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In medio stat PD

Il PD, i cerchiocentristi e il PDL dialogano sulla nuova legge elettorale (linko l’Unità per essere politicamente corretto) e succede di alzarsi la mattina ed essere addirittura d’accordo con l’invito di  Parisi che chiede  ai «cantori del bel tempo antico» di «gettare la maschera»: «La costrizione della quale i capipartito vogliono liberarsi non è quella a stringere alleanze che non vogliono loro, ma la costrizione a dichiarare prima del voto quelle che non vogliono i loro elettori».

Se la speranza non va dai Monti

‎”Berlusconi va ringraziato, nel ’94 ci salvò dalla Sinistra di Occhetto e avviò la rivoluzione liberale in Italia.” (Mario Monti a ‘8 e mezzo’)

Diceva Bacone che la speranza è un’ottima colazione ma una pessima cena, diceva Andreotti Belzebù i miei amici che facevano sport sono morti da tempo, ho visto la prima repubblica, forse anche la seconda e mi auguro di vedere anche la terza: la terza Repubblica è un’Araba Fenice che rinasce sotto l’ala delle solite parole che rimbombano generaliste chiedendo responsabilità, urgenza e credibilità. Se Monti è il crocevia del cambiamento allora è proprio vero che la speranza è la carota con il fazzoletto arancione che sventolano sotto il naso per dirci che dobbiamo avere fede. E non mi piace per niente un Governo Monti perché non mi piace un’Europa che determina le scelte politiche sottraendole mica ai governanti irresponsabili che non sanno governare (questo in fondo ce lo siamo sempre augurati tutti) ma al voto degli elettori. E se le scelte “tecniche” sono figlie dell’economia che per ingordigia ci ha portato fin qui, allora il primato della politica lo rivendico. Anche con il rischio di essere poco attuale. E perché uno scenario con il maggiore partito del (centro)centrosinistra che per responsabilità (CIT. scilipoti) appoggia i nomi incredibili (nel senso di ‘non più credibili’) che si sentono in queste ore, non farà altro che indignare di più gli indignati, sistemare i conti e le cose prima delle persone e avere il fascino di un cambiamento sott’aceto. E viene il dubbio che alcuni democratici quando parlavano di ‘nuovo Ulivo’ pensavano a questo.
Citando Odifreddi su Mario Monti: L’altissimo merito di quest’ultimo è di essere stato commissario europeo con deleghe economiche, dal 1994 al 1999 per nomina del primo governo Berlusconi, e dal 1999 al 2004 per nomina del primo governo D’Alema. Oltre che di essere stato presidente della famigerata Commissione Trilaterale, una specie di massoneria ultraliberista statunitense, europea e nipponica ispirata da David Rockefeller e Henry Kissinger.
Ci voleva un ex sedicente comunista dell’area migliorista, per formalizzare attraverso la persona di Monti il ruolo extraparlamentare dell’economia liberista che sta condizionando l’Europa intera attraverso le politiche della Banca Centrale (oggi presieduta da Mario Draghi, ex collega di Monti come consulente della Goldman Sachs), del Fondo Monetario Internazionale e delle borse.
E’ probabile che la nomina di Monti sia un giochetto da Prima Repubblica, per poter presentare a giorni la sua promozione a primo ministro come “istituzionale”. Quando invece si tratterà di un esautoramento della volontà popolare, visto che Monti avrà anche ricevuto nomine governative e presidenziali, ma certo non è mai stato eletto dagli elettori.
Quegli stessi elettori che tutti dicono di ritenere sovrani, ma che nessuno si degna di interpellare per domandar loro come intendano superare la crisi. Se svuotando le proprie tasche, come ha già mal iniziato a fare il governo Berlusconi, e come peggio continuerà a fare il governo Monti. O se invece attingendo ai portafogli delle banche e degli industriali, alla faccia dei Monti, dei Draghi e dei Berlusconi.

E l’onda arancione è il limoncello offerto dalla casa.

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Se Renzi (avrei voluto scriverlo io)

Ma l’ha fatto meglio Gennaro CarotenutoCosa vende il Renzi, se non l’adesione piena al modello economico che ci ha portati al disastro, con Marchionne “senza sé e senza ma”, e con la lettera della BCE come programma politico –dichiarato- da applicare pedissequamente come se Trichet fosse Mosé?
Spero di sbagliare, ma mi pare che nessuno abbia parlato di “beni comuni”. Come nessuno ha fatto riferimento agli “indignati” che dal Cairo a Madrid a Santiago fino a Wall Street (dove di banda larga ne hanno a pacchi e le startup nascono come funghi) stanno palesando quanto il modello economico dal quale Renzi non si differenzia mai, non sia affatto – neanche negli Stati Uniti dove i neolaureati sono sepolti dai debiti – pensato per favorire i gggiovani e il merito, ma solo i ricchi e i ben nati. Non perché tu debba andare ad occupare Wall Strett, ma neanche puoi far finta che nulla sia successo nell’ultimo decennio, che la crisi non sia sistemica e che basta fare come in America per far rifiorire l’Italia… Sta roba, Matteo, andava bene al tempo di Clinton e della bolla della new economy, non dopo il 2008 e mi sa che quello vecchio qui sei tu.

Cabaret Lombardia. Rifacciamola insieme. Subito.

Formigoni contesta la manovra e dichiara morto il federalismo. La Lega attacca Formigoni mentre il leghista sindaco Fontana guida la rivolta contro la manovra del suo partito a Roma. Manifestano tutti contro sè stessi: in piazza contro le poltrone che hanno ancora la loro forma di culo (si può dire?). Nel centrocentrosinistra qualcuno sottovoce dice ‘per fortuna è successo a loro’. E quelli che qualche settimana fa rassicuravano di volere le provincie oggi dicono sì ma con qualche ni: tutti contro le provincie tranne la propria.
C’è da fare respirare la Lombardia migliore che c’è già, anche se seppellita da questo cabaret di incapaci. Cominciare a costruirla. Subito. Togliendo le foglie secche di chi ha l’orecchio solo sui prossimi posti a Roma, cancellando i lobbisti rossi ma identici agli azzurri, e ritornando alle persone piuttosto che alle cose. Perché la gente, anche in Agosto, ha le idee per una regione ventosa e bellissima.

Chi rappresenta Carmela Rozza?

Davvero. Mi piacerebbe saperlo. Perché dopo il tipico innamoramento estivo da villaggio turistico per Bottino Craxi adesso diventa la più puntuta critica della questione islamica. È l’anima leghista del PD (di cui è capogruppo, mica briciole) o semplicemente bisogna scontare per qualche mese la delusione della poltrona non ottenuta? Non per altro, ma se continua così rischia di farmi diventare simpatico perfino Stefano Zamponi(che mica per niente l’aveva calmata con una querela qualche mese fa).

Carmela Rozza e Bettino Craxi

La capogruppo del PD in Consiglio comunale a Milano è d’accordo su una via per Bettino. Su Craxi gli schieramenti sono divisi. Se il portavoce di Berlusconi Paolo Bonaiuti è entusiasta, il no della Lega è smorzato dal ministro Luca Zaia. Nel Pd sono favorevoli i consiglieri comunali Carmela Rozza e Natale Comotti (un ex socialista uscito dal partito prima di Tangentopoli) e il consigliere provinciale Roberto Caputo, purché si scelga viale dell’Innovazione alla Bicocca, quartiere simbolo del lavoro. Segnatevelo.

Il lodo della pacatezza democratica

Ha una fotografia nella pacatezza della politica spessa di Stefano Menichini. Peccato che sia pacatamente fallito il progetto del “C’è però un modo solo per “tenere” rispetto a questi pericoli. Rigore interno, selezione feroce, semplificazione delle procedure (nelle cui complicazioni si annida il virus della corruzione) e soprattutto mai, mai, anteporre l’appartenenza politica o di gruppo nella valutazione dei casi singoli”. E che ci si aspetti reazioni giuste oggi. Prima della proposte giuste. (Per inciso, l’autosospensione dalla vicepresidenza tecnicamente non esiste. Ad oggi è vicepresidente ma non esercita).

Si sfilaccia il Governo, fuori i contenuti

Abbiamo passato anni a sentirci dire che nel lato “democratico” del Paese era necessario (e utile) smussare gli angoli e democristianare gli animi per non rimanere schiacciati dal berlusconismo. E mentre tutti si esercitavano in un opposizione sempre più pia e a tratti reverenziale abbiamo reso possibile che un uomo come Mister B. e le sue cricche diventassero un “sistema” stabile, collaudato e proprietario delle istituzioni. In una lenta e nemmeno sotterranea OPA lanciata con successo alla res publica.

Alla mia generazione hanno detto di stare tranquilli, di non fare colpi di testa, di non scialacquare la nostra giovinezza in attesa di ottenere il certificato DOC dello spettatore prematuramente disarmato mentre vede e commenta i giochi di Palazzo. Ci hanno raccontato che non bisognava attaccarlo frontalmente ma giocare di sponda (chissà, forse per un attaccamento alle buone maniere) in un’opposizione che a guardarla oggi ha l’odore acre del “concorso interno”. Ci hanno fatto raccontato che erano tutti impegnati nell’esercitare la propria “vocazione maggioritaria” per costruire visioni e progetti per il paese e oggi, al primo spiraglio, balbettano Tremonti come neo statista salvifico e una coalizione “magna” (nel senso latino e romanesco del termine) con centristi adescatori di niente e neo legalitari con la firma in calce alle leggi-regalo alla mafia e al riciclaggio di questi ultimi anni.

Abusare della pazienza degli onesti è un gioco vile e codardo tanto quanto opprimerli e, ora, la misura è colma. Quello che stiamo vivendo non è né uno sfascio né una crisi: è un’opportunità. Il momento che si aspettava per esporre i modi e i contenuti. In poche parole per raccontare e illustrare la propria identità. E allora dica il PD se è voglioso di andare a braccetto con questo “nuovo” centro che cambia i simboli ma mai le facce, ci dicano i finiani quanto oltre a pentirsi sono disposti a correggere, scendano in campo i movimenti con il proprio diritto costituzionale a manifestare e (finalmente) anche a pretendere.
Con chiarezza, onestà intellettuale e senza remore. Ognuno con la fierezza della propria posizione, se serve. Ma non perdiamo l’occasione del riassestamento per pescare ancora una volta nelle zone d’ombra, ritrovandoci con una valigia di consenso che non possiamo e non vogliamo rappresentare. Il Governo bollito racconta la fine della strategia del grigio e della chiarezza ad intermittenza. Qui fuori c’è il partito più grande d’Italia, senza colonnelli né nominati: il Partito degli astensionisti. Costruiamo coerenza, concretezza e partecipazione e ripartiremo a discutere di lavoro, famiglia, scuola e salute. Con fuori tutti i corrotti e i corruttori di una mignottocrazia che oggi non interessa a nessuno.
È saltato il tappo, fuori i contenuti.