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A Palermo il PD si fonde con Angelino Alfano. Stupiti?

Ne scrive Giuseppe Pipitone:

Erano tutti o quasi d’accordo: con Angelino non andremo mai più, dicevano. E invece non solo il Pd torna ad allearsi con Alfano, ma addirittura è costretto a occultare il suo simbolo per fondersi con Alternativa Popolare, il neonato partito del ministro degli Esteri. Succede in Sicilia, infaticabile laboratorio politico nazionale, dove lunedì gli esponenti dem hanno presentato la loro lista in vista delle amministrative di Palermo. Dopo cinque anni all’opposizione del sindaco Leoluca Orlando, infatti, il partito del sottosegretario Davide Faraone – sconfitto alle primarie nel 2012 – ha ben pensato di riporre in archivio centinaia di dichiarazioni al vetriolo contro il primo cittadino palermitano per sostenerne la ricandidatura in mancanza di concorrenti più credibili.

Solo che Orlando – eletto sindaco per la prima volta nell’ormai lontanissimo 1985 – non è certo l’ultimo arrivato. “Piero Fassino a Torino ha perso non perché ha amministrato male, ma perché è diventatosimbolo dei partiti“, ha ripetuto fino allo sfinimento il professore ai suoi fedelissimi. Ed è proprio per evitare di fare la fine di Fassino – cioè essere battuto clamorosamente dal Movimento 5 Stelle – che Orlando ha dato il suo ultimatum al Pd: sì all’alleanza ma senza alcun simbolo di partito.

I dem – come ha raccontato ilfattoquotidiano.it – ci hanno riflettuto non poco: poteva il partito che governa a Roma con Paolo Gentiloni e in Sicilia con Rosario Crocetta rinunciare alla sua lista proprio nella principale città chiamata alle urne per le amministrative della prossima primavera? Poteva quella che è – o punta ad essere – la prima forza politica del Paese nascondere il proprio simbolo sotto il tappeto, manco si trattasse di un marchio di cui vergognarsi, a pochi mesi dalle elezioni politiche? In teoria no, non poteva. In pratica, però, Lorenzo Guerini, numero due del Nazareno, non ha potuto fare altro che piegarsi al diktat di Orlando, ordinando ai suoi di contenere ogni orgoglio di sorta. Per raccogliere qualche consigliere, e magari qualche assessore, a Palermo i dem saranno costretti a fare finta di non essere dem: negare se stessi in nome di qualche voto.

Ma non solo. Perché sulla rielezione del quattro volte sindaco di Palermo non punta le sue fiches solo il Pd. Al contrario anche le cosiddette forze moderate – e cioè gli alfaniani e quel che resta dell’Udc – sono ben consapevoli di non avere scelta: o con Orlando o fuori dal consiglio comunale del capoluogo siciliano. È per questo motivo che alla fine è nata Democratici e Popolari, la lista civica del Pd, degli alfaniani che hanno appena chiuso il Nuovo Centrodestra per convertirlo in Alternativa Popolare, e degli ex Udc che hanno seguito Giampiero D’Alia nella scissione a colpi di “cocainomani” e “mafiosi” dalla corrente di Lorenzo Cesa.

Un’occhiata al simbolo vale più di qualsiasi manuale di trasformismo politico: il Partito Democratico sacrifica la sua P, a beneficio di Alternativa Popolare che invece fa a meno della A. I colori, invece, ci sono tutti: il rosso e il verde dei dem, il blu degli alfaniani, persino quattro stellepescate chissà dove, che però di questi tempi vanno tanto di moda. In pratica un simbolo marmellatache raffigura in maniera efficace la fusione tra il partito di Matteo Renzi e quello di Angelino Alfano. “Questa è un’alleanza alla pari ci saranno 20 candidati indicati dal Pd e 20 dall’area popolare”, rivendica il deputato Dore Misuraca, leader degli alfaniani che sostengono Orlando, mentre Francesco Cascio, ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana, punta ad appoggiare l’altro candidato Fabrizio Ferrandelli. “Daremo un contributo decisivo alla vittoria del centro sinistra e di Leoluca Orlando alle prossime elezioni amministrative. Il simbolo che abbiamo presentato tiene dentro le istanze dei nostri alleati, del sindaco ma soprattutto dei tanti iscritti e militanti del Pd che ci hanno spronato a tenere insieme unità e identità”, annuncia anche Antonio Rubino, responsabile dell’organizzazione del Pd in Sicilia.
E dire che fino a pochi giorni fa, una nuova alleanza con Alfano era vista come fumo negli occhi ai piani alti del Nazareno. “Siamo al governo insieme perché nel 2013 non abbiamo vinto le elezioni e per andare avanti ci siamo alleati con forze a noi alternative. Ma è abbastanza evidente che un partito che si chiama Nuovo centrodestra difficilmente si può alleare con un partito di sinistra”, diceva appena il 7 febbraio il presidente del partito Matteo Orfini, rispondendo dal palco del Lingotto a Giuliano Pisapia. “Un listone unico con il Pd e Alfano? Per me, e non solo per me, sarebbe un incubo“, aveva detto l’ex sindaco di Milano, mettendo in mostra – suo malgrado –  sorprendenti doti divinatorie.  Sono bastate poche settimane, infatti, per stimolare il repentino cambio di passo di Orfini e soci: contrordine compagni, con Angelino non solo bisogna allearsi ma occorre addirittura fondersi. La scomparsa di quell’ingombrante locuzione – “Nuovo Centrodestra” – e i sondaggi che danno il nuovo-vecchio partitino di Alfano addirittura al 3,4 percento hanno fatto il resto. In attesa di capire se l’incubo di Pisapia sia destinato a diventare realtà soltanto a Palermo.

(fonte)

Cara di Mineo: voti per NCD in cambio di assunzioni. Tra i rinviati a giudizio il sottosegretario Castiglione. Che ne dice Alfano?

Promesse di voti in cambio di assunzioni al centro per richiedenti asilo di Mineo. E poi turbativa d’asta nella gara da quasi cento milioni di euro per la gestione dello stesso Cara in provincia di Catania. Sono i reati contestati dalla procura etnea che oggi ha emesso diciassette richieste di rinvio a giudizio per altrettanti indagati coinvolti nell’inchiesta sul centro per richiedenti asilo più grande d’Europa. Tra loro c’è anche Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura e leader del Nuovo Centrodestra.

Per i pm etnei la turbativa d’asta è stata commessa durante la concessione dell’appalto per i servizi del Cara tra il 2011 e il 2014. Nello stesso periodo le assunzioni al centro garantivano un discreto pacchetto di voti ai politici coinvolti nell’indagine. I magistrati però contestano anche alcuni reati amministrativi alla Sol. Calatino, il consorzio che gestiva il centro di Mineo, a sua volta destinatario di una richiesta di rinvio a giudizio. Oltre a Castiglione, tra le 17 persone per le quali la procura chiede il processo c’è Luca Odevaine, l’uomo che gestiva il business dell’accoglienza per Mafia capitale, il sindaco di Mineo (anche lei di Ncd), Anna Aloisi, ex presidente del consorzio dei Comuni “Calatino Terra d’Accoglienza“,  l’ex direttore del consorzio, Giovanni Ferrera e gli ex vertici dell’Associazione temporanea d’imprese che gestiva il centro. L’udienza preliminare – come racconta il quotidiano La Sicilia – è stata fissata per il 28 marzo prossimo, davanti al gup Santino Mirabella.

Nel provvedimento di 14 pagine firmato dai sostituti Raffaella Agata VinciguerraMarco Bisogni, e vistato dal procuratore Carmelo Zuccaro e dall’aggiunto Michelangelo Patanè, è stata stralciata la posizione di cinque indagati, su cui sono in corso ancora accertamenti e valutazioni. Secondo l’accusa, Castiglione, che entra nell’inchiesta non per l’attuale incarico da sottosegretario ma perché all’epoca dei fatti era presidente della provincia di Catania e quindi soggetto attuatore del Cara, avrebbe “predisposto il bando di gara con la finalità di affidamento all’Ati appositamente costituita”. Accusa contestata anche a Odevaine e Ferrera, rispettivamente presidente e componente la commissione aggiudicatrice.

Gli  inquirenti ritengono inoltre che le coop interessate si “costituivano appositamente in Ati” dopo avere “ricevuto rassicurazioni sull’aggiudicazione degli appalti”, il cui “bando era concordato con lo stesso Castiglione, Odevaine e con Ferrera”. Ferrera e Odevaine sono indagati anche per falso ideologico per l’assunzione di quest’ultimo al Cara di Mineo come esperto di fondi Ue. Quell’appalto da 100 milioni di euro aveva focalizzato anche l’attenzione dall’Autorità Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone che aveva definito la gara “illegittima” e lesiva dei principi di “concorrenza” e “trasparenza“.

