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Arte

Mafia “a cento passi dal Duomo”: Giulio Cavalli fa nomi e cognomi

Nomi e cognomi di personaggi non certo estranei alla mafia. Riferimenti precisi e circostanziati. Manager pubblici e privati, amministratori locali e persino parlamentari. Chi mercoledì sera a San Giuliano Milanese ha assistito a llo spettacolo A cento passi dal Duomo si è reso conto del motivo per cui Giulio Cavalli vive sotto scorta. Davanti al pubblico dell’Ariston l’attore lodigiano mette a nudo un quadro a tinte fosche, ma per nulla surreale: nel Nord la mafia esiste, eccome. Accompagnato dalle note al pianoforte di Gaetano Liguori, Cavalli inizia il suo monologo partendo dall’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli: passando dai misteri che hanno accompagnato la fine di Michele Sindona e Roberto Calvi, la narrazione coinvolge in modo implacabile la nostra storia recente.Cavalli ricorda che negli anni ‘90 al Nord si celebrano ben 10 maxiprocessi di mafia; dunque c’è un fenomeno che non solo esiste, ma è persino in espansione. Eppure «mestizia Moratti decide di abolire la commissione Antimafia nel capoluogo lombardo», lamenta con rabbia e sarcasmo l’attore. Non importa se «Milano è diventata la capitale della ‘ndrangheta», come recita il grido d’allarme (parecchio inascoltato) del magistrato calabrese Vincenzo Macrì, in forza alla Direzione Nazionale Antimafia. Suv, giacca e cravatta, ristoranti di classe: i boss e i loro gregari stanno a cento passi da Palazzo Marino, non di certo con la lupara in mano. Settore? Quello prediletto è l’edilizia, naturalmente. «Ne sa qualcosa….»: quante volte durante la serata viene ripetuta questa frase, prima che venga pronunciato un nome e un cognome. Ciò che lascia basiti è il fatto che non si tratta solo di «uomini d’onore»: del poco lusinghiero elenco fanno parte parecchi amministratori locali del territorio, imprenditori con «le mani in pasta», politici che senza pudore intrecciano rapporti poco limpidi con personaggi altrettanto discutibili. Per chi assiste allo spettacolo è difficile non provare una sensazione di sconcerto, nel momento in cui si realizza che queste persone agiscono impunemente, in modo pressoché invisibile; agiscono e si muovono intorno a noi, magari a capo di un’azienda, o manovrando le leve del potere di qualche ente locale. Collusioni che sono in progressivo aumento nell’hinterland milanese, dove stando al resoconto dell’autore di A cento passi dal Duomo (scritto con Gianni Barbacetto), «si espandono nel ligresteo tappeto di grigio». Particolare ancora più inquietante: «I morti ammazzati ci sono anche in Lombardia; Gomorra è già qui. Il silenzio è complice». Sullo schermo dell’Ariston passano le foto segnaletiche di decine di mafiosi che sono finiti in carcere: i loro nomi hanno segnato le principali attività criminose al Nord. Nel finale Giulio Cavalli ricorda la figura del magistrato Bruno Caccia: il 26 giugno 1983 viene ucciso a Torino, per strada. Quel giorno era senza scorta: stava portando a passeggio il cane. Lo ammazzeranno come tale. La sua colpa? Fu il primo a raccontare i legami tra la ‘Ndrangheta e gli ambienti giudiziari. Ai mandanti dell’omicidio, affiliati alla famiglia Befiore, furono confiscati ingenti beni: uno di questi è “Cascina Caccia”. Porta il nome di chi non è rimasto in silenzio.V. E.

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San Giuliano, lo sberleffo ai boss

