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Trapani dice di no

Manifesto per Trapani

trapani_dice_no_def2-01 (1)TRAPANI D I C E DI NO

Falcone ebbe a dire qualche tempo prima di morire: “La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.

In qualità di cittadini, facenti parte di associazioni e movimenti, chiediamo che le forze migliori delle istituzioni trapanesi siano tutelate affinché queste possano svolgere il proprio lavoro e possano proteggere i cittadini che ogni giorno combattono personali lotte quotidiane di contrasto alla mafia ed alla mentalità mafiosa.

Chiediamo che il procuratore Marcello Viola, il pm Andrea Tarondo, il presidente del Tribunale delle misure di prevenzione Piero Grillo, e tutti i magistrati  e giudici che trattano procedimenti di criminalità organizzata, appartenenti alla procura e al tribunale di Trapani, che da mesi sono oggetto di atti intimidatori, siano tutelati e non siano lasciati soli.

Chiediamo che la Commissione Nazionale Antimafia accenda i suoi riflettori su Trapani dove li fenomeno mafioso ha lasciato e ancora oggi continua a lasciare segni indelebili rimasti indecifrati come: le stragi di Pizzolungo; dei carabinieri della stazione di Alcamo Marina;  i delitti del pm Ciaccio Montalto, del giornalista Mauro Rostagno, del giudice Alberto Giacomelli e dell’agente Giuseppe Montalto;  il tentato omicidio del questore Rino Germanà. Non meno rilevante e da chiarire in ogni aspetto è la certificata presenza a Trapani dei centri di Gladio. E ancora: a Trapani la loggia segreta e coperta Iside 2 ha oggi suoi eredi e ci ha lasciato perfettamente in carriera molti colletti bianchi, professionisti e appartenenti a certa politica. Non evochiamo “fantasmi” ricordando la Iside 2 ma denunciamo che a Trapani resta purtroppo imperante l’azione sprezzante di pochi, di pochissimi,che pretendono di determinare  le sorti delle città, di decidere i destini del territorio, l’affidamento di pubblici incarichi, la gestione dei Palazzi delle istituzioni, delle imprese, dell’economia, schiacciando così la Democrazia, il libero mercato, i diritti e i doveri di ogni cittadino. Falcone e Borsellino negli anni ’80 dicevano che:  se a Palermo c’e’ la mafia militare a Trapani c’e’ quella economica. Riteniamo che lo scenario oggi non sia cambiato. La Iside 2 fece da camera di compensazione tra mafia, politica e impresa e guidato la nascita di quella che oggi definiamo mafia imprenditrice, la mafia sommersa che non uccide più ma oggi sa fare ben sentire la propria “pesante” presenza.

Tutti noi  ci impegniamo e ci impegneremo a tenere alta l’attenzione circa il degrado civile, politico ed economico della nostra città; quel degrado che ci fa vivere in un clima di calma apparente, ma nello stesso tempo, come sopra un vulcano, pronto ad esplodere in qualsiasi momento.

E’ doveroso ricordare anche le parole di Pippo Fava : A che serve vivere, se non si ha il coraggio di lottare?”.

Noi vogliamo lottare per una città libera da giochi, ricatti, intimidazioni, poteri forti e colletti bianchi.

Vogliamo che tutti possano essere liberi di manifestare il proprio pensiero, vogliamo che un giornalista che racconta non sia per certuni una “camurria” come i mafiosi dissero di Mauro Rostagno, che nessuno sia più costretto a  pagare il pizzo o qualche altra quota  associative a Cosa nostra per aprire un’attività economica. Che tutti siano liberi di chiedere e ricevere ciò che gli spetta di diritto.

Vogliamo poter godere delle bellezze del nostro territorio, vogliamo che i nostri figli ci rimangano su questo territorio. Vogliamo che i nostri nipoti,  un giorno conoscano della mafia solo il termine, ma non il fenomeno.

