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revisionismo

L’assessore di FdI in Veneto canta “Faccetta nera” alla radio. C’è una destra ormai oltre la vergogna

L’ultimo è stato Guido Crosetto, giusto oggi, che in un’intervista dice “noi con il fascismo abbiamo già fatto i conti a Fiuggi, all’epoca di AN”. In Fratelli d’Italia è tutta una corsa a dire e non dire, a affermare e smentire, a prendere le distanze e poi rituffarsi: del resto per loro il fascismo è un qualcosa di cui si deve sentire solo il profumo, quel che basta per non perdere quei voti e in modo abbastanza furbo da non esser attaccabili.

Un equilibrio ipocrita e precario che poi ovviamente viene smentito appena si gratta poco poco la superficie. Come è accaduto con l’assessora all’Istruzione (badate bene: all’Istruzione) di Regione Veneto Elena Donazzan, ovviamente di Fratelli d’Italia, che ospite della trasmissione radiofonica “La zanzara” ci ha tenuto a dirci che lei tra “Bella ciao” e “Faccetta nera” preferisce la seconda e poi ha pensato bene di intonare tutta allegra la prima strofa.

Anzi, a ben vedere ne ha intonato solo le prime parole perché quelli innamorati della “storia” (non è questa la scusa che usano per mascherare il proprio revisionismo?) poi alla fine non conoscono nemmeno ciò di cui stanno parlando. Presa dall’euforia della pessima figura che stava collezionando, Donazzan ha pensato bene anche di elogiare la scelta dello zio Costantino, militare fascista, e il suo non rinnegare mai il fascismo.

Quando il conduttore David Parenzo le ha ricordato che per colpa di persone come suo zio la sua famiglia ebrea è stata costretta a fuggire in Svizzera, l’assessora veneta ha balbettato qualcosa e poi tutti giù a ridere. E via. Ovviamente si è levato il coro di sdegno di tutta l’opposizione e di tutti quelli che conoscono poco poco la Costituzione ma alla fine, vedrete, verrà tutto derubricato a uno “scherzo” male interpretato, quisquilie, cose di cui non tenere conto.

Ora voi provate a immaginare un’assessora di un Land tedesco che canticchi in una trasmissione una canzone nazista, immaginate quanto immediatamente verrebbe rimossa dal suo incarico e come la questione verrebbe presa seriamente. E poi notate come dalle nostre parti, incessantemente e soprattutto negli ultimi anni, il revisionismo continui a passare per momento “pop” occasionale su cui discutere un poco, accendere un tenue scontro politico, e poi dimenticarsene subito.

Un cumulo di provocazioni che giorno dopo giorno vengono lanciate da figure istituzionali e vengono lasciate cadere. E intanto, sotto sotto, condensano.

Leggi anche: 1. L’ultima vergogna della destra italiana: Roberto Fiore e Susanna Ceccardi compiangono i martiri pro-Trump / 2. Ora non dite che sono solo quattro patrioti sballati 

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Auguri, Liliana Segre. Come sempre, saprai perdonare chi ti obbliga a festeggiare i 90 anni sotto scorta

La memoria è un bene e raro prezioso, sarà per questo che in Italia si tende a risparmiarla. E che oggi Liliana Segre compia novant’anni e li debba celebrare sotto scorta, lei che è uscita viva dall’orrore di Auschwitz e che ha perduto gli affetti nella furia nazista, è la fotografia più urgente di quello che siamo. Allora buon compleanno, carissima Liliana Segre, ed è un buon giorno anche per noi che abbiamo tanto bisogno di una memoria che sia viva, reale, tattile, che abbia voce, che esista, che si permetta di essere argine ogni giorno contro un revisionismo che si infila in tutti i pori della politica, della comunicazione, della società.

Buon compleanno e grazie. Grazie di essere la prova che una testimonianza sopravvissuta al periodo più buio del nostro ultimo tempo passa essere decisa e misurata, grazie delle parole che ancora vengono usate bene quando sono dense di significato, quando le parole servono ancora a rimettere le cose al loro posto, grazie della sua presenza in un Paese che ha un disperato bisogno, tutti i giorni, di ricordarsi di ricordare.

E poi ci sarebbe il regalo da fare, come ogni buon compleanno che si rispetti, a Liliana Segre: c’è quella Commissione straordinaria contro odio, razzismo e antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, da lei proposta e approvata in Senato il 30 ottobre 2019 che giace lì in attesa di entrare in funzione e che si propone di “osservare, vigilare, studiare e proporre iniziative atte a contrastare eventi e manifestazioni di razzismo, antisemitismo, intolleranza, istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base dell’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche”. Il regalo migliore che potremmo farle, e che potremmo farci, è quello di rendere funzionale una commissione di cui c’è assolutamente bisogno in questo momento e che renderebbe questo Paese un posto sicuramente migliore.

E grazie Liliana Segre per tutte le volte che non si è sottratta dal parteggiare di fronte ai brutti casi che si sono succeduti in questi mesi. Anche sulla morte di Willy le parole migliori le ha pronunciate lei: “La morte di Willy mi ha fatto molta paura. È stata come una sconfitta personale, mi ha fatto pensare che tutto ciò che ho provato a fare contro la violenza e l’odio, alla fine è servito a poco. Se ancora ci sono in giro persone che pensano di risolvere le proprie sconfitte personali picchiando il prossimo, siamo ancora in una società lontana dalla civiltà”. Auguri, a lei e a noi.

Leggi anche: 1. Il commovente discorso di Liliana Segre agli studenti de La Sapienza: “Sarò sempre la ragazzina espulsa da scuola perché ebrea” / 2. “Io che ho vissuto Auschwitz sulla mia pelle, vi avverto: attenti a questa campagna d’odio”, intervista a Liliana Segre

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Così il revisionismo storico entra in Wikipedia

(su il lavoro culturale c’è un pezzo esemplare)

La cosa che colpisce della voce su Daus è che riporta tutti i tic della stampa fascista delle origini. L’inversione della vittima e del criminale, che fa risultare uno squadrista come una vittima e non un aggressore. Il giustificazionismo devastante che accusa. Un repertorio ormai ben calibrato, realizzato da anni. La voce di Wikipedia fa apparire normale che i fascisti “rispondessero” con spedizioni squadriste a provocazioni o aggressioni subite, così come a gesti di “affronto alla patria”: non esporre il “Tricolore”, o condurre campagne di stampa contro di loro, contro la sacra nazione. Una banalizzazione della violenza squadrista e allo stesso tempo la costruzione di una narrazione vittimistica, ben sviscerata, per quanto riguarda la nostra contemporaneità, da Daniele Giglioli.

Nel caso della voce su Daus lo squadrismo compare come figlio naturale del disordine seminato dai “sovversivi” dopo la Grande Guerra, come reazione legittima al “caos decadente” dell’Italia postbellica: la giunta socialista di Grosseto si era addirittura spinta fino alla rimozione del busto di Sua Maestà Vittorio Emanuele III dalla sala del consiglio comunale! Per questo i fascisti misero a ferro e fuoco la città e uccisero alcuni grossetani. Un frame che viene usato ancora oggi: quando un neofascista aggredisce una vittima, dirà sempre di essere stato provocato, come spiega in questo articolo Selene Pascarella.

La fonte accademica usata dall’utente Jose Antonio, qui come altrove, è Roberto Vivarelli, storico notoriamente collocato in una zona grigia fra il rigore storiografico e la nostalgia per il proprio impegno giovanile al fianco della Repubblica di Salò. L’opera di Vivarelli è utilizzata in modo da insinuare una correlazione quasi necessaria fra le azioni della giunta socialista di Grosseto e la reazione squadrista , sulla base di tre pagine dedicate all’origine del fascismo, invocate a sostegno, appunto, della pericolosità dei socialisti grossetani.

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E qui non sappiamo se si vuole gabbare il lettore o se ci troviamo di fronte ad un cattivo esercizio di retorica. La voce su Daus contiene una vistosa caricatura dell’argomentazione basata sulla successione fra causa ed effetto perché pretende di provare il “pericolo rosso” – ciò che nelle intenzioni dei wikirevisionisti dovrebbe essere la causa della spedizione contro Grosseto – mediante l’esistenza dello squadrismo, dell’effetto. In altre parole, una determinata interpretazione degli eventi del 1921, fondata su un uso tendenzioso delle pagine di Vivarelli, giustifica a priori il presunto effetto di quegli eventi: la violenza fascista (per una disanima dei paralogismi fondati sul nesso causale, cfr. C. Perelman – L. Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, pp. 287-288). Un po’ azzardato per l’occhio allenato all’argomentazione storiografica, ma sufficientemente convincente per il lettore frettoloso o inesperto.

(l’articolo è qui)