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La mafia gioca a videopoker

online-videopokerVideopoker e slot machine in provincia di Lecce erano “cosa loro”: impossibile per titolari di bar ed esercizi commerciali sottrarsi alle imposizioni di due gruppi criminali, sgominati dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’operazione “Clean Game”. Ventisette le ordinanze di custodia cautelare (19 in carcere e 8 ai domiciliari eseguite in Salento, a Rimini, Crotone, Milano e Modena), firmate dal gip Antonia Martalò su richiesta dei sostituti procuratori Carmen Ruggiero e Giuseppe Capoccia, che hanno coordinato le indagini delle fiamme gialle, nate due anni fa, all’esito di controlli che hanno rilevato manomissioni delle slot.

Le ipotesi di reato contestate sono associazione per delinquere di stampo mafioso, truffa ai danni dello Stato, frode informatica, esercizio di giochi d’azzardo ed esercizio abusivo di giochi e scommesse, aggravati dal metodo mafioso, illecita concorrenza con minaccia e violenza, trasferimento fraudolento di valori, corruzione per atti contrari a doveri d’ufficio e associazione a delinquere. Nel mirino degli inquirenti i fratelli De Lorenzis di Racale (Saverio, Pietro, Pasquale e Salvatore, quest’ultimo noto anche per l’amicizia burrascosa con Patrizia D’Addario e per il matrimonio con la gieffina Carolina Marconi), titolari di un impero di macchinette, che vengono considerati “i capi promotori e organizzatori” del sodalizio criminale.

Per il procuratore di Lecce, Cataldo Motta, “avvalendosi della forza di intimidazione legata al nome che si erano fatti, anche in virtù dei passati legami con il clan Troisi di Casarano e Padovano di Gallipoli”, avrebbero imposto l’acquisto e l’utilizzo dei loro apparecchi taroccati a decine di esercizi commerciali. I software delle slot,  stando a quanto è emerso dalle indagini, sarebbero stati alterati per limitare il numero delle puntate vincenti da parte dei giocatori e anche per trasmettere solo parzialmente i dati delle giocate ai Monopoli. Proprio negli uffici dei Monopoli di Stato, il gruppo De Lorenzis avrebbe avuto un complice molto attivo, ovvero un funzionario che informava gli indagati di ispezioni e controlli, tenendoli costantemente aggiornati sulle attività investigative di cui era a conoscenza, finito agli arresti per corruzione e concorso esterno in associazione mafiosa.
Altri complici – come ha spiegato il procuratore della Dna Francesco Mandoi – i salentini li avevano trovati nel clan calabrese dei Femia, che forniva le schede contraffatte da imporre ai commercianti. Oltre agli arresti i militari del Nucleo di polizia tributaria e del Gico (coordinati dal colonnello Nicola De Santis e dal maggiore Giuseppe Dinoi) hanno effettuato il sequestro di 69 fabbricati, 25 terreni, 3 autovetture, 10 società di capitali e 2 ditte individuali, nonché soldi attivi di conti

(clic)

Beviti un caffè mafioso a Rho

A Rho il caffè è corretto ‘ndrangheta.

Gli arresti di questa mattina nei confronti di uomini appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta “Acri-Morfò” disegnano un quadro (e le caratteristiche allarmanti) di cui spesso abbiamo voluto parlare.

Al solito c’è la politica: tra gli arrestati c’è anche il consigliere comunale Ivan Nicoletti, del Pdl, posto ai domiciliari. Tra i reati contestati ad alcuni degli arrestati c’è anche quello di violenza e minacce per costringere gli elettori ad esprimere il loro voto per uno specifico candidato. In particolare, secondo quanto ricostruiscono gli inquirenti, in occasione delle elezioni comunali del 2011 alcuni componenti della cosca di ‘ndrangheta avrebbero avvicinato numerosi elettori, raggiungendoli anche nelle loro abitazioni, costringendoli ad accordare la loro preferenza elettorale in favore di Ivan Nicoletti, avvocato e candidato al Consiglio comunale tra le fila del Pdl. Nicoletti è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Gli inquirenti ritengono che Nicoletti avesse stretti legami con esponenti della cosca, ed in particolare con Isidoro Morfò. Dalle indagini è emerso anche che un elettore di Rossano è stato picchiato per costringerlo a votare per Nicoletti. Quest’ultimo, secondo gli inquirenti, durante la campagna elettorale si sarebbe più volte informato con gli esponenti della cosca circa il procacciamento dei voti. Stamane la Dda di Catanzaro ha compiuto anche una perquisizione nei confronti di Nicoletti.

