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l’innocenza di giulio

Il colpevole dimenticato: Persinsala sullo spettacolo ‘L’innocenza di Giulio’

Riportare in prima pagina la verità e rispolverare la memoria degli italiani. L’intento di Giulio Cavalli, attore sotto scorta e consigliere regionale lombardo tra le fila di Sinistra Ecologia e Libertà, è chiaro. E, dopo un’ora e mezza di rappresentazione civile di cinquant’anni d’Italia, emerge trasfigurando l’essenza di un mondo che è stato e che forse ancora è. In L’innocenza di Giulio – Andreotti non è stato assolto, l’unico attore – ben spalleggiato dalla regia di Renato Sarti – sente il dovere morale di far presente la colpevolezza del sette volte primo ministro della Dc, nel parlamento italiano da più di sessant’anni: dall’Assemblea costituente a oggi. Rivive, in questo capolavoro di teatro impegnato, la faccia spesso occultata di Andreotti, l’alter ego dell’uomo in impermeabile e con la battuta sempre pronta. Cavalli chiede al pubblico, alla fine abbondante negli applausi e colpito fino alla commozione, una “collusione di dignità” per attraversare la vita del torbido timoniere e riportare alla luce quella condanna per associazione a delinquere con Cosa Nostra spazzata via in secondo grado, e poi in Cassazione, soltanto dalla prescrizione. Che ha sventato la sentenza, ma non cancellato i fatti.
“Occorre puntualizzare sempre”, non si stanca di ripetere Cavalli, impegnato in un monologo su un palco abbastanza disadorno: soltanto un video che proietta nomi e date e un inginocchiatoio su cui, Bibbia alla mano, genuflettersi per far scivolare via ogni accusa. “Altrimenti si tende a legittimare una politica che tesse rapporti con il malaffare”. Cavalli, che dello spettacolo ne ha poi fatto un libro (“L’innocenza di Giulio” – Edizioni Chiarelettere), rivanga il passato del Divo ricostruendo i suoi rapporti stretti con la Sicilia mafiosa, il suo comportamento sfuggente in occasione del rapimento di Aldo Moro, gli incroci con le peripezie del banchiere Sindona, gli ingranaggi tra politica, mafia e Vaticano, la sua estraneità all’omicidio del generale Dalla Chiesa, seguita dall’assenza al funerale. “Ma soltanto perché a questi preferisco i battesimi”, si affrettò a respingere le illazioni Andreotti.
Il video delle vittime della mafia dalla fine degli anni ’70 alle soglie del 2000, accompagnato da “I cento passi” dei Modena City Ramblers, è la più cruda e asciutta ricostruzione storica che non cita mai Belzebù, ma dà agli spettatori l’idea che la sua mano nella regia di questi omicidi ci sia stata, eccome. L’ultimo spettacolo del Teatro della Cooperativaè una completa ricostruzione storica della politica degli ultimi decenni. Peccato, però, che la situazione di oggi non sia poi tanto diversa.

Lo spettacolo continua: Teatro della Cooperativa
via Hermada, 8 – Milano
fino a sabato 16 giugno
orari: da mercoledì a sabato, ore 20.45

Produzione Bottega dei mestieri teatrali – Teatro della Cooperativa presentano:
L’innocenza di Giulio – Andreotti non è stato assolto
di e con Giulio Cavalli
con la collaborazione di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli
regia Renato Sarti
musiche originali Stefano “Cisco” Bellotti

da persinsala

L’innocenza di Giulio Andreotti smontata a teatro

Recensione dello spettacolo L’INNOCENZA DI GIULIO di Giulia Valsecchi da LINKIESTA

Un pezzo di storia messo in scena, perché nella finzione teatrale si realizzi il ribaltamento della falsità diffusa dai media, questo avviene nello spettacolo “L’innocenza di Giulio – Andreotti non è stato assolto”. Tutte le trame della gestione del potere, degli anni di piombo e dello sfondo, inquietante, della mafia, vengono ritratti, come in una confessione, nello spettacolo di Giulio Cavalli, dove il teatro ritorna civile, e dove trasfigura l’essenza di un mondo lontano, ma che è stato.

Il dovere morale delle scene finisce spesso per ingaggiare ombre fatte di memorie zoppicanti o errate, campi sommersi da nebbie che investono la politica intesa come consesso, assemblea eletta per governare. Proprio per elezione si delineano ruoli e autorità di destinazione pubblica necessari a quel progresso sociale, economico e culturale che, ricorda la Costituzione, deve scalciare l’indifferenza e la compromissione illecita.

Per anni, dalla divulgazione nel 2003 della sentenza del processo che ha visto come imputato Giulio Andreotti, nome perennemente rimbalzato da un’ironia abrasiva che si vede ascrivere tutto eccetto le guerre puniche, la certezza ammessa su suolo popolare ne ha declamato l’assoluzione. Come ulteriore conferma di verità andate in fumo, il network dei media ha annacquato maneggi politici, finanziari e fitte cosche rendendo nota la più falsa e connivente estraneità del sette volte Presidente del Consiglio da reati mafiosi.

Il senatore a vita simbolo della Democrazia Cristiana e già membro della Costituente rivive invece alle spalle di bugie criminali tra cappotti lisci e cappelli dritti delle genti che contano. È l’alter ego e demone mutante nella voce dell’attore e consigliere regionale Giulio Cavalli, che ha scelto la sequenza di alcune date e incontri chiedendo al pubblico una “collusione di dignità”. Da oltre un anno il monologo scritto e interpretato intorno al Divo, già protagonista di una potente e ossessiva maniacalità documentaristica nel film di Paolo Sorrentino, attraversa la cronaca di un timoniere su acque torbidissime. Al centro ora un inginocchiatoio che serve da fuoco e testimonianza dell’accusato, mentre Gian Carlo Caselli in un video pronuncia l’incontrovertibilità degli atti che, in veste di Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, l’hanno visto giudice istruttore nel processo Andreotti contro la voragine di un’assoluzione di fatto inesistente.

È forse l’esempio della più dannosa “gestione mediatico-politica” di un verdetto processuale che recita concrete collaborazioni in reati associativi di stampo mafioso fino al 1980: mani strette e baci immortalati da scatti sempre negati e passati in prescrizione per l’emissione della sentenza definitiva dopo il 2002. Resistono non troppo ai margini le dicerie nate all’inizio del secolo scorso sull’inesistenza della mafia, i personaggi che hanno concordato con Giulio Andreotti un’ascesa di conti cifrati e banchieri come Michele Sindona e i suoi ingranaggi tra politica, chiesa, Cosa Nostra e logge massoniche. Proprio il salvataggio dei gravi scoperti della Banca Privata Italiana di Sindona dalla liquidazione coatta voluta e mai trasmessa formalmente dall’avvocato Giorgio Ambrosoli, prima minacciato poi freddato da un sicario nel 1979, accrescono il puzzo di quel pesce di difficile cottura come Montanelli definì il senatore democristiano.

La sua fisicità ripiegata sull’inginocchiatoio si alterna a melodie gregoriane rafforzando il contrasto con giri di oratoria che negano la frequentazione dei cugini e imprenditori siciliani Salvo, dichiarano la mancata responsabilità sull’assassinio nel 1982 del generale Dalla Chiesa e giustificano l’assenza al suo funerale per un’innata predilezione verso i battesimi. Le trame si rincorrono e sono date bianche su schermo nero a partire dalle dimissioni nel 1974 di Paolo Sylos Labini dal ministero del Bilancio, per l’imposizione voluta da Andreotti del sottosegretario Salvo Lima, già indagato dalla Commissione Parlamentare antimafia. Un “amico degli amici” troppo potente e pericoloso anche per l’allora Presidente del consiglio Aldo Moro.

