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Ottobre 2009

Il nostro giornale al Forum nazionale contro la mafia


Il Forum Nazionale Antimafia di Firenze costituisce, allo stato attuale, uno dei più approfonditi e partecipati appuntamenti destinati all’analisi di una drammatica realtà nazionale: quella delle mafie e del loro potere di controllo ed assoggettamento su di una vasta area del territorio italiano.
Quest’anno il meeting è giunto alla sua quinta edizione, agevolato dall’impegno profuso dal Collettivo degli Studenti di Sinistra, dall’Università di Firenze, dal Comune, dalla Provincia e dalla Regione Toscana, coadiuvati dall’Associazione “Tra i Familiari delle Vittime della Strage di Via dei Georgofili” e dall’Associazione Nazionale Partigiani Italiani.
L’intento alla base di questo progetto appare semplice ed al contempo assai impegnativo: esaminare le mafie come oggettive entità e individuarne i punti di forza ma anche le debolezze.
L’appuntamento avviatosi il 13 ottobre e conclusosi il 14 ottobre è stato caratterizzato da molteplici interventi, posti in essere da relatori assai competenti e da anni operanti in un settore, quello del contrasto alle organizzazioni criminali, di fondamentale importanza per le stesse sorti nazionali. Il “Corriere di Gela”, su invito dell’Università degli studi di Firenze, ha portato nella città del giglio la testimonianza in seno all’incontro di approfondimento, del nostro Rosario Cauchi, tra i relatori ai quali è stato affidato il compito di aprire la «due giorni» occupandosi del tema “Mafia, sanità ed edilizia”, affiancato dal magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, Gaetano Paci. L’assemblea ha consentito ai presenti di prendere contezza di particolari d’indagine, poco noti al pubblico, inerenti gli stretti rapporti emersi, anche negli ultimi mesi, tra mafia ed entità economiche agenti nel settore edile, da sempre area di riciclaggio ed investimento di capitali illeciti: le inchieste sulla Calcestruzzi s.p.a., sulla Safab s.p.a., le infiltrazioni delle mafie, siciliane, calabre e campane, in territori in origine “vergini” quali la Lombardia, la Liguria, il Lazio, l’Emilia Romagna.
A questo si è, ancora, sommata la ricostruzione degli inquietanti incroci tra la sanità, non solo da un punto di vista di realizzazioni edili bensì anche da quello dell’operato di svariati professionisti del settore, e la malavita organizzata: basti pensare al ruolo di vertice assunto da medici del calibro di Nino Cinà e Giovanni Mercadante entro gli organigrammi di cosa nostra palermitana. Dalla disamina emerge chiaramente, come testimoniato dai partecipanti alla plenaria po
meridiana del 13 Ottobre, che la mafia non può dirsi morta oppure definitivamente vinta, costituendo un interlocutore assai dinamico in diversi gangli della vita sociale ed istituzionale del nostro paese; di ciò hanno infatti dibattuto relatori del calibro di Piercamillo Davigo, attualmente magistrato di Cassazione, Giovanna Maggiani Chelli, rappresentante dell’associazione “Tra i Familiari delle Vittime della Strage di Via dei Georgofili”, Silvano Sarti, presidente provinciale dell’Anpi, Giuseppe Lo Bianco, giornalista e scrittore, Rino Giacalone, giornalista trapanese del quotidiano “La Sicilia”, ed esponenti di “Libera Toscana” e del “Presidio veneto di San Pietro di Rosà”, intenti nella descrizione di una mafia in continua progressione anche all’interno di aree difficilmente sussumibili nel classico connubio criminalità organizzata-affari economici.
Il teatro, da sempre ritenuto specchio riflettente di una società in progressivo tumulto, contribuisce a sua volta, per il tramite di taluni artisti, alla divulgazione di un messaggio diverso e a tratti spiazzante: imperniato intorno alla narrazione di quotidiane vicende, spesso estranee alla copertura dell’informazione nazionale, ma decisive nel processo di comprensione del fenomeno criminale. Questa è stata la scelta assunta dall’attore e registra teatrale, Giulio Cavalli, costretto a pagare il dazio di una vita blindata a causa della realizzazione di spettacoli incentrati sulla descrizione dei costumi e delle vicende di esponenti di spicco delle cosche siciliane, calabresi e campane, e fra questi la sua ultima creazione “A cento passi dal Duomo”.
Ma la mafia, si sa, non è solo pura criminalità ma dipana le sue voglie anche in direzione dell’economia, legale o illegale, come fatto rilevare, nel corso della seconda giornata di discussione, da Alessandro Santoro della “Comunità di Base Le Piagge di Firenze” e Antonio Pergolizzi di “Legambiente”, capaci di proporre un ritratto completo di alcuni settori sottoposti all’interesse criminale: dallo sfruttamento del lavoro nero al traffico illecito di rifiuti tossici.
La mafia si può battere anche con strumenti di indagine come le intercettazioni telefoniche, al centro di un acceso dibattito politico, ed ampiamente descritte da un magistrato da decenni interessato al contrasto delle mafie, Antonio Ingroia della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, in grado, peraltro, di agganciarsi alla recente cronaca giudiziaria esprimendo pareri certamente ragionati sulla trattativa Mafia-Stato.
Affinché si possa sperare di poter disporre di un’adeguata visione dell’attuale realtà criminale, spesso camuffata da molteplici escamotage, è assolutamente indispensabile la presenza di un’informazione libera da ogni impedimento o controllo, palesi oppure occulti; di certo gli esempi di autonomia giornalistica non appaiono sporadici in Italia, soprattutto quando ci si riferisce all’attività svolta da reporter locali, in grado di individuare particolari sfuggenti ai grandi media nazionali: di questo hanno parlato Peter Gomez, attualmente redattore del nuovo quotidiano “Il Fatto”, Pino Maniaci, responsabile di Tele Jato ed il nostro collaboratore, Rosario Cauchi. Un evento, quello fiorentino, che come ribadito da uno dei relatori coinvolti, il magistrato Gaetano Paci, “dovrebbe costituire un esempio da seguire anche in altre regioni, con in testa la Sicilia”. Ringraziamo Silvia, Pietro, Giacomo e tutti gli altri componenti del Collettivo degli Studenti di Sinistra.

Autore : Redazione Corriere
DA IL CORRIERE DI GELA
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Giulio Cavalli tra i relatori di CONTROMAFIE

Giulio Cavalli parteciperà nelle giornate del 24 e 25 ottobre alla seconda edizione di Contromafie – Gli stati generali dell’antimafia. Appuntamento importante per coloro che versano il proprio piccolo o grande tributo di responsabilità contro la presenza e l’azione delle mafie. Tutti e tutte chiamati a confrontarsi, a riflettere e a scrutare l’orizzonte dell’impegno

Dallʼinformazione alla cultura antimafia: il ruolo di teatro, cinema, tv, letteratura e musica
(Presso Palazzo delle Esposizioni, Sala Cinema, via Milano 9/a)
TUTOR: Teresa Marchesi e Santo Della Volpe (TG3) RELATORI: Angelo Barbagallo (produttore), Giulio
Cavalli (Attore e regista)
, Walter Dondi (Fondazione Unipolis), Antonio Ingroia (Procura della Repubblica di
Palermo), Mario Maffucci (già direttore di RAI Uno), Raffaele Marino (Procura della Repubblica di Torre
Annunziata NA), Francesco Moneti e Roberto Zeno (Modena City Ramblers), Enzo Monteleone (Regista),
Sandro Petraglia (Autore e sceneggiatore), Nino Rizzo Nervo (Cda RAI), Gaetano Savatteri (TG5)

IL PROGRAMMA COMPLETO QUI

Antonio Ingroia, Giulio Cavalli e Peter Gomez presentano “C’era una volta l’intercettazione”

Antonio Ingroia, Procuratore dell’Antimafia di Palermo, sarà ospite della libreria per presentare al pubblico il suo libro “C’era una volta l’intercettazione” (http://www.stampalternativa.it/libri/978-88-6222-092-7/antonio-ingroia-/c-era-una-volta.html).
Alla serata parteciperanno anche, come relatori, Peter Gomez (http://it.wikipedia.org/wiki/Peter_Gomez) e Giulio Cavalli (http://it.wikipedia.org/wiki/Giulio_Cavalli), attore, scrittore e regista italiano.