Poi c’è il calcio: con la società calcistica ‘Ssc Rossanese’ utilizzata per ripulire denaro sporco, con l’aiuto “liquido” del proprietario di un distributore di benzina non troppo lontano dallo stadio.

E poi ci sono le forniture ai bar: la cosca imponeva agli stabilimenti balneari, ai bar e ad altre attività commerciali di utilizzare principalmente il ‘Pellegrino Caffe« oppure, in sostituzione, il ‘Jamaican Caffe» o ‘Pi.gi Caffe«. In alcuni casi, in modo particolare per i distributori automatici, la cosca obbligava i gestori a mescolare le miscele di caffè. Attraverso una stretta alleanza tra la cosca Acri e quella Farao-Marincola di Cirò Marina (Crotone) la distribuzione del ‘Pellegrino Caffe» era stata estesa e ‘favorita’ anche ad alcuni esercizi commerciale del nord Italia, in particolare nella zona di Rho, dove ci sarebbe una forte influenza della famiglia di ‘ndrangheta del crotonese. Da numerose intercettazioni telefoniche è emerso anche che i componenti della cosca organizzavano il reinvestimento dei proventi della vendita del caffè predisponendo l’acquisto di attività commerciali, in particolare gelaterie, anche negli Stati Uniti.

Quante volte abbiamo ripetuto che le forniture ai bar (che siano caffè o videopoker) che rispondono a logiche territoriali e non di mercato sono il sintomo più evidente di un controllo mafioso di quel mercato nel territorio?

Ecco. Appunto.

– Gli arresti –

  1. Nicola Acri, 34 anni, nato a Sondrio ma residente a Rossano, già detenuto, considerato uno dei capi del gruppo criminale;
  2. Maurizio Barilari, 44 anni, di Corigliano, già detenuto;
  3. Sergio Esposito, 43 anni, di Rossano, già detenuto;
  4. Giuseppe Ferrante, 30 anni, di Rossano, già detenuto;
  5. Salvatore Galluzzi, 37 anni, già detenuto;
  6. Gennarino Acri, 31 anni, fratello del presunto boss Nicola, di Rossano;
  7. Gianluca Fantasia, 38 anni, di Cosenza;
  8. Roberto Feratti, nato a Vittoria (Rg) ma residente a Vigevano (Pv), 56 anni;
  9. Massimo Graziano, 34 anni, di Rossano;
  10. Isidro Morfò, 32 anni, di Rossano;
  11. Salvatore Morfò, 56 anni, nato a San Demetrio corone ma residente a Rossano, considerato il presunto capo del gruppo assieme a Nicola Acri;
  12. Luigi Polillo, 31 anni, di Rossano;
  13. Sergio Sapia, 53 anni, di Rossano;
  14. Gaetano Solferino, 34 anni, di Rossano;
  15. Orazio Acri, 48 anni, di Rossano;
  16. Arianna Calarota, 34 anni, nata a Castrovillari ma residente a Rossano;
  17. Salvatore Cropanise, 35 anni, nato a Corigliano Calabro ma residente a Rossano;
  18. Espedito Donato, 47 anni, nato a Rossano ma residente a Gambolò (Pv);
  19. Vincenzo Interlandi, 54 anni, nato a Ragusa ma residente a Gambolò (Pv);
  20. Domenico Morfò, 28 anni, di Rossano;
  21. Lucia Morfò, 34 anni, di Rossano,
  22. Ivan Nicoletti, 37 anni, nato a Corigliano ma residente a Rossano, avvocato e consigliere comunale;
  23. Antonio Ruffo, 40 anni, di Rossano.

Nel corso dell’operazione i militari hanno pure eseguito il sequestro preventivo di 25 beni beni mobili, 17 società, 45 rapporti bancari, 45 autovetture e 7 polizze assicurative, per un totale di cita 40 milioni di euro.

Se i baristi sfrattano le slot

Ogni tanto la sensibilità e l’umanità arrivano prima di una buona legge:

Li ha visti strapparsi i capelli, scoppiare in lacrime, maledire lo schermo. E ha detto basta. «Per rispetto». Mai più slot machine al bar Fantasy di Garrufo, in provincia di Teramo. «Non potevo sopportare ancora che i miei clienti si accanissero così davanti ai videopoker, dilapidando risparmi sottratti alla famiglia. Ho deciso di eliminare le slot e di tornare a fare bar come una volta- racconta il titolare Emilio Marinucci – Ai giovani voglio di nuovo offrire un divertimento sano. Dal bancone ho visto scene che avevano dell’incredibile. Non succederà più».

Marinucci si aspetta che altri seguano il suo esempio. «Ma so – spiega – che rinunciare a quei soldi non è semplice».

La (bella) notizia è qui.