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Matteo risponde (male)

«Il regime saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico… è grazie a Riyadh che il mondo islamico non è dominato dagli estremismi». Lo ha detto il leader di Italia Viva in una intervista in cui ha parlato del suo viaggio in Arabia Saudita. Dove c’è una costante violazione dei diritti umani

Ieri Matteo Renzi è stato intervistato da Maria Teresa Meli per il Corriere della Sera. Chiamarla intervista in realtà è una parola grossa visto che l’ex premier, come spesso accade, ha potuto comiziare per iscritto praticamente intervistandosi da solo, come piace a lui. Poiché ormai la notizia del suo viaggio in Arabia Saudita è diventato un fatto non scavalcabile il senatore fiorentino è stato costretto a rispondere sul punto (senza rispondere, ovvio) e ha inanellato una serie di panzane che farebbe impallidire anche il più sfrontato dei bugiardi ma che Renzi invece ha sciorinato come se fosse un dogma.

«La accusano di avere fatto da testimonial del regime saudita», dice Maria Teresa Meli e l’ex presidente del Consiglio risponde: «Sono stato a fare una conferenza. Ne faccio tante, ogni anno, in tutto il mondo, dalla Cina agli Stati Uniti, dal Medio Oriente alla Corea del Sud. È un’attività che viene svolta da molti ex primi ministri, almeno da chi è giudicato degno di ascolto e attenzioni in significativi consessi internazionali». Renzi non è andato a fare una semplice conferenza ma siede nel board della fondazione Future investment initiative che fa capo direttamente al principe Bin Salman e per questo è pagato fino a 80mila euro all’anno. Non era lì in veste di conferenziere ma è uno dei testimonial dell’organizzazione di queste iniziative. La differenza è notevole, mi pare. Poi: Renzi dice che molti ex primi ministri svolgono questa stessa attività ma dimentica di essere un senatore attualmente in carica, l’artefice principale di questa crisi di governo, un membro della commissione Difesa nonché lo stesso che chiedeva di avere in mano la delega ai Servizi. Se non vedete qualche problema di conflitti di interessi allora davvero risulta difficile perfino discuterne.

Poi, tanto per leccare un po’ il suo narcisismo e il suo odio personale per Conte Renzi aggiunge: «Sono certo che anche il presidente Conte, quando lascerà Palazzo Chigi, avrà le stesse opportunità di portare il suo contributo di idee». Roba da bisticci tra bambini. E addirittura rilancia: «E grazie a questo pago centinaia di migliaia di euro di tasse in Italia». Capito? Dovremmo ringraziarlo che paga le tasse. Dai, su.

Ma il capolavoro dell’intervista renziana sta in queste due frasi: «Il regime saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico» e «Se vogliamo parlare di politica estera diciamolo: è grazie a Riyadh che il mondo islamico non è dominato dagli estremismi». E in effetti il senatore di Rignano deve avere dimenticato che 15 su 19 degli attentatori dell’11 settembre fossero sauditi (incluso Osama bin Laden) ma soprattutto che l’Arabia Saudita finanzi l’estremismo con molta indulgenza e pratichi l’estremismo proprio come forma di governo. Come quelli che sono interrogati in storia e non l’hanno studiata Renzi fa la cosa che gli viene più semplice: la riscrive. Infine, tanto per chiudere in bellezza, promette in futuro di rispondere «puntigliosamente in tutte le sedi» ventilando querele. Perfetto. Ovviamente nessuna osservazione da parte della giornalista: in Italia la seconda domanda è un tabù che non si riesce a superare.

Sarebbe anche interessante sapere da Renzi cosa ne pensi del “costo del lavoro” in Arabia Saudita che ha detto di invidiare, se è informato del fatto che il 76% dei lavoratori sono stranieri sottopagati che vivono in baracche malsane e che sono, di fatto, proprietà privata dei loro padroni che fino a qualche tempo fa addirittura tenevano i passaporti dei loro dipendenti come arma di ricatto per rispedirli a casa e che la situazione delle donne è perfino peggiore con “sponsor” che si spingono fino agli abusi psicologici e sessuali sulle loro dipendenti facendosi forza sul Corano che nella teocrazia saudita detta le leggi. E chissà se Renzi ha avuto il tempo almeno di leggersi una paginetta su Wikipedia (senza chiedere troppo) che dice chiaramente: «L’Arabia Saudita è uno di quegli Stati in cui le corti continuano a imporre punizioni corporali, inclusa l’amputazione delle mani e dei piedi per i ladri e la fustigazione per alcuni crimini come la cattiva condotta sessuale (omosessualità) e l’ubriachezza, lo spaccio o il gioco d’azzardo. Il numero di frustate non è chiaramente previsto dalla legge e varia a discrezione del giudice, da alcune dozzine a parecchie migliaia, inflitte generalmente lungo un periodo di settimane o di mesi. L’Arabia Saudita è anche uno dei Paesi in cui si applica la pena di morte, incluse le esecuzioni pubbliche effettuate tramite decapitazione».