A cento passi dal Duomo approda a San Giuliano a pochi chilometri da Milano, da quella città di cui lo spettacolo teatrale scritto e interpretato da Giulio Cavalli racconta legami e connivenze con la mafia. Legami nati e cresciuti in un silenzio assordate, ininterrotto, tra funerali, suicidi (alcuni illustri, come quello di Raul Gardini), sequestri, omicidi. E poi ancora numeri, numeri, numeri, perché la mafia dei “colletti bianchi”, armata non di lupara ma di fucili mascherati da finanziarie e concessioni edilizie, lavora alacremente. Siamo a Milano e parliamo di ‘ndrangheta, dagli anni Settanta ad oggi, dall’omicidio di Ambrosoli all’Expo 2015. Tutto questo accade nell’ultimo testo teatrale scritto e interpretato da Cavalli, che da Lodi ha saputo portare in giro per l’Italia un nuovo teatro civile, documentato, intenso e, ovviamente scomodo. Dopo il successo di Do ut Des, spettacolo teatrale su riti e conviti mafiosi, prodotto dal comune di Lodi e dal comune di Gela, dopo la direzione artistica del Nebiolo di Tavazzano, dopo le tante repliche del fortunato monologo Linate 8 ottobre 2001: la strage, scritto con il giornalista del «Cittadino» Fabrizio Tummolillo, Cavalli torna a parlare di mafia, incurante degli attacchi e delle minacce e di una vita che, da oltre un anno, è sotto scorta. L’attore lodigiano questa sera sarà sul palco del teatro Ariston di San Giuliano con A cento passi dal Duomo (ore 21.15, ingresso 10 euro), nell’ambito della rassegna teatrale “Cibo per la mente” organizzata dal comune del Sudmilano. Con testi dello stesso Cavalli e del giornalista Gianni Barbacetto (direttore di “Omicron”, l’osservatorio milanese sulla criminalità organizzata al Nord e ora in forza anche al «Fatto Quotidiano») e intense musiche di Gaetano Liguori, l’attore lodigiano si concentra sulla presenza delle famiglie mafiose nell’Italia Settentrionale, un fenomeno spesso sottovalutato dalla politica e dai mass media ma da anni denunciato dalla magistratura. Il silenzio cui si accennava all’inizio è quello della città di Milano, dai privati cittadini alle istituzioni, che pare non accorgersi dei traffici mafiosi che si svolgono all’ombra della Madonnnina: Cavalli ricorda durante lo spettacolo che il pm antimafia Vincenzo Macrì nel 2008 disse che «Milano è oggi la vera capitale della ‘ndrangheta».Ma non solo: mafia a Milano significa anche sangue, omicidi, regolamenti di conti. Significa una Gomorra meno appariscente ma non per questo meno importante o meno radicata.«Non è un caso che abbia scelto come compagni di studi e scrittura per i miei spettacoli dei giornalisti, per rispettare e non sprecare un’opportunità difficilmente ripetibile: un palcoscenico che si prenda il lusso di fare luce», dice Cavalli. E infatti, anche questa volta, il suo monologo non ha nulla dell’invettiva o del gioco di parole astratto, ma è una vera e propria orazione civile supportata da dati, documenti e analisi. Il tutto accompagnato dalla musica di Liguori: come afferma lo stesso Cavalli, «una ninna nanna dolce per un risveglio brusco di quella Lombardia che si crede immune dalla mafia».

Francesca Amé

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Chi ha paura del giullare?

di Francesca Meschieri

Giulio Cavalli, talentuoso attore lodigiano, ha scelto il dovere della denuncia delle infiltrazioni mafiose nel nostro tessuto economico. Ora vive sotto scorta, ma non si arrende alla solitudine della legalità. Ci vuole coraggio per fare il soldato, il vigile del fuoco o il supereroe: tutte categorie dichiaratamente minacciate dalla natura stessa del male che combattono. Ma ci vuole coraggio anche per vivere nella solitudine della legalità, nel silenzio della propria coscienza, mentre tutto attorno è paura, minaccia, persecuzione. Ci vuole coraggio, oggi, per dare voce alle tante, troppe storie di Malavita che raccontano di un Paese che fa presto a giudicare, ad elevare o distruggere le opinioni e che altrettanto in fretta dimentica il motivo per cui lo fa, alienando così il concetto di responsabilità collettiva.

Forse non tutti sanno che nell’antichità, quando la libertà di parola era un’eresia e nessuno si sarebbe mai sognato di difenderla, i cosidetti matti (chiamati in gergo popolare giullari) hanno sempre goduto della facoltà di dire cose che ad altri non erano concesse e persino sbeffeggiare il Re e tutta la sua Corte; questo perché alle loro folli parole nessuno avrebbe mai dato alcun credito e la presunta follia li risparmiava dall’ira del potere. Giulio Cavalli è un moderno giullare; un ragazzo di 32 anni come ce ne sono tanti, un talentuoso attore lodigiano che ha deciso di salire sui palcoscenici dei teatri di tutta Italia raccontando quanto la Mafia sia presente nel tessuto economico italiano, non solo al Sud ma soprattutto – e più profondamente – nel Nord delle grandi aziende.

Quando ha deciso di intraprendere la carriera di attore professionista immaginava di trovarsi un giorno braccato e minacciato per ‘colpa’ dei suoi spettacoli?

“Le minacce di morte, così come la scorta, sono una parte tutto sommato marginale del mio lavoro di cui non mi piace parlare, perché distoglie l’attenzione dal vero problema: le cause, i fatti scatenanti che hanno portato a questo. In realtà io sono minacciato da un fenomeno che non esiste, effetto e conseguenza di una realtà ben più desolante e cioè la colpa culturale di analfabetismo che ci circonda e che ha prodotto una sostanziale narcosi culturale, una sorta di normalizzazione dei fatti, che induce l’opinione pubblica a non porsi troppe domande, ma accettare in modo passivo (e quindi colpevole) una realtà che sa di marcio. E’ molto difficile raccontare le brutture del proprio Paese, farsi carico di una responsabilità culturale collettiva, scovare e raccontare le storie dei dimenticati ed è inevitabile che prima o poi, si debba incappare nel dissenso”.

Un conto è il dissenso, ma qui si parla di un rischio per la sua incolumità…

“Io faccio solo il mio mestiere, quello del narratore, del giullare di professione e non mi sento altro che uno strumento nelle mani delle carte processuali, che sono il mio vero copione”.

Spesso il fenomeno mafioso viene letto come qualcosa di inevitabile: quanto incide l’aspetto omertoso sul suo proliferare?

“Direi moltissimo. La Mafia non è altro che una forma politica portata alle estreme conseguenze della sua disonestà: la credibilità le deriva proprio dal silenzio della gente, dalla collusione con lo Stato e le Amministrazioni responsabili di tenere la porta socchiusa, di permettere alla malavita di infiltrarsi; una sorta di solidarietà criminale che, soprattutto nel Nord del Paese, si manifesta con il lavoro, i favori, la cessione degli appalti”.

Insomma non dobbiamo pensare alla mafia come un fenomeno che riguarda soltanto alcuni territori del nostro Paese, ma piuttosto come una piaga che riguarda tutti: pensiamo alle presunte infiltrazioni della ‘Ndrangheta, nei lavori di preparazione dell’ Expo milanese 2015…

“I più grandi boss di Cosa Nostra hanno collusioni ed enormi interessi economici al Nord soprattutto in Lombardia ed Emilia Romagna, regioni ricche e prospere, libere dalla mafia soltanto in apparenza: i giornali, purtroppo anche in questo caso, sono colpevoli di non fare informazione vera, ma solo presunta. Un esempio? L’omicidio di Giovanni di Muro, avvenuto a San Siro qualche settimana fa: i maggiori quotidiani l’hanno liquidato come un delitto per rapina quando invece la realtà è ben diversa e quell’uomo, freddato a colpi di pistola di cui uno dritto al volto e quindi dichiaratamente offensivo, era collaboratore della Mafia e amico di Giuseppe Onorato (il riciclatore della ‘Ndrangheta) e Luigi Bonanno (lo stesso che aveva ricevuto incarico dal boss Salvatore Lo Piccolo di uccidere il latitante Giovanni Nicchi). Perché lo stesso omicidio, se fosse avvenuto a Napoli sarebbe stato attribuito alla Mafia, mentre se accade a Milano si configura come un banale litigio?”.

A cento passi dal Duomo è l’ultimo degli spettacoli che state portando in giro per l’italia: scritto a quattro mani con Gianni Barbacetto, fa parte del progetto della ‘Carovana antimafie’, storie e racconti di malavita, nei territori infestati dalla mafia. Quali sono le reazioni del pubblico?

“In verità è sempre più positiva, la gente comincia a condividere le responsabilità che si assumono persone come me, Saviano e Lucarelli: la denuncia per noi è un dovere, lo è la diffusione della cultura, della bellezza e della giustizia. Attualmente sto preparando un nuovo spettacolo che vuole smuovere le coscienze, raccontando la storia di un senatore a vita indagato, ma la cui condanna, non la nostra memoria, è andata in prescrizione”

Da IMPRENDITORI

http://imprenditori.it/2009/12/09/chi-ha-paura-del-giullare/

PIEVE EMANUELE: chiesta la cittadinanza onoraria per Giulio Cavalli e Roberto Saviano

WWW.BUCCINASCO.NET

Verrà discussa nel prossimo consiglio comunale di Pieve Emanuele (15 Dicembre) la mozione per il conferimento della cittadinanza onoraria a Roberto Saviano e Giulio Cavalli. Di seguito il testo della Mozione: Considerato l’indiscutibile e commendevole impegno profuso da Roberto Saviano e Giulio Cavalli nella denuncia della criminalità organizzata, annosa  e grave piaga del nostro Paese, l’uno attraverso la propria attività di scrittore e giornalista per quanto attiene in particolare gli illeciti della camorra in Campania, l’altro attraverso la propria professione di attore e regista relativamente alle infiltrazioni della ’ndrangheta in Lombardia, ambedue in nome della legalità e a costo della propria stessa sicurezza e della propria libertà (entrambi sono, infatti, costretti ad una vita sotto scorta, a causa delle numerose minacce di morte loro pervenute dalla mafia);tenuto conto che

  • in un Paese civile la lotta alla mafia, la sconfitta della criminalità organizzata e l’affermazione di una cultura della legalità dovrebbero essere impegni fondamentali ed obiettivi primari dello Stato e di tutti governi;
  • a questo scopo occorre dare costanti segnali di ferma e determinata avversione nei confronti di tutte le associazioni mafiose, affinché si ponga un freno alle infiltrazioni delle mafie nella politica e nelle istituzioni e affinché chi denuncia si senta tutelato e non esposto al rischio quotidiano di morte;
  • il Comune di Milano ha deciso nei giorni scorsi di concedere a Roberto Saviano la cittadinanza onoraria


il Consiglio comunale di Pieve Emanuele

conferisce a Roberto Saviano e a Giulio Cavalli la cittadinanza onoraria in riconoscimento dei meriti dimostrati attraverso la coraggiosa denuncia delle attività illecite quotidianamente commesse dalla criminalità organizzata nel nostro Paese ed esprime, in tal modo, la massima solidarietà e la gratitudine collettiva della comunità pievese nei loro confronti.

PARTITO DEMOCRATICO, RIFONDAZIONE COMUNISTA, LA SINISTRA.

http://www.buccinasco.net/dblog/articolo.asp?articolo=797

Rimandato l'incontro con Carlo Lucarelli

Si comunica che a causa di problemi personali siamo costretti a rimandare l’incontro con Carlo Lucarelli e Giulio Cavalli previsto per venerdì 11. La data verrà comunque rimandata alle prossime settimane e verrà comunicata entro breve. Cogliamo l’occasione per esprimere la nostra vicinanza a Carlo.

La voce libera di Giulio Cavalli. Oggi incontro con Luca Telese

La voce libera di Giulio Cavalli. Oggi incontro con Luca Telese Il Caffè Letterario Nuovevoci ha dedicato il primo degli incontri letterari in programma a Giulio Cavalli, giovane scrittore ed attore milanese che per aver ironizzato liberamente su personaggi della criminalità organizzata, vive oggi sotto scorta.
Un ragazzo senza peli sulla lingua Giulio, uno che non teme di sporcarsi la bocca con parole forti e che prima di tutto elogia le forme di comunicazione basate sul contatto. Una comunicazione “stile Caffè letterario” per dirla tutta.
Antonio Manzo e Francesco Bove lo presentano al pubblico ma l’ospite sembra non aver bisogno di accompagnamento.
Racconta come e quando i suoi spettacoli hanno iniziato ad essere “scottanti”e di come sia stato terribilmente facile guadagnarsi le ostilità dei più.
Dichiarandosi poco amante delle classificazioni, ha confessato di come faccia spavento uno Stato in cui si inneggi tanto facilmente all’eroismo.
“La mafia si sconfigge con molto uomini ordinari, non con quelli straordinari”ammonisce. Racconta dei suoi spettacoli, dei suoi viaggi in Sicilia, delle piazze, del pubblico, dell’opinione pubblica così restia a ribellarsi. In parole povere il modus vivendi che appare come normale non lo è affatto, essendo necessario ad oggi il coraggio della denuncia libera e spregiudicata.
La verità è sotto gli occhi di tutti ma pochi ne parlano, pochi lo gridano.
Ancora riflette su quanto sia aberrante la mancanza di solidarietà, la non condivisione delle problematiche sociali all’interno del Paese. Nel Settentrione i più ritengono che Cavalli si sia quasi meritato la scorta e soprattutto che la criminalità organizzata sia una realtà tutta meridionale, nostrana per così dire. E invece la commistione tra politica e mafia è questione nazionale, ferita aperta sanguinante di cui si preferisce non prendere coscienza.
Il pubblico interviene, una magistrato in sala racconta della penosa situazione delle Procure specie in Sicilia e di come sia impensabile immaginare una lotta alla criminalità con uffici quasi vuoti.
Cavalli dunque ha raccontato dell’acqua calda ma lo racconta e questo, a quanto pare, da un certo fastidio in giro. Quello che resta è la forza del sapere, della conoscenza che rende gli uomini liberi, diversi da quelli che scelgono una vita incivile e senza coscienza.
Questa sera invece il Caffè ospiterà Telese, giornalista ideatore di Tetris, programma su la 7 ed autore di “Qualcuno era comunista”. L’appuntamento è alle 19.30 in via Gambardella presso la scuola media Alfieri.
M.B.

