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Quella sinistra che dice No a Draghi: così l’opposizione non è un’esclusiva di Giorgia Meloni

Da qualsiasi lato la si guardi, è un’ottima notizia che l’Assemblea nazionale di Sinistra Italiana abbia approvato a maggioranza la relazione del suo segretario Nicola Fratoianni per votare contro la fiducia al Governo Draghi, prendendosi la responsabilità di stare all’opposizione e di votare di volta in volta i provvedimenti che verranno valutati singolarmente.

È un’ottima notizia, almeno per chi crede ancora nel valore democratico del dibattito e dell’opposizione in un Parlamento che così largamente appoggia il governo e per chi non si lascia ammorbare dalle sirene di una politica appiattita sull’uomo solo al comando.

E, sia chiaro, è un gran bene anche per lo stesso Draghi, che potrà usufruire di un’opposizione che lo pungoli da entrambe le parti (Meloni a destra e Sinistra Italiana dall’altra parte) con due visioni completamente differenti.

Un governo “tecnico” nel senso di “non politico” non esiste, nonostante in questi giorni questa favola venga raccontata da più fonti e a più riprese. Soprattutto un governo che si ritrova a gestire una montagna di soldi che arrivano dall’Europa e si ritrova a dover decidere come spenderli: non c’è nulla di più politico del decidere le priorità e le fasce di popolazione da salvare.

Fino a ieri eravamo di fronte a un governo con una maggioranza di ministri di centrodestra (piaccia o no) e un’opposizione completamente delegata alla destra di Fratelli d’Italia. Oggi si può dire che il bilanciamento, almeno nell’opposizione, garantisce un equilibrio di voci.

Ieri Fratoianni ha pronunciato parole chiare: “Questo non è il governo dei migliori, è un governo più di destra e che rischia di portare indietro le lancette dell’orologio del Paese. Oggi più che mai dobbiamo proteggere chi è più debole dentro questa crisi”.

C’è qualcuno che contesta il fatto che comunque Sinistra Italiana abbia dichiarato di voler continuare a lavorare alla coalizione di centrosinistra: anche questo è speculare all’atteggiamento di Fratelli d’Italia nel centrodestra.

Poi ci sarebbe da discutere della decisione dei parlamentari (2 su 3) che hanno già comunicato che voteranno il Governo Draghi in contraddizione alle decisioni prese in maggioranza dal partito. Ma qui, ancora una volta, si ritorna alla scissione dell’atomo di una sinistra in cui ognuno sogna di essere una corrente.

Da amanti delle regole democratiche del Paese, comunque, che ci sia un po’ di sinistra all’opposizione, con un po’ di destra, è una buona notizia.

Leggi anche: 1. Donne del PD, ora basta: sfondiamo le porte che altrimenti resteranno chiuse (di Monica Cirinnà) / 2. Anche SuperMario avrà bisogno della signora Pina (di Roberto Bertoni)

L’articolo proviene da TPI.it qui

È lo svantaggio sociale la malattia di questa epoca (lo dicono i medici)

A togliere preziosi anni di vita e salute non sono solo i noti fattori di rischio e comportamenti scorretti contro cui spesso si scagliano istituzioni e sistemi sanitari (il fumo, associato a una perdita media di 4,8 anni a persona, il diabete a 3,9 e la sedentarietà a 2,4 anni); infatti, ci sono anche 2,1 anni in media a persona (1,5 per le donne e 2,6 per gli uomini) persi a causa di condizioni sociali svantaggiate come un basso profilo professionale, un reddito inadeguato e uno scarso livello di istruzione.

Secondo un maxi studio mondiale pubblicato su Lancet, si tratta di dati importanti perché per la prima volta si evidenzia che lo svantaggio socioeconomico pesa sulla salute in modo comparabile a quei fattori di rischio da sempre additati come Big killer, come appunto obesità e fumo.
Eppure poco o nulla fanno le istituzioni per debellare lo svantaggio sociale che è padre sia di cattivi comportamenti, sia di mancanza di strumenti (economici e culturali) di prevenzione e cura delle malattie, denunciano gli autori del lavoro svolto nell’ambito del progetto Lifepath finanziato dalla commissione europea. Lifepath per la prima volta ha messo a confronto il fardello su salute e aspettativa di vita delle popolazioni dovuto a condizioni sociali svantaggiate con quello di stili di vita e comportamenti scorretti. Inoltre, Lifepath, spiega il coordinatore Paolo Vineis dell’Imperial College Londra, consentirà di scoprire attraverso quali meccanismi biologici (ad esempio malfunzionamenti del sistema immunitario) uno status socioeconomico basso logora la salute. Lo studio si è basato sull’analisi di dati relativi a a 48 gruppi di individui di Gran Bretagna, Italia, Portogallo, Stati Uniti, Australia, Svizzera e Francia, per un totale di più di 1,7 milioni di partecipanti, il cui livello socioeconomico è stato misurato con scale ad hoc. La salute del campione è stata monitorata per parecchi anni e si è potuto stimare il numero di anni mediamente persi per cattive condizioni socioeconomiche.

“Abbiamo scoperto che vivere in condizioni sociali ed economiche svantaggiate può costare caro quanto altri potenti fattori di rischio come fumo, obesità e ipertensione”, afferma la coordinatrice dello studio Silvia Stringhini del Policlinico Universitario di Losanna. Politiche mirate al miglioramento delle condizioni socioeconomiche degli individui, spiega, potrebbero salvare molte vite.
Quindi, intervenire su fattori “a monte”, come il lavoro o l’istruzione, può avere una maggiore efficacia in termini di miglioramento della salute, rispetto a interventi “a valle”, focalizzati su singoli fattori di rischio come l’assistenza a chi vuol smettere di fumare o raccomandazioni e campagne per la sana alimentazione. Questi ultimi restano importanti, ma tendono a favorire nuovamente le fasce sociali più alte, che possono accedervi più facilmente e che hanno meno difficoltà nel correggere eventuali abitudini poco salutari.

(Fonte)