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Giulio Cavalli

«Se mi torcono un capello, questa volta c’è la prova»: parla Nino Di Matteo

MAFIA: DI MATTEO A SIT-IN, GRAZIE PER VOSTRA PASSIONE CIVILESe l’aspettava un’esistenza difficile. Solleva lo sguardo dalle carte, esita un attimo: «Sapevo a cosa andavo incontro quando ho cominciato a fare il magistrato, il lavoro che volevo fare: il pm, non il giudice. A Palermo avevano già ucciso molti colleghi, c’era già stato Capaci, via D’Amelio, ma non credevo che si potessero ripresentare momenti così».

Mai era accaduto – neanche ai tempi del maxi processo a Cosa Nostra – che un pm non potesse andare in udienza «per motivi di sicurezza», come è capitato la settimana scorsa. Volevano portarcelo con un blindato a Milano, tipo quelli che il nostro esercito usa in scenari di guerra come l’Afghanistan e l’Irak. Troppo pericoloso spostarsi. Troppo pericoloso restare anche a Palermo per Di Matteo.

Non va più a nuotare alle 7 del mattino. Non va più alla “Favorita”, alle partite. Ogni tanto i suoi «angeli custodi» lo trascinano in qualche caserma – sempre diversa – dove si fa mezz’ora di jogging. Ha sempre dietro uomini armati.

Un confidente ha appena svelato «che è arrivato l’esplosivo » anche per lui. Era accaduto
nell’estate del 1992, quando qualcun altro aveva annunciato il tritolo per Paolo Borsellino. Tutto come vent’anni fa? «No, c’è una differenza importante: allora c’era solo il silenzio intorno a Paolo, oggi ci sono tantissimi italiani che stanno dalla nostra parte, semmai stridono certi silenzi istituzionali se confrontati alla solidarietà dei cittadini, delle persone senza nome che mi scrivono».

I silenzi dei Palazzi. Tanti. Il capo dei capi della mafia vuole ucciderlo e, al di là dei comunicati ufficiali e di circostanza – a parte il comitato di ordine pubblico e sicurezza convocato dal ministro Alfano a Palermo e le sue dichiarazioni di ieri – Roma sembra lontana, indifferente alla sorte di un magistrato stretto in una morsa, fra il delirio del capo dei Corleonesi e invisibili personaggi scivolati fra le pieghe delle indagini della trattativa.

Perfino la ministra di Grazia e Giustizia Cancellieri, l’amica dei Ligresti, ha mostrato un certo distacco. Prima ha detto che la sua amministrazione era all’oscuro di ogni piano omicida di Riina (eppure gli operativi del Dap, di solito sono anche troppo informati), poi ha «espresso vicinanza ai magistrati» mentre qualcuno in giro per l’Italia già metteva in giro le solite voci infami. Non è vero niente, quali minacce ha avuto mai Di Matteo? L’avevano fatto con Falcone, all’Addaura.

Colpiscono le parole di Nino Di Matteo nella sua intervista con Attilio Bolzoni di Repubblica. E, mi viene da dire, c’è la prova anche di chi continua a stare zitto o ad essere delatore fiancheggiatore.

Condannato Cattafi, eh

CATTAFI_Rosario_Pio(1)Condannato a 12 anni, a fronte dei 16 richiesti dall’accusa, l’avvocato di Barcellona Pozzo di Gotto Rosario Pio Cattafi. Il gup Monica Marino ha dunque stabilito la sua effettiva vicinanza ai boss della mafia barcellonese, con i quali aveva mantenuto i contatti anche tra i vertici del clan e altre famiglie mafiose. La sentenza ha emesso, inoltre, altre cinque condanne: 7 anni e 6 mesi per Giuseppe Isgrò, ritenuto il ‘tesoriere’ del gruppo mafioso, 6 anni e 4 mesi a Tindaro Calabrese, 5 anni e 8 mesi a Giovanni Rao, 4 anni e 8 mesi per Carmelo Trifirò e 4 anni e 4 mesi a Agostino Campisi. Tutte condanne scaturite dall’operazione “Gotha 3”, che aveva svelato, nell’ambito della realizzazione di opere nel messinese, una serie di attività estorsive ai danni di quattro società.

