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Gennaio 2014

Dalla decadenza alla deriva

Ne scrivevo giusto ieri qui e Rodotà riprende il concetto spostandolo sull’etica. Anzi: sulla deriva etica.

Parla di deriva etica e si rammarica per la perdita della memoria. Stefano Rodotà è tanto felpato nei toni quanto duro nella sostanza quando, ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, stronca l’incontro Renzi-Berlusconi.

“Sento grandi inni al realismo da chi dice che l’incontro si doveva fare ma io sono sempre prudente di fronte agli eccessi di realismo e ai danni che ha provocato negli anni”, ricorda il costituzionalista. Il fatto è, osserva, che “non si può mettere tra parentesi chi fossero gli interlocutori, anzi, uno degli interlocutori”. “Per chi è cittadino del Paese – osserva ancora Rodotà – e ritiene che ci sia da ricostruire un’etica pubblica e civile, abbiamo perduto tutta la memoria se non ricordiamo che Silvio Berlusconi è stato condannato a agosto e che solo da poche settimane è stata dichiarato decaduto da senatore”.

Rodotà segnala che “uno solo tra i commentatori ha detto che Berlusconi a breve sarà o ai domiciliari o ai servizi sociali e allora c’è un’anomalia se abbiamo bisogno di rilegittimare chi si trova in questa condizione”. Anche perchè, pronostica, “quando finalmente quella decisione arriverà, immediatamente Berlusconi dirà ‘guardate, oggi che sono un padre della patria che modifica la Costituzione, come mi tratta questa giustizia. Per questo Rodotà avverte che “questa è la deriva che sta di fronte a noi. Dobbiamo esserne consapevoli ed anche questo è segno di quanto ancora fragile sia il nostro sistema”.

Il circo dell’antiracket

Attenzione: al di là della schiuma tra egocentrici c’è un circo sottoposto alla censura della Corte dei Conti di Napoli. Ne scrive qui il bravo (anzi: bravissimo) Arnaldo Capezzuto:

Non è la prima volta e non sarà l’ultima che la Corte dei Conti di Napoli, ovvero i giudici contabili, stigmatizzano questo modus operandi o quanto meno una pratica alquanto disinvolta nell’affollato mondo dei professionisti della legalità. I giudici – a più riprese- vagliando corpose documentazioni con atti formali chiedono, interrogano, dispongono approfondimenti, delucidazioni alle pubbliche amministrazioni quali erogatori: dalla Ue, ai Ministeri, alla Regione, alla Provincia, ai Comuni. Capita spesso che i giudici della Corte dei Conti debbano smascherare consulenze ad personamaccordate a Tizio, Caio e Sempronio accreditati come esperti di “Camorrologia” come puro scambio di favori. Gli importi sono fissati da un prezzario segretamente in vigore, i zeri sono svariati. Prendo spunto dall’ultimo accertamento della Corte dei Conti di Napoli, di ha dato notizia solo  Corriere.it. Nel mirino dei giudici partenopei è finito il mondo dell’antiracket e dell’usuraMi sembra che dopo i casi clamorosi di Rosy Canale e dell’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole mi sembra – a naso – davvero di trovarci di fronte ad un’altra storiaccia.

Al centro delle indagini sono finiti i Pon-Sicurezza cioè il Programma Operativo Nazionale finanziato dalla Comunità Europea per contrastare gli ostacoli allo sviluppo del nostro Mezzogiorno. Pare che la F.A.I. (Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura), che raggruppa una cinquantina di associazioni antiracket e facente capo a Tano Grasso abbia ottenuto finanziamenti per7 milioni di euro. Una cifra – secondo le indagini – è sproporzionata in considerazione delle tante realtà operanti in Italia e che si occupano da anni di lotta al racket e all’usura. Il sospetto è che l’iter per l’assegnazione di questa pioggia di denaro pubblico non sia stata molto trasparente. La Corte dei Conti di Napoli insomma sospetta un illecito amministrativo che avrebbe provocato un danno erariale. Gli accertamenti sono stati avviati grazie all’esposto della “Lega per la Legalità” ed “S.O.S. Impresa” dove in una lettera denunciavano la “mercificazione” dell’attività contro il pizzo, l’esistenza di una “casta dell’antiracket” e, addirittura, alcuni casi di nomine ‘politiche’ ai vertici di associazioni antimafia diventate a parere dei firmatari della missiva mera merce di scambio, in una logica di premi e promesse elettorali. C’è un ampio spazio dove Tano Grasso saprà documentare e chiarire la posizione del Fai. Ma desta qualche perplessità – sinceramente – la nascita di una newsletter quindicinale “Lineadiretta” dove il Fai ha stanziato per la copertura di dodici mesi di pubblicazione la somma di centomila euro. L’unica certezza è che i giudici della Corte dei Conti di Napoli sapranno scrivere una parola di verità a tutela dei tanti che lottano in silenzio la camorra.

