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La sinistra ha scaricato Mimmo Lucano dopo averlo usato per propaganda e feticcio

Che il processo a Mimmo Lucano sia un processo con un’importante componente politica lo si può leggere tranquillamente tra le parole della requisitoria con cui la Procura di Locri ha chiesto 7 anni e 11 mesi di carcere per l’ex sindaco di Riace che si aggiungono ai 4 anni e 4 mesi chiesti per la sua compagna: se i pm si sono premurato di ribadire che non hanno subito condizionamenti dalla politica significa che sono ben consapevoli di inserirsi nella disputa tra chi vede l’accoglienza (qualsiasi modello di accoglienza) come una perdita di tempo e di risorse che non ci possiamo permettere e chi invece crede che l’integrazione (qualsiasi modello di integrazione) come una possibile soluzione degli inevitabili (e storici) flussi migratori.

Forse si continua a fare troppo poco caso alla leggerezza con cui il procuratore Luigi D’Alessio (che insieme a Michele Permunian sostiene l’accusa per la Procura di Locri) ha dichiarato in Aula che «nel corso di questi anni si sono succeduti ben quattro governi» e di avere «personalmente anche incontrato i massimi rappresentanti di questi governi, da Renzi a Salvini» senza mai ricevere «alcuna pressione sulle indagini». Al di là della gravità di un magistrato che ritiene “pressione politica” solo un presidente o un ministro dell’Interno che gli diano consigli giudiziari senza rendersi conto delle molte altre sfumature stupisce che ai procuratori di Locri sfugga la loro stessa tesi d’accusa che fondamentalmente si basa proprio sul movente politico-elettorale come impianto contro Lucano.

Innanzitutto un punto che sfugge a molti cronisti, politici, editorialisti e commentatori: nel processo che si sta svolgendo non c’è mai stata traccia di nessun arricchimento personale dell’ex sindaco. Non ci sono soldi, non c’è un solo centesimo che avrebbe potuto spingere l’ex sindaco a compiere i presunti reati di cui è accusato. Quando leggete qualcuno che cita Riace come “business” dei migranti invitatelo a leggere le carte di questo processo, ad ascoltare la risposta degli investigatori al giudice che gli chiese se esistevano indizi contro il sindaco per uno specifico fine di avvantaggiare sé stesso: «se parliamo da un punto di vista economico, no»· Secondo la tesi dell’accusa Lucano avrebbe fatto quello che ha fatto per candidarsi alle elezioni politiche del 2018 e alle elezioni europee. Peccato che questo non sia accaduto e quindi il processo (a meno che sia alle intenzioni) potrebbe già chiudersi qui.

È vero però che certa politica di certa sinistra ha evidentemente scaricato Lucano da un po’, avendolo presumibilmente usato per propaganda e per feticcio da candidare piuttosto che esempio di modello di accoglienza. Volendo pensare male si potrebbe osservare come dal momento in cui Lucano ha comunicato di candidarsi con la liste di Luigi de Magistris per le prossime elezioni regionali in Calabria anche i partiti che lo hanno osannato a lungo si sono improvvisamente “raffreddati”, sempre per quella brutta abitudine di sventolare una faccia riconoscibile piuttosto che impegnarsi per gli ideali che rappresenta. Eppure dovrebbe essere proprio la sinistra a interessarsi di un pro-cesso che vorrebbe definire illegali le buone pratiche di cui ha parlato tutto il mondo, dovrebbe essere proprio la sinistra a seguire con attenzione i risvolti giudiziari che possono diventare stimolo per nuove e migliori leggi per praticare ciò che professa. Altrimenti potrebbe sorgere il dubbio che Lucano sia stato icona utile solo finché era candidabile nella propria scuderia. Sarebbe triste è terribilmente “politico” anche questo, se ci pensate.

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La sinistra si scalda per i processi a Salvini e ignora i migranti: 500 morti in 4 mesi (+200%)

Il Mediterraneo continua ad essere un cimitero liquido e il campo di battaglia di emergenze che spuntano solo quando tornano comode alla sfida politica. L’ipocrisia dei partiti sta tutta in quei numeri che diventano roncole quando servono per attaccare l’avversario e poi scompaiono se richiedono senso di responsabilità. Fra qualche mese, sicuro, comincerà di nuovo la fanfara degli sbarchi incontrollati come accade ciclicamente tutte le estati (con il miglioramento delle condizioni atmosferiche e quest’anno anche con l’allentamento del virus) e intanto sembra impossibile riuscire a costruire una chiave di lettura collettiva su cui dibattere e da cui partire per proporre soluzioni.

Però nel Mediterraneo un’emergenza c’è già, innegabile, e sta tutta nello spaventoso numero di morti in questi primi mesi dell’anno: mentre nel 2020 furono 150 le vittime accertate nel Mediterraneo quest’anno ne contiamo già 500, con un aumento quasi del 200%. A lanciare l’allarme è stata Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, che ha partecipato al briefing con la stampa del Palais des Nations di Ginevra dal porto di Trapani in Sicilia, dove circa 450 persone stavano sbarcando in seguito al salvataggio da parte della nave della ONG Sea Watch: «Dalle prime ore di sabato 1 maggio – ha spiegato Sami – sono sbarcate in Italia circa 1.500 persone soccorse dalla Guardia Costiera italiana e dalla Guardia di Finanza o da Ong internazionali nel Mediterraneo centrale. La maggior parte delle persone arrivate è partita dalla Libia a bordo di imbarcazioni fragili e non sicure e ha lanciato ripetute richieste di soccorso».

Sami ha anche tracciato un primo quadro degli sbarchi nel 2021: «Mentre gli arrivi totali in Europa sono in calo dal 2015, – ha spiegato Sami – gli ultimi sbarchi portano il numero di arrivi via mare in Italia nel 2021 a oltre 10.400, un aumento di oltre il 170 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Ma siamo anche profondamente preoccupati per il bilancio delle vittime: finora nel 2021 almeno 500 persone hanno perso la vita cercando di compiere la pericolosa traversata in mare lungo la rotta del Mediterraneo centrale, rispetto alle 150 dello stesso periodo del 2020, un aumento di oltre il 200 per cento. Questa tragica perdita di vite umane sottolinea ancora una volta la necessità di ristabilire un sistema di operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale coordinato dagli Stati».

L’agenzia Onu «sta lavorando con i suoi partner e con il governo italiano nei porti di sbarco per aiutare ad identificare le vulnerabilità tra coloro che sono arrivati e per sostenere il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo» ma Sami sottolinea come continuino a mancare «percorsi legali come i corridoi umanitari, le evacuazioni, il reinsediamento e il ricongiungimento familiare devono essere ampliati» mentre «per le persone che non hanno bisogno di protezione internazionale, devono essere trovate soluzioni nel rispetto della loro dignità e dei diritti umani». L’incidente più grave finora è quello del 22 aprile, quando un naufragio ha causato la morte di 130 persone sollevando i prevedibili lamenti che ogni volta vengono spolverati per l’occasione. Solo una questione di qualche ora, come sempre, poi niente. La zona continua a essere completamente delegata alla cosiddetta Guardia costiera libica: «Nell’ultimo naufragio si parla di almeno 50 morti, noi abbiamo la certezza solo di 11 persone.  Quello che sappiamo è che erano in zona una nave mercantile e un’altra barca e che non sono intervenute, nonostante sia stato lanciato l’sos. E questo è molto grave: se c’è un natante in distress si deve intervenire, perché l’imbarcazione può affondare in qualsiasi momento. Ma ormai questa sembra essere una prassi consolidata: nessuno interviene in attesa che arrivi la Guardia costiera libica e riporti le persone indietro. Questo ci preoccupa molto», ha spiegato Carlotta Sami.

Secondo le stime dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) siamo al 60% di persone che tentano la traversata in mare e che vengono sistematicamente riportate indietro: «Almeno una su due è matematicamente riportata in Libia – spiega Flavio Di Giacomo, portavoce Oim, a Redattore Sociale -. Dopo l’ultimo naufragio abbiamo lanciato un appello all’Ue perché si rafforzi il sistema di pattugliamento in mare e si evitino altre tragedie, ma è caduto nel vuoto. C’è un silenzio politico assordante su questo tema. Si parla solo genericamente di un aumento degli arrivi: ma attenzione a evitare narrazioni propagandistiche perché nonostante la crescita i numeri restano bassi. Non esiste un’emergenza in termini numerici ma solo un’emergenza umanitaria, di morti e dispersi in mare».

Sempre a proposito di proporzioni poi ci sarebbe da capire perché le eventuali (gravi) responsabilità penali di Salvini quando fu ministro e lasciò alla deriva le navi delle Ong debbano infiammare più di questo spaventoso numero di morti che sembra non avere responsabili. Forse anche il centrosinistra, se vuole davvero occuparsi di diritti umani e non solo di dialettica politica, dovrebbe avere il coraggio di ripartire da qui.

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A proposito di priorità

Ogni tanto converrebbe prendersi la briga di leggere gli atti parlamentari perché in fondo è proprio il Parlamento che dovrebbe essere la sede per l’azione politica più importante, quella più sostanziosa e evidente.

Le parole, si sa, sono importanti e in politica le parole disegnano l’azione che si ha in mente per il futuro. Ogni tanto si crede che i leader politici esagerino durante le loro comparsate televisive per semplificare il loro messaggio e per fomentare un po’ la propaganda.

Ecco, proviamo a metterci le mani, tanto per capire di cosa stiamo parlando. Per Fratelli d’Italia il deputato De Toma è intervenuto alla Camera per presentare una mozione (la 1/00469) di cui è primo firmatario il suo compagno di partito Lollobrigida, dal titolo impegnativo: Mozione concernente iniziative per il rilancio produttivo e economico della nazione. Uno si immagina finalmente di vedere una proposta di soluzione da parte dell’unico partito di opposizione, sono quelli che dicono che i diritti non siano una priorità e che bisogna occuparsi del bene del Paese, non perdersi in chiacchiere. Benissimo. Nel suo discorso alla Camera ha usato parole altissime: «Più volte è stato annunciato l’avvento di tempi nuovi. Oggi ci staremmo preparando ad affrontare un’altra svolta, con il Governo dei migliori alla guida del Paese, eppure è evidente a tutti che così non è. L’Italia ha bisogno di gente che sappia fare le cose e che abbia il contatto con la vita reale».

E uno pensa: oh, finalmente si esce dalle barriere ideologiche e si lavora per il bene del Paese. Perfetto, cosa si dice nella mozione? Ecco qui uno stralcio, del “visto che”:

si assiste alla perdurante furia «gender» portata avanti dalla sinistra, a cominciare dalla sostituzione della mamma e del papà con la triste dizione «genitore uno» e «genitore due», mentre per alcune forze di Governo tematiche quali lo «ius soli» sembrano avere maggiore importanza della ripresa economica, che è la vera sfida di oggi, con la crisi che morde milioni di famiglie e di imprese italiane;

la cosiddetta «cancel culture» e l’iconoclastia, cioè la vandalizzazione o addirittura l’abbattimento di parte del patrimonio culturale considerato «politicamente scorretto», è un fenomeno che dagli Usa e da alcune nazioni europee sta arrivando, grazie ad alcuni presunti intellettuali, in Italia; il dibattito sul passato, totalmente decontestualizzato, rischia d’inasprire il confronto e di cancellare, dai libri e dal nostro patrimonio, la nostra cultura;

è insensato pensare di invertire il trend della caduta della curva demografica e della natalità zero nel nostro Paese, attraverso l’agevolazione di un ingresso incontrastato di immigrati e clandestini, anche attraverso la semplificazione contenuta nell’ultimo «decreto sicurezza» delle pratiche necessarie per ottenere accoglienza e residenza, non solo per chi provenga da zone teatro di guerra ma anche per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti;

sul fronte della sicurezza e della lotta all’immigrazione clandestina Fratelli d’Italia ha proposto fin da subito la soluzione del blocco navale: per evitare che il Mediterraneo continui ad essere un mare di morte, regno degli scafisti e delle organizzazioni non governative che, dietro presunte operazioni umanitarie, sono state spesso complici anche involontarie ma non per questo meno colpevoli del traffico di esseri umani.

Fa bene leggere gli atti parlamentari. Perché di questo stiamo parlando: della propaganda che addirittura non viene più usata per rendere vendibili i contenuti ma che diventa essa stessa contenuto. Il rilancio del Paese, per Giorgia Meloni, è anche questa cosa qui. Segnatevelo.