Cattafi, oltre ad essere coinvolto nel processo “Gotha 3” (associazione a delinquere di stampo mafioso con l’aggravante di aver promosso e diretto l’organizzazione mafiosa barcellonese) fu precedentemente condannato per aver aggredito nel 1971 cinque studenti universitari insieme a Pietro Rampulla (il futuro artificiere della strage di Capaci) e in seguito condannato per porto e detenzione abusivi di arma, cessione di sostanze stupefacenti e calunnia. L’avvocato barcellonese prese poi parte al matrimonio del capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto Giuseppe Gullotti – condannato per essere stato il mandante dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano – in qualità di testimone di nozze.

Mi ricordo quando ne parlavano Sonia Alfano e Fabio Repici: due ossessionati, dicevano.

Se ne usciremo migliori

Questo è il ‘noi siamo qui’, oggi: gente impoverita e disillusa, rabbiosa e confusa, incattivita e in guerra contro qualcosa di nebbioso a cui cerca disperatamente di dare un volto: la politica, le tasse, l’Europa, la finanza, la Merkel, le auto blu. E altro, a piacere: gli immigrati, gli zingari, perfino gli ebrei – come sempre, quando si tocca il punto più basso.

La vera grande domanda che dobbiamo iniziare a porci quindi è se da questa profonda crisi – “passaggio” e “scelta”, etimologicamente – usciremo peggiori o migliori: come esseri umani, cittadini, persone inserite in un contesto sociale. Anche elettori, certo, ma forse questo viene dopo.

È su questo che è indispensabile iniziare a lavorare, oggi, per fare politica. Su noi stessi, sui vicini di casa o di lavoro, sugli amici al bar o quelli di Facebook. Sulle platee che abbiamo davanti, se ci capita di parlare in pubblico, alla radio o alla tivù. Su chi ci legge, se abbiamo la fortuna di essere letti da qualcuno.

Uscire dalla crisi – e non sto parlando solo di quella economica – avendo imparato la contaminazione, l’onestà intellettuale, l’importanza delle pratiche, il principio che sono i mezzi a legittimare il fine e non è il fine a giustificare i mezzi. Ma soprattutto avendo imparato che la nostra felicità non solo dipende da quella degli altri ma consisterà sempre più nel contrario dell’estensione del nostro io, nel contrario della ricetta centripeta che ci hanno inculcato per decenni.

Rileggevo questa mattina le parole di Alessandro sul suo blog e mi domandavo se veramente ne usciremo migliori da questo tempo di valori incerti e di modi intolleranti; se davvero quando finiremo questo essere tutti lupi verso gli altri per paura ci sarà una socialità diversa e veramente coesa. Se ci sarà davvero la rivoluzione culturale, insomma.

Fate presto. Iniziate subito.

georgesaunders-620x420Ed eccovi dunque un consiglio veloce, per congedarmi al termine di questo discorso: dato che secondo la mia opinione la vostra vita sarà un viaggio che vi porterà ad essere più gentili e più amorevoli, sbrigatevi. Fate presto. Iniziate subito. In ciascuno di noi c’è un equivoco di fondo, un vero malessere in verità. Si tratta dell’egoismo. Ma la cura esiste. Siate quindi gentili e proattivi e addirittura in un certo senso i pazienti di voi stessi – cercate le medicine più efficaci contro l’egoismo, cercatele con tutte le vostre energie, per tutto il resto della vostra vita.

Fate tutte le altre cose, quelle ambiziose – viaggiare, diventare ricchi, acquistare fama, essere innovativi, essere leader, innamorarsi, fare fortuna e perderla, nuotare nudi nei fiumi in mezzo alla giungla (dopo aver controllato che non ci siano in giro scimmie che cagano) – ma qualsiasi cosa farete, nella misura del possibile eccedete in gentilezza. Fate ciò che vi può indirizzare verso le risposte a quelle grandi domande, cercando di tenervi alla larga dalle cose che possono sminuirvi e rendervi banali. Quella luminosa parte di voi che esiste al di là della vostra personalità – la vostra anima, se credete – è tanto luminosa e brillante quanto nessun’altra. Luminosa come quella di Shakespeare, luminosa come quella di Gandhi, luminosa come quella di Madre Teresa. Sbarazzatevi di tutto ciò che vi può tenere lontani da quella luminosità nascosta. Credete nella sua esistenza, cercate di conoscerla meglio, coltivatela, condividetene incessantemente i frutti.

L’intenso discorso che George Saunders, autore di Dieci dicembre, ha tenuto ai laureandi della Syracuse University del 2013.

I forconi mi scrivono

Ecco la mail:

I FORCONI PENSIERO.

IL FORCONE VA IN MISSIONE.
GIA’ PIACE IN FRANCIA, IN SPAGNA IN PORTOGALLO. SI STA EUROPEIZZANDO CONTRO L’EURO. A NATALE UNO SARA’ SPEDITO IN INGHILTERRA.

MARSALA E PETROSINO SI STANNO PREPARANDO A FARE SIT IN DI PROTESTA DA MERCOLEDI’ 18/12/2013 FINO AL 2/01/2014 CON QUATTRO  PRESIDI IN PIAZZA FIERA STRASATTI, PIAZZA MARCONI, MARSALA E C/DA CIAPPOLA MARSALA, A PETROSINO IN VIA FRANCESCO CRISPI NEI PRESSI DEL POLIVALENTE DON INGARRA. DISOCCUPATI ARTIGIANI COMMERCIANTI IMPRENDITORI SFIDUCIATI TUTTI PARTECIPERANNO.
CON I ” FORCONI” SCOMPARIRA’ LA DESTRA E LA SINISTRA. IL CENTRO DESTRA E IL CENTROSINISTRA CI SARA’ SOLO IL BENE E IL MALE LA GIUSTIZIA O L’INGIUSTIZIA… SARA’ UNA ALTERNANZA DI “FORCONE A” E “FORCONE B” IN ENTRAMBE I CASI DECIDERA’ IL POPOLO LIBERO.
I “FORCONI” D’ITALIA IMPOSSIBILITATI A SPOSTARSI POSSONO ORGANIZZARE AUTONOMAMENTE ASSEMBLEE NEI COMUNI DI APPARTENENZA CON LA RACCOMANDAZIONE DI NON ACCETTARE INTERVENTI DI ALCUNA NATURA DA PARTE DI POLITICI E AMMINISTRATORI POICHE’ ILLEGALI FRUTTO DEL PORCELLUM E DUNQUE SERVI DELLA CASTA.
I NOSTRI MERAVIGLIOSI DEPUTATI REGIONALI SICILIANI SI SONO CALATI LO STIPENDIO. POVERACCI! COME FARANNO? NOI LI AIUTEREMO. COR CAZZO! COSI’ SI CALERANNO ANCHE LE MUTANDE.
L’EURO FORTE CI FARA’ FALLIRE TUTTI. LA CASTA RUBA E INVESTE NEI PAESI POVERI FACENDO UNA VITA DA NABABBI. SIAMO GIA’ MORTI E I MORTI NON TEMONO PIU’ NIENTE. PREPARIAMOCI A LUNGHE BATTAGLIE. HANNO COMPROMESSO IL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI.
I SINDACATI SI DISSOCIANO DAI FORCONI. BELLA SCOPERTA. NOI LI ABBIAMO DA SEMPRE DENUNCIATI DI GENOCIDIO OPERAIO. HANNO DIVISO SEMPRE IL PORCO CON LA POLITICA SPORCA A SPESE DEGLI OPERAI.
DOPO AVER RIPULITO LA POLITICA DALLA MARMAGLIA E TUTTI SI RITIRERANNO, RIMARRANNO IN CAMPO I FORCONI PIU’ FORCONI DEI FORCONI. OCCORRERA’ RIPULIRE I PALAZZI DELLA MELMA BUROCRATICA E OCCORRERA’ FEGATO.
MARTINO MORSELLO
PRESIDENTE
MOVIMENTO DEI FORCONI
3286009880
Ecco, ditemi voi.

