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Lo Stato di diritto (e di rovescio)

Non sta facendo il clamore che dovrebbe il fatto che in Italia la giornalista Nancy Porsia, esperta di Libia, sia stata illegalmente intercettata nell’inchiesta di Trapani sulle Ong nel 2017. Partiamo da un punto fermo: Nancy Porsia non è mai stata indagata eppure un giudice, su richiesta della polizia giudiziaria, ha deciso che si potesse scavalcare la legge: nel documento di 22 pagine – datato 27 luglio 2017, firmato Sco, squadra mobile e comando generale della Guardia costiera – ci sono fotografie, contatti sui social, rapporti personali e nomi di fonti in un’area considerata tra le più pericolose dell’Africa del nord. La notizia è stata data dal quotidiano Domani che racconta come indirettamente, oltre a Porsia, siano stati ascoltati anche il giornalista dell’Avvenire Nello Scavo, conversazioni della giornalista Francesca Mannocchi con esponenti delle Ong, il cronista di Radio Radicale Sergio Scandurra mentre chiedeva informazioni ad alcuni esponenti di organizzazioni umanitarie impegnate in quei mesi nei salvataggi dei migranti, Fausto Biloslavo de Il Giornale e Claudia Di Pasquale di Report.

Primo punto fondamentale: in uno Stato di diritto che non venga rispettato il diritto per intercettare giornalisti che parlano con le loro fonti (nel caso di Porsia addirittura vengono intercettate anche telefonate con l’avvocata Ballerini, la stessa che si occupa della vicenda Regeni) significa che il potere giudiziario (su mandato politico, poi ci arriviamo) scavalca le regole per controllare coloro che per mestiere controllano i poteri per una sana democrazia. È un fatto enorme. E non funziona la difesa di Guido Crosetto (il destrorso “potabile” che è il braccio destro di Giorgia Meloni) quando dice che anche i politici vengono intercettati: si intercetta qualcuno dopo averlo iscritto nel registro degli indagati e soprattutto in uno Stato di diritto si proteggono le fonti dei giornalisti, con buona pace di Crosetto e compagnia cantante.

C’è un altro aspetto, tutto politico: in quel 2017 gli agenti di sicurezza presenti a bordo della nave Vos Hestia dell’Ong Save the Children portano foto e prove (che poi si sono rivelate più che fallaci visto che tutto si è concluso in una bolla) prima a Matteo Salvini, prima ancora che alle autorità giudiziarie. È scritto nero su bianco che proprio Salvini su quelle informazioni ci ha costruito tutta la sua campagna elettorale. Un giornalista, Antonio Massari, racconta la vicenda su Il Fatto Quotidiano e costringe Salvini ad ammettere di avere avuto contatti, prima delle forze dell’ordine, proprio con i due vigilantes che puntavano a ottenere in cambio qualche collocazione, magari politica. Salvini, conviene ricordarlo diventerà ministro all’Interno.

Rimaniamo sulla politica: l’ordine di indagare sulle Ong parte dal ministero dell’Interno dell’epoca di cui era responsabile Marco Minniti. Ci si continua a volere dimenticare (perché è fin troppo comodo farlo) che proprio da Minniti parte la campagna di colpevolizzazione delle Ong che verrà poi usata così spregiudicatamente da Salvini e compagnia. Ad indagare sull’immigrazione clandestina viene applicato il Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Stato, il servizio di eccellenza degli investigatori solitamente impegnato in indagini che riguardano le mafie. Anche questa è una precisa scelta politica.

Rimane il sospetto insomma che politica e magistratura si siano terribilmente impegnate per legittimare una tesi precostituita. Di solito (giustamente) ci si indigna tutti di fronte a una situazione del genere e invece questa volta poco quasi niente. Anzi, a pensarci bene la narrazione comunque è passata.

È gravissimo e incredibile eppure accade qui, ora.

Buon martedì.

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Le Regioni in ritardo sui vaccini sono tutte guidate dalla Lega

Le Regioni in ritardo sui vaccini sono tutte guidate dalla Lega

La bellezza dei numeri è che stanno là, non si possono piegare, ed è sempre buffo quando qualcuno prova a invertirli come se fossero propaganda, malleabili alle bugie. I numeri della Lombardia sulla capacità di contenimento del virus e sulla capacità di vaccinazione sono sotto gli occhi di tutti, erano settimane che lampeggiavano evidenti nonostante il clan di Fontana fosse concentrato a impantanarli con quintali di fondotinta, e non è un caso che alla fine la narrazione “vincente e operosa” usata come scudo sia crollata sotto gli strilli di Bertolaso, di Letizia Moratti e infine di Fontana stesso.

Una bugia non può durare per sempre: prima o poi ci si infiltrano i numeri e alla fine crolla. In Lombardia la Giunta regionale ha puntato il dito contro una partecipata voluta dalla Giunta stessa, sperando di scaricare la propria responsabilità su conto terzi.

Non sta funzionando, non funzionerà e non sarà un successo nemmeno il finto pugno di ferro di Salvini che promette punizioni esemplari che si sono risolte nella morbida richiesta ai vertici di Aria di dimettersi. Non li hanno nemmeno cacciati, questi che vorrebbero essere i giustizieri della notte: hanno detto loro “Per favore ve ne andate? Che dite? Vi sembra una buona idea?”.

Ma i numeri dicono che la media nazionale delle somministrazioni dei vaccini è all’82,4% delle dosi che sono state consegnate. E i numeri dicono che le Regioni governate dalla Lega di Salvini sono di fatto tutte sotto la media nazionale.

Insomma, non è questione solo di Lombardia ma qui sorge più di un legittimo dubbio che si tratti proprio di un’incompetenza diffusa: la Sardegna di Solinas (indipendente ma sostenuto dalla Lega e sponsorizzatissimo da Salvini) brilla all’ultimo posto con il 70,5% delle dosi somministrate, la Liguria di Giovanni Toti (un altro che Salvini ci pone da sempre come esempio di capacità amministrativa) si attesta più o meno sulla stessa percentuale, la Calabria di Spirlì (che Salvini vorrebbe addirittura come candidato presidente) sta al 71,5%, al 78,3% la Lombardia, 80,1% per il Veneto di Zaia, 81,6% per l’Umbria di Donatella Tesei e 82% per Fedriga in Friuli Venezia Giulia.

Sono tutti, tutti, sotto la media nazionale. Sarà sfortuna? È un terribile complotto ordito dai poteri forti? Le fiale del vaccino sono comuniste e scappano dalle mani degli infermieri nelle Regioni governate dalla Lega? Su questo sarebbe bello sentire la risposta di Salvini. Ma Salvini, vedrete, non risponderà. Al massimo twitta la foto di lui con un panino.

Leggi anche: È ora di commissariare la Sanità lombarda: lettera al ministro Speranza

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Commissariate la Lombardia

La sentite intorno quest’aria tutta concorde? Sembra una pacificazione e invece è lo stallo che si crea quando partiti e poteri si allineano, lo fanno spesso in nome di una non meglio precisata “unità nazionale”, quando tutti insieme si deve uscire da una “crisi” e questa volta funziona perfettamente in nome dell’epidemia. Accade che partiti lontanissimi tra loro si trovino seduti nello stesso governo, quelli che si erano sputati addosso fino a qualche minuto prima e quelli che hanno spergiurato un milione di volte “mai con quelli là” e accade che anche l’osservazione di ciò che non funziona improvvisamente si ottunda.

La Lombardia, ad esempio. La campagna delle vaccinazioni anti Covid in Lombardia è una drammatica sequela di errori e di ritardi, di incomprensibili scelte e di gravi inadempienze. Qualcosa che grida vendetta ma che soprattutto meriterebbe un dibattito politico nazionale, una parola, un ammonimento, almeno uno sprono, qualcosa qualsiasi.

In Lombardia accade che alcune persone che non hanno diritto al vaccino riescano a prenotarlo e a farlo tranquillamente per un link del sistema regionale che presenta un’evidente falla. L’ha scoperto Radio Popolare e lo confermano lombardi che raccontano di averlo ricevuto nei gruppi di watshapp. «Ho fissato l’orario – racconta una testimone – e dopo dieci minuti ho avuto la mail di conferma per andare lunedì 8 marzo alle 12.05 all’ospedale militare di Baggio. Non ci credevo fino in fondo, ma quando sono arrivata lì incredibilmente ho verificato che ero davvero in lista». I direttori sociosanitari dicono che non hanno nessun modo per controllare le liste che sarebbero tutte in mano all’Asst. Tutto bene, insomma.

Il magico software regionale tra l’altro convoca i cittadini (vale la pena ricordare: quasi tutti anziani) con un preavviso di poche ore, la sera precedente. Alcuni sono costretti a fare chilometri e chilometri nonostante abbiano punti vaccinali molto più vicini. Alcuni addirittura hanno ricevuto invece due messaggi: «Ho ricevuto la convocazione dopo pochissimi giorni dall’iscrizione – racconta Maria Grazia alla consigliera regionale (Lombardi Civici Europeisti) Elisabetta Strada – ahimè però ho ricevuto due sms, a distanza di qualche ora, il primo mi convocava in piazza Principessa Clotilde alle ore 11 e il secondo ad Affori alle 16. Non sapevo quale dei due messaggi fosse corretto e al numero verde mi hanno risposto che non lo sapevano nemmeno loro. Sono andata dove mi era più comodo». Ovvio che se la gente non si presenta all’appuntamento i vaccini poi a fine giornata vadano buttati. In Regione giacciono interrogazioni che chiedono conto di quante dosi siano state sprecate finora: nessuna risposta, ovviamente.

All’8 marzo su oltre 720mila over 80 lombardi circa 575mila hanno aderito alla campagna e ne sono stati vaccinati 150mila. Dei 140mila che non hanno aderito non si sa nulla: non sono riusciti a prenotarsi? Non sono informati? Rifiutano il vaccino?

Poi ci sono gli errori di gestione degli spazi: ad Antegnate, provincia di Bergamo, è stato previsto un punto vaccinale nel centro commerciale del paese. Per un errore di pianificazione domenica 28 febbraio c’erano in coda quasi duemila persone. Sempre anziani, ovviamente assembrati. A Chiuduno, sempre nella bergamasca, il punto vaccinale è invece in un centro congressi che potrebbe gestire 2600 vaccinazioni al giorno e si viaggia a un ritmo di 800.

Perfino Bertolaso ha dovuto ammetterlo: «Il sistema delle vaccinazioni degli over 80 continua a funzionare male, a creare equivoci, ritardi», ha dichiarato. Addirittura Salvini: «Problemi nella campagna vaccinale della Lombardia? Se qualcuno ha sbagliato paga, e quindi anche della macchina tecnica di Regione Lombardia evidentemente c’è qualcuno che non è all’altezza del compito richiesto». Ora la Regione Lombardia ha deciso di appoggiarsi al portale delle Poste, scaricando di fatto il gestore Aria, un carrozzone voluto da Fontana e soci per “guidare la trasformazione digitale della Lombardia”. Ottimo, eh?

Stiamo parlando della regione che ha collezionato un terzo dei morti per Covid di tutta Italia, della regione che ancora oggi sta vedendo i suoi dati peggiorare più di tutti. Serve una testimonianza? Eccomi qui: padre dializzato, invalido al 100%, ovviamente ultraottantenne e per ora l’unico segno di vita è un sms di scuse per il ritardo.

Tutto questo dopo un anno di sfaceli politici e organizzativi. Ma davvero, ma cosa serve di più per commissariare la Lombardia?

Buon mercoledì.

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Messianismo, ancora

Il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi inizia oggi il suo giro di consultazioni. Le premesse non sono facili e questo è un punto politico, ci torneremo, ma ciò che conta che ad oggi Draghi l’abbiamo visto arrivare ai vari incontri istituzionali (i presidenti della Camera e del Senato e il presidente del Consiglio uscente), l’abbiamo ascoltato per qualche manciata di secondi in conferenza stampa mentre comunicava di accettare l’incarico con riserva e ne abbiamo potuto osservare l’eleganza del completo e la fulminante capacità di indossare correttamente la mascherina sopra al naso. Oggi inizierà a “fare politica”, oggi.

Eppure fin dalle prime ore di ieri mattina in Italia è scoppiato il messianismo e ancora una volta abbiamo assistito allo sport preferito di certa classe dirigente e di certo mondo dell’informazione: genuflettersi al prossimo leader, anche se ancora con riserva, e affidare a lui tutti i nostri vizi e le nostre fobie come se fosse uno psicoterapeuta e soprattutto comportarsi nel modo che abbiamo sempre criticato ai nostri avversari. Quelli che volevano il programma stampato con tutte le specifiche e i progetti declinati in centinaia di pagine ieri sono diventati barzotti per pochi secondi di discorso di circostanza: “ha sorriso!”, dicono, e in quel sorriso ci stanno infilando in queste ore tutto un ripieno di considerazioni politiche e finanche antropologiche, perfino il fatto che Draghi abbia sbagliato il lato dell’uscita dopo l’incontro con i giornalisti è diventato “un errore che lo rende più umano” come ha avuto il coraggio di scrivere qualcuno. Se fosse stato un avversario politico fino a due giorni fa ci avrebbero fatto un meme con una bella frase da sfottò. Poi ci sono quelli che per mesi ci hanno detto che “contano i fatti” e invece ora strepitano sul fatto che non dare la fiducia a Draghi sarebbe un sacrilegio: non si sa ancora un’idea che sia una di come Draghi abbia intenzione di portarci fuori dalla palude, sono gli stessi che ripetevano il ritornello del “contano le idee non le persone” e oggi si sono inzerbinati alle persone. Perché in fondo ciò che conta è l’atavica e feroce pulsione di gioire nella speranza della sparizione degli avversari, solo quella, solo per quello, un movimento di stomaco come il populismo che dicono di combattere.

In mancanza di temi veri la stampa ieri ha intervistato un centinaio di compagni di classe di Mario Draghi, un autorevole quotidiano che vorrebbe darci lezioni di giornalismo misurato ha scritto un lungo articolo su Mario “alunno brillante che non rinunciava alle battaglie con i cannoli e agli assalti ai prof con le pistole a riso”, Giancarlo Magalli è diventato un testimonial d’eccezione (come Salvini quando riporta le parole di Red Ronnie sul Recovery Fund), ovviamente ci si è buttati a pesce sulla moglie come curioso oggetto ornamentale da raccontare in tutti i suoi angoli d’osservazione. Agiografie dappertutto come se piovesse. Occhi puntati sui mercati come se fossero i giudici supremi della politica (perché è così che piace a molti di loro). Le agenzie di stampa battono convulse: “#Governo, look istituzionale per #Draghi”. Se lo aspettavano in braghette corte e anello al naso, probabilmente. Evviva, evviva. Dovremmo essere felici perché Draghi ha intenzione di relazionarsi con “rispetto” al Parlamento, evviva evviva. Anzi i più sfegatati invitano addirittura Draghi a “spazzare via tutti gli incompetenti in Parlamento”, qualcuno dice che dovrebbe “metterli a cuccia” e dire “faccio io”. Un delirio di incompetenza politica e di miseria istituzionale di un popolo perdutamente innamorato dell’uomo solo al comando, quello che da solo dovrebbe salvare l’Italia e che poi nel caso torna utilissimo da odiare in fretta e furia. Quelli che contestavano i “pieni poteri” che reclamava Salvini oggi vorrebbero un DPCM per affidare “pieni poteri” a Draghi: l’uomo forte al comando è un’idea che ha sempre germi che non portano a nulla di buono. 

Solo che oggi si comincia a fare sul serio e torna in campo il Parlamento, la politica, i partiti. Il primo capolavoro è avere resuscitato Salvini che era scomparso e ora è l’ago della bilancia. Non mi pare davvero una buona notizia. Anche questa volta la possibilità che si possa lavorare per ricostruire un centrosinistra seppur sgangherato sembra andare in frantumi, sarà per la prossima. C’è da trovare una maggioranza in Parlamento con quello che c’è e quel Parlamento è l’espressione democratica di quello che siamo noi. Ora siamo alla luna di miele ma quando ci sarà da parlare di soldi finirà questa tregua fatata e si ricomincerà di nuovo. È un moto circolare: ieri era l’ora dell’inno a Renzi che ci ha liberato da Conte, che ci aveva liberato da Salvini, che ci aveva liberato da Gentiloni, che ci aveva liberato di Renzi. Sempre con la soddisfazione bassa di avere eliminato qualcuno. E vorrebbero essere costruttori.

Ah, per i tifosi che leggono senza intendere: questo non è un articolo di critica preventiva verso Draghi di cui, vale la pena ripetere, al momento non conosciamo le proposte. Questo è un articolo per un pezzo di mondo che chiede “serietà” agli avversari e poi infantilmente tratta la politica come un reality show, anche senza Casalino.

Buon giovedì.

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Basta assurdi egoismi, rendiamo pubblici i brevetti per produrre i vaccini anti-Covid

Se si volesse “restare alti”, come dicono in questi giorni alcuni esponenti politici (che di solito considerano “basso” rispondere alle domande che vengono loro poste), se si volesse davvero dare una “spinta” importante nella battaglia contro la pandemia, se ci fosse la voglia di combattere sul serio “i poteri forti” (quelli che vengono inutilmente evocati per battaglie immaginarie) e se si volesse dimostrare di tenere davvero alla salute pubblica più di ogni altra cosa in questo momento, allora c’è una battaglia già bell’e pronta da inforcare: superare il nodo dei brevetti dei vaccini e accelerare così la produzione e la distribuzione liberandosi dai lacci delle grandi aziende farmaceutiche.

Attenzione, stiamo parlando di un preciso accordo (Trips: Trade Related Intellectual Property Rights) relativo alla proprietà intellettuale dell’Organizzazione mondiale del commercio, che scrive nero su bianco come i governi possano in situazione di emergenza sanitaria (e non è questa l’emergenza sanitaria del secolo?) permettere anche ad aziende non detentrici del brevetto di produrre versioni generiche equivalenti dei farmaci pagando un’opportuna royalty all’azienda della proprietà intellettuale.

Lo stesso Carlo Cottarelli ieri, ospite da Fabio Fazio, ha chiesto uno “sforzo di guerra” per aumentare la produzione mettendo “più risorse per produrre i vaccini superando gli attuali vincoli di produzione”.

Sarebbe uno sforzo diplomatico, certo, ed economico. Ma forse varrebbe la pena, di fronte alla previsione che l’Italia per la pandemia perderà più o meno 300 miliardi di euro Pil nel biennio 2020-2021 a causa della pandemia.

Già a dicembre Medici Senza Frontiere esortava tutti i Paesi a raggiungere un accordo sulla proposta di India e Sudafrica di sospendere la proprietà intellettuale sui prodotti salvavita in pandemia. Qualche giorno fa il farmacologo Silvio Garattini in un’intervista a Il Mattino ha dichiarato che “se ci sono ragioni importanti di salute pubblica gli Stati possono chiedere o pretendere la licenza del farmaco per produrlo in grosse quantità”.

“L’Italia, l’Europa possono chiederlo. In un momento di grandi difficoltà bisognerebbe avere il coraggio di abolire i brevetti sui farmaci salva-vita come i vaccini”, ha detto Garattini.

Tra l’altro c’è da considerare che la ricerca che ci ha portato ad avere i vaccini in così breve tempo è stata possibile anche grazie alle ingenti risorse pubbliche e ai finanziamenti filantropici.

Nei giorni scorsi in Italia 43 associazioni (tra cui Acli, Arci, Cgil, Cisl, Uil, Emergency, Libera e altri) hanno dato vita al Comitato Italiano per l’Iniziativa Cittadini Europei “Per il diritto alla cura, nessun profitto sulla pandemia”, che chiede una immediata moratoria sui brevetti e la messa a disposizione di tutti dei vaccini quale bene comune.

“C’è ragione di essere in allarme”, scrive il comitato. “Con lo strapotere delle grandi aziende farmaceutiche, padrone dei brevetti per 20 anni, fonte di guadagni miliardari, e con l’attuale sistema di accordi commerciali, c’è il rischio di ‘tagliare fuori’ dalle vaccinazioni, interi Paesi e Continenti ‘poveri e incapienti’, con un rischio gravissimo per la salute mondiale”. La battaglia è qui, pronta. Ora non resta che avere il coraggio di farsene carico.

Leggi anche: 1. Il 14% dei Paesi ricchi avrà il 53% delle dosi di vaccino: la bomba sociale che l’Europa finge di non vedere / 2. I vaccini no-profit di Cuba che salveranno i Paesi in via di sviluppo

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Sara Cunial fa propaganda No Vax alla Camera per attaccare Conte. E la Lega la applaude

“Oggi siete qui, con la vostra faccia da vaccino, rei di aver fatto fallire il nostro Paese, aver imbavagliato l’onestà intellettuale, schiavizzato un popolo, riducendo l’Italia a campo di sperimentazione delle vostre terapie geniche”. Ha iniziato così ieri il suo intervento alla Camera dei Deputati Sara Cunial, fuoriuscita dal Movimento 5 Stelle (che non ringrazieremo mai abbastanza per avere infarcito il Parlamento di elementi del genere) e che oggi guida la truppa dei vari negazionisti (No mask, No vax, No 5G e tutto quello che vi può venire in mente) per ritagliarsi un po’ di popolarità.

E la discussione è interessante perché questi sono gli stessi che poi parlano di censura, badate bene, mentre abbaiano liberi in Parlamento. Ha detto Cunial: “Per distogliere l’attenzione sui brogli elettorali internazionali pilotati dal centro di comando della partecipata di Profumo, continuate a comprarvi tutti, riesumando spettri politici coerenti con la scelta di far gestire l’emergenza dal nipote putativo di Gelli”. Qui siamo a livelli di complotti e di poteri forti che potrebbero fare impallidire perfino gli attivisti di QAnon.

Ricordate lo sdegno per Trump che invitava alla guerra? Ecco qua Sara Cunial ieri: “A voi che osate mettere un cittadino contro l’altro, devoti al culto turbo capitalista del debito a tutti i costi, per condannare le nuove generazioni, dico: né Cadorna né Diaz, perché l’Italia ripudia la guerra, anche quella a base di virus e l’Italia non solo ripudia la guerra, ma condanna duramente voi che ne siete i mandanti”.

In questo momento in cui si dibatte molto sulla responsabilità (anche penale) di chi fomenta l’odio attraverso le fake news, sarebbe curioso sapere chi risponde delle parole pronunciate ieri dalla deputata Cunial.

C’è anche un altro aspetto interessante: quando si discute della qualità della classe politica, arrivando addirittura a corteggiare Mastella, ci si dimentica che le discussioni parlamentari sono ogni volta un abisso che ci tocca percorrere. Il resoconto stenografico della Camera, al termine dell’intervento di Cunial, riporta un altro aspetto significativo: “(Applausi di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)”, si legge.

Perché in fondo Salvini e compagnia cantante e Sara Cunial accarezzano gli stessi elettori, gli stessi pezzi di popolo, solo che l’ex grillina ha almeno l’impudenza di non fingersi statista. Delira felice dei suoi deliri. I leghisti, invece, giocano di sponda. Ma la matrice dell’irresponsabilità, sotto sotto, è la stessa.

Leggi anche: 1. La sindaca della Lega arrestata perché negava aiuti alimentari ad anziani soli e stranieri / 2. Dino Giarrusso (M5S) a TPI: “Avanti con Conte senza Renzi, ora trattiamo per un governo con altri partiti. Ma no impresentabili” / 3. Di Battista a TPI: “De-Renzizzare il governo val bene una messa. Ora il M5S è coeso, ripartiamo con Conte”

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La sindaca della Lega arrestata perché negava aiuti alimentari ad anziani soli e stranieri

Se vi serve la rappresentazione plastica del leghismo nella sua forma già truce, quello che in nome dello slogan “prima gli italiani” in realtà mette per primi gli interessi personali egoriferiti di chi sdogana l’egoismo come rivendicazione politica, allora basta fare un giro a San Germano Vercellese, dov’è sindaca Michela Rosetta.

La sindaca Rosetta è una che era finita sulle pagine di cronaca per le solite crociate razziste che serpeggiano tra i salviniani, una che aveva deciso di vietare i giochi del parco della città ai figli degli extracomunitari (badate bene: solo gli extracomunitari) che non pagavano la retta della mensa.

Rosetta è agli arresti domiciliari, col suo vice e due addetti comunali, con l’accusa di falsità materiale e falsità ideologica in atto pubblico commessa da pubblico ufficiale, abuso d’ufficio e distruzione di beni sottoposti a vincolo culturale.

In sostanza le forze dell’ordine hanno scoperto che i soldi che avrebbero dovuto essere a disposizione per le derrate alimentari acquistate al Comune per lenire l’emergenza finivano a persone che non ne avevano bisogno (c’è da scommetterci, amichetti della suddetta sindaca), lasciando fuori invece alcuni anziani non autosufficienti e ovviamente gli stranieri.

Non solo: con quei soldi la sindaca e la sua cricca si compravano mazzancolle e capesante da portare a casa e consumare in famiglia. Perché, si sa, per loro “la famiglia” è tutto, soprattutto la loro famiglia.

A fare scattare le indagini è stata proprio una cittadina straniera in forte difficoltà economica che aveva denunciato il fatto di essere stata arbitrariamente cancellata dal registro degli aiuti (chissà perché anche questo non stupisce).

Tra le altre cose si è scoperto anche che la sindaca Rosetta avrebbe provocato un crollo di una porzione della facciata della chiesa (a proposito della religione che loro sventolano con presepi e crocifissi) per poterne giustificare poi la conseguente demolizione che tornava comoda per i piani della prima cittadina.

C’è dentro tutto: c’è la gestione egoistica della cosa pubblica per solleticare con un po’ di razzismo i proprio elettori e per riempire le pance della propria cerchia, c’è l’incapacità di rispettare le regole (proprio loro che gridano “ordine e disciplina”) per mungere soldi e occasioni, c’è la stortura di ritenere il proprio ruolo politico una possibilità di “pieni poteri” per fare ciò che gli pare.

E questi sono gli stessi che vorrebbero rivendersi come salvatori in questo periodo nero. Dai, anche no, grazie.

Leggi anche: L’assessore di FdI in Veneto canta “Faccetta nera” alla radio. C’è una destra ormai oltre la vergogna (di G. Cavalli)

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La marcia dei Mille, disperati

Nel gelo della Bosnia da settimane ci sono un migliaio di migranti che seguono la “rotta balcanica”. A pochi chilometri c’è la Croazia, la porta d’ingresso dell’Europa, ma chi prova a passare viene violentemente picchiato, spesso derubato, seviziato e rimandato indietro

Qualcuno di molto furbo e poco umano deve avere capito da tempo, dalle parti del cuore del potere d’Europa, che il primo trucco per sfumare l’emergenza umanitaria legata ai flussi migratori sia quello di fare sparire i migranti. Per carità, non è mica una criminale eliminazione fisica diretta, come invece avviene impunemente in Libia con il silenzio criminale proprio dell’Europa, ma se i corpi non sbarcano sulle coste, non si fanno fotografare troppo, non si mischiano ad altri abitanti, non rimangono sotto i riflettori allora il problema si annacqua, interessa solo agli “specializzati del settore” (come se esistesse una specializzazione in dignità dell’uomo) e l’argomento, statene sicuri, rimane relegato nelle pagine minori, nelle discussioni minori, sfugge al chiassoso dibattito pubblico.

In fondo è il problema dei naufragi in mare, di quelle gran rompiballe delle Ong che insistono a buttare navi nel Mediterraneo per salvare e per essere testimoni, che regolarmente ci aggiornano sui resti che galleggiano sull’acqua o sulle prevaricazioni della Guardia costiera libica o sui mancati soccorsi delle autorità italiane.

Nel gelo della Bosnia da settimane ci sono un migliaio di persone, migranti che seguono la cosiddetta “rotta balcanica”, che si surgelano sotto il freddo tagliente di quei posti e di questa stagione, che appaiono nelle (poche) immagini che arrivano dalla stampa in fila emaciate con lo stesso respiro di un campo di concentramento in un’epoca che dice di avere cancellato quell’orrore.

Lo scorso 23 dicembre un incendio ha devastato il campo profughi di Lipa, un inferno a cielo aperto che proprio quel giorno doveva essere evacuato, e le persone del campo (nella maggior parte giovani di 23, 25 anni, qualche minorenne, provenienti dall’Afghanistan, dal Pakistan o dal Bangladesh) sono rimaste lì intorno, tra i resti carbonizzati dell’inferno che era, in tende di fortuna, dentro qualche casa abbandonata e sgarruppata, abbandonati a se stessi e in fila sotto il gelo per accaparrarsi il cibo donato dai volontari che anche loro per l’ingente neve in questi giorni faticano ad arrivare.

A pochi chilometri c’è la Croazia, la porta d’ingresso dell’Europa, ma chi prova a passare, indovinate un po’, viene violentemente picchiato, spesso derubato, seviziato e rimandato indietro. Gli orrori, raccontano i cronisti sul posto, avvengono alla luce del sole perché funzionino da monito a quelli che si mettono in testa la folle idea di provare a salvarsi. E le violenze, badate bene, avvengono in suolo europeo, di quell’Europa che professa valori che da anni non riesce minimamente a vigilare, di quell’Europa che non ha proprio voglia di spingere gli occhi fino ai suoi confini, dove un’umanità sfilacciata e disperata si ammassa come una crosta disperante.

«L’Ue non può restare indifferente – dice Pietro Bartolo, il medico che per trent’anni ha soccorso i naufraghi di Lampedusa e oggi è eurodeputato -. Questa colpa resterà nella storia, come queste immagini di corpi congelati. Che fine hanno fatto i soldi che abbiamo dato a questi Paesi perché s’occupassero dei migranti? Ai Balcani c’è il confine europeo della disumanità. Ci sono violenze inconcepibili, la Croazia, l’Italia e la Slovenia non si comportano da Paesi europei: negare le domande d’asilo va contro ogni convenzione interazionale, questa è la vittoria di fascisti e populisti balcanici con la complicità di molti governi».

È sempre il solito imbuto, è sempre il solito orrore. Subappaltare l’orrore (le chiamano “riammissioni” ma sono semplicemente un lasciare rotolare le persone fuori dai confini europei) facendo fare agli altri il lavoro sporco. Ma i marginali hanno il grande pregio di stare lontano dal cuore delle notizie e dei poteri. E molti sperano che il freddo geli anche la dignità, la curiosità e l’indignazione.

Buon mercoledì.

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Quel tweet di Salvini in favore della deputata Usa che ha incitato all’insurrezione pro-Trump

Quel tweet di Salvini in favore della deputata Usa che ha incitato all’insurrezione pro-Trump

C’è una storia sotto traccia che vale la pena di essere raccontata a margine degli eventi di Capitol Hill, dell’assalto al Congresso Usa e della politica nostrana. Partiamo dall’inizio: il primo luglio 2020 il leader della Lega Matteo Salvini, che da sempre ha “lisciato” i più ferventi trumpiani, twitta un messaggio che spiazza i suoi elettori e che sfugge agli occhi dei cronisti.

Si congratula con una sconosciuta candidata al Congresso degli Stati Uniti, Lauren Boebert, che a novembre sarà poi eletta nel suo collegio in Colorado. Boebert ha appena sconfitto alle primarie del Partito repubblicano il deputato uscente Scott Tipton, che aveva l’appoggio ufficiale del presidente Trump.

Boebert era una candidata di posizioni talmente estreme che perfino i democratici avevano virato sul candidato repubblicano, pur di provare a non contribuire alla sua elezione. Ha 33 anni, vive in Colorado ed è una fervente sostenitrice delle armi, oltre ad avere posizioni di sostegno nei confronti di QAnon, la strampalata teoria che sostiene l’esistenza di un complotto per sovvertire la presidenza di Trump e che da tempo ciancia di network di pedofilia e satanismo tra i potenti del mondo e di “poteri forti”.

I seguaci della teoria di QAnon sono considerati una vera e propria setta e l’Fbi li giudica una minaccia alla sicurezza nazionale. La deputata Lauren Boebert nei mesi scorsi è finita sui giornali perché si è rifiutata di chiudere il suo ristorante durante le restrizioni imposte per la pandemia e perché, nel suo ristorante, lei e le sue cameriere sfilano con armi sempre in bella mostra, invitando i proprio clienti a fare lo stesso.

Quando è stata eletta ha dichiarato a proposito di QAnon: “Spero che sia vero perché significa solo che l’America sta diventando più forte, e la gente sta tornando ai valori conservatori. È qualcosa di motivante, che ti dà coraggio e mette insieme le persone più forti”.

Durante l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, Boebert ha compulsivamente twittato segnalando gli spostamenti dei senatori e della speaker della Camera Nancy Pelosi, suscitando un enorme sdegno nell’opinione pubblica americana e spingendo diversi politici dem e associazioni dei diritti civili a sottoscrivere una lettere in cui la si accusa di avere “incitato alla violenza”.

Una sorta di “talpa interna” dei manifestanti. “Oggi è il 1776”, aveva scritto durante gli scontri, inneggiando alla rivoluzione americana.

Ora aleggia un dubbio: che c’entra Salvini con una candidata che non ha nessuna rilevanza politica e nessun rapporto internazionale?

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Con Immuni tutti preoccupati per la privacy, ma se c’è da guadagnare col cashback scatta la corsa al clic

La terribile “dittatura sanitaria”, il “controllo dei poteri forti”, “il governo che ci spia”, “le app che servono per renderci sudditi” e poi tutta la sequela di teorie dei negazionisti, dei complottisti e dei nemici del governo si sono sciolte come neve al sole di fronte all’app IO (siamo già a oltre 7 milioni di download in pochi giorni), quella che serve per ottenere il famoso cashback sugli acquisti di dicembre fino a un massimo di 150 euro.

Bastava dare una mancia agli italiani per vedere svanire di colpo le mirabolanti tesi che hanno affollato (e continuano a affollare) il dibattito su quell’altra app, quella che non restituisce soldi ma che può aiutare a garantire un po’ di prevenzione e di salute agli altri cittadini, ovvero Immuni.

Popolo strano quello italiano: è bastato che qualche politico (a dire la verità il solito politico) avanzasse dubbi sulla gestione della privacy dell’app Immuni (dubbi tra l’altro che andrebbero presi molto sul serio e che avrebbero meritato un dibattito ben più intelligente) perché si avanzassero ipotesi di microchip, di controllo della cittadinanza e la solita risma di teorie che circolano da quelle parti e nessuno invece si interroga sul fatto di cedere i propri dati finanziari a un’app di governo.

I 150 euro sono un’occasione troppo ghiotta ed evidentemente siamo un Paese che si sposta (e sposta i propri ragionamenti) molto di più per una questione economica che per una questione di responsabilità. Niente di nuovo sotto al sole, insomma.

Però il successo dell’app IO (che magari se si riuscisse a fare funzionare sarebbe una buona cosa, eh) smentisce anche uno scenario che per molti anni dalle parti della destra è stato sventolato: da Salvini a Berlusconi passando per Giorgia Meloni, ci hanno sempre detto che la lotta al contante da parte del governo era una “privazione della libertà” e che la moneta elettronica come arma di lotta all’evasione non avrebbe funzionato.

Beh, i numeri di questi giorni invece ci dicono che i cittadini sono ben disposti a modificare i propri comportamenti se intravedono un vantaggio “concreto”. E allora siamo davvero sicuri che la lotta al “nero” sia un argomento che non interessa ai cittadini? O forse semplicemente c’è qualcuno che difende, con falsi argomenti, proprio quelli che sull’evasione costruiscono una buona fetta del proprio reddito sottraendolo allo Stato?

Non sono questi giorni un’ottima occasione per provare a affrontare, numeri alla mano, il tema della moneta elettronica come già avviene in tutto il mondo? Chissà che una volta passata la furia degli acquisti natalizi non si possa parlarne, senza comodi pregiudizi.

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