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bene comune

Basta assurdi egoismi, rendiamo pubblici i brevetti per produrre i vaccini anti-Covid

Se si volesse “restare alti”, come dicono in questi giorni alcuni esponenti politici (che di solito considerano “basso” rispondere alle domande che vengono loro poste), se si volesse davvero dare una “spinta” importante nella battaglia contro la pandemia, se ci fosse la voglia di combattere sul serio “i poteri forti” (quelli che vengono inutilmente evocati per battaglie immaginarie) e se si volesse dimostrare di tenere davvero alla salute pubblica più di ogni altra cosa in questo momento, allora c’è una battaglia già bell’e pronta da inforcare: superare il nodo dei brevetti dei vaccini e accelerare così la produzione e la distribuzione liberandosi dai lacci delle grandi aziende farmaceutiche.

Attenzione, stiamo parlando di un preciso accordo (Trips: Trade Related Intellectual Property Rights) relativo alla proprietà intellettuale dell’Organizzazione mondiale del commercio, che scrive nero su bianco come i governi possano in situazione di emergenza sanitaria (e non è questa l’emergenza sanitaria del secolo?) permettere anche ad aziende non detentrici del brevetto di produrre versioni generiche equivalenti dei farmaci pagando un’opportuna royalty all’azienda della proprietà intellettuale.

Lo stesso Carlo Cottarelli ieri, ospite da Fabio Fazio, ha chiesto uno “sforzo di guerra” per aumentare la produzione mettendo “più risorse per produrre i vaccini superando gli attuali vincoli di produzione”.

Sarebbe uno sforzo diplomatico, certo, ed economico. Ma forse varrebbe la pena, di fronte alla previsione che l’Italia per la pandemia perderà più o meno 300 miliardi di euro Pil nel biennio 2020-2021 a causa della pandemia.

Già a dicembre Medici Senza Frontiere esortava tutti i Paesi a raggiungere un accordo sulla proposta di India e Sudafrica di sospendere la proprietà intellettuale sui prodotti salvavita in pandemia. Qualche giorno fa il farmacologo Silvio Garattini in un’intervista a Il Mattino ha dichiarato che “se ci sono ragioni importanti di salute pubblica gli Stati possono chiedere o pretendere la licenza del farmaco per produrlo in grosse quantità”.

“L’Italia, l’Europa possono chiederlo. In un momento di grandi difficoltà bisognerebbe avere il coraggio di abolire i brevetti sui farmaci salva-vita come i vaccini”, ha detto Garattini.

Tra l’altro c’è da considerare che la ricerca che ci ha portato ad avere i vaccini in così breve tempo è stata possibile anche grazie alle ingenti risorse pubbliche e ai finanziamenti filantropici.

Nei giorni scorsi in Italia 43 associazioni (tra cui Acli, Arci, Cgil, Cisl, Uil, Emergency, Libera e altri) hanno dato vita al Comitato Italiano per l’Iniziativa Cittadini Europei “Per il diritto alla cura, nessun profitto sulla pandemia”, che chiede una immediata moratoria sui brevetti e la messa a disposizione di tutti dei vaccini quale bene comune.

“C’è ragione di essere in allarme”, scrive il comitato. “Con lo strapotere delle grandi aziende farmaceutiche, padrone dei brevetti per 20 anni, fonte di guadagni miliardari, e con l’attuale sistema di accordi commerciali, c’è il rischio di ‘tagliare fuori’ dalle vaccinazioni, interi Paesi e Continenti ‘poveri e incapienti’, con un rischio gravissimo per la salute mondiale”. La battaglia è qui, pronta. Ora non resta che avere il coraggio di farsene carico.

Leggi anche: 1. Il 14% dei Paesi ricchi avrà il 53% delle dosi di vaccino: la bomba sociale che l’Europa finge di non vedere / 2. I vaccini no-profit di Cuba che salveranno i Paesi in via di sviluppo

L’articolo proviene da TPI.it qui

Acqua pubblica, ma #davvero

Un appello (che mi vede favorevole, ovviamente) da firmare, sostenere e fare girare. Ambrosoli incluso. Ma #davvero:

oe-farahani29APPELLO AI CANDIDATI ALLE ELEZIONI REGIONALI DELLA LOMBARDIA PER UNA NUOVA LEGGE REGIONALE SULL’ACQUA E SUL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO  

La Regione Lombardia si appresta a scegliere il suo nuovo Presidente e ad intraprendere un nuovo modello di  governo regionale. In un momento in cui la crisi finanziaria mette a dura prova la stabilità ed il ruolo degli Enti Locali,  troppo spesso i governi, invece di proporre strategie di rilancio dell’economia e della società, hanno proposto la  svendita dei beni comuni, allontanandosi dalle scelte espresse con i Referendum del 2011 contro la mercificazione  e privatizzazione dei servizi pubblici locali e in particolare del servizio idrico. La richiesta di rispettare le scelte  referendarie, portata avanti dal Comitato promotore e dal Forum dei Movimenti dell’acqua, si è dovuta brutalmente  confrontare con lo svuotamento messo in atto dai poteri politici ed economici che hanno contrastato l’autonomia  degli Enti Locali e contraddetto la volontà espressa da 27 milioni di cittadini italiani.  Anche lo scenario post-referendario di Regione Lombardia si è caratterizzato per forti negatività in materia di  legislazione sui servizi pubblici locali e su quello idrico in particolare. La legge sui servizi pubblici locali vigente, già  falcidiata dall’abolizione referendaria dell’art.23bis e in seguito dichiarata incostituzionale in alcune sue parti, va  rivista complessivamente nel suo impianto. I modelli gestionali devono essere revisionati in funzione della gestione  territoriale della risorsa, l’identificazione degli ambiti territoriali di riferimento va riformulata, ed è necessario mettere  in atto politiche di investimenti per prevenire i cambiamenti climatici, migliorare lo stato dell’ambiente e delle risorse  idriche locali che, secondo le ultime stime dell’Agenzia europea dell’ambiente, non godono certo di buona salute.  L’insieme di queste constatazioni, associato alla volontà espressa dai cittadini lombardi con i Referendum in  particolare per quanto attiene la gestione del servizio idrico, al pronunciamento della Corte Costituzionale rispetto al  ruolo degli Enti Locali, alla delega alle Regioni per la riorganizzazione delle Autorità d’Ambito e al riordino delle  Province, evidenzia l’urgenza per la Regione Lombardia di mettere mano ad una profonda revisione del quadro  legislativo regionale in tema di servizi pubblici locali.  I principi alla base di una nuova legislazione devono a nostro parere essere:  – Il riconoscimento dell’accesso all’acqua quale diritto umano da garantire ad ogni cittadino (già affermato nell’art.  41 legge regionale 26/2003), stabilendo una quantità minima garantita a carico della fiscalità regionale (in  assenza di analogo provvedimento nazionale) e la tutela del patrimonio idrico come bene comune pubblico  inalienabile a tutela delle future generazioni, gestito al di fuori delle regole del mercato.  – La salvaguardia ambientale delle risorse idriche disponibili, a tutela della qualità e della disponibilità dell’acqua  per uso umano, preminente rispetto agli usi industriali e agricoli.  – La partecipazione dei cittadini e dei lavoratori al governo e alla gestione del servizio idrico integrato, sia negli  organi regionali che in quelli territoriali (bacini).  – La promozione (anche finanziaria) di nuove forme di gestione del servizio idrico su base cooperativa e di  «economia sociale» nei territori regionali, nonché di progetti di cooperazione e solidarietà internazionale volti a  garantire l’accesso all’acqua nelle aree più povere del pianeta.  – Un governo delle relazioni tra acqua, agricoltura/cibo, salute ed energia, ispirato all’obiettivo di concretizzare il  diritto alla vita e la sicurezza collettiva a livello locale e alla salvaguardia del bene comune acqua.  Alla luce di quanto sopra, il Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati Acqua Pubblica  chiede ai candidati alla Presidenza della Regione Lombardia ed alle forze politiche che li sostengono:  

1) Di assumere come impegno dei primi cento giorni la formulazione di una legge regionale specifica sul governo  e la gestione delle risorse idriche e dell’intero ciclo dell’acqua per tutti gli usi, evitando qualsiasi tentativo di  mercificazione della risorsa e di privatizzazione della gestione.  Inoltre e in particolare rispetto al Servizio Idrico Integrato (S.I.I.), si chiede che:  

2) Il S.I.I., inteso quale insieme delle attività di captazione, adduzione e distribuzione di acqua a usi civili, fognatura  e depurazione delle acque reflue, sia classificato come un servizio pubblico locale di interesse generale,  privo di rilevanza economica.  

3) Il S.I.I. sia organizzato sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO) corrispondenti ai bacini idrografici.  

