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Sara Cunial fa propaganda No Vax alla Camera per attaccare Conte. E la Lega la applaude

“Oggi siete qui, con la vostra faccia da vaccino, rei di aver fatto fallire il nostro Paese, aver imbavagliato l’onestà intellettuale, schiavizzato un popolo, riducendo l’Italia a campo di sperimentazione delle vostre terapie geniche”. Ha iniziato così ieri il suo intervento alla Camera dei Deputati Sara Cunial, fuoriuscita dal Movimento 5 Stelle (che non ringrazieremo mai abbastanza per avere infarcito il Parlamento di elementi del genere) e che oggi guida la truppa dei vari negazionisti (No mask, No vax, No 5G e tutto quello che vi può venire in mente) per ritagliarsi un po’ di popolarità.

E la discussione è interessante perché questi sono gli stessi che poi parlano di censura, badate bene, mentre abbaiano liberi in Parlamento. Ha detto Cunial: “Per distogliere l’attenzione sui brogli elettorali internazionali pilotati dal centro di comando della partecipata di Profumo, continuate a comprarvi tutti, riesumando spettri politici coerenti con la scelta di far gestire l’emergenza dal nipote putativo di Gelli”. Qui siamo a livelli di complotti e di poteri forti che potrebbero fare impallidire perfino gli attivisti di QAnon.

Ricordate lo sdegno per Trump che invitava alla guerra? Ecco qua Sara Cunial ieri: “A voi che osate mettere un cittadino contro l’altro, devoti al culto turbo capitalista del debito a tutti i costi, per condannare le nuove generazioni, dico: né Cadorna né Diaz, perché l’Italia ripudia la guerra, anche quella a base di virus e l’Italia non solo ripudia la guerra, ma condanna duramente voi che ne siete i mandanti”.

In questo momento in cui si dibatte molto sulla responsabilità (anche penale) di chi fomenta l’odio attraverso le fake news, sarebbe curioso sapere chi risponde delle parole pronunciate ieri dalla deputata Cunial.

C’è anche un altro aspetto interessante: quando si discute della qualità della classe politica, arrivando addirittura a corteggiare Mastella, ci si dimentica che le discussioni parlamentari sono ogni volta un abisso che ci tocca percorrere. Il resoconto stenografico della Camera, al termine dell’intervento di Cunial, riporta un altro aspetto significativo: “(Applausi di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)”, si legge.

Perché in fondo Salvini e compagnia cantante e Sara Cunial accarezzano gli stessi elettori, gli stessi pezzi di popolo, solo che l’ex grillina ha almeno l’impudenza di non fingersi statista. Delira felice dei suoi deliri. I leghisti, invece, giocano di sponda. Ma la matrice dell’irresponsabilità, sotto sotto, è la stessa.

Leggi anche: 1. La sindaca della Lega arrestata perché negava aiuti alimentari ad anziani soli e stranieri / 2. Dino Giarrusso (M5S) a TPI: “Avanti con Conte senza Renzi, ora trattiamo per un governo con altri partiti. Ma no impresentabili” / 3. Di Battista a TPI: “De-Renzizzare il governo val bene una messa. Ora il M5S è coeso, ripartiamo con Conte”

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Il calendario dell’avvento (di Renzi)

Cronologia di una “crisi di governo” aperta da Matteo Renzi il 9 dicembre. Tra dichiarazioni, penultimatum e interviste, siamo arrivati al giorno cruciale

Era il 9 dicembre quando Matteo Renzi aprì la “crisi di governo” che ancora oggi si stiracchia sulle pagine di tutti i giornali. “È il momento di dirci le cose in faccia” tuonò con uno di quegli interventi che risulta perfetto per essere confezionato e diventare una clip già pronta per i social e take away per tutti i telegiornali. Disse: “Per giocare pulito e trasparente, noi diciamo: se c’è un provvedimento che tiene dentro la governance del Next Generation Eu, noi votiamo contro. Siamo pronti a discutere, ma non a usare la manovra come veicolo di quello che abbiamo letto sui giornali, compresi i servizi segreti. Se c’è una norma che mette la governance con i servizi votiamo no”. Minacciò di ritirare immediatamente i suoi ministri. Non accadde.

Il giorno successivo, il 10 dicembre, il segretario del Pd Zingaretti e alcuni membri provarono a placare gli animi. Da quel giorno ovviamente la cosiddetta “crisi” si è spostata sui giornali e in televisione, il campo preferito da Renzi. Pochissimi i passaggi istituzionali. Renzi rilascia due interviste, a Il Messaggero e a El Pais, in cui dice: “Se Conte non fa marcia indietro siamo pronti a far cadere il governo”. Conte intanto era a Bruxelles per chiudere l’accordo. Alla grande, direi.

Il 12 dicembre interviene il presidente della Camera Roberto Fico che dice che se cade il governo si va a elezioni. A nome di Renzi interviene Anzaldi che dice che le elezioni le decide il Presidente della Repubblica. E via già con la via d’uscita di un accordicchio, quindi.

A quel punto Conte convoca i partiti a Palazzo Chigi per discuterne. Ve lo ricordate? Renzi dice: “noi abbiamo detto ‘Presidente, se vogliamo andare avanti noi ci siamo con lealtà, se ritieni che quello che proponiamo non va bene, con rispetto per le istituzioni, noi ci alziamo e ci dimettiamo”. E via di nuovo con l’ennesimo penultimatum. Ovviamente continuano le interviste dappertutto.

Il 28 dicembre Renzi presenta il suo piano (che chiama simpaticamente “Ciao”, che simpaticone). 13 righe di proposte in tutto. “Se c’è accordo su questo bene. Altrimenti è evidente che faranno senza di noi e le ministre si dimetteranno”, dice Renzi. Sempre per dare un’idea di come si svolge la trattativa.

A fine anno c’è il discorso di Mattarella. Renzi ovviamente pensa a se stesso quando il Presidente della Repubblica dice che “servono costruttori”. Figurati. Però non coglie il monito di Mattarella a non perdersi in polemiche. Passano 48 ore dal discorso del Presidente e Renzi dice, a Il Messaggero: “Se Conte ha scelto di andare a contarsi in aula accettiamo la sfida”.

Il 5 gennaio è un giorno da fantascienza. Renzi è ospite di Nicola Porro su Rete 4 e dice che bisognerebbe trovare un accordo preliminare sui temi. Sembra un’apertura. E invece poi serafico aggiunge: “Poi vedremo se il premier sarà Conte o un altro“.

Arriviamo agli ultimi giorni. Conte ringrazia i partiti di maggioranza per i contributi portati (quindi anche Renzi) e Renzi gli risponde “se Conte è in grado di lavorare lo faccia, altrimenti toccherà ad altri. Ha detto che è pronto a venire in Aula, lo aspettiamo lì”. L’8 gennaio si incontrano per discutere e i renziani Boschi, Faraone e Bellanova protestano: “Il documento sul Recovery Plan non c’è: c’è una sintesi di 13 pagine e una tabella. Il Paese ha bisogno di serietà e ciò comporta leggere e studiare un testo completo“.

Ieri Renzi ha detto sì al Recovery però minaccia di ritirare le sue ministre dopo il Consiglio dei Ministri. E siamo a oggi. Gli scenari sono o un corposo rimpasto (con quelle poltrone che a Renzi non interessano, segnatevelo), o un Conte ter o un governo tecnico. Le elezioni? figurarsi. Se ci fosse davvero il pericolo delle elezioni non avremmo visto nulla di tutto questo.

Buon martedì.

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“No al Sala bis”: il M5S Lombardo chiude le porte alla ricandidatura del sindaco di Milano

Il sindaco di Milano Beppe Sala annuncia la sua candidatura per il secondo mandato alla guida del Comune di Milano ma dal Movimento 5 Stelle in Regione Lombardia arriva subito una netta e decisa presa di distanze. TPI.it ha intervistato Dario Violi, consigliere regionale del M5S e candidato presidente nel 2018.

Violi, Beppe Sala annuncia la sua candidatura…
“Ah. Quindi alla fine non ha trovato niente di meglio?” (Sorride)
In che senso?
“È un’evidenza dei fatti: Sala ha preso tempo solo perché gli andava stretta la sua candidatura a sindaco. Qui a Milano lo sanno tutti.”.
E voi come Movimento 5 Stelle cosa ne pensate della sua ricandidatura?
“A noi cambia davvero ben poco. I gruppi locali stanno lavorando da mesi a un programma con tanti punti importanti, per una città che sia più verde e molto diversa da quella che ha in testa Sala. I gruppi locali lavoreranno sicuramente in quella direzione”

Però al governo nazionale siete con il Partito Democratico, perché non dovrebbe ripetersi quello stesso paradigma anche su una città importante come Milano?
“Io sono autonomista nell’anima, soprattutto in queste cose. Va rispettato il territorio e le decisioni che prendono i gruppi del territorio. Con Sala abbiamo discusso politicamente e in modo acceso per l’opera di cementificazione che ha in mente in zona Porta Romana, sarebbe incoerente: lo contestiamo fino a un giorno prima e poi ci andiamo insieme? E poi anche se coì fosse la scelta deve essere dei territori e non deve essere una scelta di comodo e di Palazzo che arriva da Roma”.
Quindi voi avete un giudizio negativo sull’operato di Sala come sindaco?
“Questo andrebbe chiesto ai consiglieri comunali, io direi molto negativo. Le nostre sensibilità su ambiente, sviluppo sostenibile, mobilità sono molto distanti”.

Calenda e Richetti hanno fatto gli auguri a Sala chiedendo al PD di non allearsi con voi. Che ne pensa?
“Quelli dello zero virgola devono parlare male del Movimento 5 Stelle per esistere. Se dicessero “in bocca al lupo a Sala” e basta non se li filerebbe nessuno”.
Quindi nessuna possibilità nemmeno di trattativa con il Partito Democratico?
“Per me è un tema di territorio e non un tema di persone e di partiti. Per me e per tanti di noi. Noi non “trattiamo” con nessuno ma al massimo valutiamo la condivisione dei programmi. Sala l’abbiamo contrastato per 5 anni. La vedo dura. Anche se non sono mai stato uno che dice di no a prescindere”.
E se da Roma vi chiedessero di farlo per la tenuta del governo?
“Sarebbe ridicolo che un governo dipenda da un’alleanza in un comune, anche se importante come Milano. Quel governo non avrebbe senso di esistere”.
A proposito, e gli accordi per le elezioni su Roma?
“Noi andiamo avanti con Virginia Raggi. A quanto pare il PD non vuole. Quegli altri (Calenda e soci) vogliono che vadano con loro. Per noi Virginia Raggi ha lavorato bene in una città in cui si fa molta fatica e con molti interessi anche esterni. Noi abbiamo cercato di portare la città e i suoi conti sulla buona strada”.

Leggi anche: 1. Beppe Sala a TPI: “Se tornassi indietro, parlerei di meno. Non so se mi ricandido a sindaco di Milano” / 2. Esclusivo TPI – Beppe Sala risponde alla lettera del M5S: “Dialoghiamo per la Milano del futuro” / 3. Esclusivo TPI – Milano, la lettera del M5S a Sala: “Confrontiamoci sui programmi contro le destre”

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Fratoianni a TPI: “Una patrimoniale per combattere le disuguaglianze. Altro che mazzata, così il ceto medio risparmia”

In un emendamento alla Legge di Bilancio firmato da deputati di Leu e del Pd si chiede l’abolizione dell’Imu e dell’imposta di bollo sui conti correnti e di deposito titoli, per sostituirle con un’aliquota progressiva minima dello 0,2% “sui grandi patrimoni la cui base imponibile è costituita da una ricchezza netta superiore a 500 mila euro”. I primi firmatari sono Nicola Fratoianni, che fa parte della componente di Sinistra Italiana in Leu, e Matteo Orfini, della minoranza Pd. Le opposizioni insorgono ma anche nella maggioranza in molti storcono il naso. Per TPI abbiamo intervistato Nicola Fratoianni.

Onorevole Fratoianni, sulla cosiddetta “patrimoniale” si sono sollevate subito le reazioni. Se le aspettava?
“Reazioni peraltro un po’ scontate. Come ha osservato più di qualcuno ‘patrimoniale’ è parola impronunciabile nella scena politica italiana. Tutto contro ogni ragionevolezza e perfino contro le idee di molti supermiliardari: Forbes nel luglio di quest’anno ha pubblicato la lettera di 83 miliardari che chiedono ai loro Paesi di introdurre tassazioni stabili e significative sulle loro grandi ricchezze. Tutto sulla base di un argomento molto chiaro e molto semplice: noi non possiamo fare chissà cosa ma abbiamo molti soldi e quei soldi possono risolvere molti problemi, non solo le emergenze drammatiche di questa fase della pandemia ma anche le crescenti disuguaglianze che costituiscono un problema non solo per chi le subisce ma anche per chi ha grandi ricchezze”.

Qualcuno dice che fissare un limite di 500mila euro è un azzardo. “Basta avere ereditato una casa in una grande città”, si legge in giro. Come risponde?
“Non è così. Non ne faccio colpa ai cittadini che non conoscono la norma. Primo: riguardo la questione immobiliare che viene usata contro questa norma occorre non confondere il valore commerciale con il valore catastale dell’abitazione. La nostra proposta, come tutte quelle che intervengono sulle questioni patrimoniali, si riferisce al valore catastale, quindi a chi dice che in alcune città il valore al metro quadro supera i 3mila euro basta rispondere spiegando questo punto. Se qualcuno ha una casa con un valore catastale superiore ai 500mila euro è difficile che abbia particolari difficoltà. In ogni caso le nostra proposte sono progressive, partendo dallo 0,2% da 500mila a 1 milione di euro e poi via via crescendo fino ad arrivare al 3% per patrimoni superiori al miliardo di euro. E poi ci si riferisce a persone fisiche, per cui se marito e moglie sono comproprietari di una casa quel valore si divide”.

E il secondo punto?
“Secondo: oltre a introdurre aliquote progressive, facciamo l’operazione di riordino di quella giungla di micro interventi patrimoniali, come l’Imu anche sulla seconda casa e la famosa imposta Monti (lo 0,2% sui depositi finanziari e sui titoli che non era progressivo). Quindi il ceto medio – ammesso che esista ancora – potrebbe perfino risparmiare”.

L’hanno stupita le reazioni all’interno del Partito Democratico, Zingaretti incluso?
“Sono molto contento che diversi parlamentari del PD abbiano appoggiato questa proposta, ma non mi stupisce la reazione complessiva del PD come quella del Movimento 5 Stelle. Questo è un momento in cui c’è una subalternità culturale sul tema delle tasse e dei patrimoni e sulla disuguale distribuzione della ricchezza. Il mantra ripetuto in ogni occasione è che le tasse sono troppe e vanno abbassate ma le tasse non sono troppe in sé: sono troppe su chi le paga e sono poche sulle grandissime ricchezze. Sono distribuite in modo diseguale. Faccio osservare che nei decenni la tassazione sui redditi ha conosciuto una brusca contrazione delle aliquote diminuendo la progressività. Questo significa favorire i redditi altissimi e penalizzare quelli più bassi. Bisogna proteggere i piccoli patrimoni e chi ha acquistato una casa dopo anni di lavoro o chi ha ereditato una casa (non certo a Roma o a Milano) che ha uno scarso valore commerciale e pesa sullo stipendio. Bisogna uscire da questa stagione di subalternità culturale: se uno usa sempre le parole dell’avversario è difficile poi sconfiggere il suo racconto pubblico”.

Nel pieno della pandemia è un buon momento per affrontare questo tema?
“Il momento buono è da molto tempo, oggi ancora di più. La pandemia ha messo in risalto la fragilità di un sistema di organizzare il lavoro, le vite, l’economia e del nostro welfare. Ha disvelato l’imbroglio del primato della privatizzazione nella tutela della salute. E la pandemia, come ogni grande crisi, ha evidenziato l’aumento della disuguaglianza: c’è chi ha visto crescere ancora e significativamente i propri patrimoni e chi si è trovato in difficoltà. Quindi questo è il momento della discontinuità nelle scelte e nel linguaggio per immaginare un mondo diverso da quello a cui siamo abituati, che spesso ci è stato presentato come l’unico mondo possibile”.

Sui giornali e sulle televisione la proposta è diventata “la proposta di Orfini”…
“Va benissimo così. Sono il primo firmatario ma non ho problemi di primogenitura, mi interessa aprire una discussione”.

Leggi anche: Il linguaggio dei banchieri centrali: come è cambiato negli anni e quanto è capace di influenzare i mercati

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Calabria, tutti attaccano Morra: così, però, non si parla più dell’arresto di Tallini

Possiamo tornare al punto, gentilmente? Perché l’arresto di Mimmo Tallini e il quadro indiziario che emerge dall’ordinanza del gip Giulio De Gregorio (che ha accolto la richiesta della Direzione distruttale antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri) disegna un contesto, al di là di quello che dirà l’eventuale processo, su cui varrebbe la pena riflettere. Perché ora sotto la lente dei Ros ci sono anche le comunali di Catanzaro del 2017, le politiche del 2018 e le elezioni regionali del 2020. Nelle carte di legge del Consorzio Farma Italia e della collegata Farmaeko che sono tenute in pugno dalla cosca Grande Aracri di Cutro, nate e subito fallite, come immagine di una regione in cui la malapianta continua a raccogliere frutti.

“Tutto ciò avverrà – scrive il gip De Gregorio – perché l’enorme profittabilità prospettata inizialmente non era riferita a particolari capacità imprenditoriali dei criminali che la dovevano governare, ma allo sfruttamento dei contatti con politica ed economia, all’accesso a risorse finanziarie illecite senza dover corrispondere interessi, alla sostanziale irregolarità delle condizioni di lavoro, ai metodi truffaldini di approvvigionamento”.

C’è un antennista vicino alla cosca come Domenico Scozzafava, legato a Grande Aracri ma anche a Pierino Mellea, il nuovo boss dei Gaglianesi, che votava e faceva votare Domenico Tallini: uno che andava in giro a piazzare bottiglie incendiarie con un pistola con matricola abrasa ed è diventato uomo vicino al presidente del consiglio regionale Tallini. Sono le solite commistioni che raccontano di funzionari in regione che se non eseguono gli ordini del politico di turno vengono rimossi in favore di qualcuno più accondiscendente. L’abbraccio perverso tra economia, politica e ‘ndrangheta è un tema che, al di là degli esiti giudiziari, esce con forza dal punto di vista etico.

Quindi, al di là del caso Morra e della sua infelice uscita, cosa hanno da dire su questo i leader del centrodestra? Oltre alle parole del grillino hanno qualcosa da dirci su un politico già segnalato dalla commissione antimafia diventato così facilmente presidente del consiglio regionale? Salvini che ora lo scarica sa che sono i suoi alleati con cui governa la Calabria? Giorgia Meloni, tutta ordine e disciplina, che ne pensa della fotografia che emerge? Perché tra poco in Calabria si vota e dalle parti del centrodestra qualcuno ha il coraggio di pensare al sindaco di Catanzaro Sergio Abramo come candidato, un uomo vicinissimo proprio a Mimmo Tallini.

Leggi anche: ‘Ndrangheta, arrestato presidente del Consiglio regionale della Calabria, Domenico Tallini

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Nonostante le figuracce, Zangrillo dà voti agli altri medici. Ma è lui che andrebbe giudicato

Nonostante le figuracce, Zangrillo dà voti agli altri medici. Ma è lui che andrebbe giudicato

In un Paese normale almeno avrebbe la dignità di rimanere defilato. Alberto Zangrillo, il primario di rianimazione e anestesia del San Raffaele di Milano, continua a imperversare nelle trasmissioni televisive (in cui va per dire che troppi suoi colleghi sono in televisione) e sui giornali: non è bastata la catena di brutte figure che ha inanellato in questi ultimi mesi per consigliargli un po’ di pudore. Non è bastata la sua affermazione mostruosa su un virus “clinicamente morto” e che invece è tornato a imperversare e non è bastata la figuraccia rimediata con Silvio Berlusconi che lui descriveva in “ottima salute” mentre il Cavaliere poco dopo avrebbe raccontato a tutto il Paese le sue “enormi difficoltà”.

Niente, niente di tutto questo. Anzi Zangrillo ora addirittura si supera e esce in prima pagina su Libero (e dove, sennò?) per dare voti agli altri medici. Lui, Zangrillo, che giudica l’operato degli altri. Roba da fantascienza. “Il Sars-Cov2 ha messo in linea di produzione una serie di scienziati privi dei necessari parametri per essere definiti e riconosciuti come tali”, risponde Zangrillo alla domanda di Pietro Senaldi sull’esposizione pubblica di medici in questo ultimo periodo. Zangrillo, che probabilmente pensa di essere un tuttologo, si lancia anche a dare consigli alla stampa, ci dice che “non tornerà l’emergenza di marzo”, ritiene “pericolosi” i tamponi fatti per prevenzione (sarà per questo che il suo ospedale li vende privatamente e dietro un lauto compenso come servizio privato) e ci tiene a precisare che molti dei volti che ascoltiamo non sono virologi: “Guardi che Remuzzi, Gattinoni, Richeldi, Bassetti, Lorini, Ippolito e il sottoscritto non sono virologi”, dice al giornalista. Ce ne eravamo accorti, Zangrillo, ce ne eravamo accorti.

Poi difende i membri del Comitato Tecnico-Scientifico: “Mantengo un rapporto di stima e amicizia con molti membri del CTS. Conosco il valore del lavoro silenzioso a supporto del legislatore. Certe inopportune grida di allarmismo estremo non provengono da lì”. Insomma, Zangrillo ci dice che ci sono troppi medici poco affidabili sui media e sparge giudizi senza nemmeno un briciolo di autocritica e lo fa al suo solito: schiacciando l’occhio ai minimizzatori e pronunciando proprio le parole che servono e che tornano utili a una certa politica. È il solito Zangrillo, quello che ha sempre la frase giusta per sovraesporsi e per esprimere giudizi che spesso hanno poco a che vedere con la sua professione. E Libero, ovviamente ce lo propone in prima pagina. Avanti così.

Leggi anche: 1. “Il Covid era in Italia già a settembre 2019”: la scoperta dell’istituto tumori di Milano / 2. Sanità Calabria, Gino Strada: “Contatti con il Governo. Disponibile, ma chiedo garanzie” / 3. Esclusivo TPI – Calabria, la denuncia dell’ex primario: “Abbiamo un laboratorio per processare i tamponi, ma nessuno ci risponde”

4. Come sarà distribuito il vaccino anti-Covid in Italia? La bozza del piano del Ministero / 5. Sapevate che chi gioca a golf può muoversi liberamente in Italia nonostante il lockdown? / 6. Sassoli: “L’Europa deve cancellare i debiti contratti per il Covid. Il Mes? Così non lo prenderà nessuno”

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Ve lo buco, ‘sto Natale

Che Paese straordinario che siamo. Ci dicono che non è il tempo di riflettere sugli errori compiuti (e guardate che trattandosi di sanità sono sopratutto delle regioni) perché vorrebbe dire mortificare i morti, ci propinano virologi che dicono cose opposte sui media, virologi assolutamente incauti nella comunicazione (per dirla in modo buono), ci fanno ascoltare le canzoni di quella diventata famosa perché in spiaggia disse che non ce n’è di Coviddi e intanto tutta la discussione si concentra sul Natale.

Badate bene: non si concentra sul Natale per il valore eventualmente religioso, ci si concentra sul fatto che il Natale forse sì o forse no lo possiamo passare con i parenti. E intanto muoiono 600 persone al giorno quasi. E il cenone di Natale occupa tutte le conversazioni. Che poi non hanno nemmeno il coraggio di dirci che il tema non è mica il Natale, no, no, figurati, non hanno mica il coraggio di dirci che devono lasciare una parentesi per i consumi, che vorrebbero trovare la formula algebrica per farci uscire solo giusto il tempo per riempire il carrello che non sia mai che si rimane fuori solo al costo di uno spritz, no, no, ci vogliono fare intendere che la preoccupazione sia tutta sentimentale come in una brutta sit-com sentimentale ce la buttano su parentele. Che poi anche sulle parentele ci sarebbe da discutere, poiché noi siamo un Paese in cui i congiunti sentimentali sono quelli certificati, decine di parenti ma guai a voler vedere qualcuno a cui confessiamo tutti i nostri peccati da anni ma che ha la sfortuna di non essere descritto da un Decreto.

Intanto c’è chi strappa uno stipendio da fame, se ci riesce, c’è chi si ammala e non riesce a farsi curare e c’è chi muore. Mentre si parla di Natale senza avere il coraggio di fare un cenno all’economia. Una lunga, interminabile, paternale. Che strano Paese che siamo, che Paese incredibile: il presidente del consiglio introduce il Natale con una lettera improponibile di un bambino e ieri un giornalista del Corriere della Sera parla addirittura di “dittatura”, scrive proprio così Pierluigi Battista e chi gli risponde su Twitter? Il portavoce di Conte che per certificare l’esistenza del bambino posta un video di Barbara D’Urso.

E lì ho pensato che tutto era compiuto, che il cerchio si era chiuso, che stiamo a posto così. Mentre De Luca in sottofondo chiede un giorno “tutto chiuso” e il giorno dopo “tutto aperto”. In attesa del Natale. Buona fortuna a noi.

Buon lunedì.

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La vergogna del San Raffaele di Milano: con centinaia di morti al giorno sminuisce la pandemia

Accadono cose di cui sfugge il senso, di cui non si coglie il nesso e che raccontano perfettamente la guerra tra uomini di scienza che si gioca sui metodi di narrazione piuttosto che sui dati scientifici. Sarebbe poco male, una battaglia interna che sicuramente poco appassiona se non fosse che da mesi, sotto questi duelli tra virologi e professionisti, ci sta un Paese che inevitabilmente costruisce le proprie tesi e le proprie paure proprio sulle parole di quelli che improvvisamente sono diventati divulgatori scientifici. E la divulgazione scientifica è una cosa sera, terribilmente seria, importante quasi quanto un nuovo vaccino o una nuova cura.

Per questo sarebbe curioso chiedere a qualcuno del Gruppo San Donato e dell’università Vita-Salute San Raffaele il senso del loro comunicato stampa in cui prendono le distanze da un tweet del medico Roberto Burioni, che sembra non dire nulla di particolare. Partiamo dall’inizio. Burioni twitta: “Alcuni dicono che i pronto soccorso sono affollati da persone in preda al panico, e può essere vero. Ma quelle centinaia di persone che finiscono ogni giorno al cimitero a causa di Covid-19, sono spinte dal panico? Basta bugie. Basta bugie. Basta Bugie”.

L’intento appare perfino scontato: mentre abbiamo passato mesi a sentire esimi virologi che ci dicevano che il virus fosse “clinicamente morto” oppure che fosse una semplice influenza (in capo a tutti proprio quel professor Zangrillo del San Raffaele di Milano per cui Burioni lavora) forse sarebbe il caso di rendersi conto che la sottovalutazione del virus (e la conseguente morbidezza sull’attenzione che occorre tenere per non fomentare l’epidemia) è un rischio reale e enorme.

Il Gruppo San Donato risponde con un comunicato in cui dice: “Pur riconoscendo l’autonomia di espressione, il Gruppo San Donato e l’università Vita-Salute San Raffaele lo invitano a considerazioni più rispettose della verità e del lavoro altrui”. Ora: i Pronto Soccorso sono affollati, lo dicono i numeri e basta una veloce ricerca su internet per valutare il livello di stress. Si affollano anche i ricoveri ordinari e straordinari. Si incrementa, purtroppo, anche il numero dei decessi quotidiani.

Quindi quali sarebbero le “considerazioni” poco “rispettose della verità” esattamente? Qual è il punto che ha fatto saltare i nervi all’azienda tanto da costringerli a prendere carta e penna? Non è una domanda da poco perché un cittadino qualsiasi, un osservatore esterno, rimane incastrato proprio su questo punto. E sarebbe importante saperlo, no?

Leggi anche: Il San Raffaele smentisce Burioni che dice che ogni giorno ci sono centinaia di morti: “Considerazioni infondate, non conosce situazione”

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Fontana vuole che tutta Italia paghi la zona rossa in Lombardia con un lockdown

Fontana vuole che tutta Italia paghi la zona rossa in Lombardia con un lockdown

Ma esattamente cosa vuole Attilio Fontana? Qualcuno dovrebbe spiegarcelo. L’ideale sarebbe che ce lo spiegasse lui, ma forse è chiedere troppo a qualcuno che ancora ci deve spiegazioni sulle mancate chiusure in Val Seriana, sull’accordo tra Fondazione San Matteo e Diasorin per i test sierologici e il conseguente divieto imposto a tutti i sindaci del territorio, sui vaccini antinfluenzali ordinati poco e male, sui camici acquistati e poi regalati, sulle cose non fatte finora e su tutto il resto.

Eppure Fontana che si schianta contro il governo nazionale perché la sua Regione è infilata fino al collo nella seconda ondata e si lamenta per un lockdown che viene richiesto praticamente da tutta la comunità scientifica è qualcosa che sfocia nell’insondabile, nel magico. Si tratta del presidente di quella stessa Regione che ha ormai perso qualsiasi possibilità di tracciamento, qui dove – come già a marzo – accade che si aspetti un tampone che non arriva mai, qui dove ormai sono saltati anche i tamponi a rapporti stretti di chi è risultato positivo al virus, qui dove anche gli ospedali ormai sono in situazione critiche e lavorano in situazioni critiche, qui dove le RSA sono ancora sotto assedio anche alla seconda ondata.

Esattamente Fontana che vuole? Vorrebbe tenere aperto? No, pare di no, oppure non ha il coraggio di dirlo chiaramente. Vorrebbe, questo l’ha detto bene, che chiudessero anche gli altri. E perché? Anche questo non si capisce, è di difficile comprensione. E perché Fontana non risponde a tutti gli errori commessi fin qui? Perché non ci spiega come abbia potuto accadere che siano state pubblicate solo da pochi giorni le gare per assumere medici e infermieri che mancano? Perché non ci spiega come mai sia saltata la medicina di base che avrebbe dovuto essere il primo argine contro il virus? Perché non ci dice e non ci risponde sulla disastrosa situazione dei mezzi pubblici?

“È un dato di fatto. Ma ciò non toglie che per la Lombardia, dati alla mano, il lockdown deciso ieri dal premier Giuseppe Conte e dal ministro Roberto Speranza sia necessario. Il problema semmai è che è in ritardo di due settimane”, dice oggi il dirigente dell’Ats Milano Vittorio Demicheli. Fontana era lo stesso che si lamentava con Conte perché non chiudeva. E ora? Cosa è cambiato? Scorrete le sue dichiarazioni e vi accorgerete che il presidente della Lombardia ha un solo interesse: andare contro il governo nazionale. Solo quello. Solo propaganda.

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