Ogni giovane è gioiosamente meravigliato di quanto riesce a esprimere e ascoltare

Ogni volta sperimento come, nel contesto di una struttura che veramente favorisce la creatività personale e di gruppo, ogni giovane è gioiosamente meravigliato di quanto riesce a esprimere e ascoltare; mi chiedo in qual modo sia possibile consolidare, approfondire e moltiplicare ampliando queste occasioni affinché riescano a inceppare e sbrecciare i meccanismi del dominio, tuttora vastamente imperanti: per riuscire a interrompere il circolo vizioso fra dilagante necrofilia inconfessata, disperazione per mancata creatività e informazione deformata, aberrante.

Danilo Dolci

Otto contatori idrici

Il ripristino della legalità è una guerra dura lì dove la regola è l’illegale, l’interesse è sempre particolare e la “normalità” è una minoranza. Otto contatori idrici installati a Casal di Principe (ne dà notizia Arnaldo qui) sono addirittura un presidio in territorio nemico.

Per chi ci vive in quelle terre disgraziate l’installazione dei primi otto contatori a Casal di Principe segna un traguardo storico. La triste realtà è questa. Perfino i vari commissari prefettizi succedutesi promettevano l’installazione dei misuratori, stanziava i soldi, trovavano le ditte, ma poi non accadeva nulla. Allora bisogna darne atto all’attuale commissario prefettizio Silvana Ricciodi essere riuscita in un’impresa titanica. Non si sa se gioire o piangere di rabbia.

Buongiorno! Arrestata la sorella di Matteo Messina Denaro

Un’imponente operazione antimafia è in corso in provincia di Trapani da parte di Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza e Direzione investigativa antimafia (Dia). I provvedimenti di arresto, emessi dal gip di Palermo, riguardano esponenti di spicco del clan di Matteo Messina Denaro, considerato numero uno di Cosa nostra.

LE ORDINANZE – Le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Palermo, riguardano in particolare le famiglie mafiose di Castelvetrano e Campobello di Mazara. Le accuse nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, intestazione fittizia di beni ed estorsione. Secondo gli inquirenti e gli investigatori, gli indagati esercitavano da anni un controllo capillare e con modalità riconducibili a Cosa Nostra sulle attività economiche ed imprenditoriali della provincia di Trapani, con ingenti interessi nel settore dell’edilizia. I particolari dell’operazione verranno resi noti in una conferenza stampa in programma alle 11 alla Procura distrettuale antimafia di Palermo.

Scrive Salvo Palazzolo:

