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Napoli

L’antimafia dei fatti: chiamare le cose con il loro nome

“I clan sono stati messi in crisi sotto l’aspetto militare, ma non sotto quello economico; certo, siamo sulla buona strada, ma per raggiungere la meta dovranno essere arrestati tutti gli imprenditori, i politici, gli amministratori, i professionisti e gli uomini delle forze dell’ordine che sostengono con azioni e pensiero la camorra”  (Federico Cafiero de Raho, capo della DDA di Napoli)

Sì, lo so. Sembra una frase banale. E forse abbiamo la sensazione di averla già sentita. Eppure è il confine tra la retorica e l’azione. Sarebbe proprio l’antimafia dei fatti. Se non fosse che ci hanno inquinato anche questa frase in questi brutti ultimi anni.

Dignità e cultura per il teatro campano

Una petizione sacrosanta per Napoli, la Campania, e la cultura.

Una Comunità veramente democratica deve affermare rapporti sani e trasparenti fra pubbliche amministrazioni e cittadini, e quindi tra istituzioni e mondo della cultura e dello spettacolo, nel rispetto delle leggi nazionali e dei trattati internazionali, adeguando costantemente la normativa verso il miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini.
Il sistema Italia consolida invece, in particolare nel Meridione, un divario abissale fra principi e pratiche, legalità e quotidianità, diritti e accesso agli stessi, norme e comportamenti, attività legislative e diritto costituzionale, nello specifico, manifestando un legame di sudditanza della Cultura verso Potere.

La Fondazione Campania dei Festival è un esempio eclatante di quest’anomalia europea: calata dall’alto dalle amministrazioni regionali degli ultimi dieci anni, ha reso le altre amministrazioni locali e gli organismi di controllo complici passivi di un sistema di progettazione culturale autoreferenziale e non partecipato. Dalla sua costituzione ad oggi la Fondazione si è aggiudicata, in regime di sospensione della concorrenza, notevoli fondi ministeriali, 41Mln euro di fondi europei, l’uso gratuito di strutture pubbliche e la supremazia nel settore delle arti sceniche in Campania, accumulando, al tempo stesso, debiti o insolvenze che minano la credibilità sua e di Napoli.
E infine, con il nuovo Statuto (approvato in giunta regionale il 30 dicembre 2011), la Fondazione diventa uno “strumento operativo regionale sottoposto alla dipendenza economica e funzionale della Regione Campania”.
È una veste più consona agli affidi diretti della Regione, ma le finalità e le attività si confermano di natura estranea ad una pubblica amministrazione e duttili agli interessi di singoli fiduciari. Il nuovo Statuto nasce da osservazioni inerenti il progetto “La Campania dei Festival verso il Forum Universale delle Culture” (Dgr 645/11) e tenta di legittimarlo.
Ma è qui che la Regione Campania, tramite la Fondazione, viola palesemente le regole normative.

Napoli è la Grecia

Penso che bisogna attrezzarsi a lottare contro, e dentro, il collasso. Che bisogna fare con quello che c’è. Luogo per luogo, situazione per situazione. Fare analisi istantanee sulle risorse immediatamente reperibili. A Napoli, nel caso specifico, c’è una situazione devastante, ma anche peculiarità su cui riflettere. l sindaco De Magistris, cui va per ora tutta la mia vicinanza, dovrebbe trovare il coraggio e l’umiltà per rivolgere a chi l’ha votato un’ulteriore, decisiva, richiesta d’aiuto, di coinvolgimento pratico. Penso, in una paradossale salsa “cubana”, alla dichiarazione di una sorta di “periodo especial” per la città. Sei mesi, un anno. Per affrontare di petto le cose più urgenti. Chiedendo, in maniera esplicita, una partecipazione di massa. Un commento che traccia una strada.

RIFIUTI NAPOLI, CAVALLI E ALFANO: “DE MAGISTRIS ISOLATO, DOVE SONO BIG DEL CENTROSINISTRA?”

