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La legalità bussa alla porta dei giovani

«UN’INIZIATIVA molto importante che spinge noi giovani ad avere una visione più ampia di cosa rappresenta la legalità: dallo sport, all’informazione alla mafia». Questo il commento a caldo di Matteo Pifferi, studente del liceo scientifico Gandini, che ieri mattina ha seguito uno dei tanti laboratori organizzati in occasione della visita al liceo Gandini e all’Itis Volta della “Carovana Antimafie”. Un’iniziativa che è stata accolta con interesse e entusiasmo da tutti i ragazzi, anche grazie alla varietà dei temi trattati sotto forma di incontri, testimonianze e interviste. «Penso sia fondamentale parlare di legalità e avere una presa di coscienza reale del fenomeno — continua Matteo —. Non si possono ignorare situazioni drammatiche e le parole possono essere di grande aiuto per sconfiggere o almeno limitare il fenomeno. La mafia esiste anche al nord; certo la realtà di Lodi non è paragonabile a quella siciliana, campana o calabrese, ma bisogna comunque essere informati e non disinteressarsi del problema». La soluzione alla diffusione delle cosche mafiose sembra averla Andrea Corsi, di 3a del liceo classico Verri, che dopo aver partecipato ad un incontro con Peppe Castelvecchio, responsabile della comunità “Il Pellicano”, commenta: «Il problema delle droghe s’incastra in un contesto molto vasto che va dall’illegalità al traffico di cartelli mafiosi. Credo che un passo avanti possa essere la legalizzazione della cannabis, da considerare una droga tale e quale all’alcol. La legalità è un’arma contro la mafia e così si taglierebbero le gambe alle diverse cosche che gestiscono il traffico di marijuana e derivati».

DELLO STESSO parere anche Simone Vezzoli, di 5TB: «I rapporti tra giovani e mafia si esplicitano soprattutto nell’acquisto di stupefacenti. Un problema diffuso che si potrebbe sconfiggere legalizzando le droghe leggere. Sarebbe un duro colpo per le mafie». Molti gli aspetti toccati dagli esperti durante questa giornata dedicata alla legalità; l’avvocato Caterina Malvenda ha messo in campo la sua esperienza in tema d’informazione e i ragazzi hanno colto l’opportunità per riflettere su temi d’attualità. «Legalità e informazione sono aspetti che si guardano da vicino — commmenta Roberto Berlucchi di 1A —. L’informazione deve essere a tutto tondo, ma deve in ogni caso tutelare l’individuo. Bisogna tenere a mente che la diffamazione e l’ingiuria non sono strumenti d’informazione. L’incontro di oggi è stato molto utile perché ha affrontato un tema di cui negli ultimi tempi s’è sentito molto parlare». Ma non è stato dimenticato il legame con il territorio e così all’incontro a cui ha partecipato Lucrezia Salvatori della 2B del liceo Verri si è parlato di carcere: «In questo caso il laboratorio ha parlato della realtà carceraria di Lodi. Un incontro che ci ha fatto riflettere. Il carcere rappresenta sì un luogo di detenzione, ma non credo debba essere considerato una punizione, ma semplicemente un luogo rieducativo».

I “COLLEGHI” dell’istituto Itis Volta, invece hanno accolto l’attore Giulio Cavalli, sotto scorta pure in aula magna, che ha parlato dell’ importanza di prendere coscienza di una situazione problematica: «La mafia è un fenomeno che non è soltanto riconducibile a Totò Rina o Tano Badalamenti, la mafia è presente anche nei modi di pensare comuni. È importante che i ragazzi ascoltino per creare così un futuro esercito di grandi pensatori». Non nasconde l’ammirazione per l’attore Luca Boffi: «È stato un incontro speciale che ha aperto gli occhi su una realtà a cui spesso noi giovani non riusciamo a dar attenzione». Gli fa eco Paolo Iovacchini, 5TC: «Giulio è stato molto esaustivo e ci ha messo al corrente di un problema presente al nord come al sud, diverso solo nel modus operandi. Mi ha colpito molto quando Cavalli ha parlato dei ragazzi meridionali che a suo parere non sono più sfortunati di noi. Anzi, vivendo in una realtà dove il problema è più manifesto, sono più preparati».

