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Giulio Cavalli

Sacra Corona Unita

Sedici persone in manette. Alcune con l’accusa di appartenere alla Sacra corona unita.  Dalle prime luci dell’alba è in corso una vasta operazione antimafia condotta dagli uomini della Dia di Lecce che stanno eseguendo, nelle provincie di Brindisi, Bari e Pavia, 16 ordinanze di custodia cautelare. Tra gli arrestati figurano un boss e due noti affiliati alla Sacra Corona Unita, tre imprenditori di Mesagne ed un ex consigliere comunale della stessa città. Gli arrestati sono tutti indagati, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, usura, estorsione e riciclaggio (questi ultimi reati aggravati dalle modalità mafiose). Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati beni per un milione di euro. Sono impiegati oltre cento uomini della Direzione Investigativa Antimafia di Lecce, Bari, Napoli, Catanzaro e Salerno.

EXPO e le vie d’acqua: un altro indagato

La Gdf, nell’ambito dell’inchiesta dei pm Gittardi e D’Alessio, ha effettuato perquisizioni a carico di Antonio Acerbo, commissario delegato di Expo 2015 e responsabile di Padiglione Italia, per il progetto ‘Vie d’ acqua’, ora indagato per corruzione e turbativa d’asta. I magistrati hanno ordinato ”l’esibizione degli atti e dei documenti” relativi al progetto in questione ”presso Expo Spa e Metropolitana Milanese Spa”. L’indagine è una tranche dell’inchiesta sulla ‘cupola degli appalti’.

(ANSA)

Scrittori e politica

Una riflessione di Edoardo Pisani pubblicata su minimaetmoralia che vale la pena di leggere:

Il ruolo dello scrittore è stato spesso associato all’immagine di sentinella democratica o guida morale di un paese, di una cultura, di un’ideologia. Ancora oggi, anni dopo il crollo del Muro di Berlino e nel disincanto dalle ideologie e dalla letteratura impegnata, gli scrittori vengono interpellati su qualsiasi argomento, dalla politica allo sport, dal gossip alla disoccupazione, non tanto per le loro opere quanto per la loro bibliografia, ossia per quei due o tre titoli da accompagnare alla qualifica di scrittore e intellettuale, nei casi peggiori di opinionista. Già nel 1937 la Left Review esasperava Orwell con questionari del tipo: è favorevole o contrario al governo legittimo e al popolo della Spagna repubblicanaè favorevole o contrario a Franco e al fascismo? E lui rispondeva: “Volete piantarla, per favore, di mandarmi questa stronzata? È la seconda o terza volta che la ricevo. Io non sono uno dei vostri finocchietti alla moda come Auden o Spender…” Di certo, “finocchietto” o meno, uno scrittore engagé come Orwell era in grado di dire la sua sulla Spagna repubblicana e sullo stalinismo, però nelle opere, da Omaggio alla Catalogna a La fattoria degli animali, che né la Left Review né il Partito comunista britannico avevano voglia di leggere.

“Quando uno scrittore s’impegna in politica” scrive ancora Orwell in Gli scrittori e il leviatano, “dovrebbe farlo come cittadino e come essere umano, ma non come scrittore”. E tuttavia è proprio in quanto scrittori – in quanto intellettuali, o “guru e bonzi alla Robert Frost”, come temeva Saul Bellow – che le “firme” vengono chiamate in causa. Perché? Per quale motivo uno scrittore dovrebbe essere più lucido di uno scienzato o di un idraulico, politicamente? Dopotutto per ogni Mann e Orwell spuntano fuori altrettanti Hamsun e Céline, riusciti o meno, destinati all’oblio o alla posterità, alle note a pié di pagina o al catalogo della Pléiade. La letteratura straripa di folli, di mostri fragili o anche di uomini occasionalmente cinici, come il Pirandello che plaude all’assassinio di Matteotti o il Pessoa che pubblica l’articolo O Interregno, Defesa e Justificação da Ditadura Militar em Portugal. Lo scrittore difatti è un uomo come gli altri e talvolta peggiore degli altri, per ingenuità, per ambizione, per pazzia o per debolezza, e in quanto tale – in quanto uomo – vive le Meduse del proprio tempo, l’orrore e il brulicare dei tentacoli della Storia e delle ideologie, restandone spesso stregato o corrotto, se non indifferente. In fin dei conti il sostegno pubblico di Pirandello a Mussolini e la sua tempestiva adesione al fascismo sono infinitamente più colpevoli – proprio perché gesti intellettuali, non provocatori o estetici – della presa di Fiume e della “poetica dittatura” di d’Annunzio. Nel settembre del 1924, un mese dopo il ritrovamento del cadavere di Matteotti e nel pieno di una difficile crisi di governo, i giornali fascisti accolsero il telegramma di Pirandello come un intervento civile, patriottico, responsabile, fascista. “L’arte pirandelliana non ha nulla a che fare col fascismo, ma Pirandello sì” concluderà anni più tardi Sciascia.

