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cena

Cecilia Strada ha ragione: i negazionisti del Covid non si meritano il servizio sanitario nazionale

No, la questione dei negazionisti che manifestano a Roma contro la dittatura sanitaria, la combriccola di quelli che ci dicono insistentemente che il Covid non esiste, che è tutta un’invenzione, il patetico ritrovo di quelli che vorrebbero abolire l’ordine dei medici e poi ne cercano in fretta e furia uno perché un manifestante viene colto da un malore (un contrappasso da film, roba che nemmeno un drammaturgo riuscirebbe a scrivere così tragicamente comica), non è solo questione di virus, di poteri forti e di complotti orditi da un misterioso ordine mondiale.

Si tratta subito di un attacco frontale al sistema sanitario nazionale, quello stesso sistema che garantisce la cura e la salute esattamente anche a loro, indipendentemente dai loro atteggiamenti irresponsabili e dal loro ammassarsi senza mascherine. L’ha scritto lucidamente Cecilia Strada (che di cure e di salute se ne intende, avendoci dedicato una vita intera): “Ho visto la manifestazione dei negazionisti a Roma. Ammassati, senza mascherine. Non ve lo meritate il Sistema sanitario nazionale. Vi cureranno sempre, ogni paziente ‘con eguale scrupolo e impegno, indipendentemente dai sentimenti che esso mi ispira’, ma non ve lo meritate”. E tanto per bloccare qualsiasi mala interpretazione Cecilia Strada ha anche aggiunto: “Oh, chiariamoci, ché forse sono stata ambigua: non dico che non dovrebbero ricevere cure. Chiunque ha diritto alle cure. Anche se non rispetta chi lo cura e la comunità che lo circonda. In questo senso, ‘non se lo meritano’: perché non lo rispettano, né il SSN, né la comunità”·

Se i negazionisti nostrani credono davvero che l’opera di medici e di infermieri in questi ultimi mesi in Italia sia un’orrida messa in scena per controllare il popolo e se davvero credono che le mascherine non siano dispositivi di protezione ma museruole utilizzate per silenziare la libertà dei cittadini allora ci dicano, se ne prendano la responsabilità, che nel caso in cui si ammalano non si consegneranno nelle mani del nemico ma addirittura rifiuteranno le cure. Non accedano al servizio sanitario che con tanta fatica questo Paese e tutti i suoi cittadini tengono in piedi e si affidino alle cure dei loro falsi profeti. Questo sarebbe coerente. Questo sarebbe normale. Senza poi vederli stipare ospedali (spesso di gran lusso) per combattere il male che non avrebbe dovuto esistere.

Leggi anche: Lettera ai negazionisti: “Venite a Lodi a tenere i vostri comizi davanti a orfani del Covid”

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Tengo famiglia

Il sindaco di Foggia Franco Landella è passato da Forza Italia alla Lega. La decisione è stata presa dopo la mancata candidatura alle elezioni regionali della cognata

Franco Landella è sindaco di Foggia, mica di un paesino minuscolo e sconosciuto, e milita in Forza Italia. Anzi: militava in Forza Italia poiché ha approfittato del passaggio di Matteo Salvini per inscenare una breve conferenza stampa in cui doveva comunicare cose importanti.

Che ha detto? Ha detto che passa alla Lega. Ci sta, se ci pensate. Qualcuno può non essere d’accordo con la linea del suo partito e sentirsi rappresentato molto meglio da qualcuno altro. La politica è ricca di passaggi di casacca e molti rappresentanti politici si sono prodigati nel raccontare cosa non andasse più bene e quali fossero i motivi delle loro nuove convergenze. Ci si aspettava che Franco Landella ci dicesse una cosa qualsiasi, magari che Forza Italia è troppo morbida nelle sue posizioni contro l’Europa oppure che è davvero convinto, come Salvini che l’immigrazione sia il problema principale di questo mondo oppure che sul Mes proprio non riesce a essere d’accordo con le posizioni di Berlusconi. Una cosa qualsiasi.

E invece il sindaco ha emesso un comunicato stampa piuttosto sibillino: “Dopo 26 anni di militanza in Forza Italia sono costretto a lasciare questo partito dopo l’ennesima umiliazione; non posso continuare a subire le angherie di una classe dirigente di Forza Italia che antepone aspetti particolari ai valori della coerenza e della militanza e del consenso. Forza Italia ha favorito l’ingresso dei campioni del trasformismo rispetto alla militanza e al consenso di cui uno con una situazione giudiziaria particolare”.

Cosa avrà voluto dire? Semplice: la decisione è stata presa dopo la mancata candidatura alle elezioni regionali della cognata, la forzista Michaela Di Donna che ha trovato la porta chiusa in tutte le liste del centrodestra compresa Forza Italia. In sostanza il sindaco se ne va perché non hanno candidato la cognata. E in tutto questo c’è anche un partito che se lo prende, un politico così. E viene da pensare che forse al Landella dalle parti della Lega gli abbiano promesso di curare con attenzione il valore della famiglia. Tutto alla luce del sole.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

La discocrazia

È l’immagine di questa destra che si è involuta nel tempo, che è invecchiata male ballando al Billionaire e al Twiga, allo Smaila’s e al Papeete che negli anni hanno voluto trasformare come simbolo di un Paese che esiste solo nelle loro tasche, nelle loro teste e nella loro ristretta cerchia di amicizia che non ha niente a che fare con il mondo reale e nemmeno con la situazione reale.

Se c’è qualcosa di più stupido di quelli che temono di avere in futuro un microchip sotto pelle iniettato con un vaccino allora è sicuramente questa discocrazia che viene proposta, tra l’altro, mica da giovani che reclamano la propria libertà, ma da attempati signorotti della politica, che di politica hanno vissuto e continuano a vivere, che vorrebbero risultare giovanili e invece sono semplicemente patetici. Daniela Santanchè che balla per fare opposizione è una scena da film dell’orrore che tra qualche anno riguarderemo con disgusto.

È la destra che da anni si propone come il partito del “rispetto delle regole” e invece ora vorrebbe crescere nei sondaggi invitando gli altri a non rispettarle. Badate bene: non propone una nuova regolamentazione e non propone nemmeno una soluzione strutturale a un problema strutturale (perché il virus chiede un nuovo paradigma piuttosto che una serie di interventi tardivi e isolati), no, la destra italiana chiede il “diritto di ballare” dimostrando tutta la sua distanza dalla realtà.

Agli elettori della discocrazia non interessa poi nemmeno troppo in fondo ballare, vivono questa battaglia di resistenza culturale perché qualcuno gli dice che si comincia così, vietando i balli, imponendo le mascherine e poi togliendo i diritti civili. E i leader della discocrazia hanno pensato bene che essere liberi significhi praticare la propria libertà di ammassarsi in nome della loro nuova rivoluzione.

Dalla mignottocrazia di Berlusconi alla discocrazia di Meloni e Salvini il passo è stato breve e, se guