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A proposito di dittatura sanitaria

L’allarme arriva dall’indagine “Mai dati!” presentata durante il Congresso nazionale dell’Associazione Luca Coscioni: in 15 ospedali il 100 % dei ginecologi è obiettore di coscienza. Ed è un dato che non compare nella Relazione sulla 194 del ministero della Salute

In Italia ci sono almeno 15 ospedali in cui il 100% dei ginecologi è obiettore di coscienza. È il dato principale che emerge dall’indagine “Mai dati!” presentata in anteprima durante il Congresso nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, a cura di Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina, e Sonia Montegiove, informatica e giornalista. Un dato che non compare nella Relazione sulla legge 194/78 del ministero della Salute, che, aggregando i dati per Regione, di fatto non rende pubbliche le percentuali di obiettori sulle singole strutture. Secondo la Relazione, infatti, il massimo di obiettori che risulta è dell’ 85,8%  in Sicilia.

L’indagine di Lalli e Montegiove, nata con l’obiettivo di appurare se la legge 194/78 sulla interruzione volontaria della gravidanza sia effettivamente applicata, evidenzia come la Relazione sulla stessa legge del Ministero della salute pubblicata lo scorso 16 settembre e i dati in essa contenuti restituiscano una fotografia poco utile, sfocata, parziale di quanto avviene realmente nelle strutture ospedaliere del nostro Paese.

Alla richiesta di accesso civico a tutte le Asl e alle aziende ospedaliere censite dal ministero della Salute, ha risposto circa il 60% (al 30 settembre 2021). I risultati dell’indagine saranno aggiornati non appena saranno disponibili tutte le risposte.

Tra i dati più interessanti emersi finora, le 15 strutture ospedaliere in cui il 100% dei ginecologi è obiettore e i 5 presidi in cui la totalità del personale ostetrico o degli anestesisti è obiettore. Ci sono poi 20 ospedali con una percentuale di medici obiettori che supera l’80%. E altri 13 quelli con una percentuale di personale medico e non medico e superal’80%.

Le Regioni in cui ci sono ospedali con il 100% di ginecologi obiettori di coscienza sono Lombardia, Liguria, Piemonte, Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Basilicata, Campania, Puglia.

Ci sono molti modi per non attuare una legge: quello di rendere inaccessibili i dati per  verificarne l’attuazione è il più vigliacco eppure è molto popolare. Il diritto negato, tra l’altro, è scritto nero su bianco tra le leggi dello Stato. E forse sarebbe il caso di essere terribilmente concreti nell’attuazione dei diritti, oltre che nell’enunciazione.

Buon martedì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

A proposito di dittature sanitarie

Cari destrorsi, di battaglie giuste ce ne sarebbero tantissime per cui scendere in piazza. Solo che le battaglie reali poi tocca combatterle davvero e risolverle, mentre voi inseguite quelle inventate che richiedono molta meno responsabilità

Che Paese incredibile. Ci sono quelli che sognano il ritorno della dittatura e sono sfegatati fan del dittatore pelato che ora urlano al ritorno della dittatura (che tra l’altro invocano per fede politica) lamentandosene perché non è la loro. È normale del resto che i dittarofili vedano dittature dappertutto: le sognano così fortemente che il loro incubo peggiore è che riescano gli altri mentre a loro spetta di stare nascosti nei tombini.