Non c’è che dire: è proprio aria di Rinascimento. Davvero. O forse semplicemente Renzi ha detto la verità: lui invidia un mercato del lavoro così, dove il Jobs Act è stato scritto proprio come lo sognano i ricchi padroni.

Buon lunedì.

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L’arabo fenice

Prostrato al regime saudita in Arabia, alla disperata ricerca di visibilità in Italia. Ci sono due Renzi diversi, entrambi inopportuni, che meritano di essere osservati per avere contezza dello stato attuale di crisi

Dunque ieri abbiamo avuto l’occasione di assistere in differita al doppio Matteo Renzi, quello in versione zerbino di fronte al principe saudita Bin Salman e quello che fa la voce grossa nella crisi politica che lui stesso ha provocato in piena pandemia. Sono due Mattei così lontani tra di loro, probabilmente anche molto inopportuni nei tempi, che meritano di essere osservati per avere contezza dello stato attuale di crisi che non è solo politica ma forse e soprattuto di credibilità.

Il Renzi prostrato ai sauditi (per la modica cifra di 80mila euro l’anno) è quello che da senatore della Repubblica, da membro della commissione Difesa, quello stesso che da mesi vorrebbe avere in mano la delega ai Servizi segreti, riesce a fare la velina per il principe Bin Salman con il suo inglese alla Alberto Sordi celebrando l’Arabia Saudita (terra di principesca violenza e di diritti negati) come “terra di un nuovo Rinascimento” insozzando un po’ della sua Firenze di cui si sente padrone, è lo stesso Renzi che riesce a dirgli «non mi parli del costo del lavoro a Ryad, come italiano io sono geloso» dimenticando che da quelle parti siano vietati i sindacati (e quindi i diritti) e le manifestazioni (chissà cosa ne pensa l’ex ministra Bellanova), quello che si fa chiamare ripetutamente “Primo ministro” per celebrare e per autocelebrarsi. Una scena imbarazzante nei modi e nei contenuti da cui i renziani si difendono nel modo più bambinesco e cretino ripetendo all’infinito “e allora gli altri?” come avviene tra bambini dell’asilo.

Il Renzi italiano invece è quello che dopo il colloquio con Mattarella si ferma per un’ora davanti ai giornalisti scambiando come al solito una conferenza stampa per un comizio e raccontando ancora una volta un’impressionante serie di balle infilate una dopo l’altra, riducendo ancora tutta la crisi di governo alla difesa del suo partitino politico (indignato perché c’è qualcuno che non vuole più trattare con lui) e spiegando ai giornalisti di non avere posto veti su Conte al Presidente della Repubblica per poi smentirsi pochi minuti dopo con un suo stesso comunicato che invece chiede che l’incarico venga dato a un’altra personalità. «Oggi non si tratta di allargare la maggioranza ma di verificare se c’è una maggioranza: se vi fosse stata una maggioranza, non saremmo stati qui ma al Senato per votare la fiducia a Bonafede», ha detto ieri Renzi nel tentativo di fermare il tempo in questa fase che gli regala un po’ di visibilità e temendo tremendamente lo spettro delle elezioni che lo farebbero scomparire. Poi, sempre in nome della sua coerenza, è riuscito a stigmatizzare la nascita di un nuovo gruppo in Parlamento dimenticandosi che la sua stessa Italia viva sia frutto dello stesso trucco parlamentare. Ma si sa: per Renzi le stesse identiche azioni hanno dignità differente se è lui a compierle o se sono gli altri.

E così tra liti e tentativi di riconciliazioni si trascina una crisi politica che diventa ogni giorno di più una barzelletta, sfiancante per i toni e la bassezza dei protagonisti, sfiancante perché avviene in un momento di piena pandemia.

E viene voglia di dirsi che finisca tutto presto, il prima possibile.

Buon venerdì.