Mercoledì 21 ottobre alle ore 18.00, Milano Spazio MilanoNera c/o Libreria Mursia via Galvani 24.

A cento passi da piazza duomo

Gli applausi erano scroscianti, il teatro della Cooperativa era pieno (circa250 posti) e tutti erano rimasti colpiti per quello che avevano sentito per circa un paio d’ore. Lo spettacolo finito implica le luci accese per cui, mente il mio applauso continuava, mi sono guardato attorno per capire che tipo di pubblico ci fosse. Poi li ho visti. Erano in due. Uno si è mosso appena Giulio Cavalli è sceso dal palco ed è andato in una quinta, altro si è messo davanti a loro, a protezione.
Quello che ha detto Cavalli in quelle due ora circa lo costringe ad avere la scorta sotto il palco (e non solo). Come Saviano chi fa i nomi e i cognomi e non fa parte della politica viene minacciato e messo sotto scorta.
Cento passi dal Duomo è, per chi ancora non se ne fosse reso conto, il mettere in chiaro il fatto che la mafia si è trasferita qui nella città di M. in pianta stabile. Da non perdere.
E per chi vuole capire da dove tutto è partito consiglio la lettura di “Patria”, di Deaglio.

DA http://osirisicaosirosica.blogspot.com/2009/10/cento-passi-da-piazza-duomo.html

Lo spettacolo di Giulio Cavalli e Gianni Barcetto, andato in scena al Teatro della Cooperativa di Milano, squarcia il velo

“A cento passi dal Duomo”
(AGM-LSP) Giulio Cavalli da due anni vive sotto scorta, da quando nei suoi spettacoli teatrali racconta una realtà che spesso si fa finta di non vedere.

Nel suo ultimo recital, ”A cento passi dal Duomo”, andato in scena al Teatro della Cooperativa, racconta la Milano dei misteri dell’Expo 2015 e della tanto richiesta Commissione Antimafia.

Il testo è stato scritto in collaborazione con Gianni Barbacetto: si parte dal profondo silenzio che ha accompagnato il funerale dell’avvocato Giorgio Ambrosoli. Una frase bianca sul fondo nero, un “Buco”…nella coscienza della gente.

Per informare ci vuole coraggio. E ce ne vuole anche per alzare le mani, a centro palco, come ha fatto Giulio Cavalli mentre scorreva la lista infinita dei Boss della ‘Ndrangheta milanese. Il coraggio di chi come lui fa del teatro un mezzo di denuncia esoprattutto formazione.

La scenografia spuria, nera come tetro è il mondo che racconta fatto di intercettazioni, di minacce telefoniche, mazzette, mandanti irriconoscibili, prestanomi. Fantasmi che vengono rievocati dall’autore/attore che con, voce concitata, ad uno ad uno ne analizza il vizio e il peccato. Un pianoforte accompagna il monologo e a tono lo rende danza o convulsione.

Un fiume di nomi e misfatti, una raffica simile alla scarica che il pubblico, intimidito, si aspetta possa arrivare dal fondo della sala da un momento all’altro. Parole contro quella mitragliata che uno come Cavalli si aspetta ogni giorno. Spezzoni televisivi alleggeriscono il monologo, pur appesantendone l’invettiva.

La Moratti rassicura gli ospiti di Anno zero confidando nella Milano dei lavoratori onesti e dei volontari. E scuote la testa quasi meravigliata…perché a Milano la Mafia non esiste. Non esiste. O non deve esistere?