A Castiglione, al sindaco di Mineo Aloisi e a Paolo Ragusa, presidente del consorzio Sol Calatino, è contestata anche la corruzione “per la promessa di votiper loro e i gruppi politici nei quali gli stessi militavano” in cambio di “assunzioni al Cara”. I gruppi politici verso i quali erano indirizzati i voti sono diversi e cambiano ad ogni elezione: alle politiche del 2013 era il Pdl, alle amministrative di Mineo era la lista Uniti per Mineo, mentre alle europee del 2014 le preferenze vengono indirizzata verso il Nuovo Centrodestra.

In pratica secondo la ricostruzione dell’accusa il sottosegretario Castiglione era riuscito a trasformare il centro richiedenti asilo in una sorta di massiccia macchina elettorale. E non è un caso che –  secondo quanto messo a verbale da Odevaine – ad ogni nuova assunzione al centro, “tutti i sindaci appartenenti al consorzio si sono riuniti con Paolo Ragusa per spartire il numero delle assunzioni da fare”. Del resto gli stessi dipendenti del Cara hanno raccontato ai magistrati che gli veniva chiesto di prendere la tessera del Ncd. È in questo modo che il partito di Angelino Alfano è diventato fortissimo nei comuni della zona.

Una prova di forza elettorale è arrivata nel maggio del 2014, poco prima che venisse bandita la gara d’appalto da 100 milioni per la gestione di Mineo: Giovanni La Via, ex assessore regionale all’Agricoltura di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, viene eletto europarlamentare con più di 56mila preferenze. Nel suo partito è il primo degli eletti a Bruxelles: prende addirittura diecimila voti in più rispetto a quelli raccolti da Maurizio Lupi, che all’epoca era ancora ministro. Si sarebbe dimesso alcuni mesi dopo, perché coinvolto – seppur da non indagato – nello scandalo sulle Grandi Opere.  Castiglione, invece, rimane ancora al suo posto.

“A due anni dall’avviso di garanzia provvisorio apprendo finalmente che il 28 marzo si terrà l’udienza preliminare davanti al gup di Catania sulla vicenda cara di Mineo. Ribadisco, come ho fatto costantemente ed energicamente in questi anni, la mia assoluta estraneità ai fatti che vengono contestati – commenta Castiglione –  Il 28 marzo, nell’unica sede a ciò proposta – aggiunge il sottosegretario – davanti al tribunale, affronterò ogni singola contestazione, dimostrando sia la piena legittimità delle procedure amministrative che le fantasticherie sul presunto, quanto inesistente, vantaggio elettorale di un partito che, tra l’altro, èstato costituito quasi tre anni dopo i fatti contestati”. Il Movimento 5 Stelle, invece, commentando la notizia della richiesta di rinvio a giudizio mette nel mirino il ministro Alfano.  “Quando era ministro degli Interni non si è accorto di quanto stava accadendo e che vede il suo partito coinvolto in tutti i maggiori scandali legati al business dell’accoglienza degli immigrati: Alfano deve dimettersi insieme al sottosegretario Castiglione”, dice Michela Montevecchi, capogruppo del M5S al Senato.

(fonte)

E intanto Cicchitto (sì proprio lui…)

cicchitto-ncd-prende-distanze-berlusconi-salvini.pngEra ovvio che avvenisse e, segnatelo, sarà sempre peggio: se al governo nazionale decidi di affidarti alla stampella del NCD (partito ormai esistente solo sulla carta intestata del Parlamento, più che vivo davvero in giro) inevitabilmente le ricadute sulle amministrative possono fomentare contraccolpi pericolosi. Così oggi Fabrizio Cicchitto (parlamentare NCD, quindi uomo di maggioranza e di governo nazionale) comincia la sua opera di lenta erosione con un intervento sull’Huffington Post che suona come un avvertimento:

«Lasciamo oggi da parte i disastri in corso nel centrodestra e vediamo alcune cose che riguardano Renzi, il suo partito e le scelte politiche in vista delle elezioni. Allora quasi ovunque Sel e Sinistra Italiana presentano liste non distinte ma contrarie frontalmente al Pd. In compenso però la minoranza dem pone ovunque preclusioni ad intese con Ncd e le forze di centro.

Non a caso Sala, che è in campagna elettorale interna al Pd, sembra subito accettare questa preclusione ma si tratta di una linea doppiamente suicida per Renzi al quale infatti sarebbe inibito allearsi negli enti locali con le forze politiche che invece sono decisive per la maggioranza del suo governo e per portarlo fino al 2018. Ora capiamo che questa sia la linea della minoranza dem – che in effetti vorrebbe vedere Renzi appeso a un lampione – ma non possiamo credere che questa possa essere la linea della maggioranza di quel partito.»

E questo è solo l’inizio. Vedrete.

Un’alleanza conforme

“Noi stiamo governando con Renzi e abbiamo deciso di intraprendere un percorso di riforme per guidare l’Italia. Io quindi sarei per una alleanza alle amministrative che sia conforme a quella dell’attuale governo”

(Beatrice Lorenzin, ministro della Salute ed esponente di Ncd)

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Salvano Azzollini, solidali tra sodali, come quelle sottoculture che reggono i clan.

azzolini1Dunque il PD che si stracciava le vesti per una presunta (e probabilmente finta) intercettazione di Rosario Crocetta oggi salva Antonio Azzollini (Nuovo centrodestra), ex presidente della commissione Bilancio del Senato accusato dalla Procura di Trani di bancarotta fraudolenta e associazione a delinquere nell’inchiesta sul crac della casa di cura Divina Provvidenza. Il pretino Lorenzo Guerini che chiedeva a gran voce le dimissioni di tutti gli altri sparisce di fronte ad un lurido, fetido e vergognoso passaggio parlamentare che dimostra come non ci sia differenza tra destra e sinistra quando si tratta di essere solidali con gli amici.

Solidali tra sodali: come quelle sottoculture che reggono i clan.

Cara di Mineo: 8 domande ad Alfano e (per ora) nessuna risposta

Sono otto domande che potrebbero chiarire le responsabilità politiche, oltre che penali. Le pone De Angelis per HP qui:

1) Perché tra gli arresti di Mafia Capitale 1 e Mafia Capitale 2, non spiega che a Cara di Mineo è stato creato un sistema unico, sin dall’inizio, teso a garantire un sistema di potere? 2) Perché Alfano non spiega il perché il Viminale fa, per tramite della prefettura, una convenzione che porta ad aumentare le spese? 3) E perché Alfano non spiega come mai, dopo Mafia Capitale 1, e preso atto che Odevaine (arrestato) era componente della Commissione che ha aggiudicato la gara, non ha fatto alcun atto a Cara di Mineo, tipo ispezioni e controlli? 4) E perché il ministro dell’Interno resta silente dopo che Cantone dice che la gara è illegittima? 5) E perché non risponde alla lettera del 27 maggio di Cantone, che in sostanza chiede: che cosa ne pensa il ministro dell’Interno dell’appalto di Mineo per il quale Odevaine pretendeva mazzette di 10-20mila euro mensili, dai manager della Cascina grazie a una gara “illegittima”? 6) È possibile che al Viminale nessun funzionario lo avesse informato del ruolo di Odevaine? 7) Si sente di escludere quello che Odevaine dice nelle intercettazioni e cioè che il “sistema Castiglione” al Cara di Mineo serviva a finanziare il suo partito? 8) E sarebbe pronto a dire che, se fosse arrivato un solo euro direttamente o indirettamente al suo partito da “La Cascina” sarebbe pronto a dimettersi? È in queste domande, oltre che nella posizione processuale di Castiglione, la bomba sotto il governo: “Se salta Castiglione – ripetono i bel informati – salta Ncd e al Senato si balla. E soprattutto la valanga stavolta rischia di travolgere Alfano”.

Quel pasticciaccio brutto delle Province

Zitti zitti, sotto sotto, piano piano sono passate le elezioni provinciali. Elezioni finte di province che non sono mai state dismesse. Elezioni al cubo in cui eleggono solo gli eletti e i cittadini nemmeno se ne sono accorti. Quando dicevamo che questa riforma delle province avrebbe semplicemente facilitato i nuovi grumi evidentemente siamo stati realisti, piuttosto che gufi ma l’aspetto peggiore è la faccia dei grumi: grandi alleanze che mettono insieme i soliti noti che governano l’Italia e che fingono di essere avversari solo durante le proprie feste di partito. Basta leggere articoli come questo per rendersi conto che le larghe intese sono un chiaro progetto politico che sta ricadendo a cascata anche nelle elezioni locali. Non che ci stupisca, eh, ma almeno per prenderne atto e smetterla di pensare che le discussioni sull’articolo 18 siano solo feticci dei conservatori: qui ora c’è un grande partito che simula centrosinistra e agisce da centrocentro. Come quelli di Giulio Belzebù. Identici.

Intanto zitti zitti

I giovani del Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano portano il saluto romano al loro segretario. E questo è un segnale che non ha bisogno di interpretazioni. E mi viene in mente mio nonno Cleto e tutti i nonni cleti d’Italia che cosa penseranno di questa decadenza, di questo vile mietere voti negli angoli più oscuri di questo Paese mentre vorrebbero farci passare  l’antifascismo come archeologia o al massimo hobby d’antan.

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