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programma elettorale

Paragone: “Non illudetevi, Grillo e Di Battista hanno visioni diverse per M5S. Io ora mi faccio un partito”

Gianluigi Paragone: “Grillo e Di Battista hanno visioni diverse per il M5S”

Gianluigi Paragone è stato eletto senatore con il Movimento 5 Stelle ma il 1 gennaio di quest’anno è stato espulso dal collegio dei probiviri per avere votato contro la legge di bilancio. L’abbiamo intervistato per TPI sull’attuale momento del M5S.

Paragone, partiamo dallo scontro Grillo-Di Battista: che succede?
Facile: Alessandro (Di Battista nda) ha ancora dentro il dna del movimento antisistema, Grillo invece ha completamente maturato la scelta di portare il Movimento dentro al sistema. Uno scontro tra due visioni: una forse onirica e l’altra più politicante.

Appare chiaro però che il famoso “uno vale uno” ormai valga poco…
Grillo è sempre stato il padre padrone del Movimento. C’è stato un momento in cui, forse più per esigenza personale, ha fatto un passo di lato però nel momento in cui il Movimento doveva andare là dove aveva deciso che andasse ha esercitato quello che esercitava prima, il diritto divino, il diritto del signore feudale. È un partito che nasce grillino.

Alcune voci dentro il Movimento 5 Stelle dicono che Di Battista vorrebbe vincere il congresso con i voti di quelli che ormai sono tutti fuori…
Se “quelli fuori” sono quelli che sono stati espulsi, quelli che se ne sono andati e quelli che non votano più il Movimento stiamo parlando di circa la metà del patrimonio elettorale del Movimento, questo la dice lunga sulle capacità di analisi di alcuni dentro il M5S. Queste non sono malelingue, sono lingue che ormai parlano il linguaggio del palazzo.

Ma secondo lei c’è lo spazio perché il M5S recuperi lo spirito originario oppure ormai la strada verso la maturità politica è segnata?
A me non fa paura una grammatica politica-partitica. Mi fa paura la tesi che sfugge. Cosa succederà non lo so e onestamente non me ne frega più nulla, non sono qui a sfogliare l’album dei ricordi. Qualcuno ha visto nascere il Movimento e quindi è mosso da un afflato di questo tipo però a me interessa dare una soluzione a dei problemi reali, poi ognuno la questione sociale la poggia sulla propria tesi politica. A me interessa lo spaccato sociale.

Secondo lei la rovina del M5S è stato l’accordo con il PD?
La rovina è non avere avuto una struttura politica in grado di fare maturare delle sensazioni, vale per l’economia e per la giustizia. Siccome non avevano una tesi politica hanno sfruttato delle figure che erano figurine ma il Movimento viveva di suggestione, che non è per forza negativo, ma quelle suggestioni dovevano trasformarsi in tesi politiche. Questo passaggio non è stato compiuto, e forse avevano paura di compierlo, si sono poggiati su figurine che dessero sostanza alla suggestione e le hanno prese dalla società civile, come il sottoscritto, Freccero, Di Matteo.

Però poi quando ognuno di costoro ha continuato a dire le cose che ha sempre detto allora è diventato un problema: io ho sempre detto che non ero europeista e ho rivendicato questa scelta anche successivamente e nel programma elettorale del Movimento il karma era antieuropeista. A Nino Di Matteo non puoi chiedere di stare zitto quando vede cose che configgono con l’azione antimafia.

Il suo futuro politico?
Il mio futuro è teso a costruire una forza totalmente antisistema e antieuropeista.

Il Movimento 5 Stelle si spaccherà?
Io non lavoro per fare del male al Movimento, anche perché è un esercizio che gli riesce benissimo. Io lavoro per dare concretezza politica a chi pensa che quello che io ho raccontato e ho scritto debba avere un riscontro nell’azione politica. Per questo mi voglio impegnare questa volta costruendo un soggetto mio così nessuno può sbattermi fuori.

Leggi anche: 1. Paragone a TPI: “I dirigenti M5S cadono a ogni mia provocazione, me li sto bevendo. Mi espellano, il Movimento è morto” / 2. Paragone a TPI: “Mi cacciano dal M5S? Vediamo, ma io non faccio nessuna scissione. Di Maio non deluda le aspettative” / 3. Il M5S è un fantasma che cammina sulle sue gambe

4. Grillo: “Assemblea M5S? Senso del tempo come nel film Il giorno della marmotta” / 5. Conte leader del M5S? È scontro tra il fondatore Beppe Grillo e “il ribelle” Alessandro Di Battista / 6. Il quotidiano spagnolo Abc: “Nel 2010 il Venezuela di Chavez finanziò il M5S con 3,5 milioni di dollari”. Caracas smentisce

L’articolo proviene da TPI.it qui

Tre obiettivi (chiari, semplici, realizzabili) per la cultura

Li scrive in modo chiaro il manifesto del network europeo Culture Action Europe, insieme a più di 150 altre organizzazioni in tutta Europa, per l’Italia. L’ho convintamente sottoscritto perché è perfettamente coerente con il programma di LeU e perché l’argomento (si sa) mi sta a cuore come dovrebbe stare a cuore a tutti. Eccolo qui:

L’obiettivo è dare piena attuazione alla Costituzione italiana e all’Articolo 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo:
“Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici”.
Anche a questo fine, è indispensabile approvare, all’avvio dei lavori parlamentari, la legge che rende operativa anche nel nostro Paese la Convenzione di Faro, firmata nell’ormai lontano 2013, tassello fondamentale per il rafforzamento del legame tra partecipazione civica e patrimonio culturale.
Le risorse dovranno essere prioritariamente indirizzate a tre macro-obiettivi da realizzarsi anche tramite la creazione di fondi specifici dedicati:
1. FAVORIRE L’ACCESSIBILITÀ ALLE RISORSE CULTURALI MATERIALI, IMMATERIALI E DIGITALI:
a) Accessibilità culturale
– attività di promozione della lettura, della cultura scientifica e di fruizione delle arti performative e visive;
– maggiore spazio alle tematiche e alle pratiche di carattere scientifico, artistico e creativo nei programmi scolastici;
– attività di conoscenza e fruizione del patrimonio culturale locale materiale e immateriale;
– programmi dedicati alla promozione del dialogo interculturale e a favorire la partecipazione culturale di tutti i cittadini;
– interventi per una piena cittadinanza digitale, contro il digital divide.
b) Accessibilità economico-sociale
– interventi atti a rimuovere le barriere economiche per le persone a basso reddito e in condizioni sociali disagiate;
– provvedimenti di fiscalità agevolata per acquisti di materiali, strumenti, prodotti e per la partecipazione ad attività formative culturali;
– inclusione dell’indicatore di partecipazione culturale, prodotto ogni anno dall’Istat con dettaglio regionale, tra le misure del benessere che, dal 2016, entrano nella Legge di bilancio.
c) Accessibilità fisica, sensoriale e cognitiva
– eliminazione delle barriere di accesso agli spazi e alle risorse culturali;
– promozione dell’accessibilità in autonomia delle persone con disabilità;
– interventi e supporti di mobilità per territori / aree / quartieri a bassa densità di popolazione e / o per persone con difficoltà allo spostamento autonomo.
1.infografica
2. PROMUOVERE INTERVENTI E FAVORIRE LE CONDIZIONI PER LA CRESCITA DI COMPETENZE, POTENZIALITÀ PROFESSIONALI E OPPORTUNITÀ IMPRENDITORIALI QUALI:
a. istituire un fondo dedicato al sostegno di progetti di impresa culturale, anche in forma di rete, e all’ acquisizione di competenze professionali in specie se innovative da parte degli operatori, delle imprese culturali, degli Enti di Terzo Settore culturali;
b. sostenere le organizzazioni ed enti culturali, anche attraverso interventi di fiscalità di vantaggio, programmi di mobilità e di residenze internazionali, condizioni agevolate a lungo termine per l’utilizzo di spazi pubblici a fini culturali e programmi di sviluppo professionale volti a favorire la crescita della capacità di gestione;
c. inclusione dell’indicatore del tasso di occupazione culturale, prodotto ogni anno dall’Istat con dettaglio regionale, tra le misure del benessere che, dal 2016, entrano nella Legge di bilancio.
2.infografica
3. GARANTIRE NEI COMUNI FINO AI 10.000 ABITANTI (L’85% DEI COMUNI ITALIANI IN CUI RISIEDONO OLTRE 18 MILIONI DI PERSONE) ALMENO UN “PRESIDIO CULTURALE” APERTO 5 GIORNI LA SETTIMANA PER UN MINIMO DI 25 ORE SETTIMANALI E, CON SPECIFICO RIFERIMENTO ALLA STRATEGIA NAZIONALE AREE INTERNE, LA CONFIGURAZIONE DELLA RETE DEI “PRESIDI CULTURALI” IN TUTTI I COMUNI COINVOLTI.
Questo presidio potrebbe essere finanziato mediante un fondo speciale, gestito anche attraverso forme associative di Comuni in collaborazione con l’ANCI e potrebbe fornire i seguenti servizi:
a. le condizioni base di accesso alle risorse culturali: funzioni di prestito e accesso alla lettura, book crossing, collegamento a banda larga, almeno due terminali riservati all’uso pubblico;
b. punto di informazione turistica per i non residenti;
c. uno spazio adeguato ad ospitare le funzioni di cui sopra, riunioni, co-working, attività di spettacolo, aggregazione e, laddove possibile, eventuali altri servizi pubblici.
3.infografica
Per realizzare gli interventi indicati, è necessario potenziare gli enti e gli uffici pubblici, a livello centrale e periferico, e favorire forme di partenariato pubblico-privato così come previsto dal Codice dei contratti pubblici, con particolare attenzione alla tutela e alla valorizzazione del nostro patrimonio culturale diffuso.
CHIEDIAMO AI CANDIDATI DI TUTTE LE FORZE POLITICHE DI ADERIRE AL NOSTRO MANIFESTO E, SE ELETTI, DI SOSTENERE GLI INTERVENTI SOPRAINDICATI IN TUTTE LE SEDI DELL’ATTIVITÀ PARLAMENTARE.
Da parte nostra ci impegniamo a monitorare il conseguimento degli obiettivi e a darne ampia risonanza con tutti gli strumenti a nostra disposizione.

(fonte)

Perché nessuno legge i programmi e non vede le sorprese

l43-berlusconi-maroni-121231132519_bigVotare PDL o LEGA NORD alle elezioni nazionali non ha differenze. Il programma è identico, cambia solo l’impaginazione. Vedere per credere: qui e qui.

Quando si dice il sentire comune nascosto sotto mentite spoglie. #primailnord poi nei prossimi anni un programma elaborato in autonomia, per Bobo Maroni.

Cultura: per non morire di fame

con la cultura non si mangiaFederculture con altre associazioni nei giorni scorsi ha lanciato un appello che in realtà come ha dichiarato il presidente Roberto Grossi è “una richiesta di precise assunzioni di responsabilità su alcuni punti qualificanti – centralità delle competenze e della formazione, modernizzazione della gestione di beni e attività culturali, valorizzazione del lavoro giovanile, investimenti su creatività e innovazione, riforma della fiscalità per il settore culturale – che rivolgiamo a coloro che si candidano a guidare lo sviluppo del paese. Perché, al di là della retorica, senza cultura non c’è sviluppo e per questo è ora di passare dalle parole ai fatti.”

Ecco l’appello, partito da MAB Musei Archivi Biblioteche, AIB – Associazione Italiana Biblioteche, ANAI – Associazione Nazionale Archivistica Italiana, ICOM Italia- International Council of Museums, Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, FAI – Fondo Ambientale Italiano, Federculture, Italia Nostra, Legambiente, Comitato per la bellezza e che ha tra i primi firmatari, Tullio De Mauro, Luciano Canfora, Giuliano Montaldo, Tomaso Montanari, Salvatore Settis

I promotori e i firmatari del presente appello chiedono a chi si candida a governare l’Italia impegni programmatici per il rilancio della cultura intesa come promozione della produzione creativa e della fruizione culturale, tutela e valorizzazione del patrimonio, sostegno all’istruzione, all’educazione permanente, alla ricerca scientifica, centralità della conoscenza, valorizzazione delle capacità e delle competenze.
La crisi economica e la conseguente riduzione dei finanziamenti stanno mettendo a dura prova l’esistenza di molte istituzioni culturali, con gravi conseguenze sui servizi resi ai cittadini, sulle condizioni di lavoro e sul futuro di molti giovani specificamente preparati ma senza possibilità di riconoscimento professionale. Questa situazione congiunturale è aggravata dalla crisi di consenso che colpisce la cultura, che una parte notevole della classe dirigente – pur dichiarando il contrario – di fatto considera un orpello inattuale, non elemento essenziale di una coscienza civica fondata sui valori della partecipazione informata, dell’approfondimento, del pensiero critico.
Noi rifiutiamo l’idea che la cultura sia un costo improduttivo da tagliare in nome di un malinteso concetto di risparmio. Al contrario, crediamo fermamente che il futuro dell’Italia dipenda dalla centralità accordata all’investimento culturale, da concretizzare attraverso strategie di ampio respiro accompagnate da interventi di modernizzazione e semplificazione burocratica. La nostra identità nazionale si fonda indissolubilmente su un’eredità culturale unica al mondo, che non appartiene a un passato da celebrare ma è un elemento essenziale per vivere il presente e preparare un futuro di prosperità economica e sociale, fondato sulla capacità di produrre nuova conoscenza e innovazione più che sullo sfruttamento del turismo culturale.
Ripartire dalla cultura significa creare le condizioni per una reale sussidiarietà fra stato e autonomie locali, fra settore pubblico e terzo settore, fra investimento pubblico e intervento privato. Guardare al futuro significa credere nel valore pubblico della cultura, nella sua capacità di produrre senso e comprensione del presente per l’avvio di un radicale disegno di modernizzazione del nostro Paese.
Per queste ragioni chiediamo che l’azione del Governo e del Parlamento nella prossima legislatura, quale che sia la maggioranza decisa dagli elettori, si orienti all’attuazione delle seguenti priorità.

  • Puntare sulla centralità delle competenze
  • Promuovere e riconoscere il lavoro giovanile nella cultura
  • Investire sugli istituti culturali, sulla creatività e sull’innovazione
  • Modernizzare la gestione dei beni culturali
  • Avviare politiche fiscali a sostegno dell’attività culturale

I promotori e i firmatari del presente appello chiedono di accogliere nei programmi elettorali queste priorità e di sottoscrivere i dieci obiettivi seguenti, che dovranno caratterizzare il lavoro del prossimo Parlamento e l’azione del prossimo Governo. Il nostro sostegno, durante e dopo la campagna elettorale, dipenderà dall’adesione ad essi e dalla loro realizzazione.

Riportare i finanziamenti per le attività e per gli istituti culturali, per il sistema dell’educazione e della ricerca ai livelli della media comunitaria in rapporto al PIL.
Dare vita a una strategia nazionale per la lettura che valorizzi il ruolo della produzione editoriale di qualità, della scuola, delle biblioteche, delle librerie indipendenti, sviluppando azioni specifiche per ridurre il divario fra nord e sud d’Italia.
Incrementare i processi di valutazione della qualità della ricerca e della didattica in ogni ordine scolastico, riconoscendo il merito e sanzionando l’incompetenza, l’inefficienza e le pratiche clientelari.
Promuovere sgravi fiscali per le assunzioni di giovani laureati in ambito culturale e creare un sistema di accreditamento e di qualificazione professionale che eviti l’immissione nei ruoli di personale non in possesso di specifici requisiti di competenza. Salvaguardare la competenza scientifica nei diversi ambiti di intervento, garantendo organici adeguati allo svolgimento delle attività delle istituzioni culturali, come nei paesi europei più avanzati.
Promuovere la creazione di istituzioni culturali permanenti anche nelle aree del paese che ne sono prive – in particolare nelle regioni meridionali, dove permane un grave svantaggio di opportunità – attraverso programmi strutturali di finanziamento che mettano pienamente a frutto le risorse comunitarie; incentivare formule innovative per la loro gestione attraverso il sostegno all’imprenditoria giovanile.
Realizzare la cooperazione, favorire il coordinamento funzionale e la progettualità integrata fra livelli istituzionali che hanno giurisdizione sui beni culturali, riportando le attività culturali fra le funzioni fondamentali dei Comuni e inserendo fra le funzioni proprie delle Province la competenza sulle reti culturali di area vasta.
Ripensare le funzioni del MiBAC individuando quelle realmente “nazionali”, cioè indispensabili al funzionamento del complesso sistema della produzione, della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, per concentrare su di esse le risorse disponibili. Riorganizzare e snellire la struttura burocratica del ministero, rafforzando le funzioni di indirizzo scientifico-metodologico e gli organi di tutela e conservazione, garantendone l’efficienza, l’efficacia e una più razionale distribuzione territoriale.
Inserire la digitalizzazione del patrimonio culturale fra gli obiettivi dell’agenda digitale italiana e promuovere la diffusione del patrimonio culturale in rete e l’accesso libero dei risultati della ricerca finanziata con risorse pubbliche.
Riconoscere l’insegnamento delle discipline artistiche e musicali tra le materie curriculari dell’insegnamento scolastico nelle primarie e secondarie e sviluppare un sistema nazionale di orchestre e cori giovanili e infantili.
Prevedere una fiscalità di vantaggio, compreso forme di tax credit, per l’investimento privato e per l’attività del volontariato organizzato e del settore non profit a sostegno della cultura, con norme di particolare favore per il sostegno al funzionamento ordinario degli istituti culturali. Sostenere la fruizione culturale attraverso la detraibilità delle spese per alcuni consumi (acquisto di libri, visite a musei e partecipazione a concerti, corsi di avviamento alla pratica artistica); uniformare l’aliquota IVA sui libri elettronici a quella per l’editoria libraria (4%); prevedere forme di tutela e di sostegno per le librerie indipendenti.

 

L’autocritica no

Ho letto il programma elettorale di Roberto Maroni. Lo so, sono fatto così, mi piace terribilmente conoscere prima di deliberare ed esprimere giudizi. Nessuna autocritica, nessuna.

Nella sanità (oltre all’amore smisurato per il fondo Nasko) non c’è un’autocritica che sia una su San Raffaele, Santa Rita, Fondazione Maugeri e tutte quelle altre cose lì. Nemmeno una. Per dire.

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Il programma per la “nostra” Lombardia

VolantinoA5_GiulioPer parlare seriamente di politica seria. La nostra idea di Lombardia.

Di seguito il Programma di Sinistra Ecologia Libertà per le prossime elezioni regionali.

Il testo è articolato in un documento di sintesi e in schede di approfondimento tematiche elaborate dai nostri Forum

Un impegno per l’ambiente da portare in Regione

Come mi è capitato spesso di ripetere durante questo inizio di campagna elettorale sono convinto che la mia candidatura e il mio eventuale ruolo in Regione Lombardia debbano significare soprattutto l’essere il portatore responsabile delle proposte del mondo dell’associazionismo e della cittadinanza attiva che da anni lavorano per il territorio. Per questo ho studiato con attenzione il progetto di legge degli amici di Legambiente Lombardia e, fin da subito, ho deciso di assumermi l’impegno di garantire il mio personale sostegno perchè possa diventare quanto prima legge a tutela dell’ambiente. della qualità della vita e delle generazioni future della Lombardia. Credo che le associazioni siano l’espressione più democratica delle “primarie” tra i cittadini poichè si costruiscono la propria credibilità solo con il consenso del territorio. Questa sarà la prima di una serie di proposte di legge che annunceremo in campagna perchè sia scritta chiaramente la nostra attività all’interno del Consiglio Regionale, riprendendo l’invito che fece già Micromega di dichiarare fin dalla campagna elettorale i propri obbiettivi senza proclami, slogan o linee guida confuse e inconsistenti.

PROGETTO DI LEGGE N. 0409
di iniziativa di Damiano Di Simine Presidente LegambienteLombardia

______
“Norme per il contenimento del consumo di suolo e
la disciplina della compensazione ecologica preventiva”.

Per lungo tempo l’attività edilizia, in un passato ormai lontano, è stata strettamente associata ad una contestuale attività di costruzione di spazi urbani di convivenza e di socialità, nonché di produzione e scambio economico connesso ad una attività agricola e forestale di cura del suolo.

Da tempo questa contestualità è venuta meno: gli edifici spesso si appoggiano alle infrastrutture come oggetti isolati, senza costruire spazi urbani e l’attività edificatoria è ormai totalmente separata dall’attività di cura del suolo. Le stesse infrastrutture si appoggiano alla terra senza che ci si domandi quali rapporti mutano e quali effetti producono.

E’ quindi urgente riattivare un circuito virtuoso tra attività edilizia e ricostruzione della natura, non solo per ragioni ecologiche, di per sé già sufficienti, ma anche perché gli spazi aperti con forte contenuto naturalistico sono oggi più che mai elementi decisivi per definire l’abitabilità, la vivibilità e la qualità di un territorio. Essi, combinandosi con la conduzione agricola nel disegno di un territorio, devono concorrere a ripristinare un paesaggio in cui le comunità ritrovino le coordinate di una identità smarrita nella crescita senza freni degli ultimi decenni.

L’obiettivo di questo progetto di legge è pertanto duplice:

– da un lato limitare l’uso edificatorio del suolo, evitando di produrre in tutto il territorio disponibile livelli di urbanizzazione che in alcune parti della regione hanno già raggiunto la non sostenibilità,

– dall’altro legare ogni attività edificatoria su suolo libero ad una contestuale attività di costruzione di natura e di ambiente negli spazi aperti.

La presente proposta di legge intende informare l’attività edilizia ad un principio di responsabilità: ogni trasformazione territoriale che determini alterazione o copertura permanente di suolo deve farsi carico dell’impatto determinato sull’ambiente in cui viene consumata una quota di risorsa-suolo. Ogni ipotesi di trasformazione si accompagna così ad un processo di valutazione della sostenibilità dell’intervento che la richiama.

Questo processo, riferito al momento della pianificazione, si traduce in una attenta valutazione sulla reale necessità di trasformare irreversibilmente un determinato suolo, anziché localizzare la funzione prevista in aree dismesse o sottoutilizzate.

Quando, alla fine del processo di valutazione, si giunge alla conclusione che l’occupazione di suolo libero sia inevitabile, interviene, nel progetto di legge, l’obbligo a carico del trasformatore di controbilanciare tale impatto a carico del trasformatore (pubblico o privato che sia), cedendo alla collettività – in altri lotti, in un intorno territoriale limitato al Comune – un credito ecologico.

Questo credito ha la funzione di compensare quella sottrazione di valori ambientali e paesaggistici connessi all’esistenza di una data porzione di suolo e che, pur con tutte le soluzioni mitigative poste in essere in fase progettuale, rimane da risarcire.

La compensazione ecologica preventiva agisce su due fronti: da un lato disincentiva il consumo di suolo e dall’altro trasferisce risorse al potenziamento e al consolidamento delle funzioni ambientali dei suoli liberi.

Il processo compensativo appena descritto è assimilabile a quella che fu l’introduzione degli oneri di urbanizzazione per la realizzazione dei servizi pubblici urbani. Se nel passato vi è stata necessità di condizionare il permesso di costruire alla fornitura di beni sociali (infrastrutture e servizi) necessari per l’abitare, oggi – in un periodo di evidente deficit ambientale ed ecologico e di risorse territoriali in genere – è indispensabile attribuire ad ogni trasformazione di suolo libero una responsabilità ambientale che si traduca in una sorta di onere ecologico, attraverso il quale si possa generare nuova natura, altrove rispetto alla trasformazione, concorrendo a generare una dotazione ambientale.

L’esigenza di minimizzare il consumo di suolo, spesso associata all’idea di migliore utilizzo dell’esistente, è già contenuta in diverse fonti legislative. Non esiste però una norma che, in tal senso, vada oltre il valore di indirizzo o orientamento.

La presente proposta di legge scaturisce dalla necessità di conferire cogenza a idee ormai ampiamente condivise, la cui attuazione pare non più eludibile. Infatti oggigiorno l’espansione urbana avviene a spese di territori che in molte zone della regione sono le ultime aree disponibili e che, più in generale, l’erosione di valori ecologici e identitari, connessa alla compromissione di suolo e paesaggio, genera seri problemi ambientali, ma anche di coesione sociale e riconoscimento comunitario, traducibili anche in un danno economico. Siamo di fronte ad una progressiva perdita di patrimonio comune non ripristinabile, rispetto alla quale il legislatore è chiamato ad introdurre regole nuove, a tutela delle attuali e delle future generazioni.

Trattando di consumo di suolo, appare utile completare questa relazione con una definizione di “suolo”, che tra le tante disponibili, ci sembra la più pertinente: ‘il prodotto della trasformazione di sostanze minerali e organiche, operata da fattori ambientali attivi per un lungo periodo di tempo sulla superficie della Terra, caratterizzato da specifica organizzazione e morfologia, capace di provvedere allo sviluppo delle piante superiori e, pertanto, di assicurare la vita all’uomo e agli animali’. Tale definizione, tratta dalla vasta letteratura di scienze del suolo, ha oggi, nel nostro Paese, rilevanza meramente accademica, in quanto a tutt’oggi la nostra legislazione non attribuisce al suolo uno specifico ‘statuto’, che ne giustifichi una tutela in quanto risorsa ambientale limitata, non rinnovabile e pienamente ascrivibile alla categoria dei beni comuni, e che pertanto informi, tra le altre, la disciplina relativa alle trasformazioni delle superfici fondiarie.

Questa proposta di legge si muove nella direzione di un riconoscimento anche culturale prima che formale del bene suolo, con la consapevolezza che riconoscere a questa risorsa il pieno significato di ‘patrimonio comune’ (in questa sede come appannaggio della comunità regionale ma estendibile all’intera umanità, ferma la definizione di cui sopra) costituisce un imperativo non più rinviabile di riforma legislativa, che deve poggiare su adeguati principi di diritto nazionale e internazionale.

Non si tratta di introdurre nella legislazione lombarda una innovazione assoluta, poiché in Europa operano già da tempo leggi che attuano i medesimi principi, affrontando la tutela del suolo su un piano di regole, azioni e obiettivi, e dove il principio della compensazione ecologica preventiva è già strumento pienamente operativo.

LA PROPOSTA DI LEGGE COMPLETA QUI