Copyright © 2001-2009 AGM-LoSpettacolo

 

DA LOSPETTACOLO.IT

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Comincia la tournée de L’APOCALISSE RIMANDATA di Dario Fo con Giulio Cavalli

Dopo il debutto nazionale al FESTIVAL TEATRO ITALIA di Napoli dello scorso giugno, L’APOCALISSE RIMANDATA OVVERO BENVENUTA CATASTROFE di Dario Fo e Franca Rame con Giulio Cavalli è pronto per iniziare il proprio giro nei teatri nazionali. Si inizia questa settimana con le date di Bolzano (Teatro Cristallo, ore 21.00 Giovedì 22 ottobre) e Pisa (Teatro Lux, ore 21.00 venerdì 23 ottobre).

Per info

http://www.teatrocristallo.org/

http://www.cinemateatrolux.it

 

Nello spettacolo di Giulio Cavalli, nomi e cognomi dei “capi” e dei loro amici

L’attore scortato all’ombra della Madonnina  di Benny Calasanzio

L’avvocato Giorgio Ambrosoli, le minacce che gli rivolge il suo killer, William Arico, quando si rende conto che il liquidatore della Banca Privata Italiana è inavvicinabile. Poi la sua morte e il suo funerale silenzioso, disertato dai politici, in una Milano di luglio sudata ed indifferente. Si apre così “Cento passi dal Duomo”, il nuovo spettacolo di Giulio   Cavalli, unico caso di attore teatrale costretto a vivere sotto scorta da quando, con il suo spettacolo “Do ut des” in cui ridicolizzava la mafia e i suoi uomini, ha fatto perdere le staffe alle colonie stiddare gelesi del milanese, ricevendo minacce ed intimidazioni così reali e pericolose da spingere il Prefetto, in concerto con questura e carabinieri, ad assegnargli la tutela armata: era il 27 aprile e già dal 2006 mesi Cavalli era sottoposto   ad una tutela dinamica. Guardato a vista dai carabinieri anche quando, con la sua parlantina veloce e nervosa, spara nomi e cognomi dei boss calabresi, siciliani e campani che hanno ormai in mano una Milano, secondo il sindaco Letizia Moratti, vergine dalle infiltrazioni mafiose. Una fiaba smentita dai fatti e dai numeri: dal ritratto di Cavalli viene fuori una Milano prostituita agli interessi della criminalità organizzata, in cui la mafia ha ormai percorso quei cento passi che la separavano dai palazzi del potere, è entrata e si è seduta   su comode poltrone di vellutino, ad aspettare ingorda i miliardi di euro che pioveranno in città con l’Expo 2015. Nomi e cognomi, come quelli che si leggono nel testo scritto a quattro mani con l’esperto Gianni Barbacetto, che forse ne sanno qualcosa, come Vincenzo Giudice, di Forza Italia, consigliere comunale di Milano, presidente della Zincar, società mista partecipata dal Comune, amico, come Paolo Galli, Forza Italia, presidente dell’Aler, di Giovanni Cinque, esponente di spicco della cosca calabrese degli Arena; o come Massimiliano Carioni, Forza Italia, eletto, secondo lo stesso Cinque, con i voti della mafia. Di Alessandro Colucci, consigliere regionale azzurro della Lombardia, invece parlano al telefono due mafiosi intercettati: “Abbiamo un amico in Regione”. E poi ancora Emilio Santomauro, due volte consigliere comunale a Milano ed ex presidente della commissione Urbanistica, sotto processo con l’accusa di aver fatto da prestanome a uomini del clan Guida, e infine Loris Cereda, sindaco di Platì, detta anche Buccinasco, che si scompone quando gli fanno notare che ricevere il figlio del boss Domenico Barbaro nel suo ufficio   potrebbe essere sconveniente. Lo spettacolo, che ha gi fatto registrare il sold out nelle prime tre serate, rimarrà al teatro della Cooperativa di Milano fino alla pomeridiana di oggi, prima di iniziare un tour in tutta la penisola.