Vogliamo dire ai magistrati ed ai giudici trapanesi che la città è con loro, che noi cittadini abbiamo  alzato  la testa, che abbiamo compreso che è tempo di andare avanti, non con sterili declamazioni  e non più confidando sull’impegno straordinario di pochi, ma con il doveroso impegno ordinario di tutti in una battaglia  che può e deve essere vinta.

Vogliamo restituire dignità civile e culturale al territorio di Trapani impegnandoci in prima persona nelle nostre attività quotidiane affinché si passi dal degrado economico, culturale e politico ad un risveglio economico, culturale,  politico e democratico. 

Siamo consapevoli che la lotta contro la mafia è una questione civile  di democrazia che non può essere lasciata solo nelle mani di chi è esposto in prima linea ma che riguarda tutta la società civile.

Vogliamo che questo nostro territorio, insieme con il nostro futuro, piuttosto che essere gestito da uomini di successo sia invece vissuto da donne e uomini di valore!

Lottiamo e non ci arrendiamo!

Trapani 10 Gennaio 2014 Palazzo Cavarretta/Piazzetta Notai

 

Aderiscono:

Fondazione Erice Arte, Associazione M-arte Matta, Associazione Arkè Arte Archeologia, Udi Unione donne in Italia, Trapani Cambia, Trapani per il futuro, Libera numeri e nomi contro le mafie, Movimento Agende Rosse, Movimento 5 Stelle, Articolo 21, Coordinamento Provinciale Sel, Circolo Sel Danilo Dolci, Legambiente Egadi, Osservatorio Civico Paceco, Calcestruzzi Ericina Libera, Amalatesta circolo Arci, Libero Futuro Trapani, Circolo Mauro Rostagno Rifondazione Comunista, Osservatorio per la legalità Trapani, Associazione culturale 50 metri, Associazione Saman, Associazione culturale Marettimo, AlfaOmega associazione culturale universitaria, Fondazione Benvenuti in Italia, Uisp,Comitato “Grazie Sodano”, Castello Libero, Associazione Nino Via-eroe contemporaneo,Addiopizzo,Confindustria Trapani, Cgil Trapani, Azione Cattolica Diocesana, Partito Democratico, Pallacanestro Trapani, Associazione Nazionale Partigiani, Un’Altra Storia, Associazione Antimafia Rita Atria, AlphaOmega onlus, Associazione antiracket Trapani, Wigwam Club Mare Dentro, Lunae Dies Teatro Collettivo di Ricerca Teatrale, Associazione antiracket Marsala, Osservatorio veneto sul fenomeno mafioso, Ossermafia Italia – Uniti in memoria di Paolo e Agnese Borsellino, Ciao Mauro, Alqhamah, Movimento per la difesa del cittadino, Flmu-Cub, Cst Uil Trapani, Antimafia Duemila, Comitato delle Donne, Associazione Pluto Club, Circolo Big Bang – Adesso Trapani , Ordine degli Architetti, Associazione Pantelleria internet, Coordinamento “9 dicembre” Trapani, associazione Peppino Impastato Cinisi, associazione Cotulevi

 

ADESIONI PERSONALI:

 

Prefetto Fulvio Sodano, on. Rita Borsellino, On. Claudio Fava, On. Davide Mattiello, Sen. Vincenzo Maurizio Santangelo, On. Sonia Alfano, Sen. Pamela Orrù, Avv. Marco Campagna, Elisabetta Roveri, Maddalena Rostagno, Salvo Vitale, Pier Vittorio Demitry, Prof. Enzo Guidotto, Dott. Elena Ferraro, Dott. Nicola Clemenza, Dott. Gregory Bongiorno, Prof. Ignazio Buttitta, Avv. Giuseppe Gandolfo, Arch. Vito Corte, Dott. Santo Della Volpe, Avv. Valerio Vartolo, Dott. Francesco La Licata, Avv. Valentina Villabuona, Don Baldassare Meli, On. Baldo Gucciardi, On. Antonella Milazzo, Dott. Marco Rizzo, Dott. Nino Grignano, Avv. Francesco Brillante, Giulio Cavalli, On. Paolo Ferrero, On. Erasmo Palazzotto, Dott. Massimo Fundarò

