decisioni calate dall’alto, sono problemi che accomunano la Paolo Grassi a tante altre realtà culturali ma non solo, e che non devono per nessun motivo passare inosservati. Questo è il motivo per cui abbiamo scelto di fare delle azioni pubbliche e di rivolgersi alla Città.
IL COMITATO STUDENTI DIFENDIAMOLAPAOLOGRASSI

Un breve e fondamentale riassunto sulla difficile situazione in cui si trova la Paolo Grassi
Maurizio Schmidt è stato direttore di questa scuola dall’autunno 2007 al 31 agosto di quest’anno. Negli anni della sua direzione, la scuola ha acquistato un indiscusso prestigio a livello nazionale ed internazionale, tornando ad essere un polo culturale attivo nella città di Milano e aperto al confronto con il sistema teatrale italiano. Questa nuova linea didattica, già avviata dal precedente direttore Massimo Navone, ha giovato soprattutto agli studenti, che hanno avuto modo di fruire di una pedagogia teatrale attiva che ha incoraggiato lo scambio tra i corsi presenti all’interno della scuola, peculiarità che la differenzia dalle altre scuole teatrali italiane.
Il giorno 20 luglio l’allora direttore ha ricevuto dagli organi della Fondazione Scuole Civiche di Milano la comunicazione dell’interruzione del rapporto di lavoro. Questa scelta ha portato all’interruzione del progetto didattico che avrebbe visto in quest’anno il suo momento conclusivo e la sua verifica, attraverso attività già programmate e collaborazioni ora a rischio.
Questa scelta della Fondazione incarna la volontà di limitare la libertà d’azione della scuola e livellare verso il basso il suo spessore culturale. Il giorno 23 luglio insegnanti e studenti della scuola si sono riuniti in un’affollata riunione durante la quale sono stati redatti due comunicati stampa hanno riscosso il consenso di gran parte della scena teatrale milanese (Sergio Escobar, Paolo Rossi, Elio De Capitani) e non solo (Emma Dante, Moni Ovadia e altri). La Fondazione SCM ha deciso che la selezione del prossimo direttore avverrà tramite un bando, dalle tempistiche assolutamente inadeguate, in quanto ostacola ogni possibile continuità tra la direzione uscente e la nuova direzione
Inoltre l’unica persona che ha ufficializzato la propria candidatura, Gaetano Sansone, che per altro già collabora con la Fondazione, è stato nominato dal Direttore Vicario della Fondazione Anna Fellegara responsabile delle attività didattiche per questo periodo, evidenziando una delle tante anomalie di questo organo (il bando scade il 7 settembre e il candidato alla direzione Gaetano Sansone è entrato a in questo modo all’interno della Paolo Grassi il 1 settembre). La stessa Fellegara, oltre ad essere il Direttore Vicario della Fondazione Scuole Civiche di Milano, è in questo momento anche direttore ad interim della Scuola Paolo Grassi fino alla nomina del nuovo direttore
Un’altra forte preoccupazione che riguarda il futuro della Grassi è l’assoluta incertezza riguardo alla prossima direzione per quanto riguarda la capacità di reperimento di risorse economiche. Sotto la Direzione di Maurizio Schmidt sono stati reperiti più di 700.000 euro da privati, fondazioni ed enti pubblici, in conformità con quanto prevede lo statuto di una Fondazione nata come Fondazione di Partecipazione. Questo è avvenuto grazie al prestigioso lavoro svolto da Mimma Gallina e dall’Ufficio Innovazione e Sviluppo da lei creato e diretto per collaborare con la Direzione di Maurizio Schmidt. Queste importanti risorse hanno permesso in questi due anni di portare avanti rapporti di collaborazioni internazionali, progetti speciali e un’elevata qualità dell’ insegnamento, reagendo così ai tagli del Comune di Milano, unico socio della Fondazione di Partecipazione Scuole Civiche di Milano, con una formula di autofinanziamento dei progetti.
Info:cliccare qui per collegarsi al sito della “Paolo Grassi”

Calabria Ora intervista Giulio Cavalli

Il suo fortino è nei pressi di Lodi. La sua arma è il teatro. I suoi nemici i camorristi, i mafiosi, gli ’ndranghetisti. Il suo asso nella manica è l’umorismo. Quando parli con Giulio Cavalli sembra di parlare con un «marziano». E un marziano in qualche modo lo è.
Nato a Milano nel 1977, regista e attore, Cavalli fonda nel 2001 a Lodi la “Bottega dei mestieri teatrali”. Dopo aver raccontato la strage dell’aeroporto di Linate, dove morirono 118 persone, e la vicenda di Carlo Giuliani, si è messo in testa di raccontare la criminalità organizzata. Quella che al Nord non spara. Ma pulisce soldi. Fa affari. Mette mano nell’Expo 2015. Insomma, conquista. In silenzio. E così, quasi echeggiando le lotte di Peppino Impastato, a ottobre porterà in scena “A cento passi dal Duomo”.
Cavalli, con lo spettacolo “Do ut des”, coprodotto dai Comuni di Lodi e Gela, con la collaborazione del centro di documentazione “Giuseppe Impastato”, lei ironizzava sui riti mafiosi. Perché questa scelta?
«Per due semplici motivi. Innanzitutto l’onore di cui i mafiosi parlano tanto non è vero onore, ma solo paura. Ed è con quella che si fanno rispettare. Io voglio far passare il messaggio che noi non abbiamo timore di loro. Anzi, che ci fanno ridere. E ridendo arriviamo alla seconda conclusione. Non ci troviamo di fronte a eroi negativi come ce li dipingono le fiction televisive. Sono degli uomini, piccoli, piccolissimi. Come Provenzano. Che mangiava ricotta e cicoria. Che aveva problemi di prostata. E io mi chiedo come questi tipi tengano sotto scacco un intero Paese. O c’è qualcos’altro sotto sotto?».
Lei ha subìto delle intimidazioni. Le hanno imbrattato i muri del suo teatro a Tavazzano con Villanesco, nel lodigiano.
«Sinceramente, non amo parlarne molto. Nella lotta alla mafia non ci vogliono eroi solitari, ma l’impegno di tutti, come diceva Giovanni Falcone. Io mando dei segnali artistici e loro, diciamo, mi hanno risposto con dei segnali. Banali. Com’è loro consuetudine. Ma a me fanno paura altre cose»
Cioè?
«Che si crei una sorta di voyarismo. Io vivo sotto tutela delle forze dell’ordine. Ma non per questo le mie parole devono pesare di più».
Ma parlare, scrivere di mafia è così difficile a Milano?
«Qui ogni inchiesta su Cosa Nostra e sulla ’ndrangheta è un vero e proprio atto di svelamento. Senza contare che sempre più spesso ci dobbiamo scontrare con il negazionismo. Vedi il caso di Buccinasco. Una specialità milanese, mi verrebbe da dire».
Sta dicendo che sull’antimafia la Calabria è più avanti rispetto alla Lombardia?
«Assolutamente sì. Voi avete imparato l’antimafia. Avete giornalisti coraggiosi che ogni giorno fanno nomi e cognomi, non filosofia. Avete giovani. Avete tanta gente onesta. Noi dobbiamo imparare molto da voi. Lasciamo perdere quell’area di supponenza che il Nord ha nei confronti del Sud».
In questo c’entra qualcosa anche la Lega Nord?
«Beh, la Lega ha contribuito all’autoincoronazione come se qui abitasse la razza ariana. È anche vero, però, che il problema è generalizzato».
Un giudizio impietoso il suo.
«Come tutti sanno la ‘ndrangheta, che è l’organizzazione più pericolosa in Lombardia, vive di segnali. E le ’ndrine al Nord crescono tranquille grazie al concime dell’indifferenza. Una colpa grave per cui pagheranno i nostri figli, i nostri nipoti. Dobbiamo vergognarcene. Ci sentiamo immuni dalle infiltrazioni della criminalità organizzata non per ignoranza ma per presunzione».
In “A cento passi dal Duomo” lei parlerà anche di Expo 2015. Il grido che arriva da forze dell’ordine e magistrati è che l’occasione sia ghiotta per i clan calabresi. Dal suo osservatorio di artista come vede e vive tutto questo?
«(Ride) Guardi, siamo di fronte a una scenetta comica. La politica boccia la commissione Antimafia al Comune di Milano perché, questa la motivazione, a indagare ci devono pensare i magistrati. Peccato che c’è un procuratore antimafia, Enzo Macrì, persona seria e preparata che da anni studia la mafia, che non sa più come dire che bisogna svegliarsi, che siamo di fronte a un rischio serissimo».
Che cosa si prefigge con questo spettacolo?
«Premetto che l’ho scritto con Gianni Barbacetto. Racconto gli ultimi trent’anni di crimine organizzato a Milano. E voglio suggerire al pubblico che deve essere la politica a combattere la mafia. Da Momo Piromalli di ieri ai Barbaro, ai Piromalli, ai Bellocco di oggi le ’ndrine stanno investendo in Lombardia. Qui non si spara. Qui i conti correnti e le partite Iva sono pulitissimi, al di fuori di ogni sospetto. Qui ci si inabissa. Aspettando l’Expo.
Ma chi glielo fa fare?
«Siamo una nazione e i problemi sono nazionali. La mafia sta inquinando come un cancro non solo le città del Sud, ma il tessuto intero del Paese. Io confido nelle persone oneste. Che sono tante».

