Mancano poche ore al primo turno delle primarie del centrosinistra. Un ringraziamento dovuto alle migliaia di persone che stanno rendendo possibile con l proprio lavoro lo svolgimento dei primarie sui territori: quasi tutta gente di partito, per dire, oltre ai “civici” e gli “apolitici”.
La corsa è stata ricca, articolata nel percorso dialettico e politico e tutto sommato è stata leale: sono primarie che hanno tenuto alto il profilo e fanno bene alla politica. In queste ultime settimane ho girato l’Italia (da Recanati a Brescia, da Roma a Gallarate) per raccontare quanto (che di Vendola sono un po’ figlie avendole chieste e sostenute, quando ancora ci credevano in pochi che sarebbero state messe in campo) sia un’occasione per scrivere una squadra ed un programma che sia di sinistra-centro piuttosto che di centrocentrocentro-sinistra come troppe volte ci è capitato di assistere.
Quando pronunci la parola “sinistra” negli incontri pubblici si alza sempre qualche sguardo torvo di fastidio: niente destra o sinistra, ci dicono con l’eleganza dei demagoghi che passano per rivoluzionari, ultimamente. Io non sono oltre le ideologie: l’ho già scritto in tempi non sospetti qui.
E per questo domani voterò Vendola: per le proposte che escono dall’idea liofilizzata di “sinistra di testimonianza” e si prende la responsabilità di diventare una sinistra adulta e di governo, perché questo Paese ha il dovere di ricominciare ad occuparsi dei diritti (meglio ancora se degli altri), perché come un archeologo curioso è andato a recuperare in fondo al mare parole che la politica aveva avuto occasione di sotterrare (cultura, rappresentanza dei lavoratori, speranza, umanità, solidarietà, cooperazione, disarmo e “famiglie” scritto al plurale), perché la legalità ha una declinazione etica e morale oltre alle regole, perché interessa la partita oltre al partito.
Ma se dovessi dare una sola motivazione, una soltanto, voto Vendola perché è rimasto umano: umano nella dignità di affrontare il processo e con lo stesso tono contenuto commuoversi all’uscita del tribunale dopo l’assoluzione senza bile urlata in faccia, umano nel non provare vertigini nel parlare del diritto all’amore, alla speranza e al futuro, umano senza nascondimento delle sue fragilità.
Restiamo umani, diceva Vik, e in questi giorni nazionali (e internazionali) vale la pena di provarci con fierezza.