 

Nell’appiattimento generale

Vale la pena leggere le parole (e coglierne lo spirito) di Alfonso Gianni:

Ma la Grosse Koalition non è un’invenzione dell’ultima ora. Parafrasando Giulio Bollati – quando parlava del fascismo, che è cosa diversissima, per dire che non era improvviso né imprevedibile – «il fenomeno può essere condensato in una formula: nulla è (nelle larghe intese) quod prius non fuerit nella società, nella cultura, nella politica italiana, tranne che (le larghe intese) stesse» da almeno 25 anni a questa parte. Infatti questa forma di governo a-democratica, prima ancora che tecnocratica, è la più congrua al capitalismo finanziario nel quadro europeo. Il Pd è diventato il pivot di questa politica. Non ha senso proporsi di modificarlo all’interno (oltretutto tutti lavorano per Renzi) né attenderne la possibile implosione. Il “campo del cambiamento” va organizzato fuori e contro. La caduta del governo Letta è il primo compito di un’opposizione di sinistra che si rispetti e non può essere messo in ombra da calcoli congressuali.

La Cosa Giusta, la Cosa Seria e tutte le cose di questo tempo di mezzo

Qualcuno mi chiede cosa ho intenzione di fare. Io rispondo del libro che sto scrivendo, di RadioMafiopoli che stiamo preparando, dei soggetti che stiamo proponendo, del nuovo spettacolo con Gianluigi Nuzzi e tutti i progetti in cantiere. Lo racconto spesso con un sorriso soddisfatto perché sì, sono contento di quello che potrebbe essere nei prossimi mesi. Ma non basta, mi dicono: la politica? Il cantiere della sinistra di maggio? Civati e il PD? Barca? La Lombardia? Appunto.

Io non credo sia necessario scrivere altro su un governo che non ha nulla per piacermi, nulla: il tradimento del programma sottoscritto con gli elettori (sarebbe una bella cosa restituire i soldi delle primarie agli elettori perché vista così sembra proprio una truffa come i pacchisti fuori dall’autogrill), la spartizione dei ruoli di governo secondo la più democristiana interpretazione del manuale Cencelli, i passaggi politici che non ci sono mai stati spiegati e gli impresentabili riabilitati (ne avevo scritto qui del rivoltante ed euforico Micciché). Insomma: questo governo è la peggiore soluzione impossibile nato con i peggiori meccanismi possibili.

Su Civati ho scritto e riscritto, non vorrei essere noioso, ma credo che interpretare la discussione interna al Pd come manifesto della “sinistra” sia un errore di calcolo e di sopravvalutazione che sarebbe il caso di smettere di fare.

Il PD non ha mantenuto le promesse in campagna elettorale e questo è un fatto. SEL si era presa la responsabilità di garantire un PD che non scivolasse nelle sue antiche e perverse pulsioni centriste e inciuciste e non c’è riuscita: questo è un altro fatto (che in pochi stanno analizzando). Senza remore, inibizioni o balbettamenti dovremmo raccontare che comunque il voto dato a SEL era un voto di “condizionamento” di sinistra di governo che non è accadutoI voti per una sinistra radicale di opposizione non sono qui, per dire. E la bella notizia della Boldrini Presidente della Camera oggi è una nota sbilenca di rappresentanza dal punto squisitamente politico.

Poi c’è la Cosa Giusta dell’11 maggio (che fa un po’ sorridere nel titolo pensando alla Cosa Seria che in tanti non abbiamo mica abbandonato) e la domanda (è sempre quella, sempre) è capire quali sono i passaggi, le discussioni e le opinioni che ci porteranno lì. Perché  non c’è bisogno di piazza ma di politica.

C’è la sinistra nella Cosa Giusta o c’è l’attesa (ormai diventata beckettiana) che si rompa il PD (che non si romperà a breve)? Chi sono i soggetti del cantiere (a parte lo sventolio di Rodotà)? I soggetti che componevano Rivoluzione Civile ci fanno tutti schifo? Peggio sempre Ferrero di Fioroni, come mi disse una volta qualcuno?