Agostino Riitano

L’ARTICOLO QUI

Quattro chiacchiere con… Giulio Cavalli, il “giullare” sotto scorta

lucarinaldi.blogspot.com

Prima intervista della rubrica “Quattro chiacchiere con…”, dove si intervisteranno nel corso del tempo alcune personalità, non scelte a caso. Proprio l’inaugurazione è dedicata ad un personaggio, un attore, regista, sceneggiatore di teatro: Giulio Cavalli, che ringrazio per la grande disponibilità dimostrata. Giulio non è una personalità scelta casualmente per inaugurare questa rubrica, che spero apprezzerete, tutt’altro.

Lo vidi all’opera la prima volta non molto tempo fa, solo questa estate, mentre portava in giro per l’Italia il suo spettacolo, scritto con Gianni Barbacetto “A cento passi dal duomo”, un bellissimo, ma soprattutto forte, spettacolo sulle infiltrazioni mafiose nel nord Italia. Il teatro di Cavalli è proprio questo: narrazione civile, un teatro spesso scomodo, che si mostra però come una delle forme forti di denuncia sociale: Cavalli tiene vive, tramite il suo teatro, pagine importanti della storia recente che non vanno dimenticate, dato che, e qui prendo spunto da un altro pezzo di teatro civile, “Promemoria” di Marco Travaglio, “la storia è maestra, ma nessuno impara mai niente”.

Oggi Giulio Cavalli, a seguito di alcune minacce da parte di mafiosi, dopo aver portato in scena il suo spettacolo “Do ut Des”, vive sotto scorta, un segno forte come le mafie debbano essere innanzitutto combattute con la cultura e la conoscenza del fenomeno, che ancora oggi manca alla maggioranza degli italiani.

Ecco l’intervista:

Domanda: Giulio, da quanto vive sotto scorta e qual’è stata la rappresentazione che ha cominciato a far paura a qualcuno?

Risposta: La vicenda è cominciata in una climax ascendente dal 2006. In quel periodo insieme a Rosario Crocetta, Antonio Ingroia, Giovanni Impastato e molti altri avevamo deciso che era il momento di riprendere in mano la lezione di Peppino Impastato e “disonorare” Cosa Nostra mettendone a nudo le bassezze morali e la comicità dei limiti medievali di riti e boss. Disonorarli, per noi, era una questione di onore. Un modo per ribellarsi ad un racket culturale di eroicità negativa di individui che una certa televisione ci proietta come “astuti geni del male” e invece si rivelano infimi nella loro bassezza. Ridere di mafia significava urlare forte che “il re è nudo” e, di conseguenza, che difficilmente questi personaggi avrebbero potuto tenere sotto scacco una nazione senza l’aiuto dei colletti bianchi e di alcuni pezzi della politica.