da IL FATTO QUOTIDIANO

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LA MAFIA ALL’OMBRA DEL DUOMO

LA SCELTA DI SARA CHIAPPORI

All’operosa ombra della Madonnina, la mafia penetra, prolifera, fa affari, si installa nei luoghi del potere, contamina la società civile. Una criminalità organizzata efficiente,
ben camuffata con i suoi abiti firmati e ben introdotta con i suoi agganci negli ambienti giusti. Invisibile in superficie, ma non per questo meno pericolosa. Dopo Do ut des e nonostante le minacce ricevute, Giulio Cavalli torna a parlare di mafia nello spettacolo A cento passi da Duomo, scritto con Gianni Barbacetto (ancora oggi al Teatro della Cooperativa). Un bell’esempio di teatro civile, documentatissimo e coraggioso. Musiche dal vivo di Gaetano Liguori.

DA LA REPUBBLICA

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Lo sberleffo di Cavalli alla mafia che ingrassa così vicino al Duomo

Milano, «sacerdotessa e complice». Milano, «tutta aperitivi e cerimonie “capello a posto e colletto in ordine”». Milano e quelle cinque lettere che nessuno vuole pronunciare. Milano e un silenzio a forma di buco, che si ingoia la dignità di una città intera. A cento passi dal Duomo, scritto a quattro mani con il giornalista Gianni Barbacetto, non è solo il successo dell’attore lodigiano Giulio Cavalli, al teatro della Cooperativa di via Hermada a Milano, in scena fino a domani. È anche e soprattutto una mappa dettagliata degli affari della criminalità organizzata nel profondo Nord, il breviario delle cosche, il “Bignami” delle famiglie mafiose al confino, passate dal traffico di eroina all’edilizia, dai morti ammazzati alle imprese pulite e dalla partita Iva «metallizzata».
Tutto esaurito in un giovedì qualunque, davanti ad un pubblico muto, e per una volta non complice, che ascolta rapito e incredulo l’altra faccia della Milano che guarda all’Expo, quella di Cavalli è anche e soprattutto la preghiera laica di chi, sotto scorta da maggio per gli sberleffi agli uomini d’onore, di ‘ndrine e padrini di prima e seconda generazione vuole continuare a parlare. Un monologo musicale, accompagnato dal pianoforte di Gaetano Liguori, che torna indietro fino all’11 luglio del 1979, a quel funerale di luglio («oscenamente privato») dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, condannato a morte e poi giustiziato perché «ogni mattina insieme ai fazzoletti e al caffè si portava in ufficio il coraggio e la dignità». Ripercorrere la strada della memoria, nella raggiera milanese, è bere il caffè al cianuro che ha ucciso Sindona – il banchiere scelto per reinvestire i soldi della criminalità-, è guardare il corpo di Calvi e i mattoni nelle tasche, è capire che quei cento passi per arrivare al cuore della città e della sua economia i boss li hanno già fatti. Tutt’intorno c’è il ritratto di una città che «non se ne accorge», di una politica a volte cieca a volte complice, di una popolazione che sta a guardare, in cui si confondono i figli trentenni dei boss che hanno scelto Milano per imparare a «non abbuffarsi agli aperitivi e ad azzeccare forse anche qualche congiuntivo». Ma c’è un punto in cui il teatro e la poesia devono farsi da parte, sembra dirci Cavalli.È la presa di coscienza che passa solo attraverso l’informazione a trasformare la seconda parte del monologo in un torrente di nomi, cognomi. Atti alla mano (anche fisicamente l’attore recupera il copione, come se imbracciasse le armi, quelle affilate della verità dei fatti), Cavalli si sposta da Milano e guarda alla Lombardia per raccontare la storia di chi la mafia l’ha guardata in faccia. E da lodigiano, sul palco milanese, racconta anche di Lodi e «di un imprenditore locale nel suo viaggio scortato dalle forze dell’ordine, per consegnare una valigetta da 100mila euro per pagare il racket». Un viaggio da Buccinasco a Corsico, da Cologno Monzese a Melegnano, da Spino d’Adda a Sant’Angelo, per dire anche «Gomorra è anche qui».

Rossella Mungiello

DA IL CITTADINO

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La 'ndrangheta ha casa a Milano, "a cento passi dal Duomo": successo per lo spettacolo di Giulio Cavalli, attore sotto scorta

Giulio Cavalli ha soli 32 anni. E da due vive sotto scorta, da quando con il suo spettacolo teatrale Do Ut Des ha fatto saltare dalla sedia i boss della malavita organizzata che gli hanno inviato diverse minacce di morte. Perchè Giulio nei suoi spettacoli racconta la verità, racconta una realtà che spesso si fa finta di non vedere.

E’ quello che spiega nel suo ultimo recital, “A cento passi dal Duomo”, in cartellone al Teatro della Cooperativa in via Hermada 9 fino a domenica. Il testo è stato scritto in collaborazione con Gianni Barbacetto: si parte dal profondo silenzio che ha accompagnato il funerale dell’avvocato Giorgio Ambrosoli.

Un silenzio assordante, un ‘buco’, che continua ad avvolgere una città che anche oggi sembra negare a tutti i costi la presenza della criminalità organizzata. Questione ribadita dai procuratori antimafia, e in ultimo dai giornalisti Giuseppe Caruso e Davide Carlucci ai nostri microfoni.

I dati che riporta Cavalli nel recital non si possono ignorare. Ora alle porta c’è l’Expo 2015 e la tanto richiesta Commissione Antimafia non riesce a vedere la luce per cavilli burocratici. Tanto alla gente questo sembra non importare perchè, come testimoniano alcuni commenti post spettacolo che abbiamo sentito, “si vede che lui è di sinistra, ha fatto solo nomi di politici di destra”. Secondo pochi spettatori tutto si ricondurrebbe a questo.

Grazie al cielo abbiamo sentito anche moltissimi commenti positivi: commenti ‘arrabbiati’ perchè la realtà raccontata da Cavalli esiste e una volta usciti dal teatro si torna a casa ‘amareggiati’, confida una signora.

Ma chi glielo fa fare a continuare i suoi spettacoli nonostante le minacce? Lo spiega Giulio stesso sul suo sito.

“Una ragazza tra il pubblico mi ha chiesto chi me l’avesse fatto fare di uscire dai binari comodi delle storielle teatrali per approfondire e scontrarmi mettendo in pericolo la mia sicurezza e quella della mia famiglia[…]quando i famigliari delle vittime dell’incidente di Linate dell’8 ottobre 2001 hanno fatto irruzione nelle fasi di scrittura e preparazione del mio spettacolo per quella strage ci siamo subito resi conto delle unicità del modus che avevamo a disposizione: il tempo e la vicinanza fisica del nostro pubblico per chiarire, una faccia e un corpo per accusare guardando fissi negli occhi, un posto fisico dove prendere una posizione[…] un’azione teatrale di svelamento contro la normalizzazione controllata delle opinioni e delle sensazioni”

Cavalli dà fastidio alla mafia perchè, ha raccontato l’attore in un’intervista ad Affaritaliani, loro “hanno il terrore della parola, e la paura li porta a rispondere con gesti significativamente imbarazzanti. Sono goffi e incapaci di reagire a livello culturale, e la banalità nella forma delle loro gravissime minacce nei mie confronti lo dimostra. Visto quello che sto passando, resto convinto che la mafia può essere battuta solo con la cultura. Se questa convinzione diventa di massa, se la si mette sul piano dei valori e della bellezza, i mafiosi non avranno più scampo”

“A cento passi dal Duomo” è uno spettacolo assolutamente da non perdere.

Arianna Ascione

DA MILANO 2.0