Buon martedì.

(nella foto Francesco Lollobrigida e Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia)

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Siete nudi e applaudite?

La Rai lottizzata dalla politica fa schifo. La repressione del diritto di espressione di un artista fa schifo, soprattutto quando non ci si prende nemmeno la responsabilità di farlo alla luce del sole ma si usano parole oblique come “contesto”, come “sistema” e come “opportunità” senza nemmeno avere il coraggio di dire “noi preferiremmo non esporci”. Almeno sarebbe stato coraggioso da parte della Rai, almeno quello, almeno riconoscere che in Rai il primo grande talento E mica solo in Rai, anche in certi ambienti, in certe aziende, in certe fabbriche perfino nel mondo editoriale e teatrale, posso confermarvi.

Però questo centrosinistra che applaude Fedez senza accorgersi che è stato smutandato anche lui un po’ mi lascia perplesso. Posso scriverlo o si offende qualcuno? Perché sulla legge Zan sono molti che per non disturbare il proprio elettorato moderato (nel centrosinistra ci sono vagonate di politici convinti di avere vagonate di voti moderati) hanno preso la strada della tiepidezza senza mai dirci esattamente come la pensino. E accade per tutti le leggi che questi reputano “divisive” (e nel corso degli anni è diventato perfino divisiva la Liberazione, tanto per dire quanto sia pericoloso questo giochetto) che quelli che dovrebbero combattere i bigotti, gli omofobi, i razzisti in realtà non riescono a essere più che tiepidi.

È la politica che dovrebbe assumersi la responsabilità di un servizio televisivo pubblico che sia libero, è la politica che dovrebbe avere la responsabilità di condannare la marcia e intollerabile campagna omofoba che circola contro gli oppositori della legge Zan, è la politica che dovrebbe fare diventare “pop” gli argomenti di Fedez. Se Fedez non è un semplice testimonial ma diventa addirittura un apripista significa che qualcuno quella strada non l’ha segnata e avrebbe dovuto farlo, no?

Applaudire senza accorgersi di essere tra gli scoperchiati è piuttosto comodo e facile. Siete nudi e applaudite? Dai, su, rivestitevi e fate il vostro dovere. In Parlamento e fuori.

Buona domenica.

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Draghi, Lega, ddl Zan: il male non è fare politica al Primo Maggio ma i partiti che controllano la Rai

Le domande giuste e le domande sbagliate, a prima vista, sembrano sempre più o meno la stessa cosa. La differenza è che le domande sbagliate di solito vengono poste per non ottenere risposte, ma per aumentare la polvere e la schiuma e inevitabilmente per ottenere più coinvolgimento. Più dibattito confuso, più viralità, più clic, più introiti pubblicitari e più popolarità.

Le domande sbagliate sono quelle che oggi si attorciglieranno su Fedez, come in una guerra tra galli in cui si chiede di parteggiare per il cantante o per Salvini, con Fedez o con la Rai, e infatti già scivolano le battute sulla Lamborghini, sui soldi, perfino sulla pubblicità visibile del marchio del suo cappellino.


Le domande giuste, invece, sarebbero da porre alla politica tutta, a destra e a sinistra, su un sistema che ottunde, ammortizza, diluisce tutto quello che deve passare in televisione, sulla televisione pubblica italiana, non tanto per censura ma più per una sorta di autocensura che tiene in piedi il carrozzone dell’informazione italiana in cui il primo obiettivo è quello di non incrinare relazioni che valgono molto più delle competenze per la propria carriera in Rai.

Qualcuno fa notare che non c’è stata censura poiché Fedez ha potuto comunque parlare [qui il testo integrale del suo discorso] ma si dimentica di osservare la cappa che sta sulla testa di quelli che, senza i mezzi e senza la potenza di fuoco, invece, non arrivano nemmeno allo scontro e si allineano.

Uscendo dalla diatriba tra Fedez e gli altri, allora, rimangono due punti fondamentali. Primo: che la televisione pubblica e la politica si siano adagiati su questa abitudine vigliacca di credere che i diritti vadano celebrati senza essere esercitati è la fotografia perfetta di un Paese senza coraggio.


Il Primo Maggio è la festa dei diritti ed è doveroso, ognuno secondo le proprie idee, esercitare e reclamare diritti. Altrimenti chiamatelo concerto e non ammantatelo di altri significati.

Secondo: che la politica ogni volta, ciclicamente, faccia finti di stupirsi di quel mostro che è la Rai, che la politica stessa ha creato, è un’ipocrisia intollerabile. Quello che accade a Fedez accade ai conduttori, ai giornalisti, ai collaboratori (ancora di più).

Un’azienda che ha dirigenti il cui merito è sempre quello di essere “diligenti” più che capaci è ovvio che vada a finire così e la responsabilità è tutta politica, è tutta della politica. Questa scena dei piromani che si disperano per l’incendio ce la potreste anche risparmiare, almeno per il gusto della verità e della dignità.

L’articolo proviene da TPI.it qui

Chiedere aperture è diventato “di destra”, affidarsi alle chiusure “di sinistra”: ma è un errore pericoloso

Piccola nota iniziale: qui non si discute dell’effettiva utilità del coprifuoco alle 22 o alle 23. Si potrebbero riportare le parole di Crisanti che dice “stare a discutere di un’ora è pazzesco, ridicolo” poiché “un’ora, dalle 22 o dalle 23 non fa nessuna differenza. Hanno aperto i ristoranti a cena, che senso ha? Epidemiologicamente un’ora in più o meno non cambia, a quel punto era meglio farli contenti” oppure lo studio dell’epidemiologo Samir Bhatt secondo cui un coprifuoco notturno da solo aiuterebbe a ridurre di circa il 13 per cento l’indice Rt del coronavirus: la letteratura scientifica sul tema è piuttosto limitata e riconosce che il coprifuoco abbia un’efficacia limitata soprattutto se abbinata a diversi provvedimenti.

Qui si discute piuttosto della pericolosa e sconfortante polarizzazione che nel corso dei mesi è riuscita a dividere un dibattito necessario trasformando ogni riflessione in un banale esercizio di appartenenza politica. Se un leader politico da cui ci sentiamo rappresentati propone un’apertura o una chiusura allora la cavalchiamo senza se e senza ma e al contrario rifiutiamo qualsiasi proposta dei politici che avversiamo. Così in una graduale discesa dalla complessità al tifo oggi chiedere aperture è diventato “di destra” e affidarsi alle chiusure “di sinistra”, come se in mezzo non ci siano un centinaio di infinte sfumature, come se non fosse segno di una democrazia matura pretendere di conoscere i dati, i reali risultati di ogni iniziativa, i riscontri delle varie limitazioni.

Si scappa a gambe levate dalla complessità, ci si affida a una banalizzazione che vorrebbe applicare perfino a un virus il modello delle opposte tifoserie. Eppure la scienza in questi mesi insiste nel ripeterci che il valore primario sia proprio quelli di avere dubbi, di coltivarli, di verificarli e sperimentarli.

Sia chiaro: che su questa pandemia si giochi la propaganda di chi parla a vanvera di “libertà” come se non ci fosse un evidente problema sanitario è sotto gli occhi di tutti ma che la giusta reazione sia quella di pesare le proposte in base alla provenienza politica risulta quantomeno semplicistico e forse perfino pericoloso.

Se “voler valutare l’efficacia del coprifuoco” significa essere additati come sostenitori di Salvini allora abbiamo un altro virus da combattere in fretta: la disabitudine alla complessità necessaria per un dibattito sano, maturo e probabilmente più efficace. È un argomento troppo serio per lasciarlo ai capibastone politici e ai tifosi.

Leggi anche: 1. Decreto anti-Covid, salta la riapertura dei centri commerciali nel weekend, ira della Lega: “Così non va” /2. Retroscena TPI, telefonata Draghi-Salvini: “La Lega sta col governo”, “Allora rispettate le decisioni”

L’articolo proviene da TPI.it qui

Non reggono la maschera

Tra le frasi ripetute dai (pochi) renziani rimasti ogni volta che devono fingere di non essere di destra (perché loro sono di un centrosinistra tutto loro, che esiste solo nella loro testa, che usa i diritti da usare come abbellimento, come l’oliva su un bicchiere per l’aperitivo) c’è la tiritera di Renzi difensore dei diritti civili. È una grancassa ripetuta allo stremo, anche alla faccia del principe saudita che le donne le usa come soprammobili, eppure per loro è un Rinascimento.

Ieri in Senato Italia viva non è però riuscita a reggere troppo la finzione della sua postura e ha dato il meglio di sé. Solo un dato, tanto per inquadrare lo spessore della sua azione politica: è riuscita a incassare gli applausi e i sorrisi di Lega e Fratelli d’Italia, basterebbe questo per capire.

Davide Faraone, senatore di Italia viva che ha il grande merito di essere molto amico di Matteo Renzi, ha detto che il ddl Zan  (quello che la destra da mesi sta cercando di boicottare in tutti i modi) è da «modificare». Avete letto bene: l’hanno votato alla Camera ma poi ci hanno ripensato, del resto loro sui ripensamenti si giocano tutta la poca credibilità elettorale per racimolare qualche voto in più della decina che hanno in tutto. In sostanza sono riusciti ad affossarlo visto che per arrivare al punto in cui siamo sono serviti più di mille giorni e visto che rimandare il tutto indietro significa di fatto non arrivare mai a una conclusione.

Ma il vero capolavoro di ipocrisia è la motivazione che hanno avanzato: il disegno di legge non va bene, dicono, per il video di Grillo e perché se Grillo sostiene questo disegno di legge allora significa che va modificato. In fondo gli serviva solo una scusa, come al solito, come quando dissero che bisognava discutere in Parlamento il Pnrr da presentare all’Europa per i soldi post Covid e ora invece stanno zitti nonostante non ci sia nessuna bozza. Loro cercano solo appigli (immaginari) per costruire propaganda. E incassano applausi da destra. Che poi non incassino nemmeno mezzo voto fanno molta fatica a comprenderlo, ma anche questa è la loro natura.

La vera domanda rimane quella che ha scritto ieri Simone Alliva, che su questa legge sta facendo da mesi un enorme lavoro di informazione: «Perché il #ddlZan che avete votato alla Camera (quindi andava bene alla Camera) adesso non vi va più bene al Senato?».

Oppure, volendo fare politica in modo intellettualmente onesto, si poteva discutere quel testo e, in assenza di accordo, affidarne la sorte al voto, come si fa in una democrazia parlamentare. Ma i renziani avrebbero avuto paura di essere scoperti. Come se non fossero già evidenti ora.

Buon giovedì.

 

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Niente padri e madri della vittima?

Nel gran rito collettivo della difesa del leader da due giorni si sta consumando un’inaspettata empatia per l’accusato nonostante da anni in molti abbiano provato a convincerci che fosse una postura immorale, sospettosa, perfino colpevole. Solo che questa volta il “padre” con cui solidarizzare è il simbolo di un partito politico e quindi molti si sentono in dovere di farlo. Quando si dice “politicizzare” le vicende giudiziarie si intende proprio questo: qualcuno con un grande seguito che usa vicende penali (che dovrebbero essere personali) come paradigma di un clima politico. È la stessa cosa di Berlusconi che si dichiara perseguitato per via giudiziaria dai suoi avversari politici, è lo stesso di Salvini che ci vorrebbe convincere che la “sinistra” lo manda a processo. Uguale uguale. Pensateci.

Poi ci sono i soliti ingredienti che intossicano tutte le volte le presunte vittime di stupro: un uomo potente (e con il potere di parlare a molti) che urlaccia e vittimizza la presunta vittima un’altra volta. Incredibile la discussione sulle ore che servono a denunciare uno stupro: una bassezza da fallocrati davanti allo spritz che viene rivenduta ancora una volta su tutti i media nazionali. Beppe Grillo è riuscito a condensare in pochi minuti tutta la cultura dello stupro: un giudizio personale che vorrebbe valere come Cassazione, una discussione spostata sulle presunte colpe della presunta vittima e noi dei presunti colpevoli e perfino quel “lo dico da padre” che ci ha fatto incazzare per mesi quando pronunciato da Salvini.

Non solo. Grillo ha pubblicamente dato della bugiarda alla vittima. Come scrive giustamente Giulia Blasi per Valigia Blu: «Ogni volta che ci domandiamo come mai in Italia sia così difficile parlare di abusi sessuali, ricordiamoci questo: che il capo di un partito politico può tentare di immischiarsi nel procedimento giudiziario a carico di suo figlio e aggredire verbalmente la donna che lo accusa, senza che ci siano conseguenze immediate, che il partito stesso se ne dissoci e lo costringa a farsi da parte (“dimettersi” sarebbe impossibile, data la natura liquida del ruolo di Grillo, che rimane tecnicamente un privato cittadino). La vita, la sicurezza e l’integrità fisica delle donne contano così poco, di fronte alla necessità di mantenere il quieto vivere».

Tutti pronti a mettersi nei panni del padre e della madre del presunto colpevole e nessuno in quelli della presunta vittima. Annusate l’aria che c’è in giro in questi giorni e avrete la dimostrazione plastica del perché per una donna sia così difficile denunciare.

È stato un gesto sconclusionato e pessimo e al Movimento 5 stelle conviene dirlo forte e chiaro per non essere invischiato. A meno che non si voglia votare in Parlamento che quella fosse la figlia di Mubarak, visto che ci sarebbero perfino i numeri per farlo.

Buon mercoledì.

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Sono già in campagna elettorale

Il governo dei migliori incassa le bordate di alcuni scienziati, dice il professor Galli che «Draghi non ne ha azzeccata una sul virus» e dice Andrea Crisanti che «purtroppo l’Italia è ostaggio di interessi politici di breve termine, che pur di allentare le misure finiranno per rimandare la ripresa economica» definendo le riaperture una «stupidaggine epocale» ma su queste questioni ci si accorge di chi aveva ragione sempre dopo. E quindi tra qualche mese qualcuno potrà dire “l’avevo detto”.

Intanto però la maggioranza freme perché la politica, l’abbiamo ripetuto più volte anche qui, è una continua ricerca di consenso, più della responsabilità di governo e così Matteo Salvini (dopo essersi intestato il merito delle progressive aperture) ora spinge ancora di più sull’acceleratore chiedendo ancora di più. È normale, il suo elettorato gli chiede questo, per esistere lui deve fare questo: spingere, spingere, spingere e non dare il tempo di ragionare. Così ora la richiesta è di aprire anche i locali al chiuso e di togliere il coprifuoco. Sia chiaro: la discussione è legittima ma non chiedete a Salvini di dare delle indicazioni in base ai dati in nostro possesso. Il suo ragionamento non esiste e quindi la giustificazione è sempre quella del “buonsenso”. A ruota, ovviamente, ci sono i renziani che chiedono di riaprire le palestre (anche al chiuso) e gli impianti sportivi prima del termine di giugno fissato dal governo. È una guerra ad accalappiarsi ognuno il proprio settore. Avanti così.

Salvini intanto riesuma Berlusconi per parlarci del suo rinvio a giudizio sulla vicenda Open Arms: «Silvio ha dovuto affrontare 80 processi, io per ora solo 5-6 … Ma è evidente che la sinistra vuole vincere in tribunale le elezioni che perde nelle urne. In nessun Paese al mondo si mandano un processo gli avversari politici». Intanto ne approfitta per leccare un po’ anche Eni e Finmeccanica: «In Italia – dice – si fanno tante inchieste che poi finiscono nel nulla. Come quelle che hanno riguardato grandi società come Eni e Finmeccanica. Difendere gli interessi dell’Italia significa anche difendere le aziende italiane». Per lui difendere le aziende italiane significa non indagare. Chiaro, no?

Poi ha un’illuminazione: una commissione d’inchiesta sulla pandemia (che in effetti potrebbe fare luce su molte responsabilità che meritano di essere indagate) ma anche qui riesce a buttarla in caciara sparando sulle «responsabilità del ministro Speranza», come al solito trasformando tutto in guerriglia ad personam, la stessa di cui si lamenta. E a chi pensa per trovare i voti di un’operazione del genere? Lo dice lui stesso: il centrodestra e Italia Viva di Renzi. E intanto getta l’amo.

Vi ricordate quando si diceva che Draghi li avrebbe tenuti tutti in riga? La riga si è già spezzata e vedrete che basterà che si abbassino i numeri drammatici del contagio perché inizi subito la campagna elettorale. In testa, ovviamente, i due Mattei che stanno già muovendo le code sotto traccia.

Buon lunedì.

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