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terzo polo

La questione immorale

Salvini che nega la pericolosità del Covid e sdogana idee mostruose e lesive contro i migranti. Meloni e la collusione di dirigenti di Fratelli d’Italia con la criminalità organizzata. Il trasformismo del M5s e il Pd che non mantiene le promesse. Nei partiti più grandi c’è un grave problema di etica, di coerenza e di senso civico

Ma come siamo messi con la questione morale in Italia in questo momento? Meglio: cosa ci dicono i partiti italiani, come svolgono il loro ruolo propedeutico e pedagogico, come era pensato nella politica alta, quella che si prometteva di essere anche un esempio oltre che semplicemente un mezzo di governo. Come siamo messi con l’etica degli organi di rappresentanza, quelli che dovrebbero convincerci a essere migliori, a seguire le regole, a rispettarle, a chiederne la modifica se non risultano abbastanza contemporanee e rappresentative… Siamo messi male, malissimo. E siamo messi male dappertutto, a destra, a sinistra e anche nel famoso terzo polo che era quello che nelle intenzioni avrebbe dovuto spaccare tutto e invece ora come una pianta rampicante si è attaccato ai posti di comando e sembra disposto perfino a rinnegarsi pur di lasciare attaccati alcuni dei suoi. È immorale Matteo Salvini, certo, ne abbiamo parlato spesso su queste nostre pagine e non finiremo di parlarne. È immorale perfino venirci a dire che dovremmo smettere, che attaccarlo di continuo fa il suo gioco: se per un trucco di propaganda fingiamo di non vedere l’orrore che ci circonda sperando che sparisca significa che anche noi ci sdraiamo sulla strategia piuttosto che sull’etica.

L’immoralità di Salvini è un marchio di fabbrica, ce n’è una parte addirittura esibita come se fosse qualcosa di cui andare fieri. Guardate per esempio la sua ultima foto mentre visita un caseificio nel suo lungo tour da food blogger: non ha mascherina, non ha guanti, si butta su una forma di formaggio come un topo, i proprietari dell’azienda lo guardano compiaciuto e probabilmente godono nel pensare alla visibilità inaspettata che potranno avere. Là dentro c’è tutto: l’atteggiamento è quello di chi dice “me ne fotto delle regole perché sono un bullo, voi votate un bullo perché così vi sentite protetti e io raccatto i vostri voti di servi che hanno bisogno di eleggere un padrone”. Messa così sarebbe anche abbastanza ridicola se non fosse che l’immoralità della Lega, quella che Salvini invece non vuole farci vedere e di cui non vuole che si parli, sta tutta nella gestione economica rapace dei fondi pubblici di partito (c’è una condanna, definitiva, che sembra non avere colpevoli), l’immoralità della Lega è nell’avere slacciato le…

L’articolo prosegue su Left del 21-27 agosto 2020

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

I primi effetti della legge elettorale

Deve ancora passare “l’italicum” e Casini annuncia di tornare indietro:

Casini ha spiegato che il nuovo Ppe italiano sarà costruito “con Alfano ovviamente. Ma da Toti a Fitto, insieme a slogan del passato, ho sentito anche cose sensate. Per noi quella di Berlusconi é una grande questione che esiste. Le divaricazioni drammatiche che ci sono state non possono essere ricomposte con una battuta ma con un dibattito politico serio”.

La banalità della politica

Stavo per scrivere di questo Governo Monti che tutti invocavano a gran voce in senso di responsabilità e che si è svelato presto come la banalità al potere (tecnica si intende) che ora imbarazza quasi tutti. Mi ricorda molto la falsa opposizione che vivo pressoché quotidianamente in Regione Lombardia dove si ha la sensazione che la differenza tra i due grandi partiti (di governo e di “opposizione”) sia tutta sulle quote assegnate nelle diverse distribuzioni di uomini, opportunità e poteri. Perché il “terzo polo” anche in Lombardia non esisterebbe se non fosse il luogo che polarizza le derive centriste di alcuni pezzi delle due ali che non riescono a trattenersi dal volere a tutti i costi andare d’accordo. Pensavo anche a come si esulterà appena si insedierà la commissione d’inchiesta sul San Raffaele e poi subito vivremo queste kafkiane sedute dove in modo bipartisan si urlerà di lasciare fare alla magistratura e di avere responsabilità per l’eccellenza dell’Istituto (alla Monti, per intendersi) e alla fine sarà il solito conciliabolo di contriti e dispiaciuti che scartabellano qualche carta per chiudere con la promessa di non farlo più (del resto si litiga sulla presidenza della commissione per avere qualche rilancio di agenzia in più a disposizione e mica per esercitare curiosità. Non sia mai). Oppure avrei voluto scrivere dell’occasione persa con la vicenda Penati per aprire una seria discussione sul ruolo lobbystico delle cooperative per il centrosinistra, almeno per essere diversi nell’onestà intellettuale e nella voglia di spiegare e spiegarsi. Poi questa mattina ho letto l’editoriale di Giovanni Sartori sul Corriere e ho pensato che per fortuna abbiamo teste che sanno analizzare e raccontare guardando dall’alto. Con un pezzo che potrebbe essere un punto del programma per le prossime elezioni. E’ che mi lasciano perplesso gli alleati, per l’occasione.

Una politica a corto di idee di Giovanni Sartori

Forse esagero, ma è da cinquant’anni che dalla politica italiana non nasce una sola idea. Siamo partiti con il Bipartitismo Imperfetto di Giorgio Galli, dove «imperfetto» stava per dire che non c’era alternanza al potere. È sì un difetto. Ma sin da allora facevo notare che i Paesi senza alternanza di governo erano parecchi, specialmente il Giappone, che pure è stato per lungo tempo un Paese di prima fila.

Poi si è affermata l’idea che se un Paese non aveva una struttura bipolare non poteva funzionare. Per anni ho cercato di spiegare che una struttura bipolare (tipo destra-sinistra) veniva di solito da sé, che era fisiologica. Chi si prova, ogni tanto, a dichiararsi «terzo polo» è un politico spiazzato dagli eventi. D’altronde, i sistemi bipolari hanno spesso bisogno di un piccolo partito intermedio di sostegno. Come in Germania.

Qual è, allora, lo scandalo italiano? È che non abbiamo il voto di preferenza. Lo avevamo, ma a furor di popolo venne cancellato da due referendum. Non era un secolo fa, eppure ce ne siamo dimenticati. E ci siamo anche dimenticati perché non funzionò allora, e perché funzionerebbe ancora peggio se ripristinato. In passato la prassi costante, tra gli scrutatori dei seggi, era di controllare attentamente i voti di lista ma di consentire a sé stessi di aggiungere crocette di preferenza ai raccomandati del proprio partito. Oggi siamo più smaliziati. Così è ancora più sicuro che il votante non riuscirà quasi mai a eleggere chi voleva. Eppure ci crede.

In questo cinquantennio la vera novità è invece passata inosservata. Nel 1918 Max Weber scriveva un saggio, La politica come professione, che è illuminante già nel titolo, e che stabilisce una volta per tutte qual è il problema. Questo: che si è man mano consolidata e moltiplicata una popolazione che vive di politica e che non sa fare altro. Se perde il posto o le entrature nella «città del potere», allora resta disoccupato: o politica o fame. È evidente che la politica come professione è una inevitabile conseguenza della entrata in politica delle classi povere. Finché l’accesso al potere era ristretto ai benestanti, il cosiddetto «politico gentiluomo», non si faceva pagare. Non ne aveva bisogno. Ma i nullatenenti, invece, sì.
Va da sé che il politico di professione esiste oramai un po’ dappertutto. Ma da noi con una virulenza inedita che ci assegna tra i Paesi più corrotti al mondo (al 69° posto).

È che da noi mancano le controforze politiche, manca un vero pluralismo politico. Il fascismo ha favorito lo sviluppo di quelle che oggi ci siamo abituati a chiamare lobbies , ovvero corporazioni di interessi economici. Dopodiché il dopoguerra ci ha restituito un sindacalismo largamente massimalista. Mentre nel 1959 i sindacati tedeschi ripudiavano a Bad Godesberg il sindacalismo rivoluzionario e da allora collaborano con le aziende, noi continuiamo il rito di inutili e dannosi scioperi.

Il punto è, allora, che lo strapotere della nostra casta di politici di professione non si imbatte in vere controforze che lo combattono. Noi siamo precipitati nel momento in cui la stupidità della sinistra, allora di D’Alema e di Violante, ha consegnato il Paese a Berlusconi regalandogli tutta o quasi tutta la televisione.

Questione di scelte

Prima di andare a dormire e prima della direzionale nazionale di domani mi domandavo se fossi disposto a seguire l’onda che vorrebbe portarci verso il centro a inseguire il sempre più microscopico terzo polo, soprattutto dopo delle amministrative che hanno (ancora una volta) raccontato come esista una sinistra credibile nel ruolo di amministrazione e governo. E mi sono risposto di no. Quindi vado a dormire comunque tranquillo. Io.