Scrivevamo qualche mese fa:

Nella Cosa Seria sappiamo che la parola “sinistra” nel Paese ha ancora un senso diffuso che non appartiene a ceti politici né a gruppi dirigenti. È un sentimento, un modo di stare al mondo, un’appartenenza ideale e concreta che richiede coerenza e che non può ridursi in piccoli e particolari interessi di bottega, antiche inimicizie e gelosie d’appartenenza.

Per questo chiediamo che Sinistra Ecologia e Libertà e una parte consistente del Partito Democratico siano il motore di una coalizione che sia una Cosa Seria. Che guardi a Italia dei Valori, Federazione della Sinistra, ALBA, Verdi e tutti coloro che si riconoscono in un manifesto di posizioni chiare e realmente governabili, oltre che di governo. Perché non ci piace la strategia dell’inerzia per capitalizzare il consenso trascinandosi alle prossime elezioni, ma preferiamo la semplicità e la chiarezza delle idee da valorizzare insieme. Soluzioni collettive per risolvere i problemi, insieme: politica presa come una Cosa Seria.

Basta mediazioni. Per chi mi chiede: io sono qui.

Senza paura sui diritti

Senza perdersi in formule magiche: il manifesto “Laicità e Diritti” è uno stralcio di programma già pronto. A cui aderire. E sui cui fare politica. Per aderire laicitaediritti@gmail.com. Partiamo da qui. Anche per la nostra prossima Lombardia. (SEL ha aderito, tra l’altro. Per dire.)

Dopo 2 anni circa dalla prima stesura abbiamo deciso di modificare ed ampliare le tematiche contenute nel nostro manifesto “Chi ha paura dei diritti?”. Una revisione era d’obbligo, per aggiornare le nostre proposte al veloce cammino che i i diritti stanno facendo, almeno negli altri paesi europei. Auspicando che un simile percorso possa andare a buon fine anche nel nostro paese.

Vogliamo proporre queste battaglie, in modo assolutamente trasversale, alla politica, all’associazionismo ed alla società civile. Ci proponiamo di presentarle, di discuterle, confrontandoci con quante piu persone possibile. E voi, cosa ne pensate?

Chi ha paura dei diritti?

1) Sostegno scolastico per i bambini disabili.
L’integrazione della disabilità nella scuola italiana, e soprattutto nella primaria, è stata una vera eccellenza italiana. Purtroppo i successivi tagli alla spesa dell’istruzione, delle leggi finanziarie degli ultimi anni, la sta smantellando. Tante famiglie e classi scolastiche, si sono trovate ad affrontare da sole l’emergenza dei tagli imposti dalla riforma Gelmini, trovandosi nell’impossibilità di
vedere garantito per i propri figli quel diritto al sostegno che ne è la fondamenta. La Convenzione Onu del 2006, sui diritti dei disabili, ha stabilito che il sostegno va garantino nella misura in cui è necessario. Cosi come la Consulta con sentenza n.80 del 26/02/2010 ha dichiarato illegittime – sotto il profilo costituzionale – le norme che fissano un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e che vietano di assumerne in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, stabilendo questo come diritto fondamentale (diritto all’istruzione). Nonostante tutto questo non si sono ancora presi provvedimenti consistenti, i tagli sono continuati e il numero degli insegnanti di sostegno costantemente ridotti e non selezionati, così molte famiglie si trovano nell’impossibilità di far seguire ai propri figli il normale percorso scolastico.
Chiediamo alla politica di attivarsi al piu’ presto.

2) Biotestamento.
riteniamo che ogni cittadino debba avere la possibilità di scegliere quali terapie accettare e quali rifiutare per la propria persona, comprese alimentazione e idratazione artificiali, stipulando un documento che abbia un riconosciuto valore legale e che renda possibile lasciare scritte le proprie volontà in caso che, un incidente o una malattia determinino la perdita della coscienza e quindi l’incapacità di far rispettare le proprie decisioni. Vogliamo stimolare la politica all’approvazione di una buona legge ed i Comuni all’istituzione in tempi brevi di un registro che raccolga i testamenti biologici dei cittadini.

3)Matrimonio civile per tutti i cittadini ed omogenitorialità.
Chiediamo il riconoscimento e l’estensione dei diritti a tutte le famiglie italiane. Vorremmo un paese in grado di stare al passo con la società e con la stragrande maggioranza dei paesi europei. Si è parlato di Pacs, Dico, Didore, abbassando ogni volta l’asticella e lasciando migliaia di famiglie prive della possibilità di tutelare i propri figli ed il proprio futuro. Si verificano ogni giorno situazioni incresciose e lesive della dignità e dei diritti di tanti cittadini, l’Italia è tra gli ultimi paesi in Europa a non essersi dotata di una legge in proposito. Con quanto è accaduto nei maggiori paesi europei, con le dichiarazioni (e le conseguenti azioni) dei leader Obama, Cameron ed Hollande riteniamo sia giunto il momento di chiedere, insieme, che tutti i cittadini italiani abbiano la possibilità di contrarre un matrimonio civile. Le unioni civili devono essere un istituto meno oneroso, aperto a tutti quei cittadini (etero od omosessuali) che ritengono di formare una famiglia, ma con meno doveri (e conseguentemente meno diritti). Per questo chiediamo alla politica di attivarsi ed estendere finalmente il matrimonio civile a tutti i cittadini.

Altra questione sono le adozioni In Italia vi sono oltre centomila bambini, figli delle cosiddette “famiglie arcobaleno”. Questi bambini devono essere tutelati come tutti gli altri, per questo chiediamo, per salvaguardare il nucleo familiare e soprattutto il minore, la possibilità che il genitore non biologico possa adottare legalmente il figlio del proprio partner, come avviene negli altri paesi europei.

Ci rendiamo conto che in un Paese dove non si è riusciti ancora nemmeno a votare una legge contro omo e transfobia tutto questo non sia di facile realizzazione, ma riteniamo che sia dovere della società civile, dell’associazionismo e della politica impegnarsi per far crescere anche culturalmente, oltre che legislativamente, le persone. Le battaglie per i diritti si vincono solo senza la paura di chiedere quello che è dovuto. Senza ipocrisie, senza “baratti” per tornaconti personali o alleanze elettorali. Con il coraggio di chiedere quello che è GIUSTO. Nell’ottica di questa visione la nostra posizione è anche favorevole alle adozioni di entrambi i partner, di un bambino che non sia biologicamente legato ai genitori, qualora la coppia richiedente superi positivamente il lungo e tortuoso percorso previsto dalla legge per le coppie eterossessuali. Non devono essere i nostri pregiudizi a sostituire il lavoro di giudici, psicologi, assistenti sociali e nessun cittadino dovrebbe essere escluso A priori da tale percorso.

Chiediamo anche attenzione verso le persone transessuali, in modo che la loro vita non sia una gara ad ostacoli, non solo contro il pregiudizio, ma anche contro la carenza di leggi: stiamo pensando in primis a provvedimenti come l’anticipata riassegnazione anagrafica e una seria tutela al momento dell’inserimento lavorativo.

4) Altro punto è una battaglia che stiamo portando avanti già da diverso tempo, l’approvazione della mozione contro Omo e Transfobia, proposta, ormai giù due anni fa, dai tavoli lgbt del PD e di SEL in modo congiunto. Dato che è stato impossibile approvare una legge nazionale contro omo e transfobia e che la proposta di cui è stata relatrice l’On Paola Concia è stata bocciata e tacciata di incostituzionalità, si è deciso di attivare una maratona del buon governo che coinvolga Comuni, Province e Regioni nell’approvazione di una mozione che impegni le istituzioni di riferimento in questa importante battaglia, lanciando un segnale alla politica. Ci auguriamo che continuino ad arrivare ancora numerosissime adesioni e che sia solo l’inizio di una battaglia seria contro la discriminazione di cui sono oggetto tanti cittadini di questo paese.

5) Chi nasce in Italia è italiano.
Sembrerebbe semplice. Ma non lo è affatto. Sono tantissimi i bambini ed i ragazzi nati o cresciuti nel nostro Paese, che frequentano le nostre scuole, che parlano i nostri dialetti, che per cultura e formazione si sentono Italiani, ma che per legge, di fatto, non lo sono. Non è consentito loro di esserlo. Con tutto quello che questo comporta. “In Italia è ancora un percorso a ostacoli – scrive sull’Unità Marco Pacciotti, Responsabile del Forum Nazionale Immigrazione del PD – che rende difficile ed estraniante il sentirsi pienamente cittadini a quasi un milione di ragazze e ragazzi che invece si sentono intimamente italiani. Aveva ragione ieri Livia Turco nel dire che nel nostro Paese vivono un milione di Balotelli, ma non tutti purtroppo sono in nazionale“.
Chiediamo alla politica di approvare una legge che introducendo un piu’ corretto e moderno Jus Soli, per permettere a questi ragazzi di essere finalmente e definitivamente Italiani, anche sulla carta. Nel frattempo proponiamo a tutti i Consigli Comunali del Paese di approvare una mozione per concedere a questi ragazzi una simbolica cittadinanza onoraria.

6) Tutela della donna: piena applicazione della legge 194, contrasto ad una indiscriminata obiezione di coscienza, revisione della legge 40.

Sono tante le tematiche che riguardano la salute della donna e l’impegno per una maternità consapevole, abbiamo scelto queste, senza dimenticare l’importanza di tutte le altre. Sono troppe le storie di malasanità, troppe le regioni con un numero di obiettori talmente elevato che non consente l’applicazione della legge 194, troppi i pellegrinaggi all’estero per una legge 40 piu volte già modificata dai tribunali.

Chiediamo alla politica di intervenire in favore della 194, in modo che la percentuale di obiettori non superi la cifra necessaria ad una corretta applicazione della legge e che la legge 40 sia finalmente rivista, cosi come suggerito dalla giurisprudenza, in modo che sia rispettata la salute e la dignità della donna.

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Il movimento del 99 per cento può cambiare il mondo

Un pezzo che è un manifesto. Senza scenografie e senza tutti i coriandoli intorno. Stiamo lavorando e la prossima settimana partiamo (#agorà). Il pezzo di Ulrich Beck è il punto da cui partire.

Com´è possibile che un caldo autunno americano, sul modello della primavera araba, distrugga il credo dell´Occidente, cioè la visione economica dell´american way? Com´è possibile che il grido “Occupy Wall Street” raggiunga e trascini nelle piazze non soltanto i ragazzi di altre città americane, ma anche quelli di Londra, Vancouver, Bruxelles, Roma, Francoforte e Tokio? I contestatori non sono andati soltanto a far sentire la loro voce contro una cattiva legge o a sostenere qualche causa particolare: sono scesi in piazza a protestare contro “il sistema”. Ciò che fino a non molto tempo fa veniva chiamato “libera economia di mercato” e che ora ricomincia a essere chiamato “capitalismo” viene portato sul banco degli accusati e sottoposto a una critica radicale. Perché il mondo è improvvisamente disposto a prestare ascolto, quando Occupy Wall Street rivendica di parlare a nome del 99% dei travolti contro l´1% dei profittatori?
Sul sito web “WeAreThe99Percent” si possono leggere le esperienze personali di quel 99%: quelli che hanno perduto la casa nella crisi del settore immobiliare; quelli che costituiscono il nuovo precariato; quelli che non possono permettersi nessuna assicurazione contro le malattie; quelli che devono indebitarsi per poter studiare. Non i “superflui” (Zygmunt Bauman), non gli esclusi, non il proletariato, ma il centro della società protesta nelle pubbliche piazze. Questo delegittima e destabilizza “il sistema”.
Certo, il rischio finanziario globale non è (ancora) una catastrofe finanziaria globale. Ma potrebbe diventarlo. Questo condizionale catastrofico è l´uragano abbattutosi nel mezzo delle istituzioni sociali e della vita quotidiana delle persone sotto forma di crisi finanziaria. È irregolare, non si muove sul terreno della costituzione e della democrazia, reca in sé la carica esplosiva di un fenomeno ancora in gran parte sconosciuto, anche se stentiamo ad ammetterlo, e che spazza via le nostre consuete coordinate orientative. Nello stesso tempo, in questo modo una sorta di comunità di destino diventa un´esperienza condivisa dal 99%. Ne possiamo cogliere il segno nei saliscendi repentini delle curve finanziarie, che con le loro montagne russe rendono immediatamente percepibile il legame tra i mondi. Se la Grecia affonda, è un nuovo segnale del fatto che la mia pensione in Germania non è più sicura? Cosa significa “bancarotta di Stato”, per me? Chi avrebbe immaginato che proprio le banche, così altezzose, avrebbero chiesto aiuto agli Stati squattrinati e che questi Stati dalle casse cronicamente vuote avrebbero messo in un batter d´occhio somme astronomiche a disposizione delle cattedrali del capitalismo? Oggi tutti pensano più o meno così. Ma questo non significa che qualcuno lo capisca.
Questa anticipazione del rischio finanziario globale, che si fa sentire fin nei capillari della vita quotidiana, è una delle grandi forme di mobilitazione del XXI secolo. Infatti, questo genere di minaccia è ovunque percepito localmente come un evento cosmopolitico che produce un cortocircuito esistenziale tra la propria vita e la vita di tutti. Simili eventi collidono con la cornice concettuale e istituzionale entro cui abbiamo finora pensato la società e la politica, mettono in questione questa cornice dall´interno, ma nello stesso tempo chiamano in causa sfondi e presupposti culturali, economici e politici assai differenti; analogamente, la protesta globale si differenzia a livello locale.
Sotto il diktat dell´emergenza le persone fanno una specie di corso accelerato sulle contraddizioni del capitalismo finanziario nella società mondiale del rischio. I resoconti dei media fanno emergere la separazione radicale tra coloro che generano i rischi e ne traggono profitto e coloro che ne devono scontare le conseguenze.
Nel Paese del capitalismo da predoni, gli Stati Uniti, sta prendendo forma un movimento di critica del capitalismo – ancora una volta, si tratta di un evento imprevedibile. Abbiamo detto “follia” quando è crollato il muro di Berlino. Abbiamo detto “follia” quando, il 9 settembre del 2001, le Twin Towers di New York si sono disfatte nella polvere. E abbiamo detto “follia” quando, con il fallimento di Lehman Brothers, è scoppiata la crisi finanziaria globale. Cosa significa “follia”? Anzitutto una conversione spettacolare: banchieri e manager, i fondamentalisti del mercato per antonomasia, fanno appello allo Stato. I politici, come in Germania Angela Merkel e Peer Steinbrück, che fino a non molto tempo fa esaltavano il capitalismo deregolato, dal giorno alla notte cambiano opinione e bandiera, e diventano fautori di una sorta di socialismo di Stato per ricchi. E ovunque regna il non-sapere. Nessuno sa cosa sia e quali effetti possa realmente produrre la terapia prescritta nella vertigine degli zeri. Tutti noi – vale a dire il 99% – siamo parte di un esperimento economico in grande, che da un lato si muove nello spazio fittizio di un non-sapere più o meno inconfessato (si sa solo che, quali che siano i mezzi adottati e gli obiettivi perseguiti, bisogna impedire qualcosa che non deve in nessun modo accadere), ma, dall´altro, ha conseguenze durissime per tutti.