 

La profonda sintonia dello sperare di fare le stesse cose. Meglio.

Scrive Ida Dominijanni un corsivo che mi trova d’accordo su molti punti e che si conclude con un paragrafo su cui riflettere perché (e parlo per esperienza personale) questa tendenza del PD a volere fare banalmente le cose meglio e non diversamente è esattamente il motivo per cui Umberto Ambrosoli ha rovinosamente perso la corsa alla Regione Lombardia a favore di Roberto Maroni:

Il tema dunque va spostato: dalla “resurrezione” di Berlusconi – che per quanto sia stupefacente non è una novità, data la pervicacia del centrosinistra nell’ucciderlo giudiziariamente senza seppellirlo politicamente – all’intronamento a furor di media e di primarie di Matteo Renzi. Spiace per quanti, a partire da Repubblica, avevano salutato nel giovane segretario del Pd l’avvento del tempo nuovo e oggi si ritrovano risospinti improvvisamente nel vecchio: ma per chi avesse occhi per vedere, la “profonda sintonia” fra l’agenda di Renzi e quella di Berlusconi era chiara, chiarissima, ben prima dello storico incontro. Paradossalmente non ha tutti i torti il cinismo dei giovani dirigenti più vicini al segretario, quando dicono che Renzi può ricevere il Cavaliere senza temerne l’impatto personale. In gioco infatti non c’è solo né tanto la rilegittimazione della persona Berlusconi, quanto la legittimazione da sinistra della sua eredità. Ovvero l’ammissione, da sinistra, che tutto sommato aveva ragione lui su tutto, e che basta fare meglio di lui le cose che voleva fare lui per ”cambiare verso” al paese. Questo e non altro è il senso della ”profonda sintonia”.

L’articolo completo lo trovate qui.

La decadenza elettorale

Sarà che mi sono alzato “alto” (io, poi) o con troppi sofismi ma ritrovo un po’ di decadenza nella discussione per la riforma della legge elettorale. Intendete decadenza proprio nel senso più svilente del termine. Ci sono dei partiti che tentano di trovare una legge che gli garantisca l’entrata in Parlamento con le percentuali che hanno a disposizione ritenendo l’autopreservazione come paletto indispensabile (possibilmente escludendo il più possibile gli altri) e tra la gente tutti vorrebbero una legge elettorale che assicurasse l’elezione del proprio rappresentante di riferimento. Si parla di modello spagnolo, di ritorno al mattarellum (ultimamente santificato) e nessuno ha ancora capito esattamente quale sia la bozza su cui si discute.

Pochi commentatori e nessun politico (o quasi nessuno, mi saranno sfuggiti) cerca di raccontarci la propria idea di “rappresentanza democratica”, se legata ai valori o ai territori o alla governabilità; nessuno ci spiega il proprio senso del governo del popolo, della funzione della sovranità popolare e del peso da dare al voto. Un dibattito che sembra una festa triste de La Grande Bellezza.

