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Liberazione

Ma che dicono Comunione e Liberazione, Formigoni e gli altri su don “Mercedes” Inzoli?

Aveva partecipato al convegno organizzato da Regione Lombardia per difendere “la famiglia tradizionale”: era il 17 gennaio 2015 e don Mauro Inzoli applaudiva gaudente alle spalle di Roberto Formigoni e Roberto Maroni. Quando qualcuno si era permesso di fare notare che un prete pedofilo a un convegno in difesa della famiglia fosse più o meno come incrociare un dittatore a un convegno sulla libertà di stampa in molti dentro a Comunione e Liberazione avevano messo giù il muso. Anche don Mauro si era difeso: “è un mio diritto andare dove voglio”, aveva detto ai giornali. Giusto. Ed è un nostro diritto raccontarlo per quello che è stato.

Don Mauro Inzoli, ex parroco a Crema, era uomo di punta di Comunione e Liberazione (e responsabile della Gioventù studentesca, che riuniva il lato più giovane di CL), ex responsabile della Compagnia delle Opere di Cremona e Crema e tra i fondatori del Banco Alimentare. Soprannominato “don Mercedes” per il suo amore verso il lusso è stato condannato a quattro anni e nove mesi di reclusione per perdofilia: dice la sentenza che toccava i ragazzini anche durante le confessioni, e per convincerli della bontà delle molestie sessuali citava brani del Vecchio Testamento, la relazione filiale fra Abramo e Isacco. Lo faceva “approfittando con spregiudicatezza della propria posizione di forza e di prestigio, tradendo la fiducia in lui riposta dai giovani nei momenti di confidenza delle proprie problematiche personali ed anche nel corso del sacramento della Confessione, ammantando talora le proprie condotte di significato religioso così confondendo ulteriormente i giovani”, così scrive il gup Letizia Platè.

Come spesso succede all’inizio l’hanno difeso tutti. Anzi, hanno anche fatto gli schizzinosi per la scostumatezza delle accuse, poverini. E invece era tutto vero.

Ora si è saputo che papa Francesco il 20 maggio scorso con sentenza definitiva ha deciso di dimettere don Mauro Inzoli dallo stato clericale. E ora, al solito, invocano un dignitoso silenzio. E invece no. Invece ora sarebbe interessante sapere chi l’ha coperto per anni (dei vizietti di don Inzoli ne parlano anche i ragazzi in parrocchia, per dire) e ci piacerebbe sapere cosa ne pensa Comunione e Liberazione, sempre così prodiga di consigli ai politici e sempre così titubante sulle colpe e sui peccati dei suoi sodali.

Dove sono tutti?

Buon giovedì.

(continua su Left)

Perché non rimangano solo i buchi

In tempi di fascismo strisciante e razzismo edulcorato il 25 aprile non è solo memoria, è un comandamento.

Un particolare di un palazzo all'angolo tra via Rasella e via Boccaccio a Roma, teatro dell'attentato gappista del 23 marzo 1944  in un'immagine del 20 aprile 2015. Ancora visibili i segni delle bombe e dei colpi di mitraglia esplosi dai nazisti. ANSA/MARTINO IANNONE
Un particolare di un palazzo all’angolo tra via Rasella e via Boccaccio a Roma, teatro dell’attentato gappista del 23 marzo 1944 in un’immagine del 20 aprile 2015. Ancora visibili i segni delle bombe e dei colpi di mitraglia esplosi dai nazisti. ANSA/MARTINO IANNONE