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L’ultima sparata di Pillon: sopravvivere attaccati a un macchinario è “naturale”

Il senatore leghista Simone Pillon odia le persone, le odia ferocemente come riescono a odiare solo gli irrisolti che trovano conforto nella sofferenza degli altri e la travestono da fede presunta per un presunto dio e chiama tutto questo “pietà”. 

Spremuto nella sua continua propaganda social (poi un giorno parleremo di questi politici che investono tutte le loro energie e i nostri soldi per concimare ogni mattina la propaganda tra le proprie truppe) ora ha deciso di sparare a palle incatenate contro la legge sull’eutanasia (una legge che sta già nelle sentenze ma che rimane impigliata tra le maglie del bigottismo parlamentare) ha deciso di ripescare un articolo in cui si racconta di un poliziotto che ha salvato un uomo disperato al limite del suicidio e ci ha ricamato sopra un vomitevole tweet: “Alla Camera PD e M5S stanno procedendo spediti con la legge sull’eutanasia. Se dovesse passare, il poliziotto che ha salvato quest’uomo dal suicidio potrebbe trovarsi sotto processo per violenza privata. Pensiamoci bene prima di provare a cambiare la legge naturale”.

Smontiamo la feccia, pezzo per pezzo. Al solito Pillon ha bisogno di usare la paura (ma non è immorale tirare il guinzaglio della paura?): l’unico infame modo che hanno per bloccare i diritti dei pochi sta nel convincerci che siano una perdita di libertà per tutti gli altri.

Un giochetto sudicio e elementare che si sbriciola in un secondo: per chi non vuole ricorrere all’eutanasia quella eventuale legge non cambierà una virgola della sua vita. Fine della sparata.

Poi, come avviene per il ddl Zan, c’è bisogno di creare false notizie di eventuali “buoni” che rimarrebbero impigliati: il reato di favoreggiamento alla sopravvivenza che si è inventato Pillon non esiste. Purtroppo però esiste Pillon, questo sì.

Poi c’è il cuore di tutta la sua pericolosa ferocia: non avendo argomento ancora una volta si estrae dal cilindro una presunta “legge naturale” che non andrebbe scalfita per non turbare la digestione del dio di Pillon (Pillon ne ha un modello tutto suo).

Sarebbe “naturale” consumarsi attaccati a un macchinario che allunga lo stillicidio di un dolore pompando vitalità contraffatta tra tubi e sensori? Per Pillon sì.

Succede così: le persone incapaci di scorgere nuovi diritti possono trovare la propria realizzazione solo picconando i diritti degli altri, chiusi nel loro cortile ristretto vorrebbero imporre il proprio sentire come chiave di lettura collettiva del mondo. Come deve essere dura ogni giorno confermarsi Pillon.

L’articolo proviene da TPI.it qui

Effetti collaterali del “Governo di tutti”: la Lega blocca la legge sull’omofobia

Solo a marzo, con un Paese in piena pandemia, il quadro è questo: a Brugherio l’auto di Danilo Tota e del suo compagno Sasha Di Cicco viene vandalizzata, sempre lì a Brugherio Danilo Tota era stato aggredito perché gay al parco cittadino, “checchina” e “feminuccia” gli urlavano addosso; il 14 marzo a Vicenza Andrea C. è stato adescato su Facebook e si è ritrovato di fronte 12 ragazzini che l’hanno preso a calci e pugni, è stato salvato da alcune persone di passaggio; il 15 marzo esce la notizia Thomas racconta di essere stato offeso, circondato e preso a sassate da un branco di 15 persone che l’hanno preso di mira per i suoi capelli tinti di rosa e per il fatto di essere gay.

Thomas racconta che le Forze dell’Ordine gli hanno perfino sconsigliato di sporgere denuncia; il 24 marzo Aurora e Valentina sono in un parco a Voghera vengono aggredite da un uomo che le rimprovera per essersi date un bacio, il video è uno spaccato di omofobia benpensante; il 26 marzo a Asti Nicholas Dimola viene invitato ad andarsene mentre era seduto su una panchina del parco (“sei un travestito di merda, vattene”, gli dicono) perché quella era “una zona per bambini”. È proprio Nicholas che nella sua denuncia pubblica ricorda che a Asti tre suoi amici omosessuali si siano suicidati; nella notte tra il 28 e il 28 marzo a Perugia l’auto di un giovane viene vandalizzata con la scritta “sono gay” durante la notte.

Questi sono solo i casi di cui si ha conoscenza, quelli che sono diventati pubblici in mezzo ai molti episodi che si ripetono tutti i giorni e che per vergogna vengono taciuti e rimangono nascosti. La questione dell’omofobia è una costante nelle cronache locali, con azioni e esiti più o meno gravi, eppure viene derubricata nella categoria delle “ragazzate” dove si infilano spesso i problemi complessi che non si vogliono affrontare.

Per anni si è nascosta sotto il tappeto ma ora quel tappeto è una montagna che incombe sulle responsabilità della classe politica. Eppure il centrodestra compatto ieri ancora una volta ha incagliato il disegno di legge contro l’omotransfobia (la “legge Zan”) con la solita patetica scusa di “altre priorità”. E fa niente che siano gli stessi che presentano proposte di legge sui crocifissi o sulle canzoni di Casadei: il governo Draghi, piaccia o no, tiene insieme una compagine così larga che non riuscirà mai a trovare la quadra per smuovere qualcosa in tema di diritti. Siamo in zona rossa anche per i diritti, sospesi, in attesa che torni la politica. Non è una buona notizia, no.

Leggi anche: 1. Legge contro l’omofobia: no secco della Lega. Ora il ddl è a rischio al Senato /2. Omotransfobia, il difficile cammino e le polemiche sulla legge che vieta l’odio contro omosessuali e trans /3. Caivano, Zan a TPI: “Meloni strumentalizza l’omicidio, ma è la prima a ostacolare la mia legge sull’omotransfobia”

4. Il linguaggio di certi giornali sul caso di Caivano rivela l’arretratezza italiana sull’omofobia (di G. Cavalli) /5. Il senatore della Lega Pillon condannato per aver diffamato un’associazione Lgbt /6. La legge contro l’omofobia? Serve proprio perché c’è chi non la vuole (di Fabio Salamida)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Come ti sconsiglio l’aborto in Umbria

In Umbria governa Donatella Tesei  la quale ha pensato bene che uno dei più annosi problemi da risolvere nella regione fosse allungare il tempo di ricovero per l’interruzione di gravidanza volontaria farmacologica, da sempre come sapete una delle fobie di leghisti e destrorsi vari che sognerebbero di abolirlo per intero, l’aborto.

Nel 2018 la Regione Umbria aveva introdotto la possibilità di abortire grazie alla pillola Ru486 entro la settima settimana di gravidanza e aveva chiesto a tutti gli ospedali di organizzarsi in modo che le donne potessero effettuare l’interruzione della gravidanza grazie a una prestazione di day hospital o anche solo grazie a un servizio di assistenza domiciliare. La possibilità di rinunciare alla gravidanza con la pillola Ru486 è utilizzata oltre il 90% dei casi in nord Europa, per il 60% in Francia e solo per il 18% in Italia.

Ora la Tesei e la sua Giunta hanno deciso che serviranno almeno tre giorni di ricovero obbligatori per accedere all’interruzione di gravidanza farmacologica, cianciando di non si sa bene quale maggiore tutela considerando che in nessun Paese al mondo l’aborto farmacologico avviene al di fuori del regime di day hospital. Per scoprire perché un’azione sia stata intrapresa basta osservare chi è il primo che esulta: in Umbria ha esultato tantissimo il senatore ultraconservatore della Lega Simone Pillon, promotore del Family Day nonché commissario della Lega in Umbria.

Sono riusciti a rendere ancora più difficilmente sostenibile, soprattutto psicologicamente, il ricorso all’interruzione di gravidanza. Non è un caso, no, è una lucida strategia che si inventa qualsiasi passaggio punitivo pur di scoraggiare un atto che non hanno il coraggio di discutere deliberatamente faccia a faccia con le donne. Il fatto poi che in tempi di Covid si aumentino i giorni di degenza, mentre i malati non riescono nemmeno a ottenere le cure che gli spettano, rende tutto talmente goffo da risultare tragicamente imbarazzante.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Perché il ddl Pillon va fermato in ogni modo


Come scriveva l’avvocato Bernardini De Pace, specializzata in diritto di famiglia, il provvedimento si configura come “rivoluzione rozza e inutilmente populista. Che fa affondare tutti, avvocati, genitori, uomini e donne, giudici, psicologi nel letame di un’assurda parità materiale e di contabilità, a favore solo del molesto pianto greco di un’obiettiva minoranza di papà separati e inadempienti”.
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