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operazione insubria

Gli imprenditori codardi del nord. E la mafia ringrazia.

Ancora una volta tra le carte di un’operazione antimafia esce un quadro misero dell’imprenditoria lombarda. Ancora una volta la maggior parte dei giornalisti si sgola per raccontarci i riti mafiosi, i riti di iniziazione (e ha ragione Nando Dalla Chiesa a scrivere che ancora una volta la favoletta de “i colletti bianchi” viene smentita) e nessuna punta il dito contro una classe imprenditoriale che ritiene l’etica un ostacolo alla produttività.

Per fortuna Gabriella Colarusso ne scrive:

Fare affari con i clan: un gioco pericoloso.
Una falsa credenza, un idolum fori, per dirla col filosofo Francesco Bacone.
Questa è, secondo i magistrati dell’antimafia milanese – che con l’indagine Insubria hanno portato all’arresto di 44 presunti affiliati alla ‘ndrangheta tra Lombardia, Calabria e Sicilia -, la diffusa convinzione che, nel rapporto tra criminalità organizzata e imprenditoria, quest’ultima sia sempre e solo la parte lesa, l’anello debole della catena, la vittima.
Nella maggior parte dei casi, certo, lo squilibrio di forze tra picciotti con la pistola facile, adusi a minacce, estorsioni, intimidazioni, e imprenditori magari finiti nel giogo del racket per ingenuità o bisogno è enorme. E a favore dei primi.
QUELL’IMPRENDITORIA CHE FA AFFARI CON I CLAN. Ma accade e accade spesso che siano gli stessi commercianti, industriali o professionisti del terziario a cercare la Santa alleanza, convinti di poterne trarre benefici di mercato. Per poi scoprire magari di essersi resi schiavi di un meccanismo che non possono controllare e dal quale è difficile uscire.
Le inchieste condotte in questi anni in Lombardia, ossia «Infinito, Blue Cli, Valle-Lampada, Caposaldo», come annota il gip Simone Luerti negli atti dell’indagine Insubria, 
dimostrano «che l’imprenditoria non si limita a subire la ‘ndrangheta, ma fa affari con la stessa, spesso prendendo l’iniziativa per il contatto con la criminalità organizzata e ricavandone (momentaneamente) dei vantaggi».
Storie che si nascondono all’ombra delle periferie, dove l’occhio dei media spesso non arriva e fare affari per la ‘ndrangheta è più facile e sicuro.

Gli ‘ndranghetisti che riscuotevano crediti per conto degli imprenditori

Insubria illumina un pezzo di questa realtà. C’è la storia, per esempio, dell’imprenditore nato a Carate Brianza e residente in Svizzera, ora agli arresti, G.B.

Sarebbe stato lui stesso, secondo gli investigatori, a cercare le cosche e a incaricare il presunto ‘ndranghetista Michelangelo Chindamo di «riscuotere un preteso credito nei confronti» di un avvocato e di un commercialista svizzeri. E Chindamo, «avvalendosi di altre persone», non avrebbe esitato «a progettare e compiere numerosi atti di intimidazione» per raggiungere lo scopo, scrive il gip.
IL BARISTA CHE CHIAMA I CLAN PER DIFENDERSI DAGLI IMMIGRATI. Sempre a Chindamo si sarebbero rivolti poi un impresario 55enne di Como, operativo nel settore dei carburanti, per riscuotere un credito di 300 mila euro vantato nei confronti di un’altra azienda con sede a Lomazzo, dichiarata fallita nel 2012; l’amministratore delegato di una società di elettronica per recuperare un presunto credito di circa 1 milione di euro dai suoi clienti; il socio di un’azienda idraulica, anch’essa, presunta, creditrice. E persino il proprietario di un bar tabacchi, che avrebbe chiesto l’intervento degli ‘ndranghetisti «in quanto a suo dire minacciato da persone di origine extracomunitaria che si sono presentate presso il suo esercizio».

Anche al Nord si preferisce l’omertà: troppa sfiducia nelle istituzioni

Un «imponente numero di fatti intimidatori», scrivono gli inquirenti, quasi 500 dal 2008 a oggi, solo considerando i Comuni interessati dall’indagine, soltanto in minima parte vengono denunciati a causa «dell’omertà delle vittime (che sempre hanno dichiarato di non avere sospetti su nessuno e di non aver mai ricevuto pressioni o minacce di alcun tipo)».

L’altro aspetto del rapporto imprenditoria-criminalità messo in luce dall’inchiesta, infatti, è proprio questo: per ogni industriale, professionista o colletto bianco colluso, che trae vantaggio dalla relazione col potere mafioso, ci sono decine di altri imprenditori, commercianti o professionisti che si trovano poi costretti a subire violenza, ricatti e intimidazioni. E che per paura spesso non denunciano.
LA SFIDUCIA NELLO STATO. «Significativo il fatto che la totalità degli episodi intimidatori», scrive il gip nell’ordinanza, «(sia quelli dove si è risaliti a precise responsabilità, sia quelli dove gli autori sono rimasti ignoti) sono caratterizzati da una circostanza comune: le vittime, in sede di denuncia, riferiscono quasi sempre di non aver mai subito minacce».
Il che, spiega il gip, non può essere statisticamente sempre vero.
«Se le parti lese, a dispetto della gravità dei fatti subiti, non denunciano gli autori, ciò è dovuto a paura. I commercianti in questi casi preferiscono assicurarsi, sopportare i costi dell’illegalità subita, piuttosto che mettersi dalla parte dello Stato con una denuncia, che può essere foriera di guai peggiori».
Paura, sfiducia nelle istituzioni. E dall’altro lato convenienza quando non aperta mafiosità.

Operazione “Insubria”: i nomi degli arrestati

Gli arresti dell’operazione “Insubria“. Le persone arrestate oggi, quasi tutte residenti in Lombardia, per associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi sono:

CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE (35):

1. Puglisi Giuseppe, inteso “Melangiana”, 53 anni, nato a Messina e residente a Cermenate (CO), operaio, già coinvolto, sebbene poi assolto, nell’indagine del 1994 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “Fiori della notte di San Vito”. Nell’ambito della presente indagine, Puglisi Giuseppe è emerso quale “capo” del “locale di Cermenate”, in possesso della “dote” di “Quartino”.

2. Mercuri Antonino, inteso “Pizzicaferro”, 64 anni, nato a Giffone (RC) residente a Airuno (LC). Nell’ambito della presente indagine, Mercuri Antonino è emerso quale “capo” del “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Padrino”.

3. Mandaglio Antonio, inteso “Occhiazzi”, 60 anni, nato a Giffone (RC), residente a Carenno (LC), pensionato, già coinvolto, sebbene poi assolto, nell’indagine del 1994 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “Fiori della notte di San Vito”. Nell’ambito della presente indagine, Mandaglio Antonio è emerso quale “capo società” del “locale di Calolziocorte”, in possesso di “dote” pari o superiore a “trequartino”.

4. Chindamo Michelangelo, 61 anni, nato a Palmi (RC), residente a Cadorago (CO), già condannato per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti nell’indagine del 1994 sulla ‘ndrangheta in Lombardia “Fiori della notte di San Vito”. Nell’ambito della presente indagine, Chindamo Michelangelo è emerso quale “capo” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso della “dote” di “trequartino”.

5. Adducci Angiolino, 63 anni, nato a Grisolia (CS), residente a Lentate sul Seveso (MB), imprenditore, già condannato ad anni 3 di reclusione a seguito dell’indagine del 1996 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “Fiori della notte di San Vito 2”. Nell’ambito della presente indagine Adducci Angiolino è emerso quale “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della “dote” di “sgarro”.

6. Ambresi Pasquale, 55 anni, nato a Oppido Mamertina (RC), residente a Cadorago (CO), camionista. Nell’ambito della presente indagine Ambresi Pasquale è emerso quale “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della dote di “camorrista di sgarro”.

7. Monteleone Giuseppe, 25 anni, inteso “Baciulo”, nato a Cinquefrondi (RC), residente a Bregnano (CO), operaio. Nell’ambito della presente indagine Monteleone Giuseppe è emerso quale “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della dote di “camorra”.

8. Paviglianiti Marco, 30 anni, nato a Cantù (CO), residente a Lomazzo (CO). Nell’ambito della presente indagine Paviglianiti Marco è emerso quale “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso di una dote allo stato non determinata.

9. Puglisi Giovanni, 20 anni, nato a Cantù (CO), residente a Cermenate (CO), figlio dell’indagato Puglisi Giuseppe, “capo” del “locale di Cermenate”. Nell’ambito della presente indagine PUGLISI Giovanni è emerso quale “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della “dote” di “sgarro”.

10. Scali Giuseppe Salvatore, 78 anni, inteso “Tarzan”, nato a Grotteria (RC), residente a Cantù (CO), pensionato, già condannato ad anni 18 di reclusione per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, a seguito dell’indagine del 1994 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “I fiori della notte di San Vito”. Nell’ambito della presente indagine, Scali Giuseppe Salvatore è emerso quale “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della “dote” di “trequartino”.

11. Sciacca Filippo, 51 anni, nato a Giffone (RC), residente a Cadorago (CO), operaio. Nell’ambito della presente indagine Sciacca Filippo è emerso quale “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso di una dote pari o superiore alla “Santa”.

12. Valente Ivano Bartolomeo, 25 anni, nato a Cinquefrondi (RC), residente a Guanzate (CO), operaio, nipote dell’indagato Puglisi Giuseppe, “capo” del “Locale di Cermenate”. Nell’ambito della presente indagine Valente Ivano Bartolomeo è emerso quale “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della dote della “Santa”.

13. Condò Marco, 43 anni, nato a Lecco (LC), residente a Sotto il Monte Giovanni XXIII (BG), operaio, fratello degli indagati Condò Ivan e Condò Antonio, entrambi affiliati al “locale di Calolziocorte”. Nell’ambito della presente indagine, Condò Marco è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte” con funzioni di “Mastro di Giornata”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.

14. Buttà Giovanni, 52 anni, nato a Caronia (ME), residente a Calolziocorte (LC), già condannato per omicidio in concorso, operaio. Nell’ambito della presente indagine, Buttà Giovanni è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso di “dote” della “Santa”.

15. Condò Antonio, 44 anni, nato a Lecco (LC), residente a Torre de’ Busi (LC), camionista, fratello degli indagati Condò Ivan e Condò Marco, entrambi affiliati al “locale di Calolziocorte”. Nell’ambito della presente indagine, CONDÒ Antonio è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” pari o superiore al “Vangelo”.

16. Condò Ivan, 39 anni, nato a Lecco (LC), residente a Calolziocorte (LC), camionista, fratello degli indagati Condò Antonio e Condò Marco, entrambi affiliati al “locale di Calolziocorte”. Nell’ambito della presente indagine, Condò Ivan è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso di una “dote” allo stato non determinata.

17. Gozzo Rosario, 50 anni, nato a Giffone (RC), residente a Carenno (LC), operaio. Nell’ambito della presente indagine, Gozzo Rosario è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.

18. Lamanna Domenico, 64 anni, nato a Laureana di Borrello (RC), residente a Calolziocorte (LC), elettricista, già coinvolto, sebbene poi assolto, per i reati di associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti nell’indagine del 1996 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “I Fiori della notte di San Vito 2”. Nell’ambito della presente indagine, Lamanna Domenico è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso di “dote” pari o superiore alla “Santa”.

19. Mandaglio Bartolomeo, 56 anni, nato a Giffone (RC), residente a Vercurago (LC), imprenditore edile, cugino dell’indagato Valente Salvatore Pietro. Nell’ambito della presente indagine, Mandaglio Bartolomeo è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.

20. Mandaglio Luca, 30 anni, nato a Lecco, residente a Olgiate Comasco (CO), cameriere, figlio dell’indagatoMandaglio Antonio, “capo società” del “locale di Calolziocorte”. Nell’ambito della presente indagine MANDAGLIO Luca è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della dote della “Santa”.

21. Marinaro Giovanni, 54 anni, nato a Caronia (ME), residente a Calolziocorte (LC), imbianchino, già condannato per i reati di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti nell’indagine sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “Wall Street”. Nell’ambito della presente indagine, Marinaro Giovanni è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.

22. Montagnese Nicholas, 22 anni, nato a Lecco, residente a Torre de’ Busi (LC), rispettivamente nipote e pronipote degli indagati Valente Salvatore Pietro e Mandaglio Bartolomeo, entrambi affiliati al “locale di Calolziocorte”. Nell’ambito della presente indagine Montagnese Nicholas è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della dote di “picciotto”.

23. Panuccio Albano, 33 anni, nato a Oggiono (LC), residente a Dolzago (LC), operaio, rispettivamente figlio, nipote e cugino degli indagati Panuccio Albano, Panuccio Antonino e Gozzo Rosario, tutti ”affiliati” al “locale di Calolziocorte”. Nell’ambito della presente indagine Panuccio Albano è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Sgarro”.

24. Panuccio Antonino, 57 anni, nato a Giffone (LC), residente a Dolzago (LC), operaio, rispettivamente fratello e zio degli indagati Panuccio Michelangelo e Panuccio Albano, entrambi ”affiliati” al “locale di Calolziocorte”. Nell’ambito della presente indagine Panuccio Antonino è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.

25. Petrolo Francesco, 56 anni, nato a Giffone (RC), residente a Torre de’ Busi (LC). Nell’ambito della presente indagine, Petrolo Francesco è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “trequartino”.

26. Valente Salvatore Pietro, 48 anni, nato a Taurianova (RC), residente a Torre de’ Busi (LC), operaio, cugino dell’indagato Puglisi Giuseppe “capo” del “locale di Cermenate”, e dell’indagato Mandaglio Bartolomeo ”affiliato” al “locale di Calolziocorte”; padre dell’indagato minorenne Valente Manuel Bartolo e zio dell’indagato Montagnese Nicholas, entrambi affiliati al “locale di Calolziocorte”; Nell’ambito della presente indagine Valente Salvatore Pietro è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.

27. Varrone Vittorio, 41 anni, nato a Belcastro (CZ), residente a Lecco (LC), operaio. Nell’ambito della presente indagine, Varrone Vittorio è emerso quale “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” della “Santa”.

28. Gallo Fortunato, 62 anni, nato a Giffone (RC), residente a Carimate (CO), pensionato, già condannato ad anni 4 di reclusione a seguito dell’indagine del 1996 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “I fiori della notte di San Vito 2”. Nell’ambito della presente indagine Gallo Fortunato è emerso quale “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso della “dote” di “trequartino”.

29. Gentile Antonio, 38 anni, nato a Cittanova (RC), ivi residente, pizzaiolo, già condannato per reati in materia di stupefacenti, armi e rapina. Nell’ambito della presente indagine, Gentile Antonio è emerso quale “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso di una “dote” allo stato non determinata.

30. Greco Giuseppe, 31 anni, nato a Como, residente a Bregnano (CO), commerciante, già condannato per reati contro la persona. Nell’ambito della presente indagine, Greco Giuseppe è emerso quale “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso di una “dote” pari o superiore a “camorrista di sgarro”.

31. Iacopetta Salvatore, 39 anni, nato a Locri (RC), residente a Bulgarograsso (CO), camionista. Nell’ambito della presente indagine Iacopetta Salvatore è emerso quale “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso di una dote allo stato non determinata.

32. Larosa Michelangelo, 43 anni, inteso “Bocconcino”, nato a Giffone (RC), di fatto domiciliato a Milano, cognato dell’indagato Larosa Giuseppe (Polistena, RC, 20/07/1965), “capo” del “locale di Giffone”. Nell’ambito della presente indagine Larosa Michelangelo è emerso quale “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso di dote pari o superiore al “Vangelo”.

33. Mercuri Bruno, 62 anni, nato a Giffone (RC), residente a Bulgarograsso (CO), già coinvolto, sebbene poi assolto, per i reati di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti nell’indagine del 1996 sulla ‘ndrangheta in Lombardia “I Fiori della notte di San Vito 2”. Nell’ambito della presente indagine, Mercuri Bruno è emerso quale “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso della “dote” della “Santa”.

34. Rullo Alfredo, 59 anni, nato a Giffone (RC), residente a Cadorago (CO). Nell’ambito della presente indagine Rullo Alfredo è emerso quale “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso della dote della “Santa”.

35. Rullo Luciano, 47 anni, nato a Como, residente a Fino Mornasco (CO), cugino dell’indagato Larosa Salvatore, affiliato al “locale di Fino Mornasco”. Nell’ambito della presente indagine Rullo Luciano è emerso quale “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.

36. Massimo Iacopetta, 36 anni, nato a Locri (RC) e residente a Vertemate con Minoprio, nella cui abitazione è stata rinvenuta e sequestrata una pistola . Iacopetta era indagato in stato di libertà e destinatario solo di una perquisizione, poichè dalle intercettazioni effettuate durante le indagini erano emersi indizi circa il possesso da parte sua di armi illegalmente detenute; Iacopetta è stato arrestato in flagranza, per il possesso illegale di una pistola,

 

IN CUSTODIA CAUTELARE AGLI ARRESTI DOMICILIARI (3):

37. Bersani Giuseppe, 49 anni, nato a Carate Brianza (MB), residente a Gudo (Svizzera), imprenditore metallurgico.

38. Mirandi Renato, 46 anni, nato a Como, residente a Olgiate Comasco (CO), imprenditore.

39. Panuccio Michelangelo, 61 anni, nato a Giffone (RC), residente a Dolzago (LC), “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso di “dote” pari o superiore al “vangelo”.