E proprio sul rapimento Moro è necessario soffermarsi, perché in una lettera al cinque volte ministro degli Esteri il presidente della Dc si rivolge a qualcuno di ormai troppo distante dal fervore dell’eredità umana e democratica di De Gasperi, gigante di saggezza e flessibilità. A chi spettano allora la prima e ultima mossa del rapimento più aggrovigliato? Interrogativi che paiono annegare nel processo Dell’Utri e anticipano il richiamo alla giustezza più che alla giustizia del fare ordine tra gli eventi e le manovre pelose. Si accodano poi un piccolo bis con il video dell’ultimo miracolo italiano e la chiosa degli stacchi dal vivo del bravo Stefano “Cisco” Bellotti cui spetta il controcanto narrativo.

Fuori da queste mura teatrali protette resistono la lingua nuda di un attore e testimone da anni sotto scorta, la regia in ascolto di Renato Sarti e la collaborazione ai testi di Gian Carlo Caselli e Carlo Lucarelli. Ma soprattutto, fuor di partito preso, si fa largo un teatro che ha pari funzione di megafono contro la più dilagante astinenza dalla cruna fastidiosa della legge.

Dal 6 al 16 giugno 2012
Produzione Bottega dei mestieri teatrali – Teatro della Cooperativa
L’INNOCENZA DI GIULIO – Andreotti non è stato assolto
di e con Giulio Cavalli
con la collaborazione di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli
regia Renato Sarti
musiche originali Stefano “Cisco” Bellotti

Orario spettacoli:
mer – sab: ore 20:45

Teatro della Cooperativa
www.teatrodellacooperativa.it – Via Hermada 8, Milano

Info e prenotazioni: 02 64749997

Sentirsi a casa, in teatro, a Milano

Succede che ci sono teatri che in fondo sono come stare a casa. Il Teatro della Cooperativa è il palcoscenico a Milano in cui ritrovo tutte le mie cose. So farci i passi ad occhi chiusi per misurarne i muri, ascoltare le voci dal camerino per intuire la temperatura emotiva della platea e ritrovare le luci come le avevamo lasciate. Renato Sarti è il padrone di casa che ti apre la porta con il sorriso che stacca per un secondo dall’impegno e ti lascia entrare per farti accomodare.
Per questo tornare in scena nei prossimi giorni al Teatro della Cooperativa (dal 6 al 16 giugno, tutte le informazioni e i numeri per prenotare li trovate qui) è un rientro a casa dopo un lungo viaggio. Quando appoggi la valigia e guardi intorno che tutto sia come quando sei partito.
Il 6 giugno Cisco suonerà le musiche in scena dal vivo. Fino al 16 noi siamo lì. Se avete voglia sapete dove trovarci.

(grazie anche a treninellanotte per la bella, umanissima recensione)

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Non volevano Ambrosoli nelle stanze del Pirellone

Ricordate? In Regione Lombardia si era riusciti a ricordare la storia dell’avvocato Giorgio Ambrosoli ucciso per mano mafiosa (si badi bene, a Milano) senza invitare il figlio Umberto. Qualcuno qui dentro aveva ritenuto inopportune le sue opinioni sull’indagine a carico dell’ex presidente del Consiglio Regionale Davide Boni. Avevano ricordato la schiena dritta del padre rifiutando le opinioni del figlio: roba da trapezisti dell’etica a proprio uso e consumo.

E poiché la memoria va difesa e, con tutti questi dormienti, viene la voglia anche di imporla oggi Umberto Ambrosoli sarà al Pirellone nostro ospite alle 18 presso la Sala Gonfalone del Palazzo Pirelli. Con me e lui ci sarà anche Biagio Simonetta, autore del libro Faide: uno di quei calabresi informati e informatori che qui in Lombardia ci servono come l’aria.

Parleremo del libro L’INNOCENZA DI GIULIO e, soprattutto, degli Andreotti e gli andeottismi di oggi. Di buona politica e cittadinanza, insomma.

