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carmine schiavone

Carmine Schiavone: desecretare e (soprattutto) conoscere

Abbiamo avuto una nuova star televisiva che ha imperversato negli ultimi mesi: Carmine Schiavone. Personaggio perfetto nella sua delirante onnipotenza con cui ci comunicava il favore di essersi pentito pur essendo noi assolutamente inferiori rispetto alla sua grandezza intellettuale. Ci ha dato lezioni di democrazia e di buongoverno dall’alto degli omicidi compiuti o ordinati, ci ha propinato la sua sferzante ironia nei varietà comici di parainformazione e ci ha tenuto a dirci che la “terra dei fuochi” è stata tenuta nascosta. Come succede spesso in queste occasioni sono stati in molti a chiedere la desecretazione dei verbali della sua audizione in Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse e quasi tutti si sono indignati perché volevano conoscere. Sarebbe bello potere sapere quanti l’abbiano letta; cosa ne pensa quell’esercito “civico” pronto alla rivolta degli eventuali “segreti” di cui Schiavone dovrebbe essere detentore. Perché viene il dubbio che noi siamo fatti così: lottiamo per desecretare e poi non leggiamo nemmeno. Nel dubbio, eccola qui.

 

Il Lazio dei fuochi

Molto peggio è andata a don Cesare Boschin, un sacerdote di 81 anni trovato incaprettato e ucciso la mattina del 30 marzo 1995 sul letto della canonica dove stava organizzando i fedeli contro i veleni che ogni notte i camion scaricavano nell’invaso di Borgo Montello e contro l’acquisto a suon di minacce, da parte del clan dei Casalesi, dei terreni circostanti la discarica.   Fu detto che il parroco era stato ucciso per motivi personali, ma non ci ha mai creduto nessuno. Del resto, il pentito Schiavone ha spiegato che «dagli anni ’80 quella discarica era roba nostra: pagavamo decine di soldati, davo loro tre milioni di lire al mese per sorvegliare la zona dal Garigliano fino a Roma». Don Cesare parlava con i contadini, che gli sussurravano dei viaggi che i figli disoccupati effettuavano coi camion di notte verso l’Emilia Romagna e la Toscana: partivano vuoti, tornavano carichi di misteriosi bidoni maleodoranti. E con 500 mila lire in tasca.   Di delitti senza colpevoli in zona se ne ricordano troppi. Mario Maio, avvocato, ucciso il 78 luglio 1990 ad Aprilia. L’avvocato Enzo Mosa, ucciso a Sabaudia il 2 febbraio 1998. In molti sono convinti che a farli morire sia stata la mafia dei rifiuti fuorilegge. Qui, se non muori, te la passi assai male. Ad Antonio Turri, ex poliziotto e ora dirigente dell’associazione Libera, hanno fatto esplodere una bomba davanti all’abitazione. Carla B., 20 anni, aveva montato una tenda nel giardino di casa sua, che sta di fronte alle sette buche maleodoranti della discarica di Borgo Montello. Aveva issato anche striscioni di protesta contro i rifiuti illegali. La Regione Lazio le ha offerto 1400 euro di indennizzo «per il disturbo». Che lei ha rifiutato. «Di notte», ha raccontato, «sentivo il rumore dei bidoni tossici che rotolavano nelle scarpate».

L’articolo è  di ASUD, con Antonio Turri avevamo parlato in una puntata di RadioMafiopoli, per il resto ora si aspetta la “presa di coscienza” laziale, eh.