Facce intelligenti (e paurose) di boss acciuffati

cerci-gaetano

I carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Caserta, guidati dal tenente colonnello Alfonso Pannone, hanno proceduto, la scorsa notte, a seguito di un’articolata e complessa attività d’indagine, alla cattura del latitante Gaetano Cerci (in foto), 49 anni, residente a Casal di Principe.

L’uomo, già pluripregiudicato, era stato precedentemente, lo scorso 24 luglio, destinatario di un’ordinanza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per il reato di estorsione in concorso con altri tre soggetti, Mirco Feola, Adamo Filippella e Francesco Fiorinelli.

Fu poi scarcerato l’11 agosto scorso dal Tribunale del Riesame. Il giorno seguente, sulla base del fondato pericolo della reiterazione dei reati imputati, fu emessa una nuova ordinanza cautelare in carcere dal gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e da allora Cerci ha iniziato la sua latitanza, conclusasi però la notte scorsa nei pressi della stazione ferroviaria di Salerno.

Il latitante è stato bloccato a bordo di un treno proveniente dal nord Italia.  La scelta della destinazione salernitana da parte di Cerci era proprio finalizzata ad eludere i controlli e la cattura. Cerci, ritenuto affiliato alla fazione Bidognetti del clan dei casalesi, secondo gli investigatori ha da sempre fornito la sua collaborazione al sodalizio criminale occupandosi quasi prevalentemente della delicata questione dello smaltimento e stoccaggio dei rifiuti.

Gli amici della ‘ndrangheta controllavano la sicurezza di Expo

Bravi. Complimenti a tutti.

Grandi vetrate e lamiere grigie con inserti colorati. Alta poco più di due piani, la sua singolare forma geometrica la rende molto riconoscibile dentro a questo dedalo di vie e palazzoni di periferia. Via Drago a Milano, zona nord a pochi passi dal sito di Expo 2015. E non a caso. Perché nei progetti questa struttura, di proprietà del Comune, deve ospitare la centrale operativa per la gestione della sicurezza di tutta l’Esposizione universale che si prepara ad accogliere venti milioni di visitatori. Da ieri però, i lavori si sono fermati. E non per problemi tecnici, ma perché il prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca, su indicazione del capo centro della Dia di Milano Alfonso Di Vito, ha emesso un’Expo 2015, società legata alla ‘ndrangheta si occupava della sicurezza dell’Esposizione nei confronti dell’azienda che nell’aprile scorso si è aggiudicata l’appalto di riqualificazione.

Sul tavolo circa un milione di euro. Ma in questo caso non è tanto la cifra a fare scandalo, quanto il fatto che i lavori per mettere a punto l’intera sicurezza di Expo sono stati affidati a una società infiltrata dalla ‘ndrangheta. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la Ausengineering srl – con sede a Pieve Emanuele e proprietà quasi completamente calabrese – è legata alla cosca Mancuso di Limbadi in provincia di Vibo Valentia. Alla base della decisione del Prefetto ci sono “frequentazioni dei titolari con uomini del clan”, uno dei più potenti della ‘ndrangheta, capace di monopolizzare il proprio territorio intrattenendo relazioni anche con uomini delle istituzioni, come ha dimostrato una recente inchiesta del Ros dei carabinieri. Ed è di ieri (12 settembre) la notizia che la squadra Mobile di Catanzaro ha arrestato in Argentina il boss latitante Pantaleone Mancuso soprannominato ‘l’ingegnere’.