Com’era immaginabile la destra più becera cavalca la questione delle vaccinazioni (strumentalizzando anche chi ha paure che andrebbero trattate con cura piuttosto che strumentalizzate da una parte e perculate dall’altra) come accade ogni volta che si presenta l’occasione di creare scompiglio democratico. Sono fantastici questi destrorsi: nel giro di pochi mesi sono passati dal negare l’esistenza della malattia, poi ci hanno detto che il virus esisteva (contraddicendosi) ma che la cura con il plasma avrebbe funzionato alla faccia delle aziende farmaceutiche, poi hanno cambiato idea e ci hanno detto che l’assistenza domiciliare risolve tutto, poi ci hanno detto che è solo un’influenza, poi ci hanno detto che il vaccino invece andava bene ma solo quello russo, poi ci hanno detto che le bare erano finte e le ambulanze erano vuote, poi che il virus era finito, poi che il virus era tornato, poi che ora è finito di nuovo, poi che il governo era in ritardo, poi che il governo voleva chiudere le attività per fare fallire tutti (e sarebbe interessante capire quale sarebbe il vantaggio di un governo nell’impoverire le proprie attività economiche), poi ci hanno detto che bisognava aprire tutto e mettere il Green Pass, poi che il Green Pass no, poi che i vaccini hanno il 5G, poi che i vaccini uccidono le persone, poi hanno correlato ogni morte al vaccino (mica difficile: in un Paese in cui tutti si stanno vaccinando è ovvio che le persone continuino a morire di altre malattie) poi hanno detto che non si vaccinavano per scelta, ora che non si vaccinano: basta dare un’occhiata alla sequela di mostruosità per rendersi conto che l’unico scopo di questi è quello di sollevare disordini. Solo quello. A loro non gliene fotte niente dei vaccini e delle libertà: se lo Stato non vaccinasse sarebbero lì a soffiare sul fuoco al contrario.

Del tema vero delle loro battaglie ai destrorsi non interessa nulla, nulla. Perché a buon vedere di dittature sanitarie ce ne sarebbero per cui scendere in piazza. C’è la dittatura sanitaria (e classista) che ti concede di accedere a un esame qualsiasi solo dopo mesi oppure di averlo in pochi giorni dallo stesso medico, con addirittura la stessa strumentazione e nello stesso luogo (tutti pagati con soldi pubblici) pagando una visita privata. Non è dittatura costringere a pagare un diritto per ottenerlo in tempi ragionevoli, solo se si è nelle condizioni di poterselo permettere? Oppure: non è dittatura una legge inapplicata come il diritto all’aborto che non avviene per una cancel culture degli obiettori di coscienza che impongono il loro credo al normale funzionamento dello Stato? Oppure, non è una dittatura sanitaria quella che chiede di scegliere tra salute e reddito in una bilancia  che pende sempre dalle parti del profitto? Non è dittatura sanitaria quella che permette la cura delle malattie croniche solo a chi se le può permettere? Non è dittatura sanitaria quella che privatizza un servizio pubblico?

Insomma, cari destrorsi, di battaglie giuste ce ne sarebbero tantissime per cui scendere in piazza. Solo che le battaglie reali poi tocca combatterle davvero e risolverle mentre a voi conviene inseguire quelle inventate che richiedono molta meno responsabilità.

Buon lunedì.

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A proposito di accanimenti giudiziari

Archiviata l’inchiesta sulla comandante Carola Rackete, tra i commenti scandalizzati dei giornali di certa destra sovranista. Un fatto è certo: in questi ultimi anni abbiamo assistito a un crescente tentativo di criminalizzazione della solidarietà, ma se mettiamo in fila i processi imbastiti contro le Ong vediamo che non c’è stata nessuna condanna

Se avete del tempo da buttare via fatevi un giro sulle pagine dei quotidiani e dei siti di certa destra sovranista e patriottica (sì, lo so, ci vuole stomaco forte ed è sconsigliato di prima mattina) e leggete gli articoli scandalizzati per l’archiviazione di Carola Rackete. Il procuratore Luigi Patronaggio ieri, 19 maggio, ha chiesto l’archiviazione perché la comandante avrebbe agito per stato di necessità: aveva il «dovere di portare i migranti in un porto sicuro», non potendo più garantire la sicurezza a bordo delle 42 persone soccorse 17 giorni prima, e che l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini non voleva far sbarcare. Per i giornalisti cantori di Salvini e Meloni la comandante ovviamente è stata “salvata”, “graziata” o peggio “premiata”: ovviamente nessuno di loro è sfiorato dal dubbio che l’applicazione della legge preveda il dovere di salvare le persone e di portarle in luogo sicuro. Ne scriviamo da anni ma non gli entra proprio in testa.

Eppure se ripensate al rumore di fondo sembra che siano state decine le Ong e gli equipaggi condannati per irregolarità durante le operazioni di soccorso, continuando a confondere le accuse con le sentenze, gli articoli con le condanne.

Un fatto è certo: abbiamo assistito in questi ultimi anni a un crescente tentativo di criminalizzazione della solidarietà che ha accompagnato una certa retorica cattivista e se mettiamo in fila i processi imbastiti con i risultati (non) ottenuti sono numeri che fanno spavento.

A aprile 2017 Sea Watch viene accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dalla Procura di Palermo. Nel giugno del 2018 arriva l’archiviazione.

A maggio del 2017 sempre per lo stesso reato vengono indagate e accusate le Ong Open Arms (con la nave Golfo Azzurro) e Jugend Rettet. Anche in questo caso a giugno del 2018 subentra l’archiviazione.

Ad agosto del 2017 le Procure di Catania e di Trapani accusano di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di associazione a delinquere la Ong Jugend Rettet con la nave Iuventa. La nave è sotto sequestro da 43 mesi (43!). Nel 2018 è stata stralciata l’associazione a delinquere.

A marzo 2018 tocca a Open Arms, vengono indagati il capitano e altri 2 membri dell’equipaggio per favoreggiamento immigrazione clandestina (a Ragusa) e associazione a delinquere (a Catania). Nave sequestrata e poi dissequestrata. Indagine archiviata a Catania nel maggio del 2019.

A novembre 2018 tocca a MSF/SOS Med (con la nave Aquarius) accusata di traffico illecito di rifiuti a Catania. 

A gennaio 2019 Sea-Watch (con la nave Sea-Watch 3) viene accusata di favoreggiamento immigrazione clandestina. Archiviata.

Marzo 2019: la Ong Mediterranea (con la nave Mare Jonio) viene accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e disobbedienza a ordine militare. Nave sequestrata. Com’è finita? Archiviazione.

Maggio 2019: sempre Ong Mediterranea con la loro Mare Jonio, sempre la solita accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. 

A maggio del 2019 viene accusata anche Sea-Watch (Sea-Watch 3) sempre per lo stesso reato.

A giugno 2019 Sea-Watch (Sea-Watch 3) viene accusata di nuovo. È il processo archiviato ieri.

A luglio 2019 tocca a Mediterranea (nave Alex): nave sequestrata a luglio e dissequestrata a febbraio dell’anno successivo.

Ad agosto del 2019 tocca a Open Arms: accusata di rifiuto e omissione di atti d’ufficio. Sequestro della nave e poi dissequestro.

A settembre 2019 tocca a Mediterranea (Mare Jonio) e Mission Lifeline (Eleonore): navi sequestrate e dissequestrate. Accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Poi ci sono 6 (6!) fermi amministrativi senza nessuna accusa penale.

Poi c’è la vicenda della Mare Jonio a marzo del 2021 con l’accusa di favoreggiamento immigrazione clandestina e pagamento di 125.000 euro per prendere a bordo migranti da Maersk Etienne (Procura di Ragusa).

Condanne? Nessuna. Dal 2017 sono state almeno 20 le inchieste contro Ong: 8 archiviazioni. 2 rinvii a giudizio. Nessuna condanna.

Ognuno può trarre le sue conclusioni.

Buon giovedì.

(grazie a Ispi per la raccolta dei dati)

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La sinistra si scalda per i processi a Salvini e ignora i migranti: 500 morti in 4 mesi (+200%)

Il Mediterraneo continua ad essere un cimitero liquido e il campo di battaglia di emergenze che spuntano solo quando tornano comode alla sfida politica. L’ipocrisia dei partiti sta tutta in quei numeri che diventano roncole quando servono per attaccare l’avversario e poi scompaiono se richiedono senso di responsabilità. Fra qualche mese, sicuro, comincerà di nuovo la fanfara degli sbarchi incontrollati come accade ciclicamente tutte le estati (con il miglioramento delle condizioni atmosferiche e quest’anno anche con l’allentamento del virus) e intanto sembra impossibile riuscire a costruire una chiave di lettura collettiva su cui dibattere e da cui partire per proporre soluzioni.

Però nel Mediterraneo un’emergenza c’è già, innegabile, e sta tutta nello spaventoso numero di morti in questi primi mesi dell’anno: mentre nel 2020 furono 150 le vittime accertate nel Mediterraneo quest’anno ne contiamo già 500, con un aumento quasi del 200%. A lanciare l’allarme è stata Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, che ha partecipato al briefing con la stampa del Palais des Nations di Ginevra dal porto di Trapani in Sicilia, dove circa 450 persone stavano sbarcando in seguito al salvataggio da parte della nave della ONG Sea Watch: «Dalle prime ore di sabato 1 maggio – ha spiegato Sami – sono sbarcate in Italia circa 1.500 persone soccorse dalla Guardia Costiera italiana e dalla Guardia di Finanza o da Ong internazionali nel Mediterraneo centrale. La maggior parte delle persone arrivate è partita dalla Libia a bordo di imbarcazioni fragili e non sicure e ha lanciato ripetute richieste di soccorso».

Sami ha anche tracciato un primo quadro degli sbarchi nel 2021: «Mentre gli arrivi totali in Europa sono in calo dal 2015, – ha spiegato Sami – gli ultimi sbarchi portano il numero di arrivi via mare in Italia nel 2021 a oltre 10.400, un aumento di oltre il 170 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Ma siamo anche profondamente preoccupati per il bilancio delle vittime: finora nel 2021 almeno 500 persone hanno perso la vita cercando di compiere la pericolosa traversata in mare lungo la rotta del Mediterraneo centrale, rispetto alle 150 dello stesso periodo del 2020, un aumento di oltre il 200 per cento. Questa tragica perdita di vite umane sottolinea ancora una volta la necessità di ristabilire un sistema di operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale coordinato dagli Stati».

L’agenzia Onu «sta lavorando con i suoi partner e con il governo italiano nei porti di sbarco per aiutare ad identificare le vulnerabilità tra coloro che sono arrivati e per sostenere il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo» ma Sami sottolinea come continuino a mancare «percorsi legali come i corridoi umanitari, le evacuazioni, il reinsediamento e il ricongiungimento familiare devono essere ampliati» mentre «per le persone che non hanno bisogno di protezione internazionale, devono essere trovate soluzioni nel rispetto della loro dignità e dei diritti umani». L’incidente più grave finora è quello del 22 aprile, quando un naufragio ha causato la morte di 130 persone sollevando i prevedibili lamenti che ogni volta vengono spolverati per l’occasione. Solo una questione di qualche ora, come sempre, poi niente. La zona continua a essere completamente delegata alla cosiddetta Guardia costiera libica: «Nell’ultimo naufragio si parla di almeno 50 morti, noi abbiamo la certezza solo di 11 persone.  Quello che sappiamo è che erano in zona una nave mercantile e un’altra barca e che non sono intervenute, nonostante sia stato lanciato l’sos. E questo è molto grave: se c’è un natante in distress si deve intervenire, perché l’imbarcazione può affondare in qualsiasi momento. Ma ormai questa sembra essere una prassi consolidata: nessuno interviene in attesa che arrivi la Guardia costiera libica e riporti le persone indietro. Questo ci preoccupa molto», ha spiegato Carlotta Sami.

Secondo le stime dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) siamo al 60% di persone che tentano la traversata in mare e che vengono sistematicamente riportate indietro: «Almeno una su due è matematicamente riportata in Libia – spiega Flavio Di Giacomo, portavoce Oim, a Redattore Sociale -. Dopo l’ultimo naufragio abbiamo lanciato un appello all’Ue perché si rafforzi il sistema di pattugliamento in mare e si evitino altre tragedie, ma è caduto nel vuoto. C’è un silenzio politico assordante su questo tema. Si parla solo genericamente di un aumento degli arrivi: ma attenzione a evitare narrazioni propagandistiche perché nonostante la crescita i numeri restano bassi. Non esiste un’emergenza in termini numerici ma solo un’emergenza umanitaria, di morti e dispersi in mare».