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Umberto Ambrosoli e Giulio Cavalli si tuffano nell’epopea di Andreotti

da ILCITTADINO

«Il processo Andreotti racconta che, in questo Paese, ripetere una bugia infinite volte funziona»: questa l’amara tesi di fondo di Giulio Cavalli, attore e regista teatrale, nonché scrittore e consigliere della Regione Lombardia nelle file di Sinistra ecologia e libertà, che ha presentato mercoledì sera a San Giuliano la sua ultima fatica, il libro “L’innocenza di Giulio”. In una serata organizzata dalla sezione locale di Sel e moderata da Valentina Draghi, esponente locale del partito di Nichi Vendola, il poliedrico autore lodigiano è intervenuto insieme a Umberto Ambrosoli, figlio dell’avvocato e giudice Giorgio Ambrosoli, ucciso nel 1979 mentre operava come liquidatore della banca di Michele Sindona, personaggio legato allo storico esponente della Dc.Argomento del libro, l’irrazionale normalità con cui il processo Andreotti, giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa e dichiarato nel 2003 prescritto per aver commesso il reato fino alla primavera del 1980, è stato mediaticamente celebrato alla stregua di un’assoluzione, senza lasciare strascichi degni di nota nell’opinione pubblica del nostro paese. Tutto questo nonostante, come affermato da Cavalli, «una lettura politica della vicenda ci dice che egli ha usato la mafia per motivi di consenso elettorale». Tuttavia il testo, e la sua presentazione, non si sviluppa tanto sul terreno storico, ma rimane invece ancorato ad una prospettiva di tipo politico: posto che «il metodo Andreotti è un metodo in cui poche persone si mettono d’accordo per perseguire il proprio guadagno personale ai danni di quello pubblico», ne deriva che «è importante raccontare la vicenda Andreotti per riconoscere gli “andreottismi” contemporanei, per capire le dinamiche andreottiane che vengono usate quotidianamente ancora oggi». Solo in questo modo si può porre rimedio al grande vulnus che ha permesso il passaggio sotto silenzio delle vicissitudini giudiziarie dell’anziano senatore a vita, ovvero «l’aver dimenticato di insegnare alle giovani generazioni ad essere curiose, a porre le domande giuste». Il provocatorio auspicio di Cavalli è che, per facilitare la presa di coscienza della responsabilità collettiva verso il bene comune, gli argomenti legati alla vita politica diventino “pop”, abituale oggetto delle usuali conversazioni quotidiane. «L’analisi di quegli anni – è l’auspicio di Umberto Ambrosoli – non deve procurare un senso di ingiustizia e frustrazione, ma bensì farci aprire gli occhi, renderci più partecipi. Questa è la sfida che Giulio Andreotti ci consegna. Perché storie come questa siano mattoni con i quali poter costruire un argine che permetta di tenere fuori una simile concezione del potere dal futuro del Paese».

Riccardo Schiavo

Ambrosoli, Desio, in scena, Ventimiglia e Forgione: il viaggio di questa settimana in viaggio

Martedì, 22 maggio, a San Giuliano Milanese con Umberto Ambrosoli presentiamo il mio libro L’INNOCENZA DI GIULIO in Sala Consiliare, Via De Nicola 2 alle 21 e parliamo di politica e Lombardia.

Mercoledì 23 maggio, a Desio si proietta il film ‘Uomini soli’ e poi proviamo a parlarne tutti insieme. Organizza Libera Monza e Brianza. Alle 20.30

Giovedì 24 maggio, a Cologno al Serio (BG), alle 21 portiamo in scena ‘Nomi, Cognomi e Infami’ alle 21 presso Comunità Terapeutica CASA AURORA. L’ingresso con offerta libera, organizza la serata La Coop. Sociale Gasparina di Sopra in collaborazione con il Comune di Cologno al Serio e con il contributo della Fondazione Cariplo nell’ambito del progetto ORIZZONTI finalizzato all’inserimento sociale e lavorativo di detenuti.Al termine dello spettacolo anticipazione del lavoro dei ragazzi delle scuole medie statali A. BRAVI di Cologno al Serio.

