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Willy ha pagato lo scotto più atroce, ma la sua morte può cambiare la percezione del razzismo in Italia

Raccontiamolo dappertutto il sorriso di Willy Monteiro Duarte. Ascoltiamole bene le parole degli amici che lo raccontano, riportiamo dappertutto il racconto di quelli che lo conoscevano, la descrizione del suo datore di lavoro che racconta come Willy fosse un aiuto cuoco che svolgeva con serietà e passione il suo lavoro, come i suoi amici lo raccontano pieno di altruismo e di allegria. Raccontiamo la vita diversa che aveva questo ragazzo esile, che voleva fare il calciatore e giocare nella Roma che era la sua squadra del cuore, che ha fatto tutto quello che non si dovrebbe fare in questo tempo di menefreghismo che è diventato un vizio sociale, in questo tempo in cui conviene sempre farsi “i fatti propri” e invece lui, Willy, ha deciso che quella rissa andasse sedata, che quel suo amico andasse aiutato, che avrebbe potuto ritardare anche qualche minuto pur di soffocare una violenza che invece poi gli si è tutta rivoltata contro mentre per terra per interminabili minuti chiedeva di smettere, gridava di non riuscire più a respirare e l’orda di calci e di pugni gli fracassava la vita.

Raccontiamolo perché Willy, che piaccia o no, è il simbolo di un’Italia che ha bisogno di esempi di umanità che abbiano la pelle nera, perché siamo un Paese intossicato tutti i giorni (anche da quelli che in queste ore stanno facendo le vittime) da una narrazione che ci propone gli stranieri, specialmente neri, come pericoli da cui dobbiamo sfuggire, che insiste nell’urlacciare per ogni ruba galline che non sia italiano e invece in questo caso abbiamo un italiano (perché Willy era italiano, nonostante qui da noi si insista a credere che un italiano debba per forza essere bianco come professa qualche cretino anche in queste ore) che ci ha dato una lezione di cittadinanza, che ha finalmente invertito la rotta spezzando il racconto di chi insiste ogni giorno, goccia dopo goccia, a dirci che tutti quelli che arrivano siano sporchi e cattivi.

Forse servirà a poco, forse non servirà a niente, ma quel sorriso di Willy potrebbe cambiare, forse lo sta già facendo, la percezione tossica di un Paese che con il razzismo non ci ha mai fatto i conti davvero e che ora si ritrova a non poter non empatizzare con quel giovane ragazzo. Chissà che alla fine possa almeno servire, la morte di Willy, oltre ad avere la giustizia che invocano tutti, anche un nuovo atteggiamento generale, che una morte così orrenda valga più di mille numeri e di mille dati e che dica che continuiamo a temere i mostri sbagliati.

Leggi anche: 1. Il vuoto politico e sociale produce i mostri inumani di Colleferro (di G. Gambino) / 2. Se a uccidere un bianco fossero stati 4 neri sarebbe scoppiato il finimondo (di G. Cavalli) / 3. Omicidio Willy, i familiari degli arrestati: “Era solo un immigrato, non hanno fatto niente di male” / 4. “Per noi era come un figlio, sarebbe diventato un bravo chef”: parla il direttore dell’hotel dove lavorava Willy

L’articolo proviene da TPI.it qui

Sicilia, Fava a TPI: “Musumeci fa lo scaricabarile. Ma sui migranti il governo ha paura di decidere”

Nello Musumeci insiste. Il governatore della Sicilia non ha intenzione di fermarsi sulla sua ordinanza che chiede lo sgombero degli hotspot dell’isola e risponde al no del governo parlando di responsabilità sanitarie. Si finirà probabilmente con un ricorso al tribunale amministrativo ma intanto la provocazione ha preso piede tra i sostenitori di destra e corre sul web. TPI ha intervistato Claudio Fava, deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana.
Fava, il governatore Musumeci insiste. Come legge questa ultima uscita sullo svuotamento degli hotspot e la chiusura ai nuovi arrivi?
È già un pezzo di campagna elettorale, perché ha riannodato i fili di una coalizione piuttosto frammentata e lasca e naturalmente ha ottenuto le benedizioni della destra alla quale Musumeci continua a rivolgersi. Manifesta la sua indole, la sua cultura politica: è un autoritario, convinto che la migliore forma di governo sia quella di affidare al podestà le chiavi della vita dei cittadini. Anche se si affida ai poteri di tutela della salute lui sa perfettamente che intervenire sui porti, sulle prefetture, sugli hotspot è competenza esclusiva del governo nazionale, segnatamente del Ministero dell’Interno. Ma è un modo per rimettere al centro una parola che sia una calamita e che ha bisogno di nemici facili, l’immigrato portatore di contagi.