RIFIUTI NAPOLI, CAVALLI E ALFANO (IDV): “DE MAGISTRIS ISOLATO, DOVE SONO BIG DEL CENTROSINISTRA?”
PALERMO – 24 GIU – “Il vento nuovo del cambiamento è testimoniato dalla preoccupazione che Luigi de Magistris ha non per la sua immagine, ma sopra ogni cosa per la salute dei napoletani sommersi dai rifiuti. Per la prima volta un sindaco cerca una soluzione vera e rapida infischiandosene degli attacchi strumentali e affrontando di petto i boicottaggi ad ogni livello, pensando solo e soltanto alla ‘sua’ Napoli”.
Da Sonia Alfano, parlamentare europeo, e Giulio Cavalli, consigliere regionale della Lombardia, arriva un sostegno totale all’operato di Luigi de Magistris nell’ambito dell’emergenza rifiuti. I due politici eletti con Idv chiedono ai compagni di partito e ai sostenitori di Luigi di non abbandonarlo in un momento così difficile.
“A Napoli ora serve un cambiamento individuale. Serve – dicono i due politici – la collaborazione di tutti. Per fortuna è venuto a galla il pilotaggio della crisi rifiuti, con i clan che gestiscono il caos e sobillano i cittadini alla rivolta. E’ evidente infatti l’interesse della camorra ad ostacolare ogni progetto alternativo e che guardi alla raccolta differenziata: quest’ultima non è solo un svolta ambientale, ma puramente antimafiosa”.
“A fronte del silenzio complice del Governo, che non muove un dito per risolvere la situazione proprio per lasciare tutto sulle spalle di un sindaco che certo non può avere gli stessi mezzi e lo stesso potere di un esecutivo, ci auguriamo – concludono Alfano e Cavalli – che gli “amici” di Luigi  e tutti i big del centrosinistra che lo hanno sostenuto al ballottaggio, facciano tutto quello che in loro potere attraverso gli strumenti istituzionali e parlamentari, e che lo facciano prima che la situazione degeneri e che de Magistris paghi a caro prezzo una mala-amministrazione ventennale”

Avere le ‘palle’ per farlo

Dopo il referendum sull’acqua sono andati tutti in televisione. Anche quelli che in fondo non ci hanno mai creduto, quelli che il Decreto Ronchi l’hanno firmato (poi per fortuna hanno cambiato idea) e quelli che intorno all’acqua hanno piazzato i trombati all’ultimo giro elettorale. In televisione ci sono andati tutti i convertiti e fa niente se qualcuno ha chiesto fin da subito (inascoltato) di lasciare la battaglia alla gente senza voler cannibalizzare comitati e gente, in fondo ci basta il risultato. A cinque giorni dai referendum Luigi a Napoli delibera il ritorno al pubblico dell’ente gestore stabilendo il principio e la natura di «bene comune» dell’acqua, «non assoggettabile a meccanismi di mercato»: prendere delle scelte oggi in politica è diventato rivoluzionario. A Napoli le hanno scritte.

Ha vinto lui. E adesso?

Mentre tutti festeggiano, l’analisi dei risultati elettorali di Napoli ci dice che ha vinto Luigi. Da solo. E’ che la politica si fa insieme e nessuno sembra avere il tempo di raccogliere quel vento e plasmarlo in contenuti, azioni e qualcosa di credibile su scala nazionale. Perché se decidiamo di non modellarci su quel cambiamento significa che accettiamo di sperare nella provvidenza per pescare credibilità o, peggio, di attaccarci alle persone piuttosto che alla coltivazione di buone pratiche: ed è la cosa che abbiamo sempre contestato. Chi prenderà per primo in mano il cambiamento (che inizia dagli elettori e non finisce con gli elettori) almeno potrà aver detto di averci provato. Per la Politica, mica per altro.

Vincitori abusivi

Ieri il sole è sorto alle tre del pomeriggio. E già si capisce che non è una storia iniziata con una giornata normale. Milano esplosa in piazza Duomo con un festa che di ‘politico’ aveva soprattutto la voglia di uscirne insieme e Napoli che vuole diventare la città dove tornare sono le cartoline dell’alba. E in giro si scrivono fiumi di analisi e commenti.

Festeggiano i partiti: abbiamo vinto noi, dicono tutti eppure la sfida, adesso, è quella di avere dei partiti all’altezza dei candidati. Giuliano a Milano e Luigi a Napoli si ritrovano a comporre le squadre per i prossimi cinque anni e sanno bene come questo vento li terrà sotto osservazione. Continuate a starmi vicino diceva ieri Pisapia emozionato in piazza Duomo, non abbassiamo la guardia scrivono in molti sulla rete. Perché questo profumo non può corrompersi nemmeno con un’ombra piccola nel gioco solito delle spartizioni: Giuliano e Luigi stanno disegnando un’altra storia, ci hanno raccontato la forza dell’onda unita a Milano e l’abbattimento dei recinti di partito a Napoli. Le squadre saranno il prossimo capitolo.