DA LO STRILLONE.TV

http://www.lostrillone.tv/legginotizia.asp?idnotizia=2053&idcatnotizia=8&titolo=La%20voce%20libera%20di%20Giulio%20Cavalli.%20Oggi%20incontro%20con%20Luca%20Telese

“Nomi Cognomi ed infami”, nel racconto di Giulio Cavalli a Teatri della Legalità

TEATRO | S.Maria Capua Vetere
– “Nomi Cognomi ed Infami” è il titolo del nuovo spettacolo, scritto ed interpretato da Giulio Cavalli, su musiche composte ed eseguite in scena da Davide Savaré, che debutta in anteprima nazionale mercoledì 2 dicembre (ore 11) al teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nell’ambito del progetto Teatri della Legalità promosso dall’Assessorato Regionale al Lavoro, Formazione ed Istruzione, nell’ambito di Scuole Aperte, per la direzione artistica di Mario Gelardi ed il coordinamento organizzativo di Luigi Marsano de I Teatrini.
Prodotto dalla compagnia Bottega dei Mestieri Teatrali di Lodi, fondata nel 2001 dallo stesso Cavalli, lo spettacolo sarà programmato con ulteriori rappresentazioni giovedì 3 dicembre al Teatro Ariston di Mondragone e venerdì 4 e sabato 5 sarà al P.A.N. di Napoli, sempre alle ore 11 ed ad ingresso gratuito.
Giulio Cavalli, attore, scrittore e regista, considerato una delle voci più autorevoli del teatro di narrazione civile in Italia, torna in scena con una nuova produzione attraverso cui prosegue la sua opera di denuncia delle collusioni e infiltrazioni mafiose nei vari strati della nostra società. Sulla stessa scia del precedente lavoro, intitolato “Do ut Des”, in cui la sua indagine si incentrava sui “riti e conviti mafiosi” e a seguito del quale l’attore e scrittore vive sotto scorta per le minacce di morte ricevute dalla mafia, il discorso si focalizza adesso sugli uomini “normali” , quelli che si ergono a barriera, e che spesso per questo cadono sotto i colpi del fuoco nemico, quelli che loro malgrado diventano protagonisti di storie che ancora ci si ostina a definire “eccezionali” anche se la drammatica frequenza con cui esse si verificano imporrebbe loro un diverso e più ragionevole aggettivo. “Porto in scena – sottolinea l’autore ed interprete – tante storie “eccezionali” che parlano di persone “normali”. O almeno così penso che dovrebbe essere. Porto in scena i fatti, i nomi, le facce di una vita che non ci appartiene, senza onore né dignità, una vita che stride di fronte a quella di persone come Don Peppe Diana, il prete ucciso a Casal di Principe per il suo impegno contro la camorra”. Uno spettacolo che è contemporaneamente racconto, cronaca e discussione “per cercare di fare chiarezza – continua Cavalli – intorno ai fatti che stanno dietro all’omicidio di Paolo Borsellino, ad esempio, o dietro quello del magistrato Bruno Caccia, ucciso a Torino dall’ndrangheta per le sue indagini ‘troppo concentrate’ sulle attività illegali sviluppatesi in Piemonte”. Uno spettacolo costruito per episodi, interviste e ricostruzioni di chi questi fatti li ha davvero vissuti, come i testimoni di giustizia con le storie di Piera Aiello e Rita Atria, o come la vicenda dell’ assassinio mafioso di Giuseppe Fava riletto attraverso gli occhi di suo figlio Claudio. Un percorso che attraversa le tante facce della malavita, anche con l’aiuto di chi quotidianamente la combatte come il magistrato Antonio Ingroia o le associazioni di “comuni cittadini” che semplicemente hanno cominciato a reagire.

Ingresso gratuito. Info: 0810330619; www.iteatrini.it e www.teatridellalegalita.it.

DA CASERTANEWS.IT

http://www.casertanews.it/public/articoli/200912/art_20091202053920.htm

Cavalli a Napoli col suo “Nomi, cognomi e infami”

“Nomi, cognomi e infami” è il titolo del nuovo spettacolo, scritto ed interpretato da Giulio Cavalli, su musiche composte ed eseguite in scena da Davide Savaré, che debutta in anteprima nazionale domani al teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere, nel casertano, nell’ambito del progetto “Teatri della legalità” promosso dall’assessorato regionale della Campania al Lavoro, Formazione e istruzione, per la direzione artistica di Mario Gelardi e il coordinamento organizzativo di Luigi Marsano de I Teatrini. Prodotto dalla compagnia Bottega dei Mestieri teatrali di Lodi, fondata nel 2001 dallo stesso Cavalli, lo spettacolo avrà altre tre repliche a Napoli e Mondragone con ingresso gratuito. Giulio Cavalli, attore, scrittore e regista lodigiano, considerato una delle voci più autorevoli del teatro di narrazione civile in Italia, torna in scena con una nuova produzione attraverso cui prosegue la sua opera di denuncia delle collusioni e infiltrazioni mafiose nei vari strati della società italiana. Il discorso dell’artista che vive sotto scorta per le minacce ricevute dalla mafia si focalizza adesso sugli uomini “normali”, quelli che si ergono a barriera, e che spesso per questo cadono sotto i colpi del fuoco nemico, quelli che loro malgrado diventano protagonisti di storie che ancora ci si ostina a definire eccezionali. «Porto in scena i fatti, i nomi, le facce di una vita che non ci appartiene – dice Cavalli – senza onore né dignità, una vita che stride di fronte a quella di persone come don Peppe Diana, il prete ucciso a Casal di Principe per il suo impegno contro la camorra. Un racconto per cercare di fare chiarezza intorno ai fatti che stanno dietro all’omicidio del magistrato Paolo Borsellino, ad esempio, o dietro quello del magistrato Bruno Caccia, ucciso a Torino dalla ‘ndrangheta per le sue indagini sulle attività illegali sviluppatesi in Piemonte».

DA IL CITTADINO

L’ARTICOLO QUI

ANCHE GLI ARTISTI SOTTO…SCORTA: ARRIVA PIECE TEATRALE A S. MARIA C.V.

SANTA MARIA CAPUA VETERE (Caserta), 1° dicembre 2009 – Giulio Cavalli, ‘artista sotto scorta’ per le sue denunce contro la criminalità, presenta domani in anteprima teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ‘Nomi Cognomi ed Infami’, nell’ambito del progetto Teatri della Legalità promosso dall’assessorato Regionale al Lavoro, Formazione ed Istruzione, per Scuole Aperte, direzione artistica di Mario Gelardi. Nello spettacolo tante storie vere tra le quali quelle di Don Peppe Diana che a Casal di Principe fu ucciso dalla camorra. Prodotto dalla compagnia Bottega dei Mestieri Teatrali di Lodi, fondata nel 2001 dallo stesso Cavalli, lo spettacolo andrà in scena anche giovedì 3 dicembre al Teatro Ariston di Mondragone e venerdì 4 e sabato 5 al P.A.N. di Napoli ad ingresso gratuito. Cavalli, attore, scrittore e regista, considerato una delle voci più autorevoli del teatro di narrazione civile in Italia, torna in scena con una nuova produzione attraverso cui prosegue la sua opera di denuncia delle collusioni e infiltrazioni mafiose nei vari strati della nostra società, sulla stessa scia del precedente lavoro ‘Do ut Des’ in a seguito al quale l’attore e scrittore vive sotto scorta per le minacce di morte ricevute dalla mafia.

DA CASERTA SETTE

http://lnx.casertasette.com/modules.php?name=News&file=article&sid=18250