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Perquisita la solidarietà

La storia di Lorena e Gian Andrea va raccontata, contiene un monito che interessa tutti. A Trieste hanno un’associazione che aiuta i profughi della rotta balcanica. La polizia ha fatto irruzione nella loro casa alla ricerca di prove per un’imputazione di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

A Trieste il 24 ottobre scorso l’estrema destra è scesa in piazza in diverse fazioni, piazza Libertà, si sono anche menati perché come si sa i fascisti hanno solo quel modo di comunicare e di esprimere idee politiche. Va così. Quando ha cominciato a circolare la notizia di perquisizioni in città ieri qualcuno avrà immaginato che finalmente si fosse deciso di prendere posizione contro l’apologia di fascismo, che finalmente si muovesse qualcosa, ma niente.

L’irruzione all’alba, nel perfetto stile con cui si stanano i latitanti più pericolosi, è avvenuta nell’abitazione di Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir. Lorena ha 68 anni, è psicoterapeuta e vive con il marito Gian Andrea che di anni ne ha 84 ed è un professore di filosofia in pensione. Nel 2015 hanno attivato un piccolo presidio medico appena fuori dalla stazione per offrire un primo aiuto ai ragazzi che passavano il confine con la Croazia e che hanno piedi malconci e corpi segnati dalle torture. I due coniugi viaggiano anche spesso verso la Bosnia con scarpe, coperte, vestiti e medicinali per provare a lenire il terrore e il dolore. Per questo insieme ad altri hanno costituito l’associazione Linea d’Ombra ODV.

La loro nota racconta l’accaduto: «Questa mattina all’alba la polizia ha fatto irruzione nell’abitazione privata di Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, nonché sede dell’associazione Linea d’Ombra ODV. Sono stati sequestrati i telefoni personali, oltre ai libri contabili dell’associazione e diversi altri materiali, alla ricerca di prove per un’imputazione di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che noi contestiamo, perché utilizzata in modo strumentale per colpire la solidarietà».

E se ci pensate non è la prima volta che la solidarietà (o il buonismo, come lo chiamano alcuni) accenda indifferenza se non addirittura malfidenza. Tant’è che ogni volta che qualcuno compie un gesto “buono” senza nessun evidente ritorno economico o di altro tipo viene subito additato come “pericoloso”. La solidarietà che diventa “reato” o presunto reato è un crinale pericoloso. Per questo la storia di Lorena e Gian Andrea va raccontata: perché così piccola contiene un (preoccupante) monito che interessa a tutti.

Buon mercoledì.

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La mattanza non percepita

Provate a immaginare cosa scriverebbero certi giornali se dei terroristi, meglio ancora se islamici ché funzionano meglio, ogni 5 giorni ammazzassero qualcuno in Italia…

Provate a immaginare se dei terroristi, meglio ancora se islamici ché funzionano meglio, ogni 5 giorni ammazzassero qualcuno in Italia. Ogni 5 giorni esce una notizia sulle pagine di cronaca contro questa violenza che, sono sicuro lo scriverebbero così, “mette in pericolo il nostro Paese”. Oppure immaginate un’etnia, preferibilmente nera ché funziona meglio, che ogni 5 giorni uccida una donna, una “nostra” donna come scriverebbero sicuramente certi giornali e provate a prevedere cosa direbbe la politica, certa politica. Oppure immaginate di mettere certe morti tutte in fila, una dopo l’altra. Così:

11 gennaio: Sharon ha 18 mesi e vive a Cabiate, in provincia di Como. Muore per una stufa che le cade addosso in casa. La Procura di Como scopre che la bimba però era stata maltrattata e violentata e ha disposto l’arresto del compagno della madre, Gabrile Robert Marincat, che ora si trova in carcere. La madre nutriva dei sospetti.

16 gennaio: Victoria Osagie, 34 anni, è stata uccisa dal marito nel tardo pomeriggio all’interno della propria abitazione a Concordia Sagittaria in provincia di Venezia. L’uomo l’ha colpita più volte con un coltello al termine di un litigio. I tre figli hanno assistito alla scena.