D: Da dove arriva la scelta di fare “teatro civile”?

R: Non è una scelta. Piuttosto un’esigenza. Il rispetto per il privilegio di avere un pubblico disposto ad ascoltarti e che si merita quelle storie che in altri campi (giornali, tv) emergono con difficoltà. Ammetto che l’etichetta “teatro civile” mi lascia però molto perplesso. Tutta la cultura è civile nel momento in cui professa un ideale, lo argomenta, ne traccia le linee e lo veste con gli abiti della bellezza.

D: Crede che la sua storia sia una dimostrazione di come il teatro e l’arte in generale, possa ancora influire a livello sociale e di come la mafia, oltre che con la legge, vada combattuta anche con la cultura?

R: Come dice Don Luigi Ciotti “l’etica libera la bellezza”. Finchè sfideremo le criminalità organizzate (anche) con l’arma bianca della cultura sveleremo la deriva culturale che a loro appartiene e scalfiremo la loro credibilità.

D: In “A cento passi dal duomo” cita molti personaggi del panorama politico milanese. Ha mai avuto rimostranze o minacce da parte di questi?

R: Le minacce sono gli effetti. Io peroro cause. Le minacce le trovo banali, noiose, nemmeno meritevoli di essere accennate. Comunque tutti i miei copioni nascono da sentenze di tribunali e quindi sono opinabili ma difficilmente smentibili.

D: La mafia al nord, come ricorda anche nel suo spettacolo, per molti è un argomento pretestuoso per infangare il buon nome della Lombardia e di Milano. Analogo discorso veniva fatto trent’anni fa in Sicilia dai sindaci, e ad oggi, tutta Italia conosce la situazione dell’isola. Crede che a Milano si possa mandare un chiaro messaggio sui pericoli di queste infiltrazioni o vede la popolazione del nord cieca e sorda a questi appelli?

R: A Milano bisogna mandare un messaggio forte. Una regione che continua a sfilare presuntuosa credendosi immune è una regione già pronta per essere presto malata terminale. La questione della pulizia del buon nome di una regione è un barricarsi barbaro e insensato. Non saranno i ciechi irriducibili dell’onorabilità di un marchio a salvare il nord. Il negazionismo lo pagheremo quando il cancro sarà ormai una metastasi che non si potrà più nascondere. E allora l’irresponsabilità della politica la sconteranno i nostri figli.

D: Cosa differenzia la mafia del sud da quella del nord?

R: Al nord hanno l’abito buono delle organizzazioni economiche. Profumano di partite iva e eleganza, stanno nel riciclaggio in cravatta e nella cocaina del dopo aperitivo di certa borghesia. Ma l’odore è lo stesso; quello peloso della prevaricazione e della bava dell’illegalità.

D: Il Giulio Cavalli del futuro a quali spettacoli sta pensando?

R: Sto scrivendo un libro, ci tengo molto. È il diario impersonale di un viaggio continuo tra storie, sopravvissuti e sopravviventi.” A 100 passi dal Duomo” ad ottobre debutterà a Milano al Teatro della Cooperativa nella sua dimensione scenica definitiva. Poi ho l’onore di raccontare in tournè il testo datomi da Dario Fo “L’Apocalisse Rimandata” su politica e ambiente. Continuo a non dimenticare l’incidente di Linate e la pedofilia con altri miei spettacoli. In più sto preparando un progetto di legalità “resistente” sul territorio. Non mi annoio.

D: E il lavoro teatrale sul processo Andreotti scritto con lo scrittore Carlo Lucarelli?

R: È un fiore che stiamo allevando con cura e che tra poco sarà pronto per sbocciare. È la storia di uno stato che si infiltra nella mafia e di una sentenza dimenticata. Cose incredibilmente fantasiose se non fosse che sono vere.

http://lucarinaldi.blogspot.com/2009/09/quattro-chiacchiere-con-giulio-cavalli.html#ixzz0QEteD9SD