Quindi è tutta campagna elettorale…
L’altra ragione è che c’è un fallimento complessivo su tutta la politica di investimento del post-Covid, le risorse promesse per il settore del turismo non sono mai arrivate, nemmeno un centesimo, le condizioni dell’isola sono abbastanza allo sfascio quindi un giorno ci si inventa il ponte, un giorno il tunnel, un giorno chiudiamo gli hotspot. Tutto pur di non parlare di quello che accade a casa nostra: c’è un’ordinanza di controlli per chi arriva dai Paesi considerati focolai poi però in aeroporto, nei porti e nelle stazioni i controlli sono minimi e anche in questo Musumeci dice che la responsabilità non è sua ma del Ministero dei Trasporti.
Una responsabilità che palleggia…
Su alcune cose dice “la responsabilità non è nostra”, su altre dice “la responsabilità non è nostra ma me ne occupo direttamente io”. In questo un po’ ci è un po’ ci fa.

Sembra seguire un po’ il copione di certe Regioni di centrodestra che giocano sul Covid per scontrarsi con il governo e fare parlare di sé. Non è simile all’atteggiamento della Lombardia con Fontana?
Sì. In più nel suo caso c’è una sfumatura di carattere politico, di identità politica. Gli piace fare il podestà. Dopo il Covid ha preteso e ottenuto dalla sua maggioranza il voto su un emendamento infilato in una legge che gli dà, in caso di emergenza sanitaria, pieni poteri e la possibilità di emanare delibere di giunta anche in contrasto con la legislazione vigente. Ed è una cosa abbastanza bizzarra, decidono loro a quale normativa possano derogare senza passare dal Parlamento regionale. È la sua idea di ventennio e ha utilizzato il Covid per ritrovare quei toni, quel cipiglio. Un tempo era un atteggiamento inoffensivo e invece oggi interviene su un tema vero, reale.

Esiste comunque un problema immigrazione in Sicilia?
Esistono problemi concreti nelle città che sono il punto di approdo naturale per i profughi. Non lo risolvi chiudendo, lo risolvi cercando di avere un livello di partecipazione da parte di tutte le Regioni. Anche perché non possiamo lamentarci dell’Europa che non fa la propria parte e poi in Italia lasciare che siano le Regioni di frontiera a occuparsene perché le altre non vogliono rotture di coglioni. Abbiamo un sistema geopolitico basato sul principio dell’egoismo: non a casa mia. È una questione che va affrontata da un governo che non riesce e non è riuscito a ottenere una linea di condivisione e di consapevolezza e di disciplina partecipata da tutti i presidenti di Regione. Qui tutti, in nome della salute, hanno deciso a casa loro.

Però la propaganda di Musumeci sembra funzionare: cosa dire a quelli che lo applaudono, come riuscire a parlar con loro?
Non è semplice perché se dall’altra parte hai un governo pavido che non è capace di fare un passo e di prendere una direzione risolutiva è chiaro che poi è difficile parlare solo sul piano di principio e della linea della condotta morale. Il cittadino alla fine si trova confortato da un decisionista che può anche essere incostituzionale ma che è una risposta alla preoccupazione. Come per le discoteche si registra una certa inerzia da parte di figure chiave del governo nazionale di affrontare con coraggio i problemi che si presentavano. Ora il tema sono gli immigrati e il tema ha bisogno di un tavolo di soluzione che non può essere affidato a ciascun presidente di Regione. Avere un nemico, un untore, qualcuno su cui scaricare le proprie frustrazioni in tempo di crisi conforta molti, anche chi non ha nulla a che fare con quella cultura politica. Poi magari un giorno ti svegli e ti accorgi che gli untori sono i tuoi figli che sono andati a fare un party e sono tornati asintomatici e carichi di virus.

Leggi anche: 1. Sicilia, ordinanza di Musumeci: “Entro le 24 di domani migranti fuori dall’isola”. Ma il Viminale lo blocca: “Non può farlo” / 2. Sicilia, Musumeci non molla: “Il governo vuole un campo di concentramento per migranti, vado dalla magistratura”

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Un giorno della vita di un immigrato clandestino

perché alcuni di loro sono contadini, un giorno odiano l’uno verso l’altro e un altro giorno ridono insieme. Di tanto in tanto leggo un libro lì perché non sono molti clienti in questi giorni e posso essere libero per un paio d’ore, in questi giorni sto leggendo Nitschze, la genealogia della morale, dove elogia la sua stanza in piazza san Marco, e sorprendentemente rafforza la scelta che ho fatto in merito al mio permesso di soggiorno in Italia. Ma cosa ho fatto? Forse sono quello che ho fatto piuttosto quelli che cerco.

La storia ritorna al 2017-18, quando avevo ancora un permesso di soggiorno per studenti e decisi di convertirlo in permesso di lavoro. Era il momento esatto dell’ascesa del partito Lega Nord. È stato un atto di resistenza per me, anche se nessuno lo sa ancora, inoltre ho dovuto scendere per poter narrare, sono uno scrittore, ogni mendicante e dormienti come i miei colleghi scrittori, dovevo vivere le storie e crearli, così mi sono rifiutato di rinnovare il permesso di soggiorno, non volevo avere un singolo documento sotto il ministero di Matteo Salvini, mesi dopo aver letto una notizia dal festival cinematografico di Venezia in cui Daniele Gaglianone chiedeva alle persone di disobbedire al decreto sicurezza , Spero che l’abbia fatto da solo.

Mentre ero lì nel mercato, mi sono ricordato che prima ho pensato che fosse una decisione semplice, continuerò i miei studi e continuerò semplicemente, ma non è stato così semplice. Tre mesi dopo, il nostro vicino razzista, ha iniziato a chiamare la polizia ogni notte, il mio permesso di soggiorno scaduto aveva tre mesi quei giorni ed ero ancora legale, in una notte in cui stavo lavorando su una delle mie storie all’una, all’improvviso qualcuno ha suonato il campanello, sono andato e ho visto lì gli ufficiali dei carabinieri, sono entrati e hanno iniziato a cercare in tutto l’appartamento in modo molto ostile, hanno controllato i nostri documenti, mi hanno detto di rinnovare il permesso di soggiorno e dopo aver visto che siamo solo due studenti mi hanno detto che il tuo vicino ci ha detto che sei uno spacciatore. Dopo di che ha continuato a chiamare più di 20 volte di più la polizia e loro erano lì, Polizia locale, Finanzia, Esercito, carabinieri e così via fino a quando non sono più venuti, in una delle sue chiamate ho sentito che stava dicendo che parlano in una lingua strana sempre, ho scritto una commedia basata su quello e cosa sto facendo? Poi mi sono ricordato della scuola di scrittura creativa di Baricco, Scuola Holden. Ah Barrico, insegni loro che le storie migliori provengono dalle situazioni di Auschwitz, o ne sarai sottoposto o dovrai crearlo, non c’è altro modo.

Poi ho deciso di finire il romanzo di questi due anni il prima possibile, prima di lasciare il vostro paese, perche e’ il tempo. Perché sto aspettando che il mio processo giudiziario nel mio paese a causa delle accuse politiche sospese e come Marinetti disse: “il più vecchio di noi non ha ancora trent’anni.”

Ho lasciato il lavoro quel giorno, è stato un pomeriggio soleggiato e questa città mi sembra più bella in questi giorni, è a causa del suo vuoto? la primavera è sempre bella mi ricorda mia nonna che sono anni che non vedo, un prezzo pesante da pagare no? Caro Baricco, insegni loro anche queste cose? Decisi di camminare, con i miei vestiti polverosi di smontare il banco. come sempre in prima sono passato da porta Nuova, ho guardato all’hotel Roma, dove Cesare Pavese ha deciso di suicidarsi, ricordo ancora la sua nota suicida, ” Perdono tutti e chiedo perdono a tutti. OK.? Non spettegolare troppo.” lo faccio anchio, perdono tutti e chiedo perdono a tutti, ok? Poi ho superato Corso re Umberto 75, guardo sempre quei due appartamenti di Levi lì, vedo lì primo Levi, in quel piccolo balcone, avrebbe dovuto essere protetto colle affare di vivere dalla morte, ma anche i miei scudi sono miserabili Primo ed è anni che non dormo bene. Non è strano, cosa che i fascisti e Auschwitz non sono riusciti a fare insieme, questa sola città, nella sua forma liberata si è adempiuta? Adesso sto diventando Curzio Malaparte, Quindi di solito mi chiedo, vuoi ancora diventare un autore su una terra come questa?

Mentre camminavo pensavo a quelle lacrime di Bellanova e al nuovo decreto, fino ad ora ho perso due di mio nonno senza poter andare lì e piangere per loro, ho pianto molte volte in solitudine per loro e li ho visti nel mio sogni, entrambi mi abbracciavano sempre, quelli che adoravo e amavo, uno di loro era un comunista ed

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.