24 gennaio: Roberta Siragusa. Il corpo della diciassettenne al momento del rinvenimento si presentava parzialmente carbonizzato e nudo nella parte alta, con i pantaloni abbassati, il volto tumefatto, il cranio ferito e parte dei capelli rasati (da stabilire se di proposito o a causa delle bruciature).‍ Per recuperare i resti della ragazza sono dovuti intervenire sul posto i Vigili del fuoco. È stato arrestato Pietro Morreale, 19 anni, fidanzato della vittima. I due litigavano spesso: un mese prima la vittima aveva un occhio tumefatto.

29 gennaio: Teodora Casasanta, 39 anni e il figlio Ludovico di 5 anni sono stati uccisi dal marito e padre Alexandro Vito Riccio a Carmagnola. Il gesto sarebbe stato premeditato, poiché sul posto è stato ritrovato un biglietto su cui il trentanovenne avrebbe espresso l’intenzione di togliere la vita alla coniuge e al bambino. Lei aveva espresso la volontà di separarsi. L’esame autoptico ha rilevato circa 15 fendenti sul corpo della moglie e 8 su quello del figlio. L’aggressore avrebbe prima accoltellato le vittime nel letto, poi si sarebbe accanito su di loro pestandoli con diversi oggetti presenti in casa, tra cui il televisore.‍

1 febbraio: Sonia Di Maggio, 29 anni, è stata uccisa a Minervino di Lecce. La vittima si trovava in strada, nella frazione di Specchia Gallone, insieme al fidanzato quando all’improvviso è stata aggredita da un individuo: era Salvatore Carfora, 39 anni, ex compagno della giovane. Armato di coltello, ha sferrato numerosi fendenti alla ventinovenne. Il fidanzato ha tentato di difenderla, ma nulla ha potuto contro la furia dell’aggressore. Sonia si è accasciata al suolo in un lago di sangue. Vani i tentativi dei sanitari giunti sul posto che hanno provato a rianimarla, ma le lesioni erano troppo gravi.

7 febbraio: Piera Napoli, cantante di 32 anni e madre di tre figli, è stata uccisa la mattina del 7 febbraio 2021 all’interno dell’abitazione in cui risiedeva a Palermo, nel quartiere Cruillas. Il marito della donna, Salvatore Baglione, 37 anni, dipendente di una ditta che trasporta carni, intorno alle ore 13.00 si è costituito dai Carabinieri alla caserma dell’Uditore per confessare il delitto. Circa un mese prima la donna aveva richiesto l’intervento della Polizia dopo un’ennesima lite in casa con il coniuge, ma alla fine non se l’era sentita di sporgere denuncia.

7 febbraio: Luljeta Heshta, 47 anni, è una donna originaria dell’Albania, da 10 anni in Italia e regolare sul territorio, morta nel pomeriggio del 7 febbraio 2021 all’ospedale Humanitas di Rozzano in provincia di Milano. È stato arrestato il convivente della donna. Il gesto sarebbe stato compiuto a causa della presenza di un presunto amante nella vita della donna. La stessa nei giorni precedenti avrebbe lasciato l’abitazione che condivideva con il compagno per separarsi da lui.

12 febbraio: Lidia Peschechera, 49 anni, è stata trovata morta durante il pomeriggio del 17 febbraio 2021 all’interno della sua abitazione in zona Ticinello a Pavia. In carcere c’è il suo ex convivente Alessio Nigro. Il ventottenne, senza fissa dimora, si definiva un clochard e aveva problemi legati alla dipendenza dall’alcol. La donna si era offerta di aiutarlo, ospitandolo anche in casa, ma l’individuo non aveva fornito segnali di ripresa, anzi, in un’occasione lei aveva anche dovuto chiamare la Polizia per sedare una lite, al termine della quale non se l’era sentita di denunciare. Successivamente però la stessa aveva intimato al giovane l’intenzione di volerlo mandare fuori dall’abitazione a causa dei suoi comportamenti violenti, sfociati poi nell’omicidio.

19 febbraio: Genova. Clara Ceccarelli, 69 anni, è stata uccisa dall’ex compagno Renato Scapusi, 59 anni. Si parla di circa 100 coltellate. La donna è stata uccisa al termine del proprio turno di lavoro. All’inizio del 2020 si erano lasciati e da quel frangente sarebbero iniziate una lunga serie di aggressioni e persecuzioni messe in atto dall’uomo. La donna da giorni si era pagata il funerale e aveva provveduto a organizzare l’assistenza per il padre anziano e il figlio disabile. Sapeva di morire.

Ieri, 22 febbraio: Deborah Saltori, 42 anni, è stata uccisa in località Maso Saracini a Cortesano, frazione della città di Trento. La vittima sarebbe stata colpita con un’accetta dall’ex marito Lorenzo Cattoni, 39 anni, in una zona di campagna dove lui stava lavorando. Ad allertare i soccorsi sarebbe stato un passante che, durante il pomeriggio, ha notato i corpi esanimi dei due ex coniugi, riversi al suolo (l’uomo avrebbe infatti tentato di togliersi la vita). Secondo le prime ricostruzioni, Cattoni era già stato ammonito due volte dal questore della città per violenza domestica, anche verso la sua precedente compagna. Lo stesso era sottoposto agli arresti domiciliari a casa dei genitori nel comune di Terre d’Adige (Trento) perché, nel corso degli ultimi anni, era ricorso più volte a violenze fisiche e psicologiche nei confronti della vittima.

Sempre ieri, 22 febbraio: Rossella Placati, 51 anni, è stata trovata morta e sanguinante nel suo appartamento di Bondeno, Ferrara. Per ora non ci son arresti ma il suo compagno si è presentato in caserma raccontando di una discussione avvenuta la sera precedente e di essersi allontanato.

Questo è il punto in cui siamo.

Buon martedì.

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“Non leggo da 3 anni”. Ma la Lega propone Lucia Borgonzoni sottosegretario all’Istruzione 

È un riflesso pavloviano che attanaglia la Lega ogni volta che si parla di cultura: arriva il martelletto e Salvini estrae dal cilindro la mirabile figura di Lucia Borgonzoni, come se nella sua cesta avesse solo quello e come se tutte le figure barbine collezionate fin qui siano slavate dalla memoria corte di cittadini ed elettori.

E così accade ancora che per il ruolo di sottosegretaria all’Istruzione circoli con molta insistenza sempre lei, ancora lei, che sottosegretaria alla cultura era stata già in occasione del primo governo Conte, quando ci deliziò dicendo “leggo poco, studio sempre cose per lavoro. L’ultima cosa che ho riletto per svago Il Castello di Kafka, tre anni fa. Ora che mi dedicherò alla cultura magari andrò più al cinema e a teatro”, incassando subito lo sdegno di chi alla cultura si dedica da una vita e si è ritrovato ad avere una referente del genere.

Ma Lucia Borgonzoni la ricordiamo anche candidata alle elezioni regionali in Emilia Romagna dove sfoggiò un alto esercizio di cultura generale raccontandoci come l’Emilia Romagna confinasse con il Trentino (del resto cosa interessa a una leghista dei confinanti, loro che vogliono chiudere i confini?) e la sua notevole proposta di tenere gli ospedali “aperti di notte, di sabato e di domenica, come in Veneto” per “difendere i più deboli” dimenticando (o non sapendo) che era già così dappertutto, mica solo nelle regioni governate dalla Lega.

Fu una campagna elettorale indimenticabile perché Borgonzoni si lanciò a capofitto sulla vicenda di Bibbiano, scrivendone praticamente ogni giorno e collezionando gaffe in continuazione, tanto che alla fine il leader leghista Salvini fu costretto praticamente ad affiancarla per tutta la campagna elettorale: rimane negli annali la sua foto con un cane e il profondissimo attacco politico al suo avversario Bonaccini: “Un saluto da Holly, che tenerezza! Non ditelo a Bonaccini del PD, è allergico a cagnolini e gattini, pensa che sia ridicolo parlarne”.

Tanto per dire il livello. Promise ai suoi elettori di rimanere in Regione anche in caso di sconfitta: promessa ovviamente non mantenuta. Troppo comoda e calda la poltrona da senatrice. E anche in consiglio comunale a Bologna è riuscita a distinguersi: zero presenza nel 2020 (nonostante si facesse tutto da remoto) e una sola presenza nel 2019. Insomma Lucia Borgonzoni ha proprio tutte le caratteristiche per meritarsi evidentemente un posto nel governo e siamo sicuri che riuscirà a stupirci ancora. Peccato che sia un divertimento tragico per il Paese.

Leggi anche: 1. L’intergruppo Pd-M5S-Leu: tra la lotta alle destre e la nostalgia di Conte / 2. Il divertente spettacolo della Lega, che per non stare fuori dai giochi si scopre europeista

L’articolo proviene da TPI.it qui

Il regalo a Salvini

Il Parlamento, si sa, è fatto di numeri. Con i 15 espulsi del M5S che non si sa se saranno espulsi, in Senato il centrodestra è diventato decisivo. Quel centrodestra che era fuori gioco nella maggioranza parlamentare precedente ora è fondamentale per la tenuta del governo Draghi: tutti gli altri non sarebbero maggioranza o comunque si tratterebbe di una maggioranza talmente pericolante da non poter nemmeno essere presa in considerazione.

Cosa significa questo? Che Draghi bene o male è appeso a Salvini e alle sue decisioni, soprattutto con Forza Italia che da tempo è a ruota del leader leghista per sopravvivere e con Berlusconi che sa benissimo che tra i suoi sono in molti, in casi di spaccatura, ad essere pronti ad accasarsi da Salvini o Meloni. C’è di più: un pezzo fondamentale del centrodestra in forte ascesa come Giorgia Meloni e il suo partito si può addirittura permettere il lusso di restare all’opposizione. E all’opposizione Fratelli d’Italia svuoterà ancora di più il bacino di consensi di Salvini e per questo è inimmaginabile che la Lega accetti di farsi svuotare.

Posto che Draghi, nonostante sia Draghi, dovrà occuparsi di mantenere in equilibrio la sua maggioranza in Parlamento questo significa che le concessioni alla Lega saranno molto più corpose di quello che pensiamo e tutti coloro che esultano per il disfacimento del gruppo parlamentare grillino forse non si rendono conto che questo si rivelerà un enorme regalo a destra.

E se qualcuno pensa che Salvini accetti silenziosamente di farsi logorare dai Giorgetti del suo partito, che Salvini accetti di farsi schiacciare da Giorgia Meloni o che Salvini possa fingere a lungo di essere europeista significa non avere capito nulla del personaggio e nulla della sua retorica populista.

Sempre a proposito del capolavoro politico che qualcuno continua a cianciare. E badate bene: qui Draghi c’entra poco o niente perché il presidente del Consiglio semplicemente deve nuotare tra i numeri che ha a disposizione. E non sarà una traversata facile.

Buon lunedì.

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Lombardia in tilt, ancora

La vaccinazione antinfluenzale fallita e finita. La “scoperta” che creare zone rosse era possibile. L’improvvisa rimozione del dg alla Sanità. Sì, si va proprio alla grande nella Regione amministrata da Fontana e Moratti

Varrebbe la pena andare a rivedere le immagini di Fontana e Gallera mentre assicuravano di non avere nulla da rimproverarsi sulle azioni messe in campo da Regione Lombardia per fronteggiare la pandemia. Varrebbe la pena scrutare con attenzione, tenerle bene a mente, quelle facce così convinte, quasi con sicumera, mentre accusavano noi giornalisti di voler remare contro, di vedere errori che non esistevano, mentre garantivano che tutto andava bene, che tutto sarebbe andato bene, che i vaccini antinfluenzali sarebbero stati fatti, che la Lombardia era solo vittima di una serie sfortunata di circostanze. Quelle circostanze sfortunate in effetti erano loro.

Gallera non c’è più, silurato perché ingenuo nelle dichiarazioni e perché gran collazionatore di figure di tolla (come si dice in Lombardia). È stato il capro espiatorio perfetto per essere linciato in nome della salvezza di tutti gli altri. Qualcuno ha osato pensare che avere cacciato Gallera fosse un’ammissione di colpa ma anche in questo caso Fontana se l’è presa sul personale e ha avuto il coraggio di dirci che no, che Gallera era solo un po’ “stanchino” (ha avuto il coraggio di dire davvero così). Peccato che qualche settimana dopo proprio Gallera si sia lasciato sfuggire in una trasmissione di una televisione locale che no, non era stanco, e che era stato Salvini a silurarlo.

Poi è arrivata Letizia Moratti con una nomina che ha tutto il sapore di un commissariamento. Ma come? La fulgida Lombardia aveva bisogno di una perdente per risollevarsi? Niente, non hanno mai risposto. Tra l’altro Moratti non ha fatto rimpiangere per niente Gallera in tema di figure barbine iniziando subito a bomba con la sua proposta di un vaccino in base al Pil. Intanto la campagna vaccinale antinfluenzale è miseramente fallita e finita. Poi ci hanno detto che entro giugno avrebbero vaccinato tutti i lombardi. Ora dicono che no, che si erano sbagliati. È arrivato pure Bertolaso. Ma come? Ma mica la Regione era talmente brava e competente?

Poi è successo che Regione Lombardia abbia chiuso dei comuni, trasformati in zona rossa per le varianti del virus. Ma come? Ma mica Fontana ci aveva detto che era compito del governo? E ora invece si può? E perché allora non si è chiusa la bergamasca? Quanti morti si potevano risparmiare? Nessuna risposta.

Ieri è stato fatto fuori il direttore generale alla Sanità Marco Trivelli. Sono rimasti sorpresi anche i consiglieri di maggioranza. Il comunicato della Regione è imperdibile: «Si tratta di destinare un’importante risorsa in termini di competenza ed esperienza alla guida di un’area strategica per la quale l’assessorato al Welfare di Regione Lombardia vuole riservare la massima attenzione». L’hanno spedito all’ospedale di Vimercate, il direttore generale, e vogliono farci credere che sia quasi una promozione.

Per inciso: Trivelli aveva sostituito 8 mesi fa, sotto Gallera, Luigi Cajazzo, oggi indagato dalla procura di Bergamo per il caso dell’ospedale di Alzano Lombardo, riaperto il 23 febbraio 2020 nonostante l’accertamento dei primi casi di Covid. Trivelli era quello che difendeva Fontana sui dati sbagliati inviati da Regione Lombardia, quello che ci assicurava che i vaccini antinfluenzali stavano andando alla grande.

Alla grande, proprio, sì, si va alla grande in Lombardia.

Buon venerdì.

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L’intergruppo “Smutandati da Draghi”

I leghisti che plaudono alla cessione di sovranità all’Europa. I renziani entusiasti di un esecutivo che non parla di Mes. Il voto di fiducia al governo Draghi è stato il teatro di giravolte e capriole della politica

C’è talmente tanta ansia di comunicazione che alla fine tutti si esercitano nel solito esercizio: immaginare un programma di governo dalle parole di un discorso di insediamento vale più o meno come cavare il sangue da una rapa, soprattutto se il discorso al Parlamento è un elenco sartoriale (come l’oratore) di buoni propositi che possono voler dire tutto e il suo contrario.

Certo ieri Draghi ha fissato dei paletti e degli obiettivi dal profilo alto e di natura ambiziosa ma cosa ci possa essere dietro è ancora tutto da vedere. C’è dentro molta Europa (poi ci torniamo) com’era inevitabile che fosse ma bisogna capire se l’idea «di un’Unione europea sempre più integrata che approderà a un bilancio comune» indica una comunità di fatturati o di persone, c’è dentro la scuola ma si insiste sui «giorni di lezione persi» ed è un’affermazione falsa e piuttosto di pancia, c’è dentro finalmente la questione femminile collegata all’occupazione (ha detto Draghi: «aumento dell’occupazione, in primis, femminile, è obiettivo imprescindibile: benessere, autodeterminazione, legalità, sicurezza sono strettamente legati all’aumento dell’occupazione femminile nel Mezzogiorno») ma bisognerà vedere ovviamente come risolverla, c’è dentro molto ambiente (del resto lo chiede l’Europa, davvero), c’è dentro la cura per il patrimonio culturale anche se nella solita perversa visione della sua messa a reddito «per il turismo», c’è dentro la riforma strutturale del fisco che non può essere il mettere o togliere questo o quel balzello ma che ha bisogno di un pensiero totale che ne tocchi tutto l’impianto (ma bisogna vedere a favore di chi), ci sono dentro i giovani (quelli non mancano mai nei discorsi politici), c’è dentro il lavoro con una responsabilità politica enorme (scegliere quali aziende sostenere è una delle scelte più politiche che spetta a un governo, altro che tecnici), c’è dentro la promessa di politiche attive per i lavoratori (ma anche su questo non resta che aspettare i concreti provvedimenti). Volendo vedere ci sono anche parole che speriamo di avere interpretato male sull’immigrazione visto che è stata proposta come questione europea e l’esternalizzazione delle frontiere messa in atto dall’Europa è roba vergognosa che andrebbe rivista: nessuna parola su cittadinanza e integrazione, ad esempio. Parlando di ambiente è riuscito a buttarci dentro anche un ipotetico dialogo con il Signore, eh vabbè. Vedremo, osserveremo, vigileremo.

Però la giornata di ieri è stata anche e soprattutto la giornata dello smutandamento di politici ingarbugliati in capriole che sono stati smascherati da un governo che tra i suoi pregi ha sicuramente quello di svelare la bassa natura di alcuni protagonisti.

Per chi aspettava ad esempio con curiosità le parole dei renziani di Italia viva sul Mes che per Renzi era dirimente per l’eventuale fiducia al governo Conte (il 17 gennaio scorso disse «non voterò mai un governo che si ritiene il migliore del mondo e di fronte a 80mila morti non prende il Mes») c’è la fenomenale dichiarazione di Faraone: «Ci chiedono strumentalmente perché non chiediamo più il Mes. Non lo facciamo perché il nostro Mes è lei, presidente Draghi, e questo governo». Ecco, credo che non servano altri commenti.

Per chi ci diceva che il Recovery plan del precedente governo fosse “uno schifo” arrivano le parole di Draghi che confermano invece la «grande mole di lavoro» del governo precedente e l’intenzione di continuare in quella direzione. Così, per capire quanta ipocrisia ci siamo sorbiti nei giorni scorsi.

Draghi ha parlato di un rafforzamento della sanità territoriale e di fianco aveva Giorgetti, quello che diceva: «Mancheranno 45 mila medici di base, ma tanto nessuno va più da loro. È un mondo finito». Una scena epica.

Ma il campione delle giravolte è ovviamente Matteo Salvini che ieri è diventato turbo europeista lanciandosi a dire: «Vogliamo l’Europa 7 giorni su 7». Draghi ha parlato dell’irreversibilità dell’euro e lui si è inzerbinato, Draghi ha parlato di cessione della sovranità e il sovranista ha fatto sì sì con la testina. Un massacro. Se avete voglia di divertirvi andatevi a leggere i commenti dei suoi elettori sotto i suoi profili social: un’arena contro il capitano. Giorgia Meloni se la ride.

Lo slurp del giorno, manco a dirlo, lo vince Raffaella Paita di Italia viva: «Tra gli aspetti che mi hanno colpito del discorso di #Draghi c’è un dettaglio che probabilmente non tutti hanno notato. Quando veniva interrotto da applausi ricominciava il periodo dall’inizio per rispettare il rigore del ragionamento. #questionedistile #senato», ha scritto ieri. Evviva.

Buon giovedì.

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L’intergruppo Pd-M5S-Leu: tra la lotta alle destre e la nostalgia di Conte

Mentre si insedia il governo Draghi al Senato la notizia che prova a incidere sulla geografia del Parlamento è la decisione della costituzione di un gruppo interparlamentare tra Pd, M5S e Leu che, “a partire dall’esperienza positiva del Governo Conte II, promuova iniziative comuni sulle grandi sfide del Paese, dalla emergenza sanitaria, economica e sociale fino alla transizione ecologica ed alla innovazione digitale”.

La notizia divide la platea degli elettori e dei commentatori, com’è normale che sia, ma segna una prima evoluzione del quadro politico nel centrosinistra. O un’involuzione, è da vedere. Da una parte che i tre partiti abbiano deciso di farsi “blocco unico” nella gestione delle proposte e dell’atteggiamento parlamentare rivendica l’azione di governo del Conte bis, che nessuno dei tre partiti ha mai rinnegato, per opporsi alla narrazione dell’esperienza fallimentare e dannosa.

È una questione di identità politica e di consapevolezza che facilita anche la composizione di alleanze sui territori in previsioni delle prossime elezioni amministrative e regionali e indica un preciso campo politico che continua ad aspirare a essere maggioranza di governo nell’ottica di future elezioni.

L’intergruppo (se funzionerà e se riuscirà a essere compatto) sarà l’interlocutore più importante per Draghi in termini di peso di governo e di parlamentari ed è un ottimo modo per arginare gli avversari politici. Potrà portare un contributo decisivo sui temi che il centrodestra ha interessa ad affievolire e può far pendere il governo verso se stesso. Ci sono anche i contro, non sono pochi: l’appiattimento sulla coalizione può costare molto in termini di consensi soprattutto al Partito Democratico che ha nel suo elettorato voci molto critiche su questa operazione che metterebbe a rischio l’identità del partito.

All’interno del partito poi anche alcuni tra i parlamentari (molti dei residui renziani) non condividono questa scelta preferendo guardare al centro (se non addirittura a destra) rispetto all’esperienza del governo Conte. Anche all’interno del Movimento 5 Stelle alcuni vorrebbero tornare all’intransigenza promesse alle origini senza sporcarsi in alleanze così impegnative.

Intanto anche a destra Giorgia Meloni lancia la stessa iniziativa: Salvini le risponde senza rispondere dicendo “l’avevo detto prima io” e Berlusconi per ora tace. Certo i campi opposti, nonostante il governo così largo, si stanno già posizionando. Sarà da vedere quanto in questi movimenti saranno leali comunque al governo.

Leggi anche: 1. Il Pd e il “mistero” dell’intergruppo parlamentare: Zingaretti non ne sapeva nulla / 2. Qui Radio Colle: Draghi sui sottosegretari dovrà decidere da solo. Niente “aiutini” da Mattarella

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“Napoleone incoronato Re d’Italia nella Villa di Monza”: la gaffe storica nella mozione della Lega


“Nel 1805 si ebbe l’incoronazione di Napoleone presso la Villa” reale di Monza. Così si legge in una mozione presentata dalla Lega al Consiglio regionale della Lombardia, avente come oggetto il “Recupero degli arredi della Villa Reale di Monza”, attualmente collocati presso il Quirinale. Ma Napoleone, come tutti sanno, venne incoronato Re d’Italia nel Duomo di Milano.
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La strage degli invisibili, il freddo uccide 25 senza tetto

Ci sono vite che non si incrociano, che non hanno voce da alzare, che scivolano fuori dal dibattito politico perché vengono considerate poca roba, che non spostano molti voti, che si affievoliscono. Quando l’11 marzo dell’anno scorso per motivi di sicurezza nazionale, con lo spettro del virus che incombeva, il primo di una lunga serie di Dpcm lanciava l’appello #iorestoacasa per più di 55mila persone quel consiglio non era perseguibile: una casa non l’avevano. Sono vite precarie che ciondolano tra problemi di salute, fragilità relazionali e condizioni di vita assai difficile, sono il percolato di una paradigma sociale in cui se ti lasci andare finisci schiantato senza nessuna rete di protezione.

La pandemia non è uguale per tutti e non è nemmeno l’occasione per romanticizzare la solitudine nonostante più di qualcuno abbia provato a inquinare lo sguardo: la pandemia ha reso i poveri ancora più poveri, i precari ancora più schiacciati e ha annientato quelli che non avevano niente e ora insieme al peso del niente si portano anche la paura o le conseguenze del virus: «È stata un acceleratore per la costruzione di risposte e soluzioni organizzative, ma rimane il fatto che vi sono case vuote e tante persone in strada. Dare una casa a queste persone significa salvare la loro esistenza, significa dare loro forza e coraggio per riprendere in mano la propria vita, riallacciare relazioni ed affetti, reinserirle nel tessuto sociale», spiega la Fio.Psd (Federazione italiana organismi per le persone senza dimora) che con Iref (istituto di ricerche educative e formative) e in collaborazione con la Caritas ha redatto un report sulla situazione dei senza tetto in Italia lo scorso 26 novembre e che ora lancia un appello al Governo e al ministro Orlando per chiedere di agire subito. «Non dimentichiamoci degli ultimi!», dice Cristina Avonto, presidente della Fio.Psd, ricordando come con le temperature sotto zero siano già 25 i morti in strada.

L’organizzazione ricorda che l’Housing First (l’opportunità di entrare in un appartamento autonomo “senza passare dal dormitorio” godendo dell’accompagnamento di una equipe di operatori sociali direttamente in casa) costa in media 26 euro al giorno rispetto ai 30 euro giornalieri dei dormitori e i beneficiari vedono garantiti i loro diritti fondamentali: casa, residenza, lavoro e reddito. Le ricerche raccontano che in 8 casi su 10 la persona esce dall’isolamento, stabilizza il proprio benessere psico-fisico, si prende cura della propria salute, si impegna in attività di training e occupazioni di svago e in molti casi riprende i legami con familiari e amici. Sono storie di riscatto che ridisegnano il prodotto interno lordo della dignità di un Paese.

C’è Gian Maria, ad esempio, che per strada ci ha vissuto per cinque anni perché il suo orgoglio l’aveva sempre spinto a non chiedere aiuto ai dormitori pubblici. Gian Maria ha perso il lavoro, ha perso la casa ed è sopravvissuto fra i vagoni di un binario abbandonato frequentando le mense cittadine finché un suo compagno una notte non gli morì di fianco. Quando gli offrirono una casa la rifiutò, pretendeva un lavoro: «E come me la pago una casa se non ho un lavoro?», disse ai volontari. A 59 anni ora Gian Maria, che si sentiva a capo di un manipolo di soldati traditi dallo Stato, ha ricominciato piano piano a reinserirsi, ad affidarsi alle cure di uno psichiatra, a occuparsi di tutti i documenti che smettono di renderlo invisibile, ad appoggiarsi al reddito di cittadinanza e ora ha l’occasione di un lavoro.

C’è Anita che dopo la fine di una relazione si è ritrovata a chiedere ospitalità in un dormitorio e che ha vissuto una convivenza difficile con altre 6 donne. Trovare una casa ha avuto un effetto sorprendente: un crollo degli elementi di tensione e conflitto e una gioia incontenibile per la novità di un luogo da sentire come “casa propria”. Adesso ha un lavoro, la residenza e può incontrare a casa i suoi figli. Ci sono i racconti di chi ha vissuto l’angoscia della pandemia moltiplicata dall’essere per strada. Antonio racconta: «Uscivamo la mattina e non sapevamo dove andare, per evitare di incontrare la polizia, vagavamo per la strada in metro. Ci sentivamo braccati, evitavamo di fermarci perché altrimenti ci davano degli appestati. Vedere il panorama di una città vuota, senza auto e né persone, solo gabbiani».

«Troppe persone che da anni sono bloccate nel circuito dei servizi rendono evidente che il sistema è inefficace per fronteggiare le crisi – dice Giuseppe Dardes, coordinatore della Community italiana dell’Housing First -. Non possiamo sprecare questa opportunità. Persona al centro e responsabilità diffusa nella comunità: questi sono i due fattori chiave dell’efficacia di Housing First sia nell’esperienza italiana sia in quella della rete internazionale a cui Fio.Psd aderisce. Crediamo che si possa e si debba ripartire da qui per una nuova stagione della programmazione degli interventi per il contrasto alla grave emarginazione adulta».

La pandemia sta bloccando e scoraggiando gli ingressi nei ricoveri caritativi notturni, rendendoli anche più complicati per l’obbligo di eseguire il tampone. Tra i morti congelati e soli che riempiono qualche riga di giornali c’è anche Mario, 58 anni, deceduto il 6 gennaio vicino alla stazione Termini, a Roma. A pochi passi da lui c’era un albergo, vuoto per l’emergenza Covid. È la foto perfetta di un accoglienza possibile che viene respinta e lasciata sul marciapiede.

L’articolo La strage degli invisibili, il freddo uccide 25 senza tetto proviene da Il Riformista.

Fonte