CASTELVETRANO (TRAPANI) – Gli uomini col mephisto sembrano delle ombre nella notte. Alle tre in punto, escono allo scoperto e corrono verso le roccaforti dell’ultimo grande latitante di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro:  la casa del nipote prediletto, Francesco Guttadauro; la casa della sorella Anna Patrizia; la bella villa del fedele imprenditore Giovanni Filardo; l’appartamento del fidato autista Pietro Luca Polizzi. Sembra un fortino dentro la città di Castelvetrano, dove il padrino resta solo un’ombra, ormai da vent’anni. I suoi lo chiamano: “La testa dell’acqua”, questo hanno captato le microspie. Alle tre in punto, gli uomini col mephisto sono entrati nel fortino e hanno arrestato i principali favoreggiatori del boss condannato all’ergastolo per aver piazzato nel 1993 le bombe di Roma, Milano e Firenze. A Castelvetrano, questa notte, c’erano i carabinieri del Ros, i colleghi del reparto operativo di Trapani, gli investigatori della Dia, i poliziotti dello Sco, delle squadre mobili di Palermo e Trapani, i finanzieri del Gico: da un anno, il procuratore aggiunto Teresa Principato e i sostituti Marzia Sabella e Paolo Guido preparavano il blitz, mettendo insieme tutti i tasselli raccolti durante le indagini sul latitante e sulla sua rete di protezione.
Alle tre in punto, gli uomini col mephisto sono entrati in azione anche in altre parti della Sicilia e persino in provincia di Milano per stringere il cerchio attorno alla potente mafia della provincia di Trapani. A Palermo sono stati arrestati due ingegneri del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, Giuseppe Marino e Salvatore Torcivia: due veri insospettabili, il primo è figlio di un giudice. Sono accusati di aver intascato mazzette per favorire una ditta di mafia, la “Spe.fra.”, nei lavori di manutenzione e ristrutturazione all’interno del carcere palermitano dell’Ucciardone.

Insospettabili in manette
Fino a qualche ora fa, un’insospettabile era anche la vigilessa Antonella Montagnini, in servizio al Comune di Paderno Dugnano, provincia di Milano: di tanto in tanto, un mafioso di Campobello di Mazara, Nicolò Polizzi, suo ex cognato, le chiedeva di controllare qualche targa sospetta. Polizzi aveva l’incubo di essere pedinato dalla polizia. Suo figlio Nicolò, anche lui arrestato questa notte dal Ros, aveva invece una passione smodata per la politica: in cambio di una cifra non precisata avrebbe procurato un consistente pacchetto di voti a Doriana Licata, candidata (non eletta) nella lista dell’Mpa di Raffaele Lombardo alle Regionali 2012. I carabinieri hanno arrestato per voto di scambio anche il fratello di Doriana, Aldo Roberto.

Mezz’ora dopo il blitz di questa notte, il bilancio è di trenta arresti. “Abbiamo inferto un colpo determinante”, sussurra uno degli investigatori che da anni segue giorno e notte le tracce del superlatitante. “Adesso sarà costretto a uscire allo scoperto”, dice. Perché non può contare più sul suo portavoce ufficiale, il nipote Francesco Guttadauro, classe 1984, che i Ros hanno visto muoversi con grande disinvoltura fra una rete ristretta di 17 persone fidatissime, tutte oggi arrestate: nel tempo libero, il rampollo di mafia se ne andava a passeggio con l’ex capitano del Palermo Fabrizio Miccoli.
Da questa notte, Messina Denaro non può più contare sulla sua ambasciatrice, la sorella Anna Patrizia, che ha 43 anni, e un piglio da vero capomafia: le intercettazioni della Dia l’hanno sorpresa a estorcere 70 mila euro agli eredi di una nobildonna (“Io qua sono, mi chiamo Messina Denaro e a me non mi rompe niente nessuno  –  così diceva  –  Ora io qua voglio le cose, ora voi uscite i soldi, perché a me i soldi mi servono”). Altre intercettazioni, della polizia, hanno ascoltato Anna Patrizia mentre riferisce al marito in carcere i desiderata del fratello latitante a proposito di Giuseppe Grigoli, l’ex patron dei supermercati Despar prestanome del superlatitante che aveva iniziato a fare delle dichiarazioni ai processi. “Che nessuno lo tocchi, lasciatelo… dice… più danno può fare. Di più, per dieci volte”. Questo fu il messaggio portato da Anna Patrizia in carcere.

Cassa di famiglia
Da questa notte, Matteo Messina Denaro non può contare più sul suo cassiere di fiducia, l’imprenditore Giovanni Filardo, che nonostante l’arresto aveva continuato a fare lavorare le sue aziende nel campo del movimento terra e dell’edilizia, intestadole alla moglie Maria Barresi e poi girando alcuni introiti alle figlie Floriana e Valentina. Le indagini della Guardia di finanza di Palermo hanno portato tutta la famiglia in carcere. A nulla sono serviti gli appelli alla prudenza lanciati dal padre: “Leva e scava”, diceva Filardo alle donne di casa, invitandole a mettere sottoterra i soldi. Quei soldi dovevano per forza girare nelle rete di Messina Denaro, per il sostentamento del latitante e dei familiari. A Patrizia, ad esempio, spettava uno stipendio di 1.500 al mese. I soldi non mancavano. A Filardo, con la sua “BF”, si affiancavano Lorenzo Cimarosa e Antonino Lo Sciuto, che gestivano la “Mg costruzioni”, impegnata in tanti lavori in provincia di Trapani, i più importanti quello per il parco eolico di Mazara e quello per realizzare il Mc Donald’s di Castelvetrano.
Il provvedimento di arresto, firmato dal gip Maria Pino, dispone anche il sequestro di tre società, che hanno un valore di cinque milioni di euro.

L’inganno

Riflettere sulle parole di Gianfrancesco Turano e le ombre di Rosy Canale (e gli abbracci):

La serata del teatro Parenti, preceduta da un dibattito fra Rosy e Nando Dalla Chiesa, si conclude con un trionfo. Metà della sala piange. Tutti applaudono. L’onda emotiva ha travolto le incongruenze del racconto. Un racconto che, peraltro, è già stato espurgato da particolari imbarazzanti che si trovano nel libro La mia ‘ndrangheta che Rosy Canale ha pubblicato per le Edizioni Paoline.

Lì il ritratto dell’autrice da giovane rivela qualche particolare imbarazzante. Rosy stessa racconta del suo flirt da diciannovenne, quindi in piena guerra, con un “ragazzo dagli occhi dolci”. Incomincia a frequentarlo e conosce i suoi amici. Fra questi, un certo Giuseppe, simpatico e spiritoso, che invita la comitiva a casa sua, ad Archi. Uno strano luogo pieno di telecamere di sorveglianza. Con grande stupore Rosy scopre di essere a casa di Peppe De Stefano, figlio di Paolo boss di Archi ucciso dai Condello-Imerti nel 1985, ed erede del padre con la carica di Capocrimine.

Il “ragazzo dagli occhi dolci” fa parte del gruppo di fuoco dei destefaniani in guerra. Forse questo circuito di conoscenze potrebbe spiegare perché il Malaluna ha avuto problemi con la coca ma non con il pizzo. Del resto, il Malaluna non è mai stato di Rosy Canale. Lei si limitava a presiedere un’associazione senza scopo di lucro che gestiva uno dei locali più ricchi di Reggio in un contesto di grande rilassatezza fiscale. Men che meno è di Rosy Canale l’immobile, che adesso ospita una sala di videolotterie e poker elettronico. Lo stabile appartiene a tale Gaetano Tramontano, un gagliardo reggino nato nel 1904 che l’anno prossimo festeggerà i suoi 110 anni, salvo che qualcuno si ricordi di dichiararlo morto e magari riveli al catasto il reale proprietario.

Dopo la sera del Parenti, la tournée di Rosy è andata avanti con lo stesso successo della serata di Milano e un accompagnamento di recensioni entusiastiche. Adesso il giro dei teatri registrerà una pausa ma il danno è fatto. Chi ha pianto in teatro la prossima volta non ci andrà più in teatro e la ‘ndrangheta avrà trovato un mezzo molto più efficace della censura per tornare sotto traccia: creare un finto martire e aspettare che si screditi da solo.