Si possono distinguere diverse forme di rivoluzione: colpo di Stato, lotta di classe, resistenza civile ecc. I pericoli finanziari globali non sono nulla di tutto ciò, ma incarnano in modo politicamente esplosivo gli errori del capitalismo finanziario neoliberista che è stato ritenuto valido fino a ieri e che, con la violenza del suo trionfo e della catastrofe ora incombente, esige la loro presa d´atto e la loro correzione. Essi sono una sorta di ritorno collettivo del rimosso: alla sicurezza di sé neoliberista vengono rinfacciati i suoi errori di partenza.
Le crisi finanziarie globali, che minacciano in tutto il mondo le condizioni di vita delle persone, producono un nuovo genere di politicizzazioni “involontarie”. Qui sta il loro bello – in senso politico e intellettuale. Globalità significa che tutti sono colpiti da questi rischi, e tutti si ritengono colpiti. Non si può dire che ciò abbia già dato origine a un agire comunitario; sarebbe una conclusione affrettata. Ma c´è qualcosa come una coscienza della crisi, che si nutre del rischio e rappresenta proprio questo tipo di minaccia comune, un nuovo genere di destino comune. La società mondale del rischio – questo mostra il grido del “99%” – può acquisire una consapevolezza matura di sé in un impulso cosmopolitico. Ciò sarebbe possibile se si riuscisse a trasformare la dimostrazione oggettiva di condizioni che si rivolgono contro sé stesse in un impegno politico, in un movimento Occupy globale, nel quale i travolti, i frustrati e gli affascinati, ossia tendenzialmente tutti, scendono in piazza, virtualmente o effettivamente.
Ma da dove nasce la forza o l´impotenza del movimento Occupy? Non può trattarsi soltanto del fatto che perfino gli squali di Borsa si dichiarano solidali. Il rischio finanziario globale e le sue conseguenze politiche e sociali hanno tolto legittimità al capitalismo neoliberista. La conseguenza è che c´è un paradosso tra potere e legittimità. Grande potere e scarsa legittimità da parte del capitale e degli Stati, e scarso potere ed alta legittimità da parte di quelli che protestano in modo pittoresco. È uno squilibrio che il movimento Occupy potrebbe sfruttare per avanzare alcune richieste basilari – come ad esempio una tassa globale sulle transazioni finanziarie – nell´interesse correttamente inteso degli Stati nazionali e contro le loro ottusità. Per applicare questa “Robin Hood Tax” si dovrebbe dar vita in modo esemplare ad un´alleanza legittima e potente tra i movimenti di protesta globali e la politica nazional-statale. Quest´ultima potrebbe così compiere il salto quantico consistente nella capacità degli attori statali di agire in una dimensione trans-statale, cioè al di qua e al di là delle frontiere nazionali. Se questa esigenza viene espressa perfino dalla cancelliera federale tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Sarkozy perlomeno nella forma di un bello slogan, allora si può senz´altro accreditare a questo obiettivo una possibilità di realizzazione.
In termini generali, nella consapevolezza globale del rischio, nell´anticipazione della catastrofe che occorre impedire ad ogni costo, si apre un nuovo spazio politico. Nell´alleanza tra i movimenti di protesta globali e la politica nazional-statale ora si potrebbe ottenere, alla lunga, che non sia l´economia a dominare la democrazia, ma sia, al contrario, la democrazia a dominare l´economia.
Contro la percezione – che sta diffondendosi rapidamente – di una mancanza di prospettive forse può aiutare la consapevolezza del fatto che i principali avversari dell´economia finanziaria globale non sono quelli che ora piantano le loro tende nelle pubbliche piazze di tutto il mondo, davanti alle cattedrali bancarie (per quanto importanti, anzi indispensabili siano le iniziative di questi contestatori); l´avversario più convincente e tenace dell´economia finanziaria globale è la stessa economia finanziaria globale.
(Traduzione di Carlo Sandrelli).

Da La Repubblica del 01/11/2011.

Mauro Biani disegna “La Bellezza di un Impegno”

Mauri Biani (scultore, vignettista e illustratore di diverse testate tra cui L’UNITA’ e IL FATTO QUOTIDIANO) ha “disegnato” la nostra campagna elettorale per le elezioni regionali. La serie di vignette sarà pubblicata nei prossimi giorni ed sarà scaricabile nella sezione MATERIALI. Usateli, stampateli, diffondeteli: sono il tratto del nostro Impegno.

Clicca sull’immagine per ingrandire e salvare.