Sempre a proposito di proporzioni poi ci sarebbe da capire perché le eventuali (gravi) responsabilità penali di Salvini quando fu ministro e lasciò alla deriva le navi delle Ong debbano infiammare più di questo spaventoso numero di morti che sembra non avere responsabili. Forse anche il centrosinistra, se vuole davvero occuparsi di diritti umani e non solo di dialettica politica, dovrebbe avere il coraggio di ripartire da qui.

L’articolo La sinistra si scalda per i processi a Salvini e ignora i migranti: 500 morti in 4 mesi (+200%) proviene da Il Riformista.

Fonte

Caro Conte, anche tu hai tenuto i porti chiusi

La Mezzaluna Rossa libica (l’equivalente più o meno della nostra Croce Rossa) ieri ha annunciato altri 50 morti in un naufragio al largo della Libia. Poco prima l’Oim, l’agenzia dell’Onu per le migrazioni, aveva riferito della morte di almeno 11 persone dopo che il gommone su cui viaggiavano era affondato. La Guardia Costiera libica come al solito dice di non esserne informata. Una cosa è certa: nel Mediterraneo si continua a morire ma la vicenda non sfiora la politica nazionale, merita qualche contrita pietà passeggera e poi scivola via.

L’importante, in fondo, è solo mantenere ognuno la propria narrazione: ci sono i “porti chiusi” di Salvini che rivendica di averlo fatto ma poi in tribunale frigna chiamando in causa anche i suoi ex compagni di governo, c’è il “blocco navale” evocato da Giorgia Meloni, c’è il PD che finge di avere dimenticato di essere il partito che con Minniti ha innescato l’onda narrativa e giuridica che ci ha portati fin qui e c’è il Movimento 5 Stelle che si barcamena tra una posizione e l’altra.

A proposito di M5S: il (prossimo) leader Conte è riuscito a dire in scioltezza “con me porti mai chiusi” provando a cancellare con un colpo di spugna quel suo sorriso tronfio mentre si faceva fotografare al fianco di Salvini con tanto di foglietto in mano per celebrare l’hashtag #decretosalvini e la dicitura “sicurezza e immigrazione”.

Conte che sembra avere improvvisamente dimenticato le sue stesse parole su Sea Watch e sulla comandante Carola Rackete: “è stato – disse Conte – un ricatto politico sulla pelle di 40 persone”. Insomma, non proprio le parole di chi vuole prendere le distanze dalla politica di Salvini.

Oltre le parole ci sono i fatti: l’ultimo atto del Parlamento prima della caduta del primo governo Conte nell’agosto 2019 è stato il “decreto sicurezza bis” che stringeva ancora più i lacci dell’immigrazione. Sempre ad agosto 2019, 159 migranti sulla nave Open Arms sono stati 19 giorni in mare senza la possibilità di attraccare nei porti italiani.

Insomma: partendo dal presupposto che i porti non si possano “chiudere” per il diritto internazionale è vero che Conte a braccetto con Salvini ha sposato l’idea dei “porti chiusi” nel senso più largo e più politico. Ed è pur vero che nessun governo, compreso questo, sembra avere nessun’altra idea politica che non sia quella di galleggiare tra dittature usate come rubinetto per frenare le migrazioni in un’Europa che galleggia appaltando i propri confini. Gli unici che non galleggiano sono i morti nel Mediterraneo.

Leggi anche: I poveri sono falliti e i ricchi sono radical chic: così Salvini non risponde mai nel merito a chi lo critica

L’articolo proviene da TPI.it qui

A proposito di priorità

Ogni tanto converrebbe prendersi la briga di leggere gli atti parlamentari perché in fondo è proprio il Parlamento che dovrebbe essere la sede per l’azione politica più importante, quella più sostanziosa e evidente.

Le parole, si sa, sono importanti e in politica le parole disegnano l’azione che si ha in mente per il futuro. Ogni tanto si crede che i leader politici esagerino durante le loro comparsate televisive per semplificare il loro messaggio e per fomentare un po’ la propaganda.

Ecco, proviamo a metterci le mani, tanto per capire di cosa stiamo parlando. Per Fratelli d’Italia il deputato De Toma è intervenuto alla Camera per presentare una mozione (la 1/00469) di cui è primo firmatario il suo compagno di partito Lollobrigida, dal titolo impegnativo: Mozione concernente iniziative per il rilancio produttivo e economico della nazione. Uno si immagina finalmente di vedere una proposta di soluzione da parte dell’unico partito di opposizione, sono quelli che dicono che i diritti non siano una priorità e che bisogna occuparsi del bene del Paese, non perdersi in chiacchiere. Benissimo. Nel suo discorso alla Camera ha usato parole altissime: «Più volte è stato annunciato l’avvento di tempi nuovi. Oggi ci staremmo preparando ad affrontare un’altra svolta, con il Governo dei migliori alla guida del Paese, eppure è evidente a tutti che così non è. L’Italia ha bisogno di gente che sappia fare le cose e che abbia il contatto con la vita reale».

E uno pensa: oh, finalmente si esce dalle barriere ideologiche e si lavora per il bene del Paese. Perfetto, cosa si dice nella mozione? Ecco qui uno stralcio, del “visto che”:

si assiste alla perdurante furia «gender» portata avanti dalla sinistra, a cominciare dalla sostituzione della mamma e del papà con la triste dizione «genitore uno» e «genitore due», mentre per alcune forze di Governo tematiche quali lo «ius soli» sembrano avere maggiore importanza della ripresa economica, che è la vera sfida di oggi, con la crisi che morde milioni di famiglie e di imprese italiane;

la cosiddetta «cancel culture» e l’iconoclastia, cioè la vandalizzazione o addirittura l’abbattimento di parte del patrimonio culturale considerato «politicamente scorretto», è un fenomeno che dagli Usa e da alcune nazioni europee sta arrivando, grazie ad alcuni presunti intellettuali, in Italia; il dibattito sul passato, totalmente decontestualizzato, rischia d’inasprire il confronto e di cancellare, dai libri e dal nostro patrimonio, la nostra cultura;

è insensato pensare di invertire il trend della caduta della curva demografica e della natalità zero nel nostro Paese, attraverso l’agevolazione di un ingresso incontrastato di immigrati e clandestini, anche attraverso la semplificazione contenuta nell’ultimo «decreto sicurezza» delle pratiche necessarie per ottenere accoglienza e residenza, non solo per chi provenga da zone teatro di guerra ma anche per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti;

sul fronte della sicurezza e della lotta all’immigrazione clandestina Fratelli d’Italia ha proposto fin da subito la soluzione del blocco navale: per evitare che il Mediterraneo continui ad essere un mare di morte, regno degli scafisti e delle organizzazioni non governative che, dietro presunte operazioni umanitarie, sono state spesso complici anche involontarie ma non per questo meno colpevoli del traffico di esseri umani.

Fa bene leggere gli atti parlamentari. Perché di questo stiamo parlando: della propaganda che addirittura non viene più usata per rendere vendibili i contenuti ma che diventa essa stessa contenuto. Il rilancio del Paese, per Giorgia Meloni, è anche questa cosa qui. Segnatevelo.

Buon martedì.

(nella foto Francesco Lollobrigida e Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia)

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Il sottosegretario dei migliori

Fanpage in una sua inchiesta che (c’è da scommetterci) difficilmente passerà nei telegiornali nazionali racconta la transizione politica dell’attuale sottosegretario all’Economia Claudio Durigon, uno dei fedelissimi di Salvini (e infatti per niente amato dalla Lega vecchia maniera). Ve lo ricordate Matteo Salvini quando tutto fiero presentava i suoi uomini nel governo Draghi? «Questo è il governo dei migliori?» gli chiese una giornalista e lui rispose «certo questi sono gli uomini migliori della Lega».

Bene, eccolo il migliore: come racconta benissimo Fanpage, Durigon è uno che avrebbe gonfiato i dati degli iscritti del sindacato Ugl di cui era dirigente, riuscendo a dichiarare 1 milione e 900mila iscritti mentre erano (forse) 70mila. Sapete che significa? Che stiamo continuando a parlare di una rappresentatività dopata che non esiste nella realtà (questo anche a proposito del nostro Buongiorno di ieri sulla sparizione del salario minimo dal Pnrr, su cui torneremo). Durigon da sindacalista ha avuto piena gestione sulla cassa da cui potrebbero essere passati i movimenti che la Lega non era libera di fare per quella storia dei suoi 49 milioni di euro. Durigon ha fatto prostituire un sindacato (pompato) alla Lega per ottenere qualche candidatura. Poi ci sono le amicizie che sfiorano certa criminalità organizzata nel Lazio (ma i lettori più attenti lo sapevano da tempo che certi clan hanno fatto campagna elettorale nel Lazio per Lega e Fratelli d’Italia) e infine c’è quella registrazione vergognosa in cui Durigon tutto sornione confida di non avere nessuna preoccupazione sulle indagini sui soldi della Lega perché il generale della Guardia di Finanza che se ne occupa è un uomo che hanno “nominato” loro: «Quello che fa le indagini sulla Lega lo abbiamo messo noi»

Tutto grave, tutto gravissimo. Tra l’altro fa estremamente schifo anche questo atteggiamento di politici con il pelo sullo stomaco che ancora si atteggiano come i peggiori politici socialisti, i peggiori unti democristiani che sventolavano il potere come se fosse un mantello, per piacere e per piacersi. Fa schifo questa esibizione dello scambio di favori. Fa schifo tutto.

Fa schifo anche Salvini che ieri alla Camera ha risposto ai rappresentanti del M5s che sottolineavano l’inopportunità di un tizio del genere come sottosegretario mettendosi a parlare di Grillo. Il solito gioco da cretini di buttare la palla in tribuna. Il solito Salvini. Se posso permettermi è parecchio spiacevole anche il composto silenzio del Pd che vorrebbe rivendere il poco coraggio come diplomazia. Siamo alle solite.

C’è però anche un altro punto sostanziale: della vicinanza tra Durigon e uomini della criminalità organizzata durante la sua campagna elettorale ne avevano scritto un mese fa Giovanni Tizian e Nello Trocchia su Domani, degli intrecci mafiosi su Latina ne scrivono da anni dei bravi giornalisti chiamati con superficialità “locali” e che invece trattano temi di importanza nazionale. Sembra che non se ne sia mai accorto nessuno e questo la dice lunga sulla percezione che in questo Paese si continua ad avere della criminalità organizzata. Anche questo fa piuttosto schifo.

Buon venerdì.

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Intanto, in Sardegna…

Nel pieno della pandemia, con una campagna vaccinale da spingere il più possibile per provare a ripartire, con i ristori che sono pochi e che non arrivano e con le attività che non riusciranno più a riaprire la politica decide quali sono le priorità. In Sardegna, ad esempio, il presidente Solinas (fiore all’occhiello del centrodestra nazionale) ha pensato bene di concentrarsi sul disegno di legge 107 che che pensa a un nuovo staff di 65 persone assunte su nomina squisitamente politica, come avveniva in tempi di vacche grasse e di favori elettorali.

La stragrande maggioranza dei 65 nuovi collaboratori sarebbe direttamente alle dipendenze di Solinas (curioso, eh?) e immagina al vertice un segretario generale della Regione che nelle intenzioni iniziali avrebbe dovuto guadagnare 285mila euro lordi all’anno, circa 100mila euro in più di quanto guadagna il Presidente della Repubblica, tanto per dare un’idea. Spesa totale della brillante idea di Solinas? 6 milioni di euro all’anno, in tempo di Covid, in questo tempo. Ognuno ne può trarre le sue conclusioni.

Il disegno di legge tra l’altro è stato scritto talmente male che si sono dimenticati della norma che fissa un tetto di 240mila euro annui come massimo stipendio per un incarico pubblico e così Solinas, proprio lui in persona, si è impegnato in un’intervista all’Ansa di presentare un emendamento per correggere una sua legge. Roba da avanspettacolo.

Sempre a proposito di stipendi ci sono tre capi Dipartimento che fanno riferimento alla presidenza (733mila euro annui lordi), tre consulenti (402mila) e sei esperti (805mila) per l’ufficio di staff, cinque esperti per il Comitato per la legislazione (671mila), quindi tre addetti di Gabinetto (180mila), due addetti al cerimoniale (120mila), un nuovo autista (60mila) mentre per gli assessorati sono previsti cinque consulenti (671mila) e la bellezza di trentasei addetti di gabinetto (per una spesa annua lorda di 2,1 milioni) destinati agli assessorati. Facendo la somma si contano 6 milioni e 90mila euro in tutto.

A chi serve tutto questo? Il consigliere regionale Massimo Zedda dice: «Serve all’apparato digerente, non dirigente, del centrodestra per soddisfare appetiti di poltrone e di posti di sottogoverno. Con uno spreco di oltre 6 milioni di euro l’anno mentre imprese, famiglie, lavoratrici e lavoratori sono in gravissima difficoltà».

Buon venerdì.

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Le assurde parole con cui Giorgia Meloni giustifica l’astensione di Fdi su Patrick Zaki

Sono 24 ore che mi scervello sulle giustificazioni della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, circa il voto di astensione in Senato per l’ordine del giorno che impegna il Governo “ad avviare tempestivamente le necessarie verifiche” per concedere la cittadinanza italiana a Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna agli arresti nel carcere egiziano di Tora dal 7 febbraio del 2020.

Ho sperato anche che Giorgia Meloni o qualcuno dei suoi spendesse qualche altra parola, che a qualcuno gli scappasse almeno uno sputo di tweet o una cosa qualsiasi per capire come possa una decisione presa in così larga maggioranza essere “un’ingerenza del Parlamento italiano”.

A cosa serve, secondo Giorgia Meloni, il Parlamento, se non proprio a intervenire in fatti di propria pertinenza? Cosa c’è di più significativo, per un Parlamento, dell’occuparsi di diritti da rispettare nei confronti di uno studente che proprio in Italia è stato libero per l’ultima volta e che è illegalmente detenuto in uno Stato che ha ammazzato poco prima uno studente italiano e con cui commerciamo amabilmente armi?

Mi pare tutto così chiaro, limpido, facile. Ci sono arrivati perfino i leghisti, per dire. Poi mi chiedo come la cittadinanza italiana a Patrick Zaki potrebbe “non aiutarlo” (parole sempre buttate a caso da Giorgia Meloni): ma non è proprio lei che da anni urlaccia sulla sua “patria” che deve farsi rispettare nel mondo? Ma non è proprio lei che da anni se la prende con il governo di turno per lamentare una mollezza sulla politica nazionale che, a suo dire, svergognerebbe tutti gli italiani?

E ora che potrebbe semplicemente schiacciare un pulsante (non le si chiede nulla di eroico, sia chiaro), proprio lei che vorrebbe essere quella del partito dei patrioti senza paura, ora balbetta quattro scuse sconclusionate senza senso?

Poi mi sono detto che forse non è la stessa Giorgia Meloni che, a proposito di “ingerenze”, viaggia in giro per l’Europa e per il mondo per incontrare i peggiori paradittatori sovranisti cercando di coltivare alleanze che mettono in seria crisi la credibilità dell’Italia in Europa e nel mondo. E invece no, è proprio lei.

Eppure Giorgia Meloni si è detta “solidale”. Ma come? Ma quindi non ha nemmeno il coraggio di dire che non gliene frega niente? Almeno sarebbe stata una posizione con una sua logica, qualcosa di comprensibile.

Poi ho pensato che ha un nome l’atteggiamento di Giorgia Meloni, una parola semplice semplice: vigliaccheria politica, condita con un po’ di esigenza di farsi notare.

Leggi anche: Draghi dì qualcosa: ora abbiamo bisogno di una data (e di una soglia) per sapere quando ne usciremo (di Giulio Cavalli)

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