Sabato 26 maggio, a Ventimiglia (IM), alle 16, “La mafia uccide, il silenzio pure!”. Incontro con Francesco Forgione, ex Presidente della Commissione parlamentare antimafia e componente assemblea nazionale di Sel, Giulio Cavalli, attore, autore e regista teatrale, consigliere regionale della Lombardia di Sel, Matteo Lupi, coordinatore Libera Liguria, Roberto Cotta, componente del coordinamento di Sel Imperia.

Poi c’è l’attività istituzionale (e siamo in una seduta “calda” di Consiglio e i lavori della commissione) e le solite assemblee nelle scuole che questa settimana faremo con il dovere di speranza che coltiviamo nel cuore. Qualsiasi modifica, novità e informazione la trovate nella pagina degli appuntamenti.

Buona settimana e buon viaggio. A noi.

L’INNOCENZA DI GIULIO sul palco del nostro piccolo Nebiolo. Sabato vi aspetto. Eh.

Vi aspetto.

Sabato 19/05, alle ore 21:00, per la serata conclusiva della Stagione di Prosa, Giulio Cavalli torna sul palco del Teatro Nebiolo di Tavazzano (Lo) con “L’innocenza di Giulio — Andreotti non è stato assolto” , in scena anche Cisco che eseguirà dal vivo le musiche composte per lo spettacolo.

Dopo il grande successo dello spettacolo coprodotto da Bottega dei Mestieri Teatrali e Teatro della Cooperativa, la piéce scritta dallo stesso Cavalli con la collaborazione di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli e la regia di Renato Sarti, viene presentata per la prima volta nel lodigiano.

Speravamo bastasse esercitarla, la memoria, perché non ci scippassero la Storia. Oggi ci tocca smentirla. Giulio Andreotti è stato al centro della scena politica italiana per tutta la seconda metà del XX secolo. Sempre presente nell’Assemblea costituente e poi nel Parlamento dal 1948; la storia umana di Giulio Andreotti si lega alla storia della politica italiana. Oggi Andreotti è l’icona di un “martirio giudiziario” con oscuri fini politici che ce lo raccontano assolto. Nella sentenza si legge: «Quindi la sentenza impugnata, al di là delle sue affermazioni teoriche, ha ravvisato la partecipazione nel reato associativo non nei termini riduttivi di una mera disponibilità, ma in quelli più ampi e giuridicamente significativi di una concreta collaborazione». Se la sentenza definitiva fosse arrivata entro il 20 dicembre 2002 (termine per la prescrizione), Andreotti avrebbe potuto essere condannato in base all’articolo 416. La storia, comunque, dice che Andreotti si è seduto al tavolo della Mafia. E come, dove, con chi e “presumibilmente perché”, va raccontato.

Cinque praticabili, cinque diversi “spazi” ed uno schermo per dare vita attraverso il racconto e alcune immagini alle tante parti del puzzle che compongono la storia. In una scena nuda ed essenziale, dove il “posto d’onore” al centro del palco spetta ad un inginocchiatoio su cui è poggiato un impermeabile, prende forma una figura, quella di Giulio Andreotti. Giulio Cavalli, alterna le testimonianze, le deposizioni, gli atti giudiziari per descriverci una delle figure più controverse della politica italiana.

Teatro Nebiolo, Via IV Novembre snc, Tavazzano con V. (Lo).
Ingresso intero €12,00/ ridotto €8,00 – Per info e prenotazioni tel. 0371/761268 o cel. 331/9287538; e-mail info@teatronebiolo.org; sito www.teatronebiolo.org (orari biglietteria: lun/ven 10-12 e 15-18, sabato dalle ore 20:00).

Roma, LA7, Milano, Monza, in scena: dove sono questa settimana

Domani, martedì 15 maggio, alle 21 ospite a Quello che (non) ho, in diretta su LA7 dalle ore 21.

Mercoledì 16 alle 18, a Monza, Feltrinelli Libri e Musica in via Italia 41, con Pippo Civati presento il mio libro L’INNOCENZA DI GIULIO e parliamo di andreottismi in Lombardia.

