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televisione

I pusillanimi hanno da tempo preso il sopravvento. (di Sabina Guzzanti)

(di Sabina Guzzanti)

Ieri una conoscente di vecchia data che in qualche modo è rimasta a lavorare in Rai, mi ha raccontato che è stata cazziata perché ha pubblicato la foto di un buffet particolarmente tristanzuolo. Una foto senza nemmeno dire di cosa si trattava. Così per ridere.
Sei pazza? le hanno detto, terrorizzati.

Me lo raccontava per commentare il fatto che per l’ennesima volta mi hanno sbattuto fuori dalla tv.
Non è che non si può parlare di politica. Non si può parlare punto. Dobbiamo attendere la fine in silenzio.
I pusillanimi hanno da tempo preso il sopravvento. Ma non in gruppo. Singolarmente. Ognuno di loro è convinto in segreto di conoscere il segreto per cavarsela. Tacere. Non esistere. Non farsi notare. Racimolare quello che si può, sperando di riuscire a nascondersi fino alla fine.

Secondo i più questa è la risposta concreta al fatto che l’Europa sta crollando, che in Francia o vince l’estremissima destra o una destra estremissimissima, che l’Italia ha bisogno di altri 20 miliardi per salvare le banche, che saranno ancora lacrime e sangue, che la terza guerra mondiale è già iniziata.
Che l’impero è in mano a un pazzo scocciato tutto arancione e la città eterna sta per finire in mano alla Meloni.

I capò dei campi di concentramento oggi fanno gli opinionisti e hanno cinque stipendi. Il patrimonio culturale dei Nazzi è stato spolpato dai pubblicitari e con quello hanno plasmato la politica, i nostri desideri e i nostri affetti.
Hitler ce l’ha fatta. E’ tornato. E come nella barzelletta si rivolge ai suoi: “ragazzi, stavolta mi raccomando cattivi”.

(fonte)

Il vero CNEL è l’Agcom

(Vincenzo Vita sull’Agcom, da Il Manifesto del 7 dicembre 2016)

“Delibera l’archiviazione dell’esposto…” In quest’ultimo caso, che risale al 24 novembre scorso, il diniego dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni riguarda l’esposto del Comitato del NO al referendum sulle revisioni costituzionali sulle violazioni della par condicio. Ripetizione seriale. Esibizione ennesima di una fuga dalle responsabilità, al cui confronto Don Abbondio appare un eroico gladiatore. Dagli atti e dalle omissioni dell’Agcom si ricava l’impressione di una malattia ormai incurabile. Cosa è avvenuto?

Facciamo un passo indietro. L’Autorità trae origine dalla legge 249 del 1997. Fu una scelta netta e impegnativa. Si immaginò di sottrarre al governo o alle maggioranze parlamentari l’indirizzo e la regolazione di un sistema in corso di “integrazione multimediale” secondo il linguaggio dell’epoca. Tant’è che si vergò nel testo un organismo “convergente”: composto da nove consiglieri suddivisi tra infrastrutture e reti da una parte, servizi e prodotti dall’altra. In breve, l’Agcom avrebbe dovuto presiedere a telefonia, connessioni, piattaforme, poste, editoria e radiodiffusione. Divenne una best practice in Europa, dove solo la Finlandia aveva un’omologa entità.

Si superava la figura del Garante monocratico, deciso dalle leggi sull’editoria (1981) e sulla radiotelevisione (1990), con un incipit legato solo alla carta stampata per divenire in un secondo tempo comprensivo anche dell’etere. Ecco, dunque. Entrava in scena un potenziale protagonista di un universo in continua mutazione, tale da richiedere un soggetto vigilante aperto e innovativo. Troppe leggi spesso ridondanti –le uniche decisive invece mai fatte, come l’antitrust e il conflitto di interessi- complicavano la vita invece di semplificarla. L’Autorità disponeva non a caso di un ampio potere di regolamentazione (sostitutiva di una formazione non stop) e pure di un forte ruolo di magistratura dotata di facoltà sanzionatorie, per rispondere alla velocità digitale e introdurre un adeguato contropotere nell’architettura generale.

Il prossimo anno ricorrerà il ventennale dell’Agcom. E’ tempo di bilanci. Senza giudizi sommari, perché non tutto e non tutti hanno deluso. Il Governo Monti, per di più, decise la riduzione da nove a cinque componenti, compromettendo così il funzionamento soprattutto della parte dell’editoria e della radiotelevisione, meno legata ai binari indicati dall’Unione europea assai rigidi al contrario nel campo delle telecomunicazioni. Tale taglio inutilmente burocratico ha pesato certamente sulla routine dell’ultima compagine, incapace di garantire davvero il pluralismo e la rappresentazione mediatica delle opinioni. Senza personalizzare, ovviamente, c’è da chiedersi se proprio l’esperienza del referendum, nella quale il Presidente del consiglio ha fatto il bello e il cattivo nel tempo televisivo senza ostacoli, non induca ad un serio ripensamento. Neppure la migliore intenzione giustifica il vuoto pneumatico. Ma, proprio per evitare un mero giudizio sulle persone (non si vuole mettere in causa la buona fede del Presidente Cardani, al di là delle critiche), è il perimetro normativo da riconsiderare. Insieme alla stessa composizione e alla fonte di nomina.

Si discute della legge elettorale, dopo l’evidente insuccesso dell’Italicum. Ebbene, la vigilanza sull’imparzialità dei media non è meno importante della discussione sui meccanismi di voto. Anzi. Proprio i candidati non espressi dai “potenti” hanno un’unica opportunità: essere conosciuti attraverso un’informazione corretta.

Il Manifesto, 07 Dicembre 2016

Che scandalo se il mafioso in tivù non ha la cravatta

Vespa-Casamonica-739x445Nel Paese in cui Cosa Nostra ha investito soldi nei canali televisivi di Berlusconi (basta leggersi la sentenza definitiva della condanna a Dell’Utri), nel Paese in cui l’imperituro Andreotti andava per boschi con i boss, quello in cui un sottosegretario non parlava con i Casalesi ma era egli stesso Casalese (leggetevi la sentenza di Nicola Cosentino), nel Paese in cui l’ex Presidente della regione Sicilia avvisava un mafioso di essere ascoltato dalle forze dell’ordine, nel Paese in cui l’amico di Nitto Santapaola ha il monopolio del gioco d’azzardo, in questo Paese qui, dove anche i giornalisti ogni tanto capita che siano scelti dalla criminalità, in questo Paese qui tutti indignati per i Casamonica.

Perché, si vede, che anche per i mafiosi, temiamo soprattutto gli zingari mentre non ci accorgiamo degli altri.

Ignoranti muscolari

imageDa qualche giorno sto girando intorno al decadimento non solo del dibattito politico ma più vastamente dell’espressione delle proprie opinioni. Credo sia arrivata l’ora di non accettare la normalizzazione di un’ignoranza e di una maleducazione opprimenti e sfoggiate come valore aggiunto da questo o quel politico e da qualche giornalista polemista  (greve) di professione. E mentre buttavo giù un po’ di appunti (ne abbiamo parlato a lungo anche in redazione) ho trovato questo Mantellini in lucida salute:

Programmi che mediamente quasi nessuno segue (i numeri dei talk show italiani sono in costante peggioramento da tempo) aumentano scientificamente di mese in mese la dose di cialtronaggine proposta ai propri clienti: nella speranza di cosa? Di vendere più pubblicità aumentando il sangue versato nell’arena? Qualcuno di voi ha guardato la faccia di Tahar Ben Jelloun qualche sera fa invitato a discutere di ISIS insieme a Daniela Santanché (!) e Andrea Scanzi (!) che hanno passato la puntata ad insultarsi a vicenda? A quando le sediate in faccia fra esperti del nulla con il conduttore che minaccia flebilmente una censura che non arriva mai?

Il giorno successivo i siparietti deprimenti di Caio che sputa in faccia a Tizio riempiono gli streaming dei siti web editoriali (completezza dell’informazione) e già alle nove del mattino chiunque di noi può navigare velocemente attraverso le risse TV della sera prima (sempre uguali e sempre diverse, stessi protagonisti, medesime scenette fatte apposta per farci vergognare di loro). L’illusione è ovviamente che un simile voyeurismo da incidente in autostrada riempia le tasche di tutti con buona pace di qualsiasi aspirazione (il giornalismo! l’informazione! la democrazia!) che non sia quella di vincere a quasiasi costo la battaglia per l’attenzione degli spettatori.

Eppure basterebbe poco per avvicinarsi a quanto accade in paesi meno deprimenti del nostro: offendi qualcuno in TV? Sei fuori per sempre, non verrai invitato più in nessun programma da nessuna rete: questioni elementari di rispetto. La scelta italiana va in direzione opposta: ci serve un MALEDUCATO, non importa che non sappia niente di niente e che ripeta da anni la solita scenetta. Ci serve un lama che sputi forte e che sputi lontano. Se gli schizzi non arrivano minimo nel tinello di Voghera dovremo inventarci qualcosa d’altro.

(Il post intero è qui)

Ed essere incluso in una fascinazione nazionale è deprimente.

televisione“Ho l’impressione che la televisione sia una persona che,argutamente travestita da macchina con pulsanti, da ordigno con valvole ed antenne, tenti di entrare in casa mia. Di questa persona diffido: la sospetto garrula, emotivamente instabile, moralmente dubbia, non immune da una punta di isterismo,alternativamente lacrimosa e ridanciana; soprattutto l’apparecchio televisivo mi pare vittima di un complesso, che definirei coazione a sedurre. Ed essere incluso in una fascinazione nazionale è deprimente.”

(Giorgio Manganelli nel libro con uno dei titoli più belli che si potesse immaginare: Improvvisi per macchina da scrivere)

 

Perché non vai in tivvù?

La domanda che mi sento fare spesso, in giro per l’Italia. (Da notare la qualità della discussione. Domande intelligenti e risposte argomentate lucidamente. Il parallelo con oggi è da brividi. Scrive giustamente macolett)

L’interrogazione al Ministro per Current

Depositata l’interrogazione per vederci chiaro su Current. Aspetto curioso le risposte.

INTERROGAZIONE

DI PIETRO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico.

Per sapere – premesso che:

Current TV è un network televisivo internazionale di informazione indipendente, fondato nel 2005 da Al Gore – ex vicepresidente degli Stati Uniti e premio Nobel per la pace 2007 – e dall’imprenditore e avvocato Joel Hyatt; premiata nel 2007 con un Emmy Award per il suo originale servizio TV interattivo, Current TV è una piattaforma cross-mediale attiva 24 ore su 24 che integra televisione e internetCurrent TV si fonda sul concetto degli user generated content (contenuti generati dagli utenti), dunque conta sulla partecipazione attiva di un pubblico di young adults (18-35 anni), pronto a proporre e fruire dei contenuti con l’intento di creare una coscienza collettiva attraverso lo scambio partecipativo d’informazioni da ogni angolo del pianeta; Current TV ha implementato per prima nell’industria televisiva il modello dei contenuti creati dallo spettatore (VC2 – viewer created content), che costituiscono circa un terzo delle trasmissioni della rete. Il network ha inoltre sviluppato un nuovo modello di spot chiamato V-CAMs (viewer created advertising messages), ovvero messaggi pubblicitari creati dallo spettatore;

Current TV è attualmente visibile negli Stati Uniti, Inghilterra, Irlanda, Italia attraverso i partner di distribuzione Comcast (Canale 107), Time Warner, DirecTV (Canale 366), Dish Network (Canale 196), BSkyB (Canale 193) e Virgin Media Cable (Canale 155) e SKY Italia (canale 130); le trasmissioni italiane sono partite l’8 maggio 2008; dalla rete al satellite, Current TV ha sempre offerto proposte che tendono a discostarsi dalle usuali programmazioni e soprattutto investono su idee e persone nuove; il concetto alla base di questo modo di fare televisione consiste nel proporsi come alternativa alle forme tradizionali d’informazione imposta dall’alto, senza possibilità di feedback da parte dell’utenza. Con Current TV, infatti, le trasmissioni televisive sono realizzate anche grazie alla partecipazione degli utenti; Current TV è stata fondata con l’obiettivo di democratizzare lo scenario televisivo attraverso nuovi strumenti partecipativi di accesso ai media e la crescita del canale nell’ultimo triennio è stata del 270 per cento di share in day time e del 550 per cento in prime time (fonte: ricerca Auditel-Starcom 2010);

secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, Current TV avrebbe ricevuto una notifica da parte di Sky Italia, la società televisiva amministrata da Rupert Murdoch, con la quale si annunciava la decisione di interrompere la trasmissione del canale italiano già da questa estate; tale notizia, per quanto risulta all’interrogante, sarebbe arrivata proprio nel momento in cui Current TV, ha aggiunto nel suo palinsesto, oltre al già noto Passaparola di Marco Travaglio, anche un nuovo programma di Luca Telese (Fuoriluogo); la scorsa settimana Al Gore, cofondatore come si è detto di Current TV, ha dichiarato alla stampa nazionale che forti pressioni da persone vicine al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi erano arrivate a SKY per bloccare programmi sgraditi; tale notizia è da considerarsi di eccezionale gravità e tale da pregiudicare l’applicazione di qualsiasi principio democratico di rispetto della libertà dell’informazione in Italia, anche alla luce del fatto che nel nostro Paese, il Presidente del Consiglio dei ministri concentra nella propria persona una molteplicità di poteri politici, economici e mediatici che hanno determinato nel tempo un costante conflitto di interessi in capo al Presidente stesso -:

se corrisponda al vero quanto descritto in premessa e quali elementi si intendano fornire al riguardo;

se e quali iniziative si intendano assumere al fine di garantire l’esclusione di qualsiasi tipo di ingerenza da parte dell’attuale Esecutivo in ordine alle scelte commerciali compiute dalle emittenti televisive private;

se e quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di incoraggiare la presenza nell’ambito dello scenario mediatico del nostro Paese di network televisivi di indubbio rilievo democratico come ad esempio Current TV.

(4-12057)