Che figurone Bobo Maroni in Catalogna

roberto_maroniUna nota di agenzia (ANSA) che rende lo spessore di Roberto Maroni e della Lega Nord all’estero. E che comunque dà grande lustro a EXPO, eh:

(ANSA) – MADRID, 16 GEN – ‘Una visita scomoda’: cosi’ titola oggi il quotidiano catalano La Vanguardia in un’analisi del direttore aggiunto, Eric Juliana, fra i maggiori conoscitori della realta’ italiana, della visita odierna a Barcellona del presidente della Lombardia e numero due della Lega Nord, Roberto Maroni. Invitato dalla Camera di Commercio italiana di Barcellona, Maroni presenta l’Expo di Milano in un incontro convocato al Museo Nazionale d’Arte della Catalogna (Mnac). “La Lega Nord ha un grandissimo interesse a identificarsi con la Catalogna – scrive Juliana – e le autorita’ catalane hanno pochissima voglia di apparire accanto a un movimento politico che chiama ‘orangotango’, la ministra di integrazione della Repubblica italiana, Cecyle Kyenge, nata in Congo”. L’articolo prosegue con l’elenco delle profonde differenze fra i due movimenti a favore della sovranita’. “Il catalanismo, con tutte le sue ramificazioni, complessita’ e gineprai, e’ una corrente politica e culturale con oltre cento anni di storia, europeista, democratizzatrice e tollerante”, rileva Juliana. “La Lega Nord ancora non ha compiuto 25 anni e ha dovuto inventarsi un passato medievale, dato che l’unificazione d’Italia nel 1861 fu volonta’ e impero delle regioni industriali del nord. La Lega, poi, oscilla continuamente fra la protesta fiscale, la xenofobia e l’attacco frontale all’Europa di Bruxelles”, aggiunge. Nel definire Maroni “il volto istituzionale della Lega Nord”, l’articolista passa in rivista la storia recente del partito di Bossi, gli attacchi alla ‘Roma ladrona’, “l’accordo strategico con Berlusconi chiave per l’egemonia del centrodestra nel nord d’Italia”, l’inchiesta giudiziaria che “due anni fa ha rivelato oscuri maneggi nelle finanze della Lega”. Per rilevare che il partito “si trova in ore basse e ha bisogno di nuovi riferimenti”. Per cui “mentre Salvini lavora alla connessione con il Fronte Nazionale francese, Maroni cerca il marchio catalano”. E ricorda come negli anni Novanta Jordi Pujol, lo storico leader di Convergencia i Union e “buon conoscitore della storia d’Italia”, rifiuto’ di ricevere Bossi, “cosa di cui e’ andato sempre orgoglioso”. (ANSA).

(Grazie a Chiara per la segnalazione)

I dolori dell’antimafia e gli avvoltoi

Un pezzo di Massimiliano Perna che vale leggere, qui. Ed è da leggere senza poi perderci troppe energie ma almeno per guadagnare slancio in un’eterna divisione che insegue la scissione dell’atomo come nell’eterna sinistra da costruire. Avendo sempre paura di chi non ha dubbi ma ha solo certezze ma avendo cura almeno di verificare i fatti oltre che le fonti.

 

Tre proposte per mangiare i libri

Alessio Aringoli ne parla sull’Huffington Post. Personalmente credo che siano semplici semplici e attuabili per parlarne:

Primo. Consentire e sostenere un rapporto diretto fra scuole ed editori. Non gli editori scolastici (che si rivolgono agli insegnanti), ma tutti gli editori: grandi, piccoli e medi. C’è spazio e lavoro per tutti, visto che, a proposito di spread con la Germania, abbiamo 34 punti di gap da recuperare sull’indice di lettura (46 contro 80). E li possiamo recuperare, se lo vogliamo davvero. I ragazzi dai 14 ai 19 anni (l’età decisiva per stabilire se sarai un lettore) devono poter accedere ai cataloghi e comprare i libri facilmente, scegliendoli con libertà, anche a prescindere dal programma, con sconti molto alti e condizioni di favore. Le scuole non solo possono essere uno spazio d’incontro tra libri e lettori, ma sono il solo luogo in cui si può dare ossigeno ed energia realmente nuova a tutta l’editoria, e di riflesso a tutta la cultura (chi legge poi di solito va anche a visitare i musei, a teatro, ecc.).

Secondo. Nelle periferie e nei quartieri popolari della grandi città si devono costruire Case della Lettura, che siano dei veri e propri centri sociali pubblici, in sinergia con associazioni, comitati, cittadini.

Terzo. Ogni Regione italiana dovrebbe organizzare annualmente una Festa della Lettura, coinvolgendo nell’organizzazione editori, librai, realtà culturali del territorio. Eventi di forte impatto, a costi bassissimi (che si potrebbero pagare con il contributo di sponsor e degli operatori).

Se queste proposte (tra cui quella sulle scuole è la più importante) non si discutono ancora (nonostante tutto il settore editoriale sia in una situazione per molti versi disastrosa, e nonostante nel Paese ci siano centinaia di migliaia di disoccupati o sotto-occupati intellettualmente qualificati per i quali l’editoria sarebbe uno sbocco naturale, se non l’unico possibile) è perché – va detto con franchezza – poche realtà relativamente più forti preferiscono mantenere in piedi un sistema vecchio, chiuso e inadeguato (che, peraltro, presto o tardi verrà travolto da Amazon), nel quadro di un Paese in cui si legge pochissimo, pur di esercitare una posizione di oligopolio.

Si preferisce, insomma, detta brutalmente, un Paese ignorante e un’editoria povera, ma in cui si conservano posizioni di rendita più o meno durature, rispetto ad un’apertura alle possibilità di sviluppo
esistenti.

L’articolo completo è qui.

Letta bis

All’alba di un mondo che speravamo nuovo, in un tempo diffìcile e duro, molte illusioni sono cadute, molte occasioni sfuggite perché i nostri legislatori hanno guardato al passato e hanno mancato di coerenza o di coraggio.
L’Italia procede ancora nel compromesso, nei vecchi sistemi del trasformismo politico, del potere burocratico, delle grandi promesse, dei grandi piani e delle modeste realizzazioni.

Adriano Olivetti

La scuola in risposta ai proiettili

Succede a Cetraro (Cosenza):

Non si era mai visto un sindaco rispondere ad una intimidazione mafiosa – un proiettile e una cartuccia caricata a pallettoni inviati a casa sua – ponendo la scuola al centro di un consiglio comunale aperto e pieno di studenti. E’ successo a Cetraro, in provincia di Cosenza. Il sindaco si chiama Giuseppe Aieta. Un raro gesto di educazione civica, il suo, in un Paese che va a rotoli. Un gesto di coraggio, di classe, di politica, che non è rimbombato come avrebbe dovuto, sui tavoli romani.

In una Italia dove la politica nazionale non sa riconoscere gesti come questi, e continua a tenere gli occhi bassi sulle beghe di partito, la risposta di Aieta rimbomba nel mondo della scuola. Risuona nella parte pulita dell’Italia che resiste, nonostante tutto. Perché ha dimostrato con i fatti, che la scuola è l’unica possibile risposta alla violenza mafiosa. E presto inaugurerà, con orgoglio, un nuovo liceo artistico, “perché l’arte è vita mentre la violenza è morte“.

Dopo il “fattaccio”, non ha lasciato dichiarazioni ai giornali o alle tv. Ha postato sul suo profilo Facebook una frase lapidaria: “Indietro non si torna. Nessuno fermerà il cambiamento“. Ha aspettato di essere in consiglio comunale per parlare al suo paese, indirizzandosi agli studenti, per dare un messaggio chiaro: “Quello che mi preoccupa davvero è la dispersione scolastica che aumenta di giorno in giorno: è questa la battaglia che bisogna combattere. Lasciare la scuola significa rinforzare le fila di chi non vuole che questo paese cresca. Non abbiate paura. Se qualcuno ha pensato di intimidirmi ha sbagliato indirizzo“.

Eccoli gli studenti, tutti in piedi con i loro professori, in consiglio comunale. Sono lì che ascoltano, immobili, assorti, il loro sindaco che a testa alta e schiena dritta, li rassicura e li esorta a sorridere al futuro. Magari per qualcuno di loro è la prima volta nella sala del consiglio, mentre sulla testa dei consiglieri scorre la scritta “Indietro non si torna“… forse qualcuno avrà anche pensato a quel conoscente o a quel parente che seduto sul motorino al buio di un angolo di strada gli ha offerto un guadagno facile.. due immagini opposte.. e magari qualcuno in quel momento avrà anche operato una scelta: tra la luce e il buio.

L’articolo completo è qui. Grazie a @luis_webadvisor per la segnalazione.