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Rendiamoci conto: con questa crisi si torna a parlare di Berlusconi presidente della Repubblica

La prima conseguenza della crisi di governo del Conte bis si annusa nell’aria, si legge sui giornali e circola tra i social: la destra, ringalluzzita dai problemi del governo, si spinge addirittura dove non ha mai osato e Silvio Berlusconi, quello stesso Berlusconi che negli ultimi anni galleggiava nella sua inconsistenza politica e tra i problemi dati dai suoi processi, improvvisamente si ridesta e diventa addirittura papabile per la presidenza della Repubblica.

Un disastroso capolavoro, non c’è che dire, se non fosse che il rischio è molto più concreto di quello che sembra. Matteo Salvini, interpellato sull’argomento a Non è l’Arena su La7, risponde: “Berlusconi candidato a presidente della Repubblica? Se mi chiede il mio parere personale, le dico di sì: secondo me può ambire al Quirinale“.

Con un anno di anticipo il leader leghista avanza la candidatura del leader di Forza Italia al Colle e in mente ha un piano perfetto: togliersi l’impiccio del Cavaliere decaduto in un centrodestra in cui tutti vogliono essere leader, assicurarsi una presidenza della Repubblica rassicurante e amica e spingere Silvio a non cedere a nessuna tentazione di governi di unità nazionale insistendo su nuove elezioni.

Avrebbe potuto essere solo una boutade (una delle tante) del leader leghista, se non fosse che la palla è stata presa subito al balzo dal deputato di Forza Italia Gianfranco Rotondi, che è corso a dichiarare: “Berlusconi è stato il fondatore della Seconda Repubblica, del bipolarismo, del centrodestra”. “In questo momento – ha continuato Rotondi – il centrodestra è maggioranza elettorale nei sondaggi e nel ‘sentiment‘ del Paese. L’elezione di Berlusconi al Quirinale sarebbe naturale, legittima e pacificatrice. Sarebbe, sarà”.

Così l’ex datore di lavoro del mafioso Mangano, l’amico intimo del condannato Marcello Dell’Utri che per conto di Berlusconi faceva da tramite con Cosa Nostra, un condannato in via definitiva per frode fiscale, l’imputato nel processo Ruby ter, l’indagato dalla procura di Firenze come presunto mandante occulto della stragi mafiose del 1993 di Milano, Roma e Firenze, quest’uomo oggi si ritrova tra i papabili presidenti della Repubblica.

Lega e Forza Italia si dicono già d’accordo, Giorgia Meloni per ora osserva e tace in attesa di prendersi la leadership del centrodestra. E nell’Italia del 2021 si discute di qualcosa che sarebbe stato osceno anche solo ipotizzare fino a qualche mese fa. Un altro piccolo capolavoro, sicuro.

Leggi anche:  1. La malattia morale e politica di chi invoca il ritorno di Berlusconi (di Marco Revelli) / 2. Il governissimo con Berlusconi è il simbolo di una politica marcia voluta da certi salotti e certe redazioni (di Luca Telese)

L’articolo proviene da TPI.it qui

L’osceno teatrino

Quando qualcuno provoca una crisi di governo bisognerebbe capire esattamente cosa abbia in testa. Se si va a rileggere le parole della conferenza stampa di Matteo Renzi pare ovvio che in Italia esista un serio problema di democrazia (l’ha detto a chiare lettere lui) e che Giuseppe Conte sia il male generatore di tutti i mali di tutti gli italiani. Per carità, ognuno è libero di fare ciò che vuole, assumendosene tutte le responsabilità, però provocare una crisi, soprattutto in questo momento, e poi ribussare alla porta per chiedere di rientrare è qualcosa che sfugge a ogni logica. “Se il presidente del consiglio Conte scioglie alcuni nodi irrisolti all’interno della maggioranza di governo, noi ci siamo”, ha detto ieri il renziano Davide Faraone. “Se Conte fa marcia indietro siamo pronti”, ha aggiunto. Sulla stessa linea anche la ministra Bellanova che dice al Pd “ci uniscono tante cose, disponibili a fare ripartire l’agenda di governo”. Al di là del dato politico c’è anche un dato prettamente comunicativo: se Renzi pensa di essere un grande comunicatore dovrebbe osservare che la sua mossa è incomprensibile ai più.