Venerdì 18 alle 16 a Roma “Legalità, cittadinanza e istituzioni dello Stato nell’ambito della lotta alle mafie” con Danilo Chirico (presidente associazione DaSud) e Giovanni Impastato, Fondazione Internazionale Lelio Basso, via della Dogana Vecchia, 5.

Sabato 19 a Milano, Sala dell’acquario civico, viale Gadio 2, alle 14:  “La Tav della Lombardia – distruzione del territorio, mafie, Formigoni” presiede Maria Carla Baroni, Coord. regionale Fds presentazione: Ugo Boghetta, portavoce regionale Fds; Giuseppe Boatti, Politecnico di Milano interventi programmati: Andrea Di Stefano, rivista “Valori” Elena Lattuada, CGIL Lombardia Giulio Cavalli, consigliere regionale SEL Claudia Sorlini, Facoltà di Agraria Università di Milano Sergio Cannavò, Legambiente Lombardia Massimo Gatti, consigliere Fds provincia di Milano Basilio Rizzo, Presidente del Consiglio Comunale di Milano conclusioni: Massimo Rossi, portavoce nazionale Fds

Sempre sabato 19 al Teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco alle 21: L’innocenza di Giulio. Andreotti non è stato assolto” in scena con Cisco. Per info e prenotazioni telefono 0371/761268 o cel. 331/9287538 oppure via e-mail a info@teatronebiolo.org

Per tutti gli aggiornamenti c’è la pagine degli appuntamenti. Buona settimana.

Andreotti: le bugie non muoiono mai

Mi sono imbattuto per caso nella bella intervista di Paolo De Chiara a Mario BaroneMario Barone. Siciliano, collaboratore stretto di Andreotti, ex ufficiale di marina, ex amministratore delegato del Banco di Roma. Si conoscono dal dopoguerra, precisamente dal 1946. “Subito dopo la sua nomina – si legge nel saggio ‘Il Caffè di Sindona’ – Barone come responsabile del settore esteri del Banco appose la sua firma a un prestito di 100 milioni di dollari che l’Istituto erogò a Sindona attraverso la filiale di Nassau”. Con Barone, che ha confermato il prestito, abbiamo affrontato anche questi argomenti. “Sono il custode dell’archivio di Andreotti” ha tenuto a precisare, sottolineando che oggi ricopre anche il ruolo di presidente del Comitato Andreotti.

Nell’esercizio malato de L’Innocenza di Giulio si raggiungono vette vertiginose:

Andreotti per 10 anni è stato fuori dalla vita politica, assorbito completamente da processi che per fortuna si sono risolti in maniera positiva. Lui ha avuto il coraggio, a differenza di altri, di affrontarli a viso aperto. Lui fu tradito dal suo stesso partito al momento delle elezioni della Presidenza della Repubblica, quando venne fuori Scalfaro. Si eliminarono a vicenda lui e Forlani. Da allora è rimasto un pò fuori, meno interessato a quello che succedeva.

Andreotti con il suo partito non ha mai avuto un incarico. Era l’uomo più potente, ma non faceva parte del gruppo che comandava il partito. E il partito, quando Andreotti era il candidato naturale, gli mise tra i piedi Forlani, che si fece prendere da questa idea. Poi venne fuori il compromesso e presero Scalfaro. In Italia c’è l’abitudine che qualunque cosa succede è colpa della mafia. Io non lo so se la mafia era tanto potente. Io sono siciliano e faccio parte della Sicilia buona e non di quella cattiva. Credo che fu una lotta interna al partito. La politica, i giornali vivono di queste voci, io non lo credo. Certamente alcuni uomini del partito democristiano avevano legami con la mafia in Sicilia.

[Su Sindona] Una persona di grande genialità finanziaria. Poi, probabilmente, si fece prendere la mano dall’ambizione. Sindona era socio di Cuccia, aveva una società insieme a Cuccia. Era uno dei protetti di Cuccia, forse un giorno verrà fuori un pò di verità. Non posso parlarne né bene né male. Il suo fu un peccato d’orgoglio e si mise in un sentiero sbagliato.

A volte mi prende la paura che ce lo meritiamo, questo Paese.