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spampinato

Quando nel profondo nord si chiese il pizzo alla fortuna

superenalotto_numeriBasta che il tabloid tedesco Bild scriva un pezzo leggero come uno starnuto su presunte minacce mafiose a Vanni Simonetti ( proprietario del bar “Biffi” di Bagnone, presunto vincitore del milionario jackpot del Superenalotto) per aprire un velo di gustoso costume sull’irrefrenabile mafiosità che inficia cose, casi ed eventi: la Dea bendata sulla sedia a dondolo che riceve la visita dei picciotti per la messa a posto è il racket più kitsch e botticelliano della drammaturgia mafiosa.

Eppure la barzelletta si allaccia alla memoria di un’indagine nemmeno troppo lontana che mette radici nel borotalco e dopobarba della profonda Lodi in Lombardia, storicamente abituata a “popolari” e improvvisi arricchimenti che scricchiolano nel finale. E’ il 1998 quando il gelese Salvatore Spampinato (lodigiano per adozione e residenza) si ritrova in tasca il biglietto fortunato da 7 miliardi di lire, catapultato nel profilo dell’improvviso miliardario di provincia. Sarebbe fin qui una favola di cabala di provincia se non fosse che la notizia corre come un brivido tra i pori della sonnolenza lodigiana fino ai compari gelesi nemmeno troppo lontani tanto da convincere gli stiddari Carmelo Fiorisi, Franco Morteo ed Enrico Manganuco che, come ha rivelato il pentito Rosario Trubia, “a quello lì volevano fargli cacciare un miliardo“. Così succede che la favola si scolora e sotto mentre stinge si intravede la faccia pelosa della Gela tentacolare (tra Stidda e Cosa Nostra) che si sdraia tra San Donato, San Giuliano Milanese, passando per Lodi e sbrodolando nel cremasco.

Ma come tutte le storie che funzionano c’è il colpo di scena: il fortunatissimo emigrante lavoratore Spampinato è amico Francesco Verderame ed Emanuele Caci, gelesi di Cosa Nostra trapiantati nel milanese, ed è facile chiedere una “mediazione” per risolvere il terrore provocato dagli stiddari. Ad indossare i panni dell’ambasciatore è proprio il Trubia che a questo punto sfodera il colpo di genio: la felice idea di farsi firmare da Spampinato una documento nel quale dichiara di avere vinto solamente un miliardo e 200 milioni. Munito di cotanta certificazione Trubia si fa ricevere dai boss stiddari Fiorisi, Morteo e Manganuco. “La vincita ammonta ad un miliardo e 200 milioni, non potete chiedergli un miliardo, chiudiamo a trecento milioni”. Gli stiddari accettano anche perché il fortunello Spampinato appare già baciato dalla benevolenza di Cosa Nostra prima della fortuna. Ma Trubia gioca su due tavoli, torna dallo Spampinato e gli dice che la faccenda è chiusa se lui versa 400 Milioni. È così che un pericoloso killer, capofamiglia di cosa nostra, mette in atto una delle più banali, prevedibili e poco eroiche truffe domestiche: la cresta.

100 milioni taglieggiati al taglieggiamento alla fortuna: un capolavoro d’alta finanza fantasiosa e sottotraccia come sarà nelle corde della lodigianissima città.

100 miloni riciclati in fretta nel profondo nord dalle mani dell’allora capomafia Alessandro Emmanuello che non avrà faticato ad impastare droga da sversare nel sud Milano.

Un biglietto della fortuna appena vinto è che già ha lasciato un pennellata di costume.

Costume scostumato di storie, bava, buona fortuna e sorrisi finiti sotto al tappeto con una differenza sostanziale: la fortuna è arrivata per caso e il caso se la porta via, Stidda e Cosa Nostra gelese no.

Scrivere è reato

Sulla indicibile condanna a Carlo Ruta.  Dal sito Fustigat ridendo mores.

Er giudice gl’ha detto: “Che te credi

che ner blogghe puoi scrive’ ciò che vuoi?

Tu m’attacchi le banche e pesti i piedi

puro a la mafia e a li mortacci tuoi!

Che dichi? Che er tuo blogghe è libbertà?

Ma quale libbertà  famme er piacere

la pace nostra è fatta d’omertà

e se sgarri la pigli ner sedere.

E t’aggiungo così, bello papale,

pe’ nun portare avanti ‘sta manfrina

ch’er  blogghe tuo per me resta n’giornale

e un giornale de stampa clandestina.

Quindi mo te condanno e bada bene

de rigà dritto tu e l’amichi tua

artrimenti te becchi gravi pene.

Ma chi te credi d’esse’? Gargantua?”

“Ma signor giudice, io me so’ ‘nformato

e ho cercato de fa’ conosce i fatti:

perché hanno ucciso Giovanni Spampinato

che indagava su truffe e su ricatti…”

“Ma quali truffe, fatti e fatterelli…

Mo m’hai scocciato e te lo dico chiaro,

scrivi, se vuoi, di scippi e furtarelli

nun ce provà ndove ce sta er danaro.

Ringrazziaiddio che mo me trovi bbono

e che te faccio ammettere ar condono

e nun fiatà, sinnò prima de sera

giuro, te faccio sbattere ‘n galera”

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