Dalle campagne di Limbadi al cuore della sicurezza di Expo. Questo racconta l’ultimo episodio di infiltrazione dei boss all’interno dell’Esposizione universale. Il City Commande Centre di via Drago, infatti, avrà funzioni di raccordo operativo tra Protezione civile, sicurezza, viabilità e pronto intervento. Nella sede rinnovata prenderanno posto tutte le forze dell’ordine. La palazzina inoltre ospiterà uno sportello internazionale di prima accoglienza per le informazioni e la sede della task force per coordinare le polizie locali di Milano, Rho, Pero e Baranzate.

Stando al capitolato di gara, la Ausengineering, vincitrice di mega appalti per gli aeroporti di Firenze e Napoli, avrebbe dovuto cablare l’intera palazzina tirando oltre un chilometro di cavi direttamente dal sito di Expo. Sostanzialmente tutto ciò che riguarda le telecamere di sicurezza installate nei padiglioni e all’esterno dell’esposizione. Nel maggio del 2013, il comune di Milano ha dato il via libera alla convenzione con Expo spa. Affidamento gratuito della palazzina e grandi annunci. Come quando Tullio Mastrangelo, comandante della Polizia locale, dichiarava: “Dal centro avanzato di controllo Expo 2015 sarà possibile seguire il grande flusso di persone, mezzi e merci che 24 ore su 24 nel semestre espositivo graviteranno sull’area e in tutta la città. Qui opereranno tutte le Forze dell’Ordine, le public utilities, Vigili del Fuoco, 118, aziende di trasporto eccetera in collegamento con tutte le relative centrali operative esterne”.

Mentre l’assessore alla Sicurezza Marco Granelli annunciava: “Con la firma di questa convenzione l’Esposizione Universale si dota di una sede strategica per il coordinamento operativo dell’evento. Grazie ai lavori che saranno effettuati dalla società Expo 2015 restituiremo alla città un centro avanzato e potenziato per la sicurezza e la gestione delle emergenze”. Era il 2013 e ancora i lavori per i cablaggi dovevano iniziare. L’aggiudicazione definitiva arriverà solo nell’aprile scorso. L’Ausengineering vince la gara con un ribasso del 33%. Al punto f) del documento però si rende noto che “in ragione del numero di offerte pervenute, inferiori a dieci, e della conseguente impossibilità di applicarel’esclusione automatica delle offerte anomale, Expo ha provveduto a richiedere al concorrente primo classificato elementi idonei a consentire di valutare la congruità dell’offerta presentata”.

Insomma, fin da subito la società era risultata sospetta. E del resto già ad agosto scorso alcuni vigili che controllano la zona di via Drago avevano intuito la presenza della mafia. Assieme all’interdittiva per il centro interforze di via Drago, sempre ieri il prefetto ha bloccato altre due aziende che lavorano al cantiere della Tangenziale esterna Milano. In totale le imprese escluse per sospette collusioni con la mafia salgono così a trenta.

da Il Fatto Quotidiano del 13 settembre 2014

Femminicidio e sensibilità giudiziaria

La storia di cui parla oggi il Corriere della Sera pone un problema giudiziario: la cultura sociale sui femminicidi ha bisogno anche di riscontri giuridici. Una donna uccisa dal marito dopo dodici (12!) denunce significa che qualcuno ha delle responsabilità:

Ora questa dolorosa vicenda sulla quale gravano non poche ombre dovrà essere ripresa in mano dalla Corte di Appello che deve considerare valida la domanda risarcitoria avanzata nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri a nome dei tre figli di Marianna. Il padre uxoricida è stato condannato a venti anni di reclusione. Numerose aggressioni alla ex moglie erano tutte avvenute in pubblico. Ciò nonostante nessuno condusse indagini, e nemmeno prese provvedimenti a tutela della donna in pericolo nonostante le sue richieste di aiuto. L’aggressione fatale avvenne alla vigilia della sentenza che doveva affidare i tre maschietti alla mamma dopo la separazione da Saverio Nolfo. L’omicida accoltello’ non solo la donna, ma colpì gravemente anche Salvatore Manduca (59 anni), il padre di Marianna, l’unico uomo che l’ ha difesa.

Le domande di Fico

Sulle scelte della Rai circa i conduttori e le ricadute di costi mi trovo in perfetta sintonia con Roberto Fico: