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tour ricostituente

Dai che si riparte. #TourRicostituente

Domani a Rieti, poi Verona, poi Tradate, poi Cavriago, poi Busto Arsizio, poi Reggio Emilia, poi Milano, poi Bologna e così via. Da qui alla data del referendum il Tour Ricostituente accelera in giro per il Paese. E poi c’è il sito io iovoto.no e le infografiche, le Faq per rispondere a chiarimenti e obiezionie il calendario di tutti i compagni di viaggio.

Per vedere tutte le date vi basta andare qui (e molte date saranno aggiunte nei prossimi giorni, in continuo aggiornamento) e ogni serata è un confronto di idee. Tutti dentro, nessun fuori fuori. E soprattutto con l’impegno di pensare anche e soprattutto al 5 dicembre perché c’è un Paese da costruire, al di là di tutto. Perché la priorità è studiare senza sosta il modo di applicare la Costituzione. Altro che modificarla.

 

Il partito del ni

(scritto per i quaderni di Possibile, qui)

Ieri Romano Prodi ha dichiarato che la la campagna referendaria è “una rissa più dura di quella del confronto tra Hillary Clinton e Donald Trump” aggiungendo che non prenderà posizione nemmeno “sotto tortura”. Di Bersani e Speranza, insieme alla cosiddetta “sinistra del PD”, ne leggiamo praticamente tutti i giorni: a loro la riforma così com’è non piace, dicono, forse voterebbero “no” al referendum ma non sanno dirci cosa voteranno, lasciando intendere che c’è spazio per una trattativa. Su cosa vorrebbero trattare in realtà si è capito ancora meno. Giuliano Pisapia, sempre messianico nelle interviste, si dilunga per dirci che non ci dice cosa voterà. Da altre parti, qui a sinistra, fuori dal PD ogni tanto si scorge qualche incertezza sulle posizioni del “no” dove incertezza in realtà è un eufemismo per non scrivere imbarazzo e un poco di viltà: le posizioni referendarie più disparate compaiono negli articoli di indiscrezioni parlamentari ma non vengono smentite. In compenso le leggono tutti.

Stessa cosa sull’ultima renziata del ponte sullo Stretto: evidentemente è bastata una notte per portare consiglio e oggi in molti si scoprono favorevoli a ciò che hanno sempre combattuto. Dicono che è di sinistra creare lavoro e verrebbe voglia di citare Loredana Lipperini e Giovanni Arduino che nel loro ultimo libro (Schiavi di un dio minore, UTET) scrivono che se “è di sinistra creare lavoro, non parlarne, dunque i faraoni erano di sinistra”. Ma, anche sulla questione del Ponte di Messina, a pesare sono i silenzi. Tanti, troppi e ormai tristemente preventivabili.

C’è in Italia, di questi tempi, il consolidamento del nuovo grande partito del “nì”. Una coalizione bipartisan che galleggia dentro e fuori il Parlamento e che coinvolgi intellettuali, uomini di spettacolo, ex girotondi e un pezzo di ex cittadinanza rumorosa attiva. Attenzione, non sono quelli che concordano con il governo e con le sue riforme: quelli tengono (più o meno coerentemente con la loro storia) una posizione politica e la esprimono. Questi invece, i professionisti del non prendere posizioneciondolano aspettando di vedere la piega che prenderà il Paese: lucrano sul tempo e sulle energie (degli altri) spacciando l’esitazione per saggezza. Intervengono ampollosi riuscendo a non dire nulla mentre si scrollano la responsabilità di stare in campo.

È obbligatorio prendere una posizione? No, certo che no. Ma è obbligatorio prendersene la responsabilità politica. Anche del non decidere, se necessario. E conviene ricordarsene, segnarsene i nomi perché in questo Paese in cui ritorna tutto (e soprattutto in cui resuscitano le pulsioni peggiori del berlusconismo) poi almeno non vorremmo prendere lezioni da maestri fannulloni. La prossima ramanzina dei santini della sinistra che è stata e che non decide almeno evitatecela. Almeno quella.

Noi intanto non cadiamo nella tentazione di inseguire il frastuono delle promesse e delle sparate. Continuiamo a essere seri e, possibilmente, ad essere abbastanza intelligenti da nutrire continuamente dubbi, anche ad alta voce. I chilometri che stiamo percorrendo in giro per l’Italia con il nostro Tour Ricostituente sono un patrimonio politico che abbiamo il dovere di investire. E rivendicare.

Proviamo a essere dappertutto. Casa per casa, nei paesi minuscoli come nei capoluoghi. Abbiamo costituzionalisti commessi viaggiatori che rendono potabile ciò che parrebbe difficile; compagni che allestiscono tavoli, dispiegano bandiere, sistemano l’acqua e distribuiscono volantini; seminiamo incontri e dibattiti con l’impegno di restare nel merito e ci confrontiamo con quelli che (quegli altri) non invitano. Il nostro Tour Ricostitutente, insieme all’attività parlamentare e alla polvere di costruire un movimento, sono risultati inimmaginabili fino a qualche mese fa. E, senza proclami, lo facciamo grazie ai nostri elettori e alle vostre donazioniPer questo vi invitiamo a sostenerci con una donazione o acquistando un nostro gadget.

Grazie a chi condivide con noi la sfida costituzionale.

Artisti e intellettuali. Ma timidi.

Va di moda la timidezza politica fuori dalla politica. Soprattutto tra attori, scrittori, intellettuali di ogni sorta, cantanti e tutti quelli che appaiono probi e coraggiosi quando non si tratta di prendere una posizione politica.

D’altra parte in mezzo a tutti questi timidi c’è anche chi usa il proprio mestiere (o arte, ma mestiere mi sembra già una parola talmente poetica da non doverne cercare un sinonimo) per entrare nel merito di quello che succede. Questa sera con noi c’era Maurizio de Giovanni che ha parlato senza sconti miscelando Costituzione, referendum, scrittura, narrazione della violenza e memoria.

Roba da non credere, oggi. Eppure Maurizio l’ha fatto. E sarebbe così normale in un Paese che la smetta di accettare intellettuali politicamente frigidi. Sarebbe così normale in un Paese che finisca di tollerare l’apatia di chi sembra avere le idee chiare sul mondo ma non riesce a inimicarsi uno straccio di assessore.

Buona notte.

Che bello un politico che si vergogna

«Mi vergogno da morire, mi vergogno tutto il tempo. Non faccio che scusarmi. Quei bambini assomigliano tutti ai miei figli, quelli con i colori scuri e gli occhi furbi come Gabo e quelle con gli occhi chiari e i capelli color miele di Greta.»

Chi scrive è Beatrice Brignone, parlamentare di Possibile, donna e mamma. A Ferragosto si è deciso di dedicarsi a viaggi politici nel senso pieno della parola e così Beatrice ha scelto di seguire Hope For Children a Salonicco per toccare con mano la condizione dei minori rifugiati. È partita dalle Marche con un furgone stipato di aiuti raccolti da Possibile nelle Marche (la regione in cui Bea risiede) e con la responsabilità di chi sa che bisogna conoscere per deliberare e, se serve, anche entrare nelle sofferenze altrui. Beatrice tiene il suo diario tra i Quaderni di Possibile (qui).

A noi la politica piace farla così.

Stefano Catone intanto prosegue sulla rotta balcanica per raccontare che nessun Paese è un’isola (qui il blog del viaggio). L’hanno finanziato tramite crwodfunding coloro che leggono il suo acuto lavoro sulle migrazioni. Al suo rientro, anche per lui, la testimonianza diventerà spinta politica. Ancora.

Intanto noi continuiamo con il nostro Tour RiCostituente (trovate tutto qui). Ormai sono mesi che consumiamo suole incrociando voglia di entrare nel merito della riforma e anche entrare nel merito della proposta politica. Tra le mie prossime date è spuntata anche Londra, tanto per dire quanto ci crediamo in senso largo.

Se non lo leggete sui giornali provate a immaginare come funzioni la comunicazione politica. La risposta vi sarà semplice. Ma costruiamo. Costruiamo.

Se volete darci una mano siamo qui. Potete scrivere qui o, perché no, scrivere anche a me. Il viaggio è lungo ma appassionante. Credetemi.

Per chi vorrebbe convincerci che questa sia la stessa riforma dell’Ulivo

Andrea Pertici, professore di diritto costituzionale e punta di diamante della nostra squadra nel Tour RiCostituente, entra nel merito. Come piace a loro:

«L’argomento – rilanciato da Arturo Parisi in un’intervista a La Stampa – è ricorrente: questa riforma costituzionale sarebbe quella dell’Ulivo. Probabilmente il richiamo a questa positiva esperienza di centrosinistra – essenzialmente confinata nel biennio 1996-1998 (nonostante qualche successivo tentativo di rianimarla) – è dovuto al tentativo di alcuni esponenti del Partito democratico di convincere gli elettori “ulivisti” che quella è la loro riforma.

Ora, in realtà, il governo dell’Ulivo (cioè il primo governo Prodi) si tenne lontano dalle riforme costituzionali (non aveva neppure un ministro incaricato in materia), ma nel programma presentato dalla coalizione nel 1996, in effetti, la tesi n. 4 se ne occupava (brevemente). A scanso di ogni equivoco, vale la pena riportare letteralmente questa parte alla quale i sostenitori del parallelo con l’attuale riforma si attaccano con tanta enfasi.

Tesi n. 4

Una Camera delle Regioni

La realizzazione di un sistema di ispirazione federale richiede un cambiamento della struttura del Parlamento.

Il Senato dovrà essere trasformato in una Camera delle Regioni, composta da esponenti delle istituzioni regionali che conservino le cariche locali e possano quindi esprimere il punto di vista e le esigenze della regione di provenienza.

Il numero dei Senatori (che devono essere e restare esponenti delle istituzioni regionali) dipenderà dalla popolazione delle Regioni stesse, con correttivi idonei a garantire le Regioni più piccole.

Le delibere della Camera delle Regioni saranno prese non con la sola maggioranza dei votanti, ma anche con la maggioranza delle Regioni rappresentate.

I poteri della Camera delle Regioni saranno diversi da quelli dell’attuale Senato, che oggi semplicemente duplica quelli della Camera dei Deputati. Alla Camera dei Deputati sarà riservato il voto di fiducia al Governo. Il potere legislativo verrà esercitato dalla Camera delle Regioni per la deliberazione delle sole leggi che interessano le Regioni, oltre alle leggi costituzionali.

Ora, salva la qualificazione del «Senato della Repubblica» (questo rimane il nome) come «rappresentativo delle istituzioni territoriali», su ognuno dei punti di merito, la riforma costituzionale del 2016 risulta distante da quella prefigurata sinteticamente nel programma dell’Ulivo. Vediamo perché andando per punti:»

(continua qui)

Il Tour RiCostituente? una lettera sul futuro

Senza respiro. Anzi, meglio, con un respiro lungo come tutto il Paese: il tour ricostituente non è un viaggio ma l’abbiamo pensato per essere un cammino, per scrivere la lettera del futuro che vogliamo costruire, per costruire una politica che davvero sia cambiamento. Come scrive Pippo sul suo blog:

«Questioni come la disuguaglianza, il lavoro che si trasforma e deve saper interpretare i cambiamenti tecnologici, gli spazi e le risorse pubbliche, il ruolo del credito, la misura da dare alla globalizzazione, l’evasione fiscale (nazionale e internazionale), il modello di sviluppo e l’economia crircolare, le cose che succederanno nei prossimi anni, gli investimenti pubblici (a partire dalla scuola e dalla ricerca) saranno definite a partire da proposte (precise anche sotto il profilo economico) che possono essere discusse fin da ora e andranno a comporre una lettera sul futuro che invieremo alle italiane e agli italiani.

Questo è il futuro, non quello sbandierato da chi pensa che tutto questo si possa realizzare trasformando il Senato in un pasticcio.

Questa è la responsabilità di chi vuol governare il Paese, non a partire da bonus elettorali e da altre trovate che lasciano letteralmente il tempo che trovano, non a partire da proposte che sembrano fare tornare tutto a posto con (non) soluzioni taumaturgiche ispirate all’eterno concetto dell’accontentare tutti quanti.»

Partecipare significa esserci, mettercisi. Insieme.

Essere le riforme, ad esempio

Ha ragione Pippo quando scrive che il primo appello di passione politica lo dobbiamo rivolgere ai noi stessi. Ieri di fronte a una piazza bellissima a Lavagna (città appena decapitata da un’inchiesta di mafia) abbiamo avuto l’ennesima prova di una voglia di politica che non si esaurisce ma piuttosto rischia di essere spenta. Spenta come si spengono le speranze tradite quando appassiscono per stanchezza.

Eppure basta una scintilla, un’occasione per stare insieme come accade in questo nostro tuo per il Paese, per riattivare l’intelligenza civile, la partecipazione e la capacità di progettazione. Anche ieri, con Luca e Pippo, ho avuto la sensazione di avere avuto il privilegio di fare un giro nel retropalco e scoprire che nonostante la sconcertante commedia che va in scena dietro le quinte c’è una vitalità piena. Tocca solo portarla in scena.

Sostituire questa blanda e stanca accolita di governanti con questo stesso Paese che si permette di riempire una piazza per discutere di uguaglianza, legalità e Costituzione. Una riunione condominiale politicissima nonostante qualcuno dica che la soluzione sia semplificare l’Italia abbattendo la politica. Siamo noi le riforme migliori da mettere in campo. Credetemi. Ognuno.

PolitiCamp 2016, accampiamoci per farci presidio

Il 15 e il 16 luglio ci vediamo a Reggio Emilia. Parleremo di politica, Costituzione, attivismo ma soprattutto ci incontriamo perché abbiamo il sogno di attivare riunioni condominiali (e costituzionali) in tutto il Paese. Ci vediamo a Reggio Emilia perché il cambiamento non si racconta si pratica. Ecco il programma:

«Politica, Costituzione, comunicazione, attivismo e cultura sono tra i filoni di questa settima edizione del Politicamp, un Tour RiCostituente che si apre al Chiostro della Ghiara di Reggio Emilia venerdì 15 e sabato 16 luglio (e che si chiuderà a Salerno il 16 e 17 settembre).

Un Camp che come ogni nostra iniziativa è organizzato (con cura per i piccoli particolari, quest’anno ad esempio abbiamo un service luci a zero impatto ambientale, poiché alimentato a biciclette) senza grandi donatori occulti alle spalle, ma grazie all’impegno dei tanti volontari e al contributo di chi si tessera a Possibile, di chi fa una donazione o di chi invia un sms al numero 499333.

Le porte si aprono alle 18,30 di venerdì 15, i volontari di Possibile accolgono i convenuti e alle 19,30 si cena tutti insieme al Chiostro (la prenotazione, come per tutti i pasti al Chiostro, è richiesta e si fa da questo link).
Dalle 21 si alterneranno sul palco i parlamentari di Possibile, Beatrice BrignoneAndrea MaestriToni MatarrelliLuca Pastorino ed Elly Schlein, che faranno il punto sull’attività e sulle molte campagne che il nostro partito ha portato avanti in questo suo primo anno di vita. Il punto politico e la proposta di lavoro per i mesi che verranno, fondamentali in particolare in vista del referendum costituzionale, sarà affidato al nostro Segretario, Giuseppe Civati.

La Costituzione, la sua riforma e il referendum saranno il tema del mattino seguente, che si apre alle 9,30 e dalle 10 in poi vede alternarsi sul palco un vero e proprio dream team di costituzionalisti. Dentro la riforma, lezioni di diritto costituzionale per un voto consapevole il titolo della mattinata, divisa in due sessioni: docenti della prima Nadia Urbinati, con una lezione dal titolo Ha ancora senso votare? (Gli elettori e la riforma), e Gianfranco Pasquino (Legge eletorale e riforma costituzionale: gli effetti della combinazione). La seconda sessione si apre con il nostro Andrea Pertici (Come cambia il Parlamento), seguono Roberto Zaccaria (Come cambiano le leggi) e Barbara Pezzini (Come cambiano le autonomie). Un dibattito tra pubblico e relatori segue sia la prima che la seconda sessione.

Alle 14 circa il pranzo al Chiostro, si riprende alle 16 con Alessandro Gilioli, giornalista de L’Espresso e blogger, Matteo Fago, editore di Left, e Francesco Piccinini, direttore di Fanpage, in Come sopravvivere alla propaganda e mobilitarsi per batterla. A Franz Foti, del Comitato organizzativo di Possibile, il compito di chiudere il panel e di traghettare la discussione dalla comunicazione all’attivismo in quello successivo, che si chiama Progetti Possibili e che chiama militanti di Possibile e non solo a raccontare – appunto – progetti avviati con successo in questo primo anno del nostro partito: Stefano Catone sull’accoglienza, Marta Costantini sulla difesa della sanità pubblica e sulla mobilitazione avviata con grande successo a Fano, Annamaria Guidi sul bookbombing, la raccolta di libri da destinare ai profughi che tanti comitati di Possibile hanno replicato in giro per l’Italia, Carlo Massironi e l’incubatore d’impresa avviato a Verona, Raffaella Sutter e l’interessante progetto civico che ha portato alle comunali di Ravenna, oltre alla testimonianza di Alex Corlazzoli, maestro, blogger e voce di Radio Popolare, e Luca Marola di Legalizziamo.it, sulla campagna per la legalizzazione della cannabis che Possibile sostiene in tutte le sedi.

Dopo la cena al Chiostro alle 19,30, si riprende alle 21, e viene a portare un saluto Umberto “Eros” Lorenzoni, partigiano e tra i più attivi sostenitori del NO alla riforma costituzionale. Si prosegue con un dialogo tra Giulio Cavalli, attore, giornalista e tra i più attivi protagonisti del Tour RiCostituente di Possibile, lo storico dirigente Rai, scrittore e autore Loris Mazzetti, e Omar Pedrini, rocker, cantautore, ma anche docente presso il master in comunicazione musicale all’Università Cattolica di Milano.
Lo stesso Omar Pedrini chiude infine in bellezza i due giorni di Politicamp con un set acustico dal vivo.

Tutte le informazioni su come arrivare, dove pernottare e sui servizi presenti al Politicamp (tra i quali ricordiamo l’animazione per i bambini) si trovano a questo link