Oggi siamo pieni di analisi e analisti che si rincorrono (alcuni con le solite idee già fallite di aprire al terzo polo o a stravaganti alleanze centriste) sotto questo primo sole. Eppure Milano e Napoli hanno votato contro il berlusconismo ma hanno votato anche verso la voglia di sinistra. La sinistra che, al di là delle demonizzazioni dei berluscones più esagitati, sta nel controllo di consumo di suolo, nell’obbiettivo dell’uguaglianza sociale, nel dovere di costruire opportunità, nel diritto ad un lavoro (in sicurezza), nelle leggi come modello di convivenza civile, nell’ambiente come eredità da conservare e nella trasparenza delle proprie azioni.

A Milano Giuliano ha messo insieme le persone per desideri e obbiettivi stralciando i diversi colori, le provenienze o i ceti di appartenenza. E sono contento di avere fortemente voluto una responsabilità di coalizione per credere in un finale a cui credevano in pochi. Anche se trovo sempliciotta (e continuerò a ripeterlo con forza) la scusante della coalizione per un risultato di partito che è nazionale e che deve  (e continuerò a ripeterlo con forza) porre interrogativi. Perché a Milano ha vinto “il partito” di Pisapia che oggi nessuno sa che faccia abbia realmente se non per averlo letto nelle facce della gente che ieri ha riempito la piazza. E noi dobbiamo ripartire da quella gente.

A Napoli Luigi ha segnato la fine della partitocrazia. Ha vinto più di quanto possa giustificare chiunque. Ha vinto raccontando una politica che sta nei progetti e non nei simboli. Ha vinto chiedendo agli intermediari delle segreterie di mettersi da parte. Ha vinto raccogliendo una “vocazione maggioritaria” che tutti si tirano per la giacchetta. Eppure ha vinto da solo. Perché in prima battuta ha dovuto battere (guarda caso, come Giuliano) anche quelli che oggi si mettono in posa con il sorriso dei padri della vittoria e perché ha surclassato i partiti che l’hanno sostenuto.

Poi c’è il carro dei vincitori: che è sempre uno dei momenti più divertenti nella sbornia del giorno dopo. Con Pisapia al secondo turno non c’è nessuna possibilità mi diceva qualcuno che ieri si metteva in posa con il neo sindaco. Tutti moderati o comunisti secondo le bisogna. Luigi era un infame ricattatore che voleva distruggere il partito (e io e Sonia Alfano con lui) secondo alcuni che oggi lo appendono come manifesto della vittoria. Forse la cautela nei giudizi (e la memoria dei giudizi) è un valore che splende sotto questo vento.

Ha ragione l’amico Pippo Civati, sono qui tutti a dire che è finito un ciclo, e però ci stanno dentro e sperano che duri ancora un po’. Noi entriamoci in fretta.

Adotta un astenuto

Leggo e sento molto ottimismo in giro, in queste ore. Un ottimismo che, vi confesso, un po’ mi spaventa. Lo staff della Moratti si è proposto di convincere 40000 astenuti per battere Pisapia al fotofinish, Luigi a Napoli deve poter avere i voti di chi sosteneva altro al primo turno. Qualcuno mi rassicura linkandomi sondaggi: gli stessi che qualche settimana fa davano il centrodestra vincente. Oggi l’esercizio obbligatorio è quello di votare e far votare. O come dice Luigi, adottare un astenuto. Il resto, dopo.

Napoli, Luigi, con il cuore in tasca

A Napoli si consuma la nascita di un fiore. A Napoli si scolorano i partiti e le oligarchie. A Napoli hanno vinto tutti (nei comunicati stampa) eppure escono tutti ‘scassati’, qualunque sia il risultato. A Napoli comanda la camorra e i voti comprati a cinquanta euro (ce l’hanno insegnato gli strateghi della mafia e dell’antimafia) eppure al primo turno hanno vinto i voti a gratis. A Napoli c’è da combattere con i denti che si sfregano gli ultimi giorni prima del ballottaggio per innaffiare un fiore: con il cuore in tasca e con le idee banali che in questa mediocrità diventano rivoluzionarie.

La rivoluzione di ascoltare un comizio in cui non si parla del vostro prossimo lavoro ma di diritto al lavoro, in cui capita di rimparare a riconoscere i diritti e non pagarli come privilegi, non gestire consenso ma tenersi un orto in cui coltivare futuro, parlare di leggi e  di camorra con il polso fermo di chi divide il bianco dal nero e, soprattutto, sfilarsi di dosso le giacche bolse e sgualcite dei recinti. A Napoli Luigi ha scavalcato i recinti elettrici (quelli da pascolo, sulle alture) dei partiti e ha giocato di persona. Ora ha l’appoggio, adesso è il tempo della Politica.

Prenditi Napoli, Gigi.