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Pace è l’unica parola che può toglierci dai guai.

Da leggere Igiaba Scego, fino in fondo:

«Ma qui in occidente ogni musulmano è potenzialmente colpevole, ogni musulmano è considerato una quinta colonna pronta a radicalizzarsi. Il fatto non solo mi offende, ma mi riempie anche di stupore. Sono meravigliata di quanto poco si conosca il mondo islamico in Italia. L’islam è una religione che conta più di un miliardo di fedeli. Abbraccia continenti, paesi, usanze diverse. Ci sono anche approcci alla religione diversi. Ci sono laici, ortodossi, praticanti rigorosi, praticanti tiepidi e ci sono persino atei di cultura islamica. È un mondo variegato che parla molte lingue, che vive molti mondi. Andrebbe coniugato al plurale.

Il mondo islamico non esiste. È un’astrazione. Esistono più mondi islamici che condividono pratiche e rituali comuni, ma che sul resto possono avere forti divergenze di opinioni e di metodi. E poi, essendo una religione senza clero, per forza di cose non può avere una voce sola. Non c’è un papa musulmano o un patriarca musulmano. L’organizzazione e il rapporto con il Supremo non è mediato. Inoltre, bisogna ricordare che i musulmani (o più correttamente, le persone di cultura musulmana) sono le prime vittime di questi attentati terroristici. È chiaro che la maggior parte della gente, di qualsiasi credo, è contro la violenza. A maggior ragione chi proviene da paesi islamici dove questa furia brutale può colpire zii, nipoti, fratelli, sposi, figli.

Not in my name, lo abbiamo gridato e scritto molte volte. Ci siamo distanziati. Lo abbiamo urlato fino a sgolarci. Lo abbiamo fatto dopo il massacro nella redazione di Charlie Hebdo, dopo la strage al Bataclan di Parigi o quella nell’università di Garissa in Kenya. Lo facciamo a ogni attentato a Baghdad, a Damasco, a Istanbul, a Mogadiscio. E naturalmente abbiamo fatto sentire la nostra voce dopo Dhaka. Ma ora dobbiamo entrare tutti – musulmani, cristiani, ebrei, atei, induisti, buddisti, tutti – in un’altra fase. Dobbiamo chiedere ai nostri governi di schierarsi contro le ambiguità del tempo presente.

Il nodo è geopolitico, non religioso. Un nodo aggrovigliato che va dalla Siria al Libano, dall’Arabia Saudita allo Yemen, passando per l’Iraq e l’Iran fino ad arrivare in Bangladesh e in India. Un nodo fatto di vendite di armi, traffici illeciti, interessi economici, finanziamenti poco chiari. E se proprio dobbiamo schierarci, allora facciamolo tutti per la pace. Serve pace nel mondo, pace in Siria, in Somalia, in Afghanistan e non solo. Serve un nuovo impegno per la pace, una parola che per troppo tempo non abbiamo usato, anzi che abbiamo snobbato come utopica. Serve un nuovo movimento pacifista. Servono politiche per la pace. Serve la parola pace coniugata in tutti i suoi aspetti.

Pace è l’unica parola che può toglierci dai guai. L’unica che può farci uscire da questa cappa di sospetto e di paura.»

(fonte)

Buone idee da tenere in tasca: la biblioteca condominiale

Io non so voi ma quando leggo notizie così la giornata mi inizia con il sorriso:

“Con l’apertura della biblioteca il rapporto tra i condomini è nettamente migliorato, in fondo, lo scopo era proprio quello…”. Scopri la storia del palazzo di via Rembrandt 12, alla periferia di Milano, in cui è stata collocata una biblioteca nell’ex portineria. Si tratta del “primo esempio di biblioteca aperta al pubblico in un condominio privato”

Possono i libri migliorare il rapporto tra condomini, spesso conflittuale? E può la condivisione della passione per la lettura favorire il dialogo (visto che, in molti casi, spesso neppure si conosce il nome degli altri condomini)?

La risposta a queste domande, stando all’esperienza della biblioteca condominiale di via Rembrandt 12, a Milano (zona Lorenteggio), collocata nell’ex portineria del palazzo, è sì in entrambi i casi.
Roberto Chiapella, l’ideatore del progetto, ne ha parlato con ilLibraio.it, spiegando che lo scopo per cui è nata questa biblioteca, è proprio quello di migliorare il rapporto tra i condomini che, in effetti, “è nettamente migliorato”.
“La partecipazione al progetto continua e ci sono speranze che si diffonda. In più, ci siamo attivati organizzando presentazioni di libri”, aggiunge.

La biblioteca di via Rembrandt 12 resta per ora l’unica realtà del genere a Milano: “Stanno nascendo altre strutture simili, ma si tratta di casi differenti: il Comune di Milano ha infatti messo a disposizione dei locali in alcune case popolari, e dei volontari si stanno attivando per gestire altre piccole biblioteche; noi abbiamo un percorso a parte, siamo la prima biblioteca aperta al pubblico (anche non residente) in un condominio privato”.

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(PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)