In mezzo c’è Conte che sogna di personalizzare la sfida. E questa non è una buona notizia, no, per niente. Perché raccogliere qualche votastro in giro per il Senato, nonostante rientri legittimamente nei meccanismi di una democrazia parlamentare, non è mai un bel vedere e non lascia certo l’idea di un governo forte e che possa durare. Continua a ripetere di voler andare alla conta ma alla conta i conti non tornano. La politica è una ridda di opinioni ma la matematica è fatta dai numeri e i numeri mancano. La svolta editoriale di chi ha fucilato con quintali di editoriali i cambi di casacca in Parlamento e che ora parla di “responsabili” e di “costruttori” non è un bel vedere. Anche questo, almeno questo, anche no.

Le crisi di governo denudano tutti e tutti ne escono peggiori. Siamo perfino riusciti a riabilitare quel Clemente Mastella, sì, proprio quello, non è un omonimo, chiamato alla pesca a strascico per raccogliere gente. In sostanza si ripetono ciclicamente le stesse dinamiche e quelli che prima le condannavano ora si impegnano a nobilitarle provando a sputare un dizionario nuovo e così tutto si capovolge, perde di senso, perde serietà. Negli ultimi giorni si è discusso a lungo di una telefonata privata tra Calenda e Mastella resa pubblica dal candidato al Campidoglio (che ha un solo parlamentare, uno solo). Pensate come ci siamo ridotti.

Ora si attendono gli ultimi sviluppi. E in fondo la sensazione è quella, ancora una volta, di avere assistito a uno svilente teatrino. Chissà chi ci guadagna, chissà chi ci ha guadagnato. Chissà se ce lo meritavamo, un inizio anno così.

Buon lunedì.

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La sindaca della Lega arrestata perché negava aiuti alimentari ad anziani soli e stranieri

Se vi serve la rappresentazione plastica del leghismo nella sua forma già truce, quello che in nome dello slogan “prima gli italiani” in realtà mette per primi gli interessi personali egoriferiti di chi sdogana l’egoismo come rivendicazione politica, allora basta fare un giro a San Germano Vercellese, dov’è sindaca Michela Rosetta.

La sindaca Rosetta è una che era finita sulle pagine di cronaca per le solite crociate razziste che serpeggiano tra i salviniani, una che aveva deciso di vietare i giochi del parco della città ai figli degli extracomunitari (badate bene: solo gli extracomunitari) che non pagavano la retta della mensa.

Rosetta è agli arresti domiciliari, col suo vice e due addetti comunali, con l’accusa di falsità materiale e falsità ideologica in atto pubblico commessa da pubblico ufficiale, abuso d’ufficio e distruzione di beni sottoposti a vincolo culturale.

In sostanza le forze dell’ordine hanno scoperto che i soldi che avrebbero dovuto essere a disposizione per le derrate alimentari acquistate al Comune per lenire l’emergenza finivano a persone che non ne avevano bisogno (c’è da scommetterci, amichetti della suddetta sindaca), lasciando fuori invece alcuni anziani non autosufficienti e ovviamente gli stranieri.

Non solo: con quei soldi la sindaca e la sua cricca si compravano mazzancolle e capesante da portare a casa e consumare in famiglia. Perché, si sa, per loro “la famiglia” è tutto, soprattutto la loro famiglia.

A fare scattare le indagini è stata proprio una cittadina straniera in forte difficoltà economica che aveva denunciato il fatto di essere stata arbitrariamente cancellata dal registro degli aiuti (chissà perché anche questo non stupisce).

Tra le altre cose si è scoperto anche che la sindaca Rosetta avrebbe provocato un crollo di una porzione della facciata della chiesa (a proposito della religione che loro sventolano con presepi e crocifissi) per poterne giustificare poi la conseguente demolizione che tornava comoda per i piani della prima cittadina.

C’è dentro tutto: c’è la gestione egoistica della cosa pubblica per solleticare con un po’ di razzismo i proprio elettori e per riempire le pance della propria cerchia, c’è l’incapacità di rispettare le regole (proprio loro che gridano “ordine e disciplina”) per mungere soldi e occasioni, c’è la stortura di ritenere il proprio ruolo politico una possibilità di “pieni poteri” per fare ciò che gli pare.

E questi sono gli stessi che vorrebbero rivendersi come salvatori in questo periodo nero. Dai, anche no, grazie.

Leggi anche: L’assessore di FdI in Veneto canta “Faccetta nera” alla radio. C’è una destra ormai oltre la vergogna (di G. Cavalli)

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Demolition man

Basta mettere in fila un po’ di commenti internazionali sull’ultima mossa politica di Renzi per capire quanto sia pessima l’opinione di lui che hanno i giornali esteri

Vi ricordate quando Renzi e i renziani volevano convincerci che la stampa internazionale impazzisse per lui e che solo grazie a lui l’Italia brillava nel mondo? Bene, ecco. Oggi proviamo solo a mettere in fila un po’ di commenti internazionali sull’ultima mossa politica di Renzi, perché ne vale la pena, perché rende l’idea e perché in fondo così il buongiorno si scrive praticamente da solo.

Demolition man Renzi mette sotto sopra Roma” è il titolo del Financial times, che scrive: «La crisi italiana minaccia di ostacolare il Recovery plan di Bruxelles». E poi aggiunge: «La mossa di Renzi potrebbe essere stata pensata per rafforzare il potere di interdizione del suo piccolo partito e la sua stessa immagine personale, ma potrebbe facilmente ritorcersi contro di lui, mentre il Paese combatte la pandemia».

Il Guardian scrive che la manovra «largamente impopolare» di Renzi arriva «nel momento peggiore possibile per l’Italia» e «lascia gli osservatori perplessi riguardo alle motivazioni». Nonostante siano stranieri hanno ben in mente i motivi della crisi: «La sua popolarità è crollata da quando ha dovuto dimettersi da premier dopo il fallito referendum del 2016. Italia viva nei sondaggi ha meno del 3% dei voti».

Andiamo avanti. El Paìs scrive di un «momento delicatissimo e difficile da spiegare». Il settimanale tedesco Die zeit scrive: «Con richieste sempre nuove» Renzi «ha portato alla caduta della coalizione di governo in Italia. Dietro c’è un calcolo di potere: il suo partito è basso nei sondaggi». «Renzi – conclude l’articolo – vuole far parte del prossimo governo», sia esso una riedizione «della coalizione precedente» sia nella forma di «una soluzione di tutti i partiti». «Ma se questo accadrà è scritto nelle stelle. È anche concepibile che Conte cerchi nuovi sostenitori tra i piccoli partiti di centro in Parlamento – e Renzi sederebbe poi all’opposizione senza alcuna influenza. O che si arrivi a nuove elezioni – e Italia viva lascerebbe quasi certamente il Parlamento. Renzi potrebbe allora passare alla storia come qualcuno che si è suicidato per paura della morte».

In Francia Le Figaro scrive: «Chi si assumerà la responsabilità della caduta del governo italiano in un momento in cui l’Italia sta attraversando una crisi senza precedenti?».

Insomma, un successo per Matteo. Pensate che aspirava alla Nato. Direi che anche questa missione è miseramente fallita.

Intanto la ministra Bonetti, quella che è stata dimessa da Renzi in una conferenza stampa che è stata tutto un attacco, ieri ha dichiarato: «Le mie dimissioni sono lo spazio perché questo tavolo si apra per le risposte da dare al Paese. Noi sgombriamo il campo, adesso si faccia la politica, noi ci stiamo». Aggiungendo di essere disposti a rimanere in maggioranza. Ettore Rosato, vicepresidente della Camera e presidente di Italia viva, è riuscito perfino a dire: «Se ci sono risposte concrete non abbiamo preclusioni rispetto a Giuseppe Conte».

Sempre peggio.

Buon venerdì.

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Gli ultimi barlumi di Narciso

Il più grande pregio di Renzi è anche il suo più grande difetto: riesce a irrompere nella scena politica dicendo parole sconclusionate che funzionerebbero in bocca a qualcuno che non abbia la sua storia, le sue alleanze, il suo ruolo e quello del suo partito e invece lui, con calma serafica, riesce veramente a farci credere che sia convinto davvero di quello che dice.

Così ieri Renzi, quello che vorrebbe spersonalizzare la politica, annuncia il ritiro dei suoi componenti del governo (le ministre Bellanova e Bonetti più Scalfarotto) accusando Conte di averle usate solo come “segnaposto” e lo fa usando i suoi compagni di partito come segnaposto al suo fianco mentre rovescia sugli altri le sue stesse politiche patologiche. Fa un po’ senso come trucco però evidentemente funziona. Meglio: lui è convinto che funzioni nonostante tutti i numeri di tutti i sondaggi dicano che questa crisi non l’ha capita nessuno e che la maggioranza degli italiani sia convinta che sia tutta una mossa personale dell’ex Matteo.