DA IL GIORNO

http://ilgiorno.ilsole24ore.com/lodi/cronaca/locale/2009/11/11/259193-legalita_bussa_alla_porta_giovani.shtml

«Lei ha tanto coraggio»: Napolitano benedice l’attore “anti cosche”

«Lei ha tanto coraggio»: Napolitano benedice l’attore “anti cosche”

n L’ha accolto nel salone delle Feste, davanti al gotha dello spettacolo. Gli ha stretto la mano calorosamente e ha ascoltato con attenzione la sua storia. Elogi per Giulio Cavalli dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. L’attore e autore lodigiano è salito al Quirinale ieri mattina, per la “Giornata dello Spettacolo”. Dopo la consegna dei premi Eti per il teatro e De Sica per il cinema, il presidente della Repubblica ha ricevuto personalmente Cavalli nel salone delle Feste.È qui che l’attore ha raccontato al Capo dello Stato la sua storia, la genesi del suo primo spettacolo in cui ridicolizza i boss, Do ut des, riti e conviti mafiosi, e l’escalation di intimidazioni dopo la messa in scena. Dalla bara con il suo nome disegnata sulle pareti del Nebiolo alle minacce di morte fino alla tutela fissa ottenuta dal Ministero dell’Interno dopo un anno di paura, lo 27 aprile scorso. Passo dopo passo, l’attore lodigiano ha spiegato a Napolitano la sua condanna a morte da parte delle cosche, arrivata qui, nel Lodigiano. Intimidazioni che sono proseguite anche per il crescente impegno di Cavalli sul tema dell’antimafia, prima con una rubrica radiofonica sul web sulla scorta dell’esperienza di Radio Aut di Peppino Impastato, poi con un secondo spettacolo sull’intreccio mafia-politica in Lombardia, «contro le infiltrazioni locali della ‘ndrangheta negli appalti per la Tav e l’Expo», “A cento passi dal Duomo”, scritto a quattro mani con il giornalista Gianni Barbacetto. Una storia ascoltata con attenzione dal presidente della Repubblica, che si è preoccupato di sapere se l’autore lodigiano «goda di una sufficiente protezione», pregandolo di rivolgersi direttamente al Quirinale per segnalare «eventuali problemi» di tutela. E a Cavalli sono arrivati anche gli elogi del Capo dello Stato «per il coraggio di denunciare» e l’esortazione «a proseguire con il suo lavoro». Nella conversazione con il presidente, Cavalli non si è limitato a parlare del suo lavoro e della vita sotto scorta. È andato oltre toccando il silenzio e l’abbandono della politica e del mondo del teatro e dello spettacolo in genere. «Sia le istituzioni che il mondo teatrale hanno taciuto, a parte la solidarietà personale ricevuta da Paolo Rossi e Dario Fo – ha spiegato Cavalli – . Inoltre, sono praticamente stato escluso dalle circuitazioni teatrali». Non ha taciuto la stampa, secondo l’attore lodigiano, «soprattutto quella locale e “Il Cittadino” in particolare, che ha sempre seguito con attenzione la mia vicenda assumendosi responsabilità e fastidi». «Questo caso resta nell’oscurità alla pari dei tanti episodi di giornalisti che ricevono minacce perché si ostinano a fare il loro dovere e dei quali non ci si fa carico in termini di garanzia per la loro sicurezza – ha detto in merito Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno, l’osservatorio della Federazione Nazionale della stampa italiana sui cronisti minacciati -. Siamo davvero lieti dell’interessamento del presidente Napolitano».Tra le accuse di Giovanna Mezzogiorno alla vanità e al nepotismo, i premi alla carriera alla moglie di Mike Bongiorno, l’annuncio della pace ritrovata tra Massimo Boldi e Christian De Sica, il mondo dello spettacolo si è fermato per un momento per il personalissimo incontro tra il presidente della Repubblica e l’attore lodigiano. «Sapere che la più alta carica dello Stato si è interessata alla mia vicenda è confortante – ha commentato Giulio Cavalli, raggiunto telefonicamente durante il viaggio di ritorno -: sono molto contento perché l’incontro di questa mattina apre un canale diretto, inaugura un rapporto. Durante la nostra conversazione ho notato una sensibilità particolare su questi temi di denuncia civile e gli scriverò come mi ha chiesto». E sul futuro, nonostante l’incontro al Quirinale, assicura: «Continuerò a non prendermi troppo sul serio».

Rossella Mungiello

DA IL CITTADINO L’ARTICOLO QUI



L’attore Cavalli sale al Quirinale
Lunedì sarà ricevuto dal capo dello Stato Napolitano

Tavazzano Udienza dal capo dello Stato per Giulio Cavalli. L’attore lodigiano, anima del teatro Nebiolo di Tavazzano, salirà al Quirinale alle 11 di lunedì, ufficialmente per partecipare alla Giornata dello spettacolo, evento creato per celebrare i vincitori di due importanti premi legati al palcoscenico: il Premio Eti, Gli Olimpionici del teatro 2009 promosso dall’Ente teatrale italiano e dal Teatro stabile del Veneto e il premio De Sica. A festeggiare gli artisti premiati, ci sarà una delegazione in rappresentanza del mondo del teatro, a cui prenderà parte anche l’autore e attore lodigiano. Ma non è escluso che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, voglia affrontare direttamente la vicenda personale che coinvolge Giulio Cavalli, primo attore italiano a vivere sotto scorta in seguito alle ripetute minacce delle cosche per l’attività di denuncia portata avanti con i suoi spettacoli. Il primo a destare l’attenzione della criminalità organizzata era stato “Do ut des, riti e conviti mafiosi”, prodotto dal comune di Lodi e dal comune di Gela, dissacrante pièce sulla vita dell’aspirante picciotto Totò Nessuno. L’intreccio mafia-politica è invece al centro del suo secondo testo, scritto a quattro mani con il giornalista Gianni Barbacetto, in cui l’attore traccia una mappa della criminalità organizzata del profondo Nord, ma lui è stesso a raccontare che i temi scomodi faticano a trovare spazi. «Ovviamente sono molto felice di questa convocazione, l’attenzione della più alta carico dello Stato è un privilegio e potrebbe segnare un’inversione di tendenza rispetto all’anormalità degli ultimi mesi in cui dai palchi più importanti del teatro sono finito in periferia – spiega Cavalli -: il comune di Milano, che mi ha conferito la benemerenza civica davanti a 800 persone per il mio lavoro sulla strage di Linate sul palco del Piccolo, è sparito davanti ai nomi e cognomi di “A cento passi dal Duomo”. Ci sono molti meno teatri a disposizione se dal racconto si passa alla denuncia, a volte anche per nostra scelta». E se quest’attenzione da parte della più importante istituzione dello Stato rifletta anche un sostegno nell’ambiente lodigiano, Cavalli ha le idee chiare. «Se per istituzioni locali intendiamo prefettura, forze dell’ordine e, in fugaci incontri, anche la provincia di Lodi confermo l’attenzione e il sostegno – spiega l’autore – per tutti gli altri non vale lo stesso discorso. Spesso vince il giochetto infame di ritenere che Cavalli abbia avuto benefici economici dalla sua condizione di vita sotto scorta. Non è così. Il mio lavoro è recitare su un palco, ora passo la maggior parte del mio tempo nelle scuole e ai convegni quale portatore di una testimonianza». Rossella Mungiello

DA IL CITTADINO L’ARTICOLO QUI

Napolitano: «Difendiamo la libertà di stampa»

ROMA – «La libertà di espressione sancita dall’articolo 21 della Costituzione è uno dei principi da tener sempre cari, da preservare e far vivere in Italia e ovunque», dice Giorgio Napolitano ricordando il senso più profondo della celebrazione del ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, «spartiacque» della storia europea di importanza analoga a quello tracciato il 9 maggio 1945 dalla caduta della Germania nazista: nell’Est europeo si aprì la strada alle libertà democratiche, come era avvenuto a Roma e a Bonn alla fine della seconda guerra mondiale. Napolitano parla al Quirinale nel Salone dei Corazzieri affollato di gente di cinema e teatro: si celebra la Giornata dello Spettacolo, coronata dall’assegnazione ai vincitori dei Premi Eti-Olimpionici del Teatro e Vittorio De Sica, gente che vive proprio di libertà di espressione. Una libertà che oggi non è minacciata, come una volta, da un regime autoritario, ma da incertezze e discontinuità di finanziamenti e di regolazioni di legge, e a volte dalle minacce della criminalità organizzata. Non a caso, Napolitano ha invitato al Quirinale e ha incontrato dopo la cerimonia Giulio Cavalli, un attore lombardo che da oltre un anno vive sotto corta perché ha osato sbeffeggiare i mafiosi sul palcoscenico e i boss lo hanno minacciato di morte. Napolitano si è fatto raccontare la storia, gli ha stretto la mano e gli ha manifestato solidarietà. Napolitano ha ascoltato, ha raccomandato la difesa della libertà di espressione e ha elogiato il cinema, il teatro, la musica, l’arte italiana.

 

http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=93600

“Il Massimo «pasionario». Appello a Napolitano per salvare lo spettacolo”, di Marcella Ciarnelli

Volti noti. Quelli con tanti anni di carriera alle spalle, quelli con tutta la carriera davanti. Il mondo dello spettacolo al Quirinale in occasione della consegna dei premi Eti per il teatro e De Sica per il cinema. Premio alla memoria a Mike Bongiorno, consegnato alla moglie. Attori, attrici autori in platea. C’era anche Giulio Cavalli, attore che fa teatro civile di denuncia e, minacciato dalla mafia, vive sotto scorta.
E stata un’occasione di festa ma anche il momento di un bilancio che continua ad essere amaro nonostante l’impegno ancora ieri ribadito dal ministro Bondi che ricorda «i nuovi strumenti di incentivazione fiscali»
che avrebbero alleggerito una situazione che resta però difficile.
A Massimo Ranieri, premiato per il teatro e «diplomato oratore di successo » da Napolitano, e a Giovanna Mezzogiorno che ha avuto il riconoscimento per il cinema, è toccato il compito di portavoce del disagio e delle richieste di chi lavora nel mondo dello spettacolo. «Oggi, 9 novembre, nessun teatro sa con certezza l’entità dei finanziamenti che percepirà per l’anno che sta per concludersi » ha detto l’artista napoletano guadagnandosi un lungo e convinto applauso che ha sottolineato anche la richiesta «di una legge per il teatro che manca da decenni e c’è in ogni altro paese d’Europa ». Mentre Giovanna Mezzogiorno ha lanciato l’allarme «sull’eccessiva rincorsa alla visibilità, vanità e nepotismo a scapito della formazione». E a proposito dei finanziamenti pubblici «dovrebbero andare principalmente alle opere prime».
La grande «qualità della produzione artistica italiana» che contribuisce a sviluppare «una grande corrente di simpatia nel mondo verso l’Italia» è stata sottolineata dal presidente Napolitano ancora una volta dalla parte di coloro che svolgono un lavoro in cui la libertà d’espressione «è particolarmente cara». Se il ministro Bondi, che ha annunciato gli Stati generali della cultura e la proclamazione del 27 marzo come giornata del teatro, ha parlato di «primi passi» a proposito dei finanziamenti, il presidente ha fatto capire che un occhio d’attenzione ci sarà sempre da parte sua perché le attese non siano deluse. E abbiano risposte. «Sono sicuro che il governo continuerà il dialogo con voi, sia sulle risorse che servono che su tutto il resto».
Aveva appena ricordato Ranieri, citando Lorca, «la cultura costa molto, ma l’incultura molto di più».

L’Unità, 10 novembre 2009

Spettacolo/ Napolitano incontra Cavalli, attore anti-mafia

Lui si chiama Giulio Cavalli e fa teatro civile di denuncia. E questo gli è costato minacce di morte da parte di diverse famiglie mafiose. Minacce vere, reali come il suo teatro, tanto che da aprile, dopo due anni di tira e molla, ha ottenuto una scorta e vive accompagnato da due ‘angeli con la pistola’. Oggi, per l’incontro annuale con la ‘gente dello spettacolo’, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo ha voluto ospite al Quirinale. Non solo. Al termine della tradizionale cerimonia di premiazione, il presidente si è intrattenuto a lungo con Cavalli, per ascoltare una storia iniziata quasi tre anni fa a Gela, quando il giovane autore, regista e attore mise in scena, con alcuni magistrati e giornalisti siciliani, una piece composta da stralci di intercettazioni ambientali finite in processi per mafia e da alcuni pizzini di Bernardo Provenzano. Il tutto, spiega Cavalli, “in chiave comica, ma riprendendo anche la lezione di Peppino Impastato”. Il progetto ebbe successo, ma per Cavalli, una volta rientrato a Lodi, cominciarono le minacce, che andarono moltiplicandosi quando cavalli mise in scena uno spettacolo sulle infiltrazioni mafiose negli appalti in Lombardia. Alla fine, servizio scorta per l’attore e nuovo spettacolo, stavolta realizzato in collaborazione con Libera, l’associazione per la lotta alle mafie di Don Luigi Ciotti. Oggi, infine, l’appuntamento al Quirinale, con Napolitano, sensibile com’è al tema della denuncia civile, molto interessato a questa storia. Il presidente, durante il colloquio con l’attore, ha avuto parole di elogio “per il coraggio di denunciare” e a esortato Cavalli “a proseguire con il suo lavoro”. L’attore, però, ha denunciato una sorta di ‘abbandono’ da parte del mondo del teatro e in generale dello spettacolo di chi, come lui, fa teatro-denuncia e a volte si trova esposto, al pari di giornalisti, scrittori e magistrati, esposto alle vendette delle cosche. All’allarme di Cavalli di è associato anche il direttore di Ossigeno, l’osservatorio della Fsni sui giornalisti minacciati e sulle notizie oscurate con la violenza, Alberto Spampinato. “Ci sono troppi casi come quello di Cavalli – ha detto Spampinato – e di altri autori e giornalisti che vengono lasciati troppo soli”.

Napolitano incontra l'attore Giulio Cavalli

9 novembre 2009
Roma.
Giorgio Napolitano ha invitato al Quirinale Giulio Cavalli, l’attore teatrale di Lodi minacciato di morte dalla mafia, che vive sotto scorta da oltre un anno.

Il presidente della Repubblica si è fatto raccontare la sua storia, gli ha stretto calorosamente la mano e gli ha chiesto di tenerlo informato sulle misure adottate per assicurare la sua sicurezza personale. L’incontro è avvenuto nel Salone delle Feste, dopo la cerimonia ufficiale per la consegna dei premi ETI e De Sica a esponenti del mondo del teatro e del cinema. “Sono lieto e onorato dell’interessamento del capo dello Stato. Spero che serva a richiamare l’attenzione del mondo teatrale e dell’informazione, e a dare alla mia vicenda maggior visibilità, perché ciò renderebbe più sicuro il mio lavoro”, commenta Giulio Cavalli, con evidente soddisfazione, prima di ripartire per Lodi. La sua storia è semplice nella sua drammaticità. Nel 2006 su proposta del sindaco di Gela, che era Rosario Crocetta, attualmente parlamentare europeo, mise in scena sulla piazza della città siciliana uno spettacolo in cui ironizzava sui riti e sui capi della mafia, in primis Bernardo Provenzano. Uno spettacolo concepito sulla cifra dell’ironia, della satira e della dissacrazione, sulle orme delle celebri puntate di “Onda pazza”, le trasmissioni radiofoniche diramate da Radio Aut di Cinisi dal giornalista Giuseppe Impastato, assassinato dalla mafia nel 1978, proprio a causa di quella insopportabile dissacrazione, per ordine del boss Gaetano Badalamenti. Cavalli portò lo spettacolo a Palermo, ad Alcamo e altrove, e pochi giorni dopo ricevette le prime minacce di morte. Bare disegnate sui muri. Ordini di tacere. Le minacce furono recapitate in Lombardia, davanti al suo teatro di Lodi e alla sua abitazione. Fu uno shock, ma respinse gli inviti a tacere. Da allora ha continuato a calcare le scene, a prendere in giro la mafia, i suoi uomini e i suoi riti anacronistici. Ha preparato anzi un nuovo spettacolo in cui racconta la penetrazione della criminalità organizzata nella sua Lombardia (domenica lo rappresenterà a Buccinasco). Ha continuato, con passione e amarezza, portandosi dietro due agenti di polizia che sorvegliano i suoi spostamenti come angeli custodi. Ha continuato nel disinteresse del mondo del teatro, che tranne rare eccezioni ha ignorato il suo caso. “Ho avuto la solidarietà di Dario Fo, di Paolo Rossi e di altri ma – racconta con amarezza – per tutti gli altri è come se non esistessi. A volte mi chiedo: com’é possibile? Alcuni dicono, sia pure sottovoce, che faccio queste cose per farmi pubblicità, perché ci guadagno. La verità e che da quando mi occupo dei misfatti della mafia le mie occasioni di lavoro sono diminuite”.

ANSA

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/21510/48/

L’APPELLO. L’attore e regista teatrale Giulio Cavalli aderisce alla campagna “Non staccate la luce ai bambini".

Dina Galano

Una recitazione intellettualmente onesta. Un impegno civile nutrito dall’obiettivo di ricostruire l’informazione fedele. Un teatro, meglio dire, «partigiano». Così Giulio Cavalli definisce la propria azione oratoria che, negli anni, ha dato vita a spettacoli contro la mafia, dedicati alle stragi italiane e, ancora, alla denuncia di sfruttamento dei minori. Dall’aprile 2009 i suoi movimenti sono seguiti a vista dagli uomini della scorta, dopo le minacce indirizzate per lo spettacolo Do ut Des, spettacolo teatrale su riti e conviti mafiosi. Oggi, Giulio Cavalli aggiunge la propria firma alla campagna promossa da Terra “Non staccate la luce ai bambini”, nel filo della continuità con il proprio quotidiano impegno sociale.

La morte di Elvis è accaduta in un quartiere di Napoli, in un contesto di povertà. Ritiene si tratti di un problema diffuso solo al Sud?
In questo caso si sono manifestati tutti i danni di un federalismo incitato, sollecitato e finito per sbrodolare, nelle sue conseguenze drammatiche, sull’intera società. Con questo approccio, infatti, si è arrivati ad avallare un diritto a non esercitare alcuna solidarietà. Le popolazioni sono trattate alla stregua di primitivi gruppi autoctoni, confinati in una quotidiana lotta per la sopravvivenza.

Lo spettacolo Bambini a dondolo racconta storie di abusi sui minori. Perché questa scelta?
I dati ufficiali, che sono sempre sottostimati, contano 80mila italiani che praticano turismo sessuale all’estero. Il 5 per cento di loro parte volutamente con l’idea di far sesso con minori. Esiste un’intera popolazione che sceglie questo genere di vacanza, e che, per il resto dell’anno, vive uno status di normalità in Italia. Chi abusa di un minore torna con una macchia che non si può lavar via. E su questo bisogna interrogarsi.

Che ruolo gioca il teatro nell’educazione dei giovani?
Il palcoscenico è uno dei pochi luoghi veramente liberi, in cui l’uso della parola non è sottoposto a controlli esterni. I bambini sono più capaci degli adulti di ascoltare. Si teme sempre di poterli sporcare, di corromperli. Ma la reazione di un bambino di fronte a temi difficili, come la criminalità organizzata, è sempre di meraviglia. Non è mai sdegno o idealismo.

Da cittadino, come giudica la tutela dei minori in Italia?
Abbiamo una Carta di diritti, un Osservatorio che controlla la sua applicazione e commissioni che monitorano i controllori. Il diritto all’infanzia, nel nostro Paese, non è un diritto naturale.

DA TERRA

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Lecco: il 13 teatro civile contro la mafia

“A CENTO PASSI DAL DUOMO”
(lo spettacolo di teatro civile contro la mafia)
GIULIO CAVALLI sarà a Lecco venerdì 13 novembre,
ore 21, presso l`Officina della Musica.

“La mafia non esiste”. Figurarsi al Nord. “La mafia a Milano non esiste”. Non è mai esistita.
“E` tutta una montatura per screditare il ricco, produttivo, avanzato, civile, Nord Italia”.

C`è un`altra Italia che, fortunatamente, alle menzogne non s`è ancora piegata.
C`è un ragazzo di Lodi, di mestiere fa l`attore, che si chiama Giulio Cavalli.
Ha avuto una pessima idea: parlare di mafia nei suoi spettacoli (oltreché del disastro di Linate).
“Che gli attori facciano gli attori”, gli contestano i tutori dell`omertà.
Lui invece s`è convinto che il teatro possa e debba parlare di temi spesso “dimenticati” da politici, giornali e televisioni.
E così s`è permesso di parlare di mafia. Non solo (sfacciato!): addirittura di mafia a Milano.
Di quella Milano “da bere” che fin dagli anni `50 conobbe infiltrazioni mafiose nel mondo dell`economia, della finanza, della società, della cultura.
Eppure a parlarne, secondo i camerieri della disinformazione, non si fa che “screditare” i milanesi, i lodigiani, i lecchesi. Si manca di rispetto.

Molto meglio il silenzio.
Quello stesso silenzio che fa di Milano (e del Nord Italia) il nuovo centro operativo delle mafie.
Specialmente della `Ndrangheta.

Ospite della Carovana Antimafie, GIULIO CAVALLI porterà in scena lo spettacolo “A CENTO PASSI DAL DUOMO”, scritto insieme al giornalista Gianni Barbacetto.
Una fotografia lucida che ritrae la distratta Milano dall`assassinio di Giorgio Ambrosoli arrivando fino ad Expo 2015.
Perché a Milano la mafia c`è da un bel pezzo.

Per info/prevendite riguardanti lo spettacolo contattare:
lecco@arci.it – duccio4@gmail.com
Il prezzo del biglietto è di 5 euro!

La `Ndrangheta non ammorba soltanto Milano. La nostra città, Lecco, è anch`essa crocevia di traffici di droga, di armi, nonché roccaforte della famiglia calabrese dei Trovato, imparentata con i potentissimi De Stefano di Reggio Calabria.
Nonostante le inchieste della magistratura, le sentenze e gli ergastoli, la `Ndrangheta a Lecco (come nel resto del Nord Italia) continua a rigenerarsi senza sosta, grazie, soprattutto, al profondo legame di sangue che lega i componenti delle cosche.
Purtroppo però, senza l`apporto decisivo di una parte non ininfluente della classe imprenditoriale “pulita” lecchese e la presenza di un deserto culturale colpevolmente creato da istituzioni assenti, tale fenomeno non avrebbe mai potuto raggiungere un simile livello di forza e potere di pressione.
La consapevolezza del tessuto sociale sul tema dell`infiltrazione mafiosa è importante tanto quanto una sentenza di tribunale.
L`omertà e la sottovalutazione del fenomeno sono l`ossigeno di cui gli `ndranghetisti necessitano.

Parlare di mafia significa non restare indifferenti.

“Milano è la vera capitale della `Ndrangheta”
Vincenzo Macrì, Pm antimafia, estate 2008

Carovana Antimafie – gruppo di Lecco

DA MERATEONLINE

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Parla il sindacato dei giornalisti «Minacce a Cavalli, serve più solidarietà»

«Come mai a Lodi e a Milano, città gelose della propria libertà, i cittadini, i circoli e le istituzioni hanno “lasciato correre” una cosa così grave? Cosa significa questo silenzio assordante?». E il silenzio, se si tratta della vicenda di Giulio Cavalli, l’attore e autore lodigiano «minacciato di morte dalla mafia per aver preso in giro Bernardo Provenzano in alcuni spettacoli in piazza in Sicilia e in Lombardia», pesa. Parola di Alberto Spampinato, quirinalista dell’Ansa, consigliere nazionale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il sindacato dei giornalisti.Il giornalista è intervenuto sulla vicenda di Giulio Cavalli come direttore di Ossigeno per l’Informazione, nell’ambito dell’Osservatorio Fnsi sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza. «Com’è che i giornali, tranne rare eccezioni, non parlano di questa storia dell’attore lodigiano Giulio Cavalli minacciato di morte della mafia? Come mai il mondo del teatro non dice una parola su un attore che da un anno è costretto a girare con la scorta?» è la domanda che apre l’intervento di Spampinato. Ma il giornalista si spinge oltre e parla anche di “paura” e “rassegnazione” che portano inevitabilmente all’isolamento di una vittima dell’ingiustizia.«Questa vicenda dovrebbe produrre solidarietà, sostegno e protezione di una voce libera e coraggiosa – ha aggiunto Spampinato -; molti italiani pensano che in questa storia se c’è uno che ha sbagliato, è Giulio Cavalli, che usando una formula molto usata “se l’è cercata”». Il consigliere della Fnsi parla anche degli effetti del condizionamento mafioso al nord, in cui ora vige la stessa regola del silenzio che stabilisce che «un attore, uno scrittore, un giornalista per vivere tranquillo non deve mai comportarsi come Giulio, né come quell’altro matto di Roberto Saviano, né come quei cronisti scriteriati alla Lirio Abbate, Rosaria Capacchione e via elencando. No, chi vuole vivere senza minacce di morte o di altre rappresaglie può farlo semplicemente attenendosi alla regola di parlar d’altro e fingere che la mafia non esista». Una regola comoda e fin troppo facile da rispettare, «per questo abbraccio Giulio Cavalli, Roberto Saviano e tutti i matti come loro».R.M.

DA IL CITTADINO

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COMUNICATO STAMPA osservatorio FNSI-Ordine dei Giornalisti sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza

SE LA MAFIA TOGLIE LA PAROLA A UN ATTORE E TUTTI TACCIONO

Com’è che i giornali, tranne rare eccezioni, non parlano di questa storia, dell’attore lodigiano Giulio Cavalli minacciato di morte dalla mafia per aver preso in giro Bernardo Provenzano in alcuni spettacoli in piazza in Sicilia e in Lombardia? Come mai il mondo del teatro non dice una parola su un attore minacciato di morte dalla mafia e da un anno costretto a girare con la scorta armata? Com’é che a Lodi e a Milano, città gelose della propria libertà, i cittadini, i circoli e le istituzioni hanno lasciato correre una cosa così grave? Cosa significa questo silenzio assordante?
Temo che significhi nient’altro che paura e rassegnazione. E’ grave che non si riesca a reagire altrimenti e che tutto ciò, invece di produrre solidarietà, sostegno, protezione collettiva di una voce libera e coraggiosa, produca l’isolamento della vittima di un’ingiustizia. Fatti come questo devono farci riflettere sul punto a cui siamo arrivati, con il condizionamento mafioso, anche nel Nord un tempo tanto orgoglioso di essere immune dagli spregevoli effetti della violenza mafiosa. Anche nel Nord siamo andati molto avanti nel senso dell’acquiescenza e del contagio. Questo silenzio, questa disattenzione può esserci solo perché, purtroppo, molti italiani, (ma soprattutto molti giornalisti, anche del Nord) pensano che in questa storia se c’è uno che ha sbagliato, questi è Giulio Cavalli, il quale, secondo questo modo di pensare e una formula molto usata “se l’è cercata”. Non avrebbe dovuto prendere in giro Bernardo Provenzano, non avrebbe dovuto violare la tacita convenzione del silenzio e dell’autocensura che vige nel nostro libero paese! Che gli costava? La convenzione non scritta, come sappiamo, vale più delle leggi e delle convenzioni universali ed europee dei diritti dell’uomo; stabilisce che un attore, uno scrittore, un giornalista per vivere tranquillo non deve mai comportarsi come Giulio, né come quell’altro matto di Roberto Saviano, né come quei cronisti scriteriati alla Lirio Abbate, Rosaria Capacchione e via elencando… No, chi vuole vivere senza minacce di morte o di altre rappresaglie può farlo  semplicemente attenendosi alla regola di parlar d’altro, di fingere che la mafia e i mafiosi non esistono, e se proprio non può fare a meno di parlare dei boss, dei loro amici corrotti e intrallazisti, deve  parlarne con molto rispetto e senza turbare lo svolgimento dei loro affari. E’ facile, che ci vuole? Ci riescono (quasi) tutti. E’ comodo e fin troppo facile. Proprio per questo noi ammiriamo chi non ci riesce, e perciò io abbraccio forte Giulio Cavalli, Roberto Saviano e tutti i matti come loro che pagano un caro prezzo per dimostrarci che la regola del quieto vivere si può rifiutare, e che l’autocensura è proprio il contrario della libertà di espressione.

Alberto Spampinato – direttore di Ossigeno per l’informazione
osservatorio FNSI-Ordine dei Giornalisti sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza