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internet

Onorevoli colleghi!

«ONOREVOLI COLLEGHI ! — La rete internet è da sempre considerata l’ultimo baluardo delle libertà di pensiero, espressione e opi- nione, dato che per sua stessa natura è aperta a chiunque e non prevede partico- lari formalità nell’accesso o nella fruizione dei servizi. Tuttavia la rete internet, alla pari della maggior parte delle invenzioni e degli strumenti tecnologici, può essere utilizzata in modo produttivo o distruttivo.

[…]

L’era digitale ha difatti cambiato anche il senso del dimenticare, disegnando un mondo in cui ogni informazione è sempre attuale, sempre accessibile e sempre disponibile.

[…]

L’obiettivo della disposizione è quello di regolamentare la rete internet e ottenere, di conseguenza, una forma « civilizzata » di spazio telematico.»

 

Quando vi viene in mente di controllare l’educazione digitale dei nostri parlamentari vi imbattete in cose così:

Introduzione del divieto dell’uso anonimo della rete internet e disposizioni in materia di tutela del diritto all’oblio. Lo trovate qui.

Non ci si scusa per il dolore che si prova

Mi hanno colpito le parole di Valeria Kadija Collina, madre di Youssef, uno degli attentatori di Londra. Mi ha colpito, moltissimo, quella loro casa a Castaello si Serravalle, paese di provincia dell’entroterra bolognese: fiori curati ai lati del vialetto in giardino.

“Mio figlio me lo ha portato via l’ignoranza e la cattiva informazione. Il cattivo Islam e il terrorismo sono questo. Ignoranza e cattiva informazione”, dice nella sua intervista a Repubblica Valeria: ha fatto una cosa “atroce”, che “non può e non deve essere giustificata”. E ha provocato un dolore talmente grande “che chiedere perdono ai familiari delle vittime sembra quasi banale”.

Racconta di come, da madre, ha perso contatto con il proprio figlio: Quando mi parlava della Siria e del fatto che voleva trasferirsi in quel Paese, non lo diceva certo perché volesse andare a combattere per l’Isis, ma perché sosteneva che in quella parte del mondo si poteva praticare l’Islam puro e perché voleva mettere su famiglia. Lo diceva sorridendo e io sorridendo gli divevo che era fuori di testa e che io non lo avrei seguito mai perché stavo bene dove sono”. Poi il cambiamento: “La radicalizzazione secondo me è avvenuta in Marocco attraverso internet e poi a Londra, frequentando gente che lo ha deviato facendogli credere cose sbagliate. Suo padre è un moderato, sua sorella non ha abbracciato la nostra fede, nessuno nella nostra famiglia è vicino in alcun modo con quel mondo fatto di stupidi radicalismi”.

E sembra, ad ascoltarla, una storia così simile alle tante che ci capita di leggere quando ci sono madri che si arrendono alla disperazione di non essere riuscite a salvare i proprio figli dalla droga, dal malaffare o dalle mafie: ha lo stesso dolore , lo stesso colore e la stessa naturale (seppur ferocissima) tragica fine.

Così, di colpo, il terrorismo assume anche una dimensione nuova e così lontana dalla retorica degli analisti di prima mano e cola una disperazione folle e pericolosa come tutte le disperazioni.

Buon giovedì.

(continua su Left)

“Internet non funziona più”: cosa dice il fondatore di Twitter

Sul Corriere è uscito un interessante articolo che riprende un’intervista a Evan Williams, fondatore di Twitter: i suoi giudizi sullo stato di salute di internet non lasciano spazio a molte interpretazioni e meritano di essere lette perché, finalmente, riflettono soprattutto sulla qualità delle persone che abitano (anche) la rete uscendo dalla banalizzazione di chi crede che internet sia il male piuttosto che un sintomo:

Eccola, dunque: «The Internet is broken», Internet non funziona più. Williams ne è convinto da anni (e per questo ha fondato Medium), ma «le cose continuano a peggiorare». Facebook usata per trasmettere omicidi; Twitter in preda a orde di troll; la diffusione di «fake news» con modalità e rapidità inedite. «Un tempo pensavo che, se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi liberamente e scambiarsi idee e informazioni, il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore. Mi sbagliavo».

Il punto, spiega, è che Internet «premia gli estremi. Se vedi un incidente mentre stai guidando, ovviamente lo osservi: e tutti, intorno a te, lo fanno. Internet interpreta un comportamento simile come il fatto che tutti vogliano vedere incidenti: e fa in modo che gli vengano forniti». «Il problema», continua, è che «non tutti siamo persone perbene. Gli umani sono umani. Non è un caso che sulle porte delle nostre case ci siano serrature. E invece, Internet è iniziato senza pensare che avrammo dovuto replicare questo schema, online».

Le implicazioni di queste riflessioni sono immense. Per il mondo della politica, ad esempio: «Trump ha detto che senza Twitter non sarebbe stato presidente? Se così fosse, mi spiace. Davvero». Un seguito, in fondo, di quanto detto all’Università del Nebraska, pochi giorni fa: «La Silicon Valley si percepisce come Prometeo, che ha rubato il fuoco agli dèi e lo ha consegnato ai mortali. Quel che tendiamo a dimenticare è che Zeus se la prese così tanto con Prometeo che lo incatenò a una roccia, così che gli uccelli potessero mangiarne le viscere in eterno. Qualcuno potrebbe ora dire che è quello che ci meriteremmo, per aver consegnato a Trump il potere dei tweet».

(continua qui)

A proposito della bufala della post-verità

Conviene leggersi Massimo Mantellini che scrive:

Improvvisamente la politica si è accorta del potere dirompente delle bugie.
E questo – accidenti – è un buon punto di partenza. Ovviamente le bugie che la interessano sono in genere quelle degli altri e questo rende il dibattito in corso da qualche tempo piuttosto curioso.

Così quando leggerete “post-verità” – parola oggi di gran moda – qualcuno semplicemente vi sta dicendo che voi, infine, avete scelto di rinnegare le cose davvero importanti: avete smesso di occuparvi della verità.

Nella grande maggioranza dei casi i giudici delle vostre cattive abitudini saranno gli stessi proprietari delle verità che voi state rifiutando: gente che, in pratica, sta venendo a chiedervi il conto. Per questo la politica parla tanto volentieri di post-verità. Perché quello che le si materializza davanti agli occhi è prima di tutto il proprio fallimento nell’essere creduti.

(il suo post è qui)

Due, tre, quattro alani. E la magnitudo.

ValigiaBlu come al solito studia le cause che hanno portato la stampa a sparare magnitudo diverse nell’arco di pochi minuti (senza complotti, eh) con un articolo ben argomentato e soprattutto con fonti alla mano. Lo trovate qui. Tra le considerazioni vale la pena riprenderne una:

Le bufale come quella del “complotto della magnitudo rivista” trovano terreno fertile nella confusione. Il credito di cui ha goduto la falsa magnitudo 7.1 ha generato la convinzione che ci fosse qualcosa di “sospetto” nei dati comunicati successivamente. La stima preliminare dell’Ingv è stata di 6.1, molto più bassa rispetto alla falsa magnitudo, e questo ha disorientato molte persone che si sono chieste il motivo di questa “correzione” (anche se tale non era). Le bufale e i complotti hanno vita propria, spesso sono incoerenti, e possono nutrirsi di qualsiasi fatto (anche vero). Ma proprio per questo è bene non fornire nuovi argomenti a chi ci crede o a chi le sostiene in malafede.

Il feticcio della velocità forse corre un po’ troppo veloce e qualcuno si lascia prendere la mano. E non è un problema di “internet” come cocciutamente continua a credere qualcuno. Questa, ad esempio, è la foto di alcuni strilli fuori da un’edicola trentina in cui la stessa notizia vede coinvolti due alani, forse tre, probabilmente quattro:

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Fate un po’ voi.

L’arte di raccontare crescita. Che non c’è.

ottimismoPer fortuna Massimo Mantellini (che di internet se ne intende e ci lavora) mi conforta sull’opinione che anche Riccardo Luna si sia un (bel) po’ incagliato nella retorica del vedere crescita a tutti i costi. Lo spiega bene qui.

Nell’eterno scontro tra ottimisti per servitù e presunti gufi (innescato paninaramente da Renzi e i suoi) alla fine si perde il senso di ciò che è vero e quello che non lo è. E questa non mi sembra una grande notizia. E mi sembra una pessima modernità. Esattamente uguale ai vecchi. Eh.

Dov’è il video di quello con la pistola?

Schermata-2015-08-26-alle-22.29.31-600x496Nella giornata di oggi nessun sito editoriale degno di questo nome ha trasmesso il video terribile che l’assassino dei due giornalisti in Virginia ha messo online su Twitter e Facebook prima di spararsi un colpo (e prima che sia Twitter che Facebook lo rimuovessero nel giro di pochi minuti). Lo hanno guardato e hanno detto “no, noi questa roba non la mettiamo”. Rimanendo ai nostri usuali punti di riferimento non lo hanno trasmesso BBC, Le Monde, Guardian, NYT, Washington Post, El Pais. Fra i nuovi media editoriali (quelli nati sul web e quindi molto sensibili ai click dei loro clienti) non lo ha trasmesso Huffington Post, né DailyBeast e nemmeno Buzzfeed.

In Italia invece, per rimanere ai primi tre siti informativi (Repubblica.it Corriere.it e La Stampa.it) i grandi giornali lo hanno immediatamente pubblicato tutti con la massima evidenza, con la solita avvertenza sulle immagini forti e con un taglio della scena finale con l’esplosione dei colpi di pistola: una legione di blogger stanchi alla disperata ricerca di pagine viste da archiviare titillando la morbosità dei propri lettori.

Una scelta del genere traccia una linea netta: da un lato rimangono i guardiani dell’informazione, quelli che credono che sia giusto ed economicamente conveniente offrire ai lettori un punto di vista organico, un filtro, un’interpretazione, giusta o sbagliata che sia. Dall’altra si trovano invece quelli che hanno scelto di frugare dentro il calderone dei contenuti in rete trasformandolo nella propria attività principale. Quel mescolone informe di curiosità, notizie non controllate, bugie, video di gattini, tetteculi, stranomavero, peli delle orecchie più lunghi del mondo ed ogni altra cazzatine buone a richiamare l’attenzione bulimica dei navigatori.
In altre parole –e brutalmente- da una parte il giornalismo, dall’altra l’utilizzo di Internet, intesa come luogo di incontro e relazione fra le persone, per un progetto economico che assomiglia molto ad un circo.

(Massimo Mantellini, ne scrive qui)

Informare gratis (purché si clicchi)

hand-pointer-iconCerto internet è bellissimo, è democrazia ed è libertà. Ma un riflessione sulla qualità dei contenuti (che poi mica vale solo per internet ma credo che oggi valga per qualsiasi professione, in questo Paese in cui è stata suicidata la meritocrazia) e penso che Luca Sofri abbia scritto un post sui cui valga la pena riflettere, qui.