4) Le province, i Comuni e la Città metropolitana organizzino il S.I.I. affidandone la gestione, per ciascun bacino,  a soggetti di diritto pubblico, in conformità con i principi riconosciuti dalla giurisprudenza comunitaria.  

5) La gestione del S.I.I. sia ispirata a promuovere il risparmio idrico e l’uso dell’acqua di rubinetto da bere.  

6) Si adottino politiche urbanistiche volte a promuovere la riconciliazione tra i cittadini e l’acqua, facendo della  gestione partecipata del ciclo dell’acqua un contesto di promozione e di governo dei beni comuni e del vivere  insieme.  

Chiediamo ad ogni candidato di rispondere (email: info@contrattoacqua.it) al presente Appello, esprimendosi (favorevole  / non favorevole) rispetto ad ognuno dei sei punti sopra indicati ed eventualmente aggiungendo brevi commenti.  

Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati Acqua Pubblica  Milano, 20 gennaio 2013

Tre leggi per cambiare l’Italia

Le propone MoveOn Italia

COSTRUIRE uniti la realizzazione di un assetto democratico del nostro Paese da votare nel prossimo Parlamento per non subire mai più.

MoveOn Italia – Muoviti Italia, insieme ai cittadini, spinge perché il prossimo Parlamento approvi 3 Leggi per rendere più libera l’Italia:
– Riforma “La Rai ai cittadini”
– Legge Conflitto di Interessi
– Antitrust

La Riforma “La Rai ai cittadini” nasce perché la TV condiziona e manipola il mondo, la pubblicità muove le volontà della maggioranza dei cittadini e la loro apparente soddisfazione. Una ricerca Istituzionale ha dimostrato che, nonostante la diffusione di Internet,  il tg1 e il tg5 condizionano il voto del 60% della popolazione italiana.

L’impegno è di far aderire alla proposta i cittadini, i movimenti, le associazioni! Pierluigi Bersani, Antonio Di Pietro e Nichi Vendola hanno già aderito, facendo in modo di non trovarsi di nuovo nella follia dei progressisti divisi alle prossime elezioni. Noi cittadini possiamo dare un obiettivo unitario su una proposta che dia più senso alla politica del bene comune.
‎- Far partecipare i cittadini per avvicinare lo Stato e le Istituzioni alla vita sociale
– Impegnare la politica a rispondere con i fatti
– Rinnovare le idee e la politica

Incredibilmente in Italia si andrà alle prossime elezioni politiche, ancora una volta, con un’informazione da Paese semi democratico. L’unica condizione possibile per noi cittadini questa volta dovrà essere l’inderogabile impegno da prendere da parte della politica nel far approvare in tempi brevi, non appena sarà costituito il prossimo Parlamento, queste tre leggi basilari in un sistema democratico.

LIBERIAMO LA RAI DAL TOTALE CONTROLLO DEI PARTITI

“Gli utenti del servizio pubblico, in quanto veri proprietari di un’azienda che finanziano tramite il canone, eleggono direttamente alcuni componenti nel Consiglio per le Comunicazioni audiovisive”

Hanno aderito:
Giulio Cavalli, Tana De Zulueta, Moni Ovadia, Loris Mazzetti, Sabina Guzzanti, Ugo Mattei, Corrado Guzzanti, Francesca Fornario, Carlo Freccero, Lidia Ravera, Corradino Mineo, Lorella Zanardo, Giulia Innocenzi, Roberto Zaccaria, Udo Gumpel, Giovanni Anversa, Michele Gambino, Roberto Natale, Massimo Marnetto, Arturo Di Corinto, Santo Della Volpe, Silvia Bencivelli, Nicola D’Angelo, Maria Luisa Busi, Tiziana Ferrario, Wolfgang Achtner, Carmine Fotia, Vittoria Iacovella, Giuseppe De Marzo, Fabrizio Federici,Sergio Bellucci, Gianni Orlandi, Giulietto Chiesa, Simona Coppini, Federico Lunadei, Grazia Di Michele, Simona Sala, Giuliana Sgrena, Antonella Marrone, Giovanni Mangano, Lorenzo Marsili, Carlo Verna, Giuseppe Giulietti, Vincenzo Vita, Claudio Fava, Carlo Rognoni, Antonello Falomi, Fabio Granata, Giorgio Merlo, Niccolò Rinaldi,Angelo Bonelli, Nichi Vendola, Antonio Di Pietro

Condividono il precorso:
Articolo 21, Usigrai, Libertà e Giustizia, A Sud, Rete Viola, Liberacittadinanza,IndigneRai, Il Popolo Viola, TILT, Alternativa, Il Teatro Valle Occupato, Errori di Stampa, Il Comitato del Sole, Libertà e partecipazione, European Alternatives, Slow Music

Sostiene l’iniziativa:
Stefano Rodotà

QUI TUTTE LE INFORMAZIONI
La Riforma “La Rai ai Cittadini” da spingere nel prossimo Parlamento

http://www.facebook.com/events/410098389007354/

LA RAI AI CITTADINI
5 punti per garantire un bene pubblico

Prendendo ad esempio i modelli di gestione più avanzati in Europa, ma anche le proposte di riforma della Rai tendenti a garantire qualità e autonomia proponiamo in 5 punti una riforma che assicuri non solo la necessaria efficienza aziendale, ma anche l’assoluta indipendenza editoriale del servizio pubblico.

1. Chiediamo il superamento dell’anomalia per la quale l’azionista del servizio pubblico è il Ministero dell’Economia.

2. Al posto della Commissione parlamentare di Vigilanza, chiediamo la costituzione di un Consiglio per le Comunicazioni audiovisive, i cui membri dovrebbero essere in maggioranza nominati dalla società civile (11 su 20). Gli utenti del servizio pubblico, in quanto veri proprietari di un’azienda che finanziano tramite il canone, eleggono direttamente 6 componenti (*). Cinque sono nominati da rappresentanti di settore (sindacati, artisti, autori, accademici, fornitori di contenuti). Dei rimanenti 9 membri, 3 verrebbero eletti dagli enti locali (Regioni-conferenza permanente stati regioni, Province-l’Upi e Comuni-Anci) e 6 nominati dal Parlamento (**).

3. Il Consiglio nomina i vertici della concessionaria del servizio pubblico (il CdA Rai), selezionati mediante concorsi pubblici in base a criteri di professionalità, competenza nel campo radiotelevisivo ed indipendenza. Ad esso sono attribuite competenze di indirizzo e vigilanza.

4. Il Consiglio nomina altresì i componenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, assicurando, anche in questo caso, i criteri della selezione trasparente, dell’indipendenza e del massimo di qualificazione.

5. Il Consiglio si pone al servizio degli utenti Rai, facilitando modalità interattive di controllo e di valutazione e garantendo ai cittadini un uso consapevole e attivo di tutti i media gestiti dal servizio pubblico.

* (Secondo le modalità proposte da Zaccaria, AC 4559)
** (Ipotesi de Zulueta-Giulietti, AC 1460)

Conflitto di Interessi e Antitrust
Congiuntamente e in continuità con la proposta “La RAI ai cittadini”, MoveOn Italia è impegnata nella definizione delle linee guida per iniziative che incidano su due ulteriori temi di vitale importanza democratica:  il conflitto di interessi e l’antitrust. Per garantire la libertà e il pluralismo dell’informazione questa riforma non può infatti prescindere da una netta e chiara separazione, definita per legge, tra l’esercizio del potere politico e la proprietà o la capacità di influenzare i media. E’ altresì necessario fissare limiti di concentrazione che un’unica società dei media sia autorizzata a controllare in uno o più mercati rilevanti.

Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone oppresse e amare quelle che opprimono” Malcom X”

Cambiamo tutti il modo di pensare, proponiamo dal basso con grande entusiasmo e senza interessi personali. I cittadini propongono, le Istituzioni possono diventare aperte. Trasformiamo anche la Tv in un bene comune di tutti. Stiamo invitando i cittadini, i movimenti, le associazioni, i giornalisti e i Parlamentari a confrontarsi e a partecipare.
Inviteremo a seguire e ad impegnarsi in questo percorso riformatore dei cittadini anche dopo l‘incontro del 23 Marzo anche Bersani, Vendola, Di Pietro e i diversi leader.
Ci rivolgeremo anche a Monti e al suo Governo provando inoltre a fare una proposta agli organismi europei sul coinvolgimento degli utenti nel servizio pubblico.

Il MoveOn americano spinse e fece approvare in parlamento la Riforma Sanitaria Pubblica, noi spingiamo la Riforma della Tv Pubblica

Giù le mani dall’acqua e dalla democrazia

Ricevo l’appello. Firmo e vi invito a firmare qui. La nuova legge sull’acqua (in Lombardia per noi e in tutta Italia) è uno snodo che non possiamo permetterci di lasciare passare sotto le mani (e nelle tasche) di chi il referendum non l’ha voluto, l’ha boicottato e ora lo vorrebbe cancellare.

Il 12 e 13 giugno scorsi 26 milioni di donne e uomini hanno votato per l’affermazione dell’acqua come bene comune e diritto umano universale e per la sua gestione partecipativa e senza logiche di profitto.
Le stesse persone hanno votato anche la difesa dei servizi pubblici locali dalle strategie di privatizzazione: una grande e diffusa partecipazione popolare, che si è espressa in ogni territorio, dimostrando la grande vitalità democratica di una società in movimento e la capacità di attivare un nuovo rapporto tra cittadini e Stato attraverso la politica.
Il voto ha posto il nuovo linguaggio dei beni comuni e della partecipazione democratica come base fondamentale di un possibile nuovo modello sociale capace di rispondere alle drammatiche contraddizioni di una crisi economico-finanziaria sociale ed ecologica senza precedenti.
A questa straordinaria esperienza di democrazia il precedente governo Berlusconi ha risposto con un attacco diretto al voto referendario, riproponendo le stesse norme abrogate con l’esclusione solo formale del servizio idrico integrato.
Adesso, utilizzando come espediente la precipitazione della crisi economico-finanziaria e del debitoil Governo guidato da Mario Monti si appresta a replicare ed approfondire tale attacco attraverso un decreto quadro sulle strategie di liberalizzazione che vuole intervenire direttamente anche sull’acqua, forse addirittura in parallelo ad un analogo provvedimento a livello di Unione Europea che segua la falsariga di quanto venne proposto anni addietro con la direttiva Bolkestein. In questo modo si vuole mettere all’angolo l’espressione democratica della maggioranza assoluta del popolo italiano, schiacciare ogni voce critica rispetto alla egemonia delle leggi di mercato ed evitare che il “contagio” si estenda fuori Italia.Noi non ci stiamo. 

L’acqua non è una merce, ma un bene comune che appartiene a tutti gli esseri viventi e a nessuno in maniera esclusiva, e tanto meno può essere affidata in gestione al mercato.
I beni comuni sono l’humus del legame sociale fra le persone e non merci per la speculazione finanziaria.
Ma sorge, a questo punto, una enorme e fondamentale questione che riguarda la democrazia: nessuna “esigenza” di qualsivoglia mercato può impunemente violare l’esito di una consultazione democratica, garantita dalla Costituzione, nella quale si è espressa senza equivoci la maggioranza assoluta del popolo italiano.

Chiediamo con determinazione al governo Monti di interrompere da subito la strada intrapresa.
Chiediamo a tutti i partiti, a tutte le forze sociali e sindacali di prendere immediata posizione per il rispetto del voto democratico del popolo italiano.
Chiediamo alle donne e agli uomini di questo paese di sottoscrivere questo appello e di prepararsi alla mobilitazione per la difesa del voto referendario.

Oggi più che mai, si scrive acqua e si legge democrazia.

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/index.php?option=com_petitions&view=petition&id=181&Itemid=111 

La legge sull’acqua di Regione Lombardia è illegittima, lo dice la Corte

Ricevo da Roberto Fumagalli. Adesso tocca a noi, subito, in commissione.
Salve, con sentenza di oggi (venerdì 25.11.2011) la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di parte della Legge Regionale della Lombardia sull’acqua.
Per la precisione la Corte ha bocciato parte dell’art. 49 della L.R. n. 26/2003 (così come modificata dalla L.R. n. 21/2010, che i Comitati avevano duramente contestato), che riguarda gli affidamenti del servizio idrico. La Legge lombarda contiene almeno 2 pesanti storture che chiediamo di modificare al più presto:
– contiene ancora il riferimento al Decreto Ronchi (art. 23 bis, che obbliga a privatizzare l’acqua), che non esiste più poiché abrogato dal Referendum (!);
– espropria i Comuni dalla titolarità del servizio idrico, che viene assegnata alle Province, sopprimendo le A.ATO sostituite con un fantomatico Ufficio d’Ambito provinciale.
Nelle scorse settimane il Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l’Acqua Pubblica, ha lanciato un Appello per l’acqua pubblica in Lombardia ( www.contrattoacqua.it/public/up//News%202011/Acqua_Lombardia_Appello%202011.pdf ), per chiedere le modifiche alla legge regionale. Ora che la Corte ci ha dato ragione, Formigoni deve cambiare la legge al più presto! Vi invitiamo a sottoscrivere l’Appello, inviando un’email a: info@contrattoacqua.it .

da STAMPO ANTIMAFIOSO: La mafia a Milano esiste

Un partecipatissimo incontro dal titolo “La Mafia a Milano esiste” ha alternato momenti di riflessione a numerosi spunti sul tema del contrasto alla criminalità organizzata a Milano. Il tutto in una (paradossalmente) insolita cornice: Palazzo Marino, sede del Comune di Milano.

di Federico Beltrami

“La mafia a Milano esiste” e a Palazzo Marino lo si dice.

Questo il messaggio lanciato dall’incontro organizzato dal giovane Mattia Calise – attivissimo consigliere comunale del Movimento 5 Stelle – e dal blog “Qualcosa di Sinistra” nella sede del Comune meneghino, che ha ospitato alcuni dei volti più tenaci dell’antimafia lombarda.

Fa effetto sentire il giornalista calabrese Biagio Simonetta snocciolare nomi, dati e numeri sulla presenza – «il termine infiltrazione è ormai riduttivo» – della ‘ndrangheta nel milanese sotto gli imponenti busti di Marte e Minerva della splendida Sala Alessi. La stessa che, per anni, ha ospitato il Pillitteri della mafia che “a Milano è solo una favola” e la Moratti del “milanese onesto e per bene” che non può cedere alla prepotenza dei clan.
Fa effetto anche pensare che questo sia avvenuto solo oggi, nonostante – come ricorda il Pm Francesco Greco – “Milano sia la città in cui tutte le mafie hanno prosperato dagli anni ’50 in poi. La città di Calvi e Sindona, la città che, negli anni ’80, aveva il più alto numero di omicidi di mafia e il più alto numero di detenuti per mafia”.

Oggi, però, sulla scorta delle indagini della magistratura e dell’impegno della nuova amministrazione, si respira un’aria nuova in città, ricca di quel “pathos e di quella consapevolezza civile che innesca la voglia di reagire dei cittadini”, come sottolinea il Professor Nando dalla Chiesa, presidente del nascente Comitato di esperti che affiancherà il sindaco Pisapia e la Commissione consiliare antimafia del Comuna di Milano nel contrasto alla criminalità organizzata.

L’entusiasmo, sia chiaro, non deve lasciare spazio alle facili illusioni: i clan calabresi “sono partiti 20 anni fa alla conquista della Lombardia, colonizzando interi comuni della periferia milanese. Per questo, adesso, dobbiamo correre più di loro: dobbiamo essere noi a far sì che quei Comuni vengano colonizzati dagli antimafiosi, dobbiamo prenderci un supplemento di responsabilità tale da coprire le mancanze di questi ultimi anni da parte di governo e istituzioni”.

Insomma, non ci si può più permettere di ignorare il fenomeno: “oggi chi non sa è colluso”, ricorda Giulio Cavalli, il consigliere regionale minacciato dai clan, citando Ilda Boccassini. “Lo dice anche l’articolo 4 della Costituzione che l’indifferenza è incostituzionale, e noi siamo pieni di politici che incontrano ma non sanno”. “Le leggi – continua Cavalli – vanno usate e osate: non è un caso che tutte le più importanti leggi antimafia, apparentemente impensabili, siano state accolte come rivoluzionarie”.

In realtà, come osserva l’esperto di normative sugli appalti Ivan Cicconi, “la semplice applicazione e il rispetto delle leggi in vigore rappresenterebbero già uno strumento fondamentale nel contrasto alla criminalità organizzata e al fenomeno del progressivo slittamento dell’economia legale verso l’economia illegale avvenuto negli ultimi 15 anni”. “Tra queste la norma che, obbligando l’appaltatore a indicare, per ciascun subcontratto, il nome del subcontraente, l’oggetto e l’importo del subcontratto, permetterebbe di capire se ci si trovi effettivamente di fronte a un subcontratto o se a un subappalto, per il quale sarebbe necessario presentare il certificato antimafia. Oppure la norma che impone il divieto di appaltare lavori pubblici a società con capitale coperto da segreto fiduciario o il cui reale proprietario è sconosciuto. O ancora – conclude Cicconi – la norma che impone l’obbligo di esporre nei cantieri di lavori pubblici il nome dei subcontraenti, dei subappaltatori e dei fornitori che lavorano nel cantiere”.

Ebbene «oggi, al nord, queste semplici norme vengono totalmente disapplicate o ignorate, nel segno di quella logica del “meno so, meglio è” dimostrata dai funzionari pubblici preposti al controllo di legalità». Sul tasto dolente dell’economia e dell’imprenditoria batte anche il Pm Francesco Greco, del Tribunale di Milano. “Sono convinto che la criminalità organizzata sia la componente fondamentale della criminalità economica, che in Italia è ormai una vera e propria emergenza nazionale che ci costa 200 miliardi all’anno. Soldi sottratti al bene comune e di cui oggi avremmo estremo bisogno, ma che non vengono aggrediti in nome di un patto – lo scudo fiscale – fatto con dei criminali. Patto che, come dice la Costituzione, potremmo disattendere, ritassando i capitali scudati”.

Fortunatamente ci sono anche imprenditori come Pino Masciari, cinquantaduenne calabrese sottoposto da quasi 15 anni al programma speciale di protezione riservato ai testimoni di giustizia. La sua colpa? Aver denunciato i suoi estorsori mafiosi – o meglio ‘ndranghetisti – e politici. Una vicenda che Masciari descrive nei suoi lati più drammatici, scagliandosi con genuina rabbia contro i politici e le istituzioni che “con i mafiosi hanno sempre fatto affari” al sud come al nord. L’urlo dell’imprenditore si trasforma in un sorriso amaro: “dopo 20 anni, dopo gli incendi, le intimidazioni e i colpi di lupara ritrovo, qui a Milano, gli stessi nomi dei clan calabresi che denunciai vent’anni fa”.

“Non sono un professionista dell’antimafia – continua Masciari lasciando la sala con il fiato sospeso – non ho scelto tutto questo, mi ci hanno obbligato. Ma – conclude tra le lacrime mentre i presenti gli riservano un tributo commovente– ho fatto la mia parte”.

La serata – moderata dalla bravissima Antonella Mascali, giornalista del “Fatto Quotidiano” – avrebbe dovuto concludersi con una sorpresa: il conferimento della cittadinanza onoraria milanese allo stesso Masciari, che, invece, avverrà solo nei prossimi giorni. In certi casi, la burocrazia, si dimostra davvero inflessibile.

(foto di Marco Carandente)

Un linguaggio comune

Un gran pezzo di Ugo Mattei. Almeno per tornare a parlare di cose serie e per leggere in questo momento politico persone, sigle e informazioni.Un linguaggio nuovo è ciò che riduce ad unità le battaglie politiche di dimensione globale per i beni comuni che oggi si ritrovano in piazza. In Italia di queste battaglie e della produzione di questo linguaggio il manifesto è stato in questi anni protagonista, fino ad essere riconosciuto esso stesso come un bene comune. Queste battaglie, dall’acqua all’Università, dal Valle di Roma al no Tav della Val Susa, dall’opposizione ai Cie ai Gruppi azione risveglio di Catania, sono declinate in modo diverso nei diversi contesti, ma fanno parte di uno stesso decisivo processo costituente. Muta la tattica ed il suo rapporto con la legalità costituita. Resta costante la strategia costituente che immagina la società dei beni comuni. Ovunque si confrontano paradigmi che travolgono la stessa distinzione fra destra e sinistra, consentendo vittorie clamorose come quella referendaria su acqua e nucleare. Il paradigma costituito fondato su un’idea darwinista del mondo che fa della crescita e della concorrenza fra individui o comunità gerarchiche (corporation o Stati) l’essenza del reale. La visione opposta, fondata su un’idea ecologica, comunitaria solidaristica e qualitativa dello sviluppo, può trasformarsi in diritto soltanto con un nuovo processo costituente, capace di liberarsi del positivismo scientifico, politico e giuridico che caratterizza l’ordine costituito da cinque secoli a sostegno del capitalismo che ancora colonizza le menti e i linguaggi. Il modello costituito è sostenuto dalla retorica sullo sviluppo e sui modi di uscita dalla crisi, che i media capitalistici continuano a produrre, nonostante la catastrofica situazione ecologica del nostro pianeta. L’insistenza mediatica è continua e spudorata ma progressivamente meno seducente e le forze costituenti costruiscono nella prassi quotidiana un mondo nuovo e più bello. 

Appello per l’acqua pubblica in Lombardia

Sottoscrivo e vi invito a farlo. In questi giorni stiamo declinando la proposta in atto amministrativo.

APPELLO PER L’ACQUA PUBBLICA IN LOMBARDIA PER LA MODIFICA DELLA LEGGE REGIONALE SUI SERVIZI IDRICI

Con il presente Appello, il Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l’Acqua Pubblica, a nome degli oltre 3 milioni e 700 mila cittadini lombardi (pari a più del 50% degli elettori) che ai Referendum del 12 e 13 giugno 2011 hanno votato Sì all’abrogazione delle norme che imponevano la privatizzazione e garantivano i profitti sulla gestione dei servizi idrici;

CHIEDE

1. al CONSIGLIO della Regione Lombardia di modificare la Legge Regionale n. 26/2003 (così come modificata dalla L.R. 21/2010) per la parte riguardante i servizi idrici, che nel testo vigente prevede l’esproprio delle competenze dei Comuni (attraverso la soppressione delle Autorità d’Ambito territoriale – A.ATO) e la privatizzazione dell’acqua (poiché contiene ancora i riferimenti al Decreto Ronchi, abrogato dal Referendum nazionale, che obbligava a cedere ai privati la gestione dei servizi idrici);

2. agli Amministratori dei COMUNI e delle PROVINCE della Lombardia di fermare le procedure per la costituzione degli Uffici d’Ambito provinciale (in sostituzione delle A.ATO) e di non attivare i processi di riorganizzazione della gestione dei servizi idrici che avviano le gare o predispongono l’ingresso dei privati nelle aziende pubbliche esistenti.

3. ai CITTADINI ed ai COMITATI dell’acqua di monitorare sui territori le decisioni che saranno assunte dai Comuni e dalle Province, rispetto alla gestione dei servizi idrici locali. Se la legge regionale non verrà cambiata al più presto, il rischio è che l’acqua di tutta la Lombardia finisca nelle mani di poche imprese private, italiane o straniere, interessate solo a fare profitto.

Il Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l’Acqua Pubblica formula le seguenti proposte:

salvaguardare la titolarità dei Comuni nel governo dei servizi idrici, prevedendo forme di partecipazione della cittadinanza alle scelte sulla gestione dell’acqua; garantire la gestione totalmente pubblica dei servizi idrici, attraverso l’affidamento ad aziende di diritto pubblico di proprietà dei Comuni; avviare un confronto politico per la riorganizzazione complessiva del servizio idrico, che va ridefinito quale “servizio di interesse pubblico generale, privo di rilevanza economica”, attraverso la valorizzazione dei bacini idrografici esistenti in Lombardia, che devono essere amministrati dai Comuni e affidati in gestione ad aziende di diritto pubblico, garantendo il diritto all’acqua secondo principi di solidarietà. Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia

Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l’Acqua Pubblica

Ottobre 2011

per ADESIONI inviate un’email a: info@contrattoacqua.it

Se il bene è comune, è pubblico

Mi stupisce questa ultima narcolessia intellettuale sulla questione della presunta, paventata e minacciata svendita dei beni pubblici. Mi stupisce come l’ondata lunga dell’antipolitica (intesa come responsabilità sociale: per capirsi la stessa sindrome egoautonomista che la Lega usa così bene per accendere gli acidi gastrici di una parte di elettori) spinga persone che stimo a cavalcare questo ultimo refrain “vendiamo tutto, ripianiamo il debito”. E non credo che sia (come mi suggerisce qualcuno) un momento d’indignazione su cui soprassedere.

La battaglia per il bene comune deve declinarsi in una nuova responsabilità per la cosa pubblica che viene rivendicata dai cittadini: non c’è nulla di diverso nel bene comune che sta nell’acqua, nell’antinuclearismo e in una legge giusta rispetto al bene comune che sta nei beni pubblici o, per usare una parola più sfortunata, nel demanio. Scrive benissimo Salvatore Settis: nell´Italia devastata dal berlusconismo e dal secessionismo leghista, impoverite non sono solo le nuove generazioni, condannate alla disoccupazione o al precariato perpetuo. Impoverito è lo Stato, cioè noi tutti, borseggiati da chi governa il Paese svuotando il nostro portafoglio proprietario di cittadini e i valori di una Costituzione fondata sul bene comune. Questa erosione del patrimonio e dei principi della Repubblica ha preso la forma della rapina. Rapina, letteralmente, a mano armata: armata dei poteri residui dello Stato, cinicamente usati per smontare lo Stato e spartirsi il bottino.