Però lui, Renzi, ieri è riuscito con il suo risicato 2% a tenere incollati i giornali e le televisioni come piace a lui, con quell’aspettativa che evidentemente gli procura l’adrenalina che gli serve per sentirsi vivo e con il suo bel faccione che oggi campeggia su tutti i giornali. A lui basta questo, a lui serve questo, del resto il suo scambiare la visibilità per consenso l’ha già portato a boicottarsi con le sue stesse mani.

Comunque il punto politico è che Renzi ritira le ministre e poi si dice pronto a qualsiasi scenario. Tradotto: ho fatto casino ma mi raccomando se riuscite tenetemi dentro. Poi dice di non avercela con nessuno. Tradotto: io amo me stesso e odio chi non mi ama, non è questione di contenuti o di persone ma è solo una questione della mia persona. Poi dice che non spetta a lui decidere il futuro. Tradotto: ho combinato caos per farvi rumorosamente sentire che esisto anch’io ora sta a voi provare a ricomporre le macerie. Però dice di essere pronto a discutere di tutto. Tradotto: dai, va bene, continuiamo a parlare di me.

Fuori intanto crescono i numeri di contagi e continua il tragico conto dei morti. Poi ci sono le aziende che chiudono, le attività in sofferenza e una caterva di rinchiusi che conta i danni dei propri tormenti. Ma Narciso sorride specchiandosi. C’è di buono che sono gli ultimi barlumi. Del resto per riuscire a specchiarsi ha dovuto inventarsi un partito che non esiste là fuori ma rimane un’esperienza extraterrestre favorita dai meccanismi parlamentari.

Buon giovedì.

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Dino Giarrusso (M5S) a TPI: “Avanti con Conte senza Renzi, ora trattiamo per un governo con altri partiti. Ma no impresentabili”

Sulla crisi di governo in corso abbiamo intervistato per TPI Dino Giarrusso, parlamentare europeo del Movimento 5 Stelle.
Giarrusso, a che gioco a sta giocando a Renzi?
“Sta giocando al gioco ‘fai male all’Italia’, un gioco che non mi piace per niente. Qui il problema sono gli italiani e le loro vite: nessuno dotato di coscienza può pensare di provocare una crisi di governo in questo momento. Lo sappiamo tutti. Lo dicono gli osservatori europei. Siamo stati anni a dire ‘ce lo chiede l’Europa’ e ora sappiamo benissimo che l’Europa, i mercati, il mondo, ci chiedono stabilità, non certo di andare alla crisi o alle elezioni. Benché tutti sappiamo che questa è una scelta che fa male agli italiani, viene dato un enorme spazio mediatico a Renzi e al suo modo, suggestivo e imbarazzante ad un tempo, di raccontare le cose. Ha giornalisti molto amici che sostengono questa visione delirante della realtà. È un profluvio di spazio dato a Renzi e ai suoi fedelissimi in tv e sui giornali, ma parliamo di un partito al 2%. Come mai?”.

Cosa ha in mente? Cosa vuole?
“Questo facciamo fatica a capirlo tutti. Questa è la verità. Perché, finché chiedi qualcosa di più per te e per i tuoi, è un atteggiamento squallido ma farebbe parte delle cose della politica. Magari cerchi di ottenere quanto più possibile. Invece questo atteggiamento distruttivo è faticoso anche da comprendere. Che cosa vuole? Non sono in tanti ad averlo capito. A me sembra uno di quelli che al tavolo da gioco hanno perso tanto e, nella disperazione, continua a fare mosse sconsiderate. Sicuramente riesce a fare parlare di sé. Se si va a vedere il sentimento degli italiani nei suoi confronti si vede che sta sulle scatole a tutti”.

Però quello che conta sono i voti in Senato…
“Noi oggi stiamo assistendo a una crisi di governo portata avanti da un partito che conta 18 senatori, ma questo partito non era presente alle elezioni che hanno formato questo Parlamento. Nella scheda elettorale questo partito non c’era, capisce? Dal punto di vista democratico questa cosa va bene? Dobbiamo chiederci se sia ancora normale creare gruppi parlamentari di partiti che non erano presenti alle elezioni. È una cosa sana? Non mi pare che rispecchi la volontà degli italiani. E una riflessione in tal senso sui regolamenti parlamentari andrebbe fatta. Mi sembra la cosa più evidente in questo momento, ma nessuno ricorda che la crisi è causata da un partito che gli italiani non hanno votato, poiché non era sulla scheda”.

Come vede lo scenario futuro?
“Prevedo che sia impossibile, se questo governo cade, una maggioranza ancora con Renzi, dopo questo comportamento. Allo stesso tempo mi sembra ingiusto pensare a un futuro governo senza Conte, protagonista di una buona stagione di governo in Italia. Mi auguro che ci sia la possibilità di andare avanti con Conte”.

Quindi vi affidate ai responsabili? Imbarcate qualcuno?
“La parola ‘responsabili’ mi piace fino a un certo punto. Nel teatrino dell’assurdo a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni ho sentito dire ad alcuni renziani che è sbagliato da parte di Conte cercare degli Scilipoti in giro. Ma sono loro a essere gli Scilipoti: sono loro che non esistevano alle elezioni e hanno tradito il partito con cui sono stati eletti. Non si possono accusare gli altri di propri comportamenti, è surreale. Tornando alla domanda: bisogna vedere innanzitutto se tutti i senatori di Renzi lo seguiranno. Bisogna capire se gli ex senatori del M5S vogliono sostenere Conte. Che cosa faranno quelli nel Gruppo Misto? Vedremo. E poi capire le opportunità che possono esserci con altre forze politiche. Perdere Conte sarebbe una follia, ma bisogna vedere che carte ha in mano chi vuole entrare in maggioranza. C’è il rischio di avere personaggi poco raccomandabili dentro il governo, ma a riguardo mi fido dei miei colleghi in Parlamento: se ci sarà un governo con i voti M5S non possono esserci impresentabili”.

Leggi anche: 1. I 5 Stelle uniti in blocco a sostengo di Conte. E con i renziani mai più, meglio Forza Italia / 2. Di Battista sposa la linea Conte: “Se Renzi apre la crisi, mai più un Governo con lui” / 3. I 3 scenari che trasformano Giuseppe Conte in Giovanna d’Arco (di Luca Telese) / 3

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L’ultima vergogna della destra italiana: Roberto Fiore e Susanna Ceccardi compiangono i martiri pro-Trump

Prima è arrivato Roberto Fiore, sì proprio lui. Il segretario di Forza Nuova, che in un Paese normale non sarebbe nemmeno un partito ma un’illegale accolita di fascisti violenti e rancorosi, ci illumina sulla politica USA con un epitaffio su Ashli Babbit, la donna rimasta uccisa negli scontri di Washington mentre assaltava il Congresso americano.

Sia chiaro, tanto per spazzare subito il campo: ogni perdita di vita umana è una sconfitta per tutti e ogni volta che una persona perde la vita in uno scontro con polizia e forze dell’ordine è dovere di verità e giustizia accertare le dinamiche, le cause e le responsabilità.

Torniamo a Fiore: “Onore ad #AshliBabbitt, morta per le libertà. Uccisa vigliaccamente dalla polizia con altri 3 dimostranti. È la prima eroina della Rivoluzione popolare americana e va ricordata come una donna disarmata e coraggiosa che ha offerto il petto e il volto a un potere corrotto e vile”, scrive sui suoi social. Per poi aggiungere: “Media e partiti si stracciano le vesti per assalto a ‘democrazia’ dei brogli e delle truffe. Nessuno pensa ai 4 manifestanti assassinati da sicari del Deep State. Uomini in nero uccidono a freddo per terrorizzare chi ama la sua Nazione. Come fu con Alba Dorata e ad Acca Larenzia”.

In pratica il segretario di Forza Nuova ci dice chiaramente che Babbit era dalla parte giusta della storia, che la polizia fosse al servizio di un “potere corrotto e vile” e che quell’assalto che tutto il mondo condanna sia stato addirittura un alto momento di democrazia. Qui, per dirla semplice semplice, stiamo parlando di veri e propri “fiancheggiatori” che rivendicano con orgoglio ciò che è accaduto negli USA. Segnatevelo bene, vi tornerà utile quando fingerete di stupirvi che anche qui da noi ci siano gli stessi fascisti esaltati che hanno imperversato con Trump.

Poi è arrivata Susanna Ceccardi, donna di punta della Lega di Matteo Salvini, che in modo più morbido, ma ugualmente disgustoso, scrive: “I morti in America dopo gli scontri sono ben 4. Tutti sostenitori di Trump. Si fosse trattato al contrario di una manifestazione di sinistra questi 4 sostenitori sarebbero stati già dei martiri contro lo Stato che reprime la libertà di pensiero. Invece erano di destra, quindi facinorosi. Ashli Babbit è una delle vittime, era una veterana delle forze armate. Era disarmata quando è morta”.

Insomma anche la Ceccardi non riesce a cogliere il problema di assalire il palazzo simbolo del governo. E badate bene: questi sono gli stessi che rivendicano il diritto della violenza per legittima difesa con il ladruncolo che salta dentro il proprio giardino. Sono gli stessi che urlano “ordine e disciplina” in ogni pezzo di conversazione. Sono quelli che scambiano la legge per una roncola da usare contro l’avversario, o calpestare in nome della libertà per se stessi. Sempre loro.

Leggi anche: 1. Il giorno più buio dell’America (di Giulio Gambino) // 2. Il golpe di Trump (di Luca Telese) // 3. La democrazia Usa cancellata per qualche ora, ma il vero sconfitto è Trump (di G. Gramaglia); // 4. Ora non dite che sono solo quattro patrioti sballati (di Giulio Cavalli); // 5. E se i manifestanti pro Trump che hanno assaltato il Congresso fossero stati neri?

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Anche la crisi è in crisi

Tanto tuonò che non piovve. Almeno per ora è solo una leggera foschia che però vedrete che si risolverà con qualche “mediazione” e quando la politica si fa magheggio le mediazioni di solito sono qualche posto al sole per qualcuno dei malpancisti che così si ristora un po’ e si mette calmo per il prossimo periodo.

La crisi di governo del governo italiano è una notizia che sbiadisce negli organi d’informazione, che vagheggia blanda tra gli addetti del settore e che irretisce quelli che si ritrovano ad affrontare malattia e incertezza. E siccome nel pieno di una pandemia l’incertezza è un elemento purtroppo popolarissimo questa crisi di governo, qua fuori, un po’ fa cadere le braccia per l’impopolare momento in cui si è voluta fare cadere, come se servisse altro per rimarcare la distanza tra i cittadini e i palazzi romani, come se non bastasse già questo senso di straniamento che percorre un Paese appeso al vaccino e al ritorno di una normalità che ci siamo già dimenticati che non fosse un granché.

Le voci dai corridoi del Parlamento dicono che nelle ultime ore stiano crescendo di molto le possibilità che tutto si risolva con un rimpasto. In sostanza si sarebbero passati giorni e giorni a dire “non ci interessano le poltrone” e invece cambiano le poltrone. Poi, beh, ci sarà qualche aggiustamento di tiro nel programma perché non è che si possa fare proprio sporca sporca. Sono in calo le quotazioni di una crisi pilotata, con Conte che chiede la fiducia alle Camere con un nuovo esecutivo. Bassissime le possibilità di un ritorno alle urne: l’attaccamento alla poltrona (e daje con le poltrone) di partiti che si vedrebbero le truppe dimezzate e che addirittura rischierebbero di sparire dal Parlamento sono un collante micidiale. Si sposteranno i ministri, qualcuno saluterà mesto e ovviamente un ministero importante si sta scaldando per la truppa di Italia Viva. Sì, sì, loro, quelli che non volevano poltrone (e tre).

Conte vorrebbe evitare di dover ritornare in Parlamento a chiedere la fiducia per la paura di qualche sgambetto. Fallito anche il tentativo di trovare “responsabili” in giro che gli permettessero di scrollarsi di dosso Renzi. Sulle percentuali di una sua possibile lista tra l’altro le sensazioni sono molto eterogenee, meglio non rischiare. Renzi, in caso di elezioni, sparirebbe con i numeri di oggi. E quindi figurati. Il M5S ne uscirebbe più che dimezzato, quindi niente. Perfino Giorgia Meloni preferisce aspettare il giusto tempo per continuare a erodere Salvini.

E così si sta, come d’autunno le foglie. Pronti anche ad affidarsi a un “governo di unità nazionale” (ovvero un “dentro quasi tutti”) pur di non andare al voto. Poi ci sarebbe da riflettere sul pericoloso can can sollevato nel bel mezzo della pandemia e nella fase cruciale dell’organizzazione della campagna vaccinale. Ci sarebbe da discutere del senso di responsabilità di chi ventila lo sfascio perché incapace di trattare su un tavolo squisitamente politico. Ma qui torniamo sempre ai soliti comportamenti dei soliti personaggi.

E guardando qui fuori, quello che accade nel Paese, potrebbe sembrare uno spreco di energie. Ma a qualcuno lì al governo no, a qualcuno è parsa un’ottima idea. Finché anche la crisi di governo non è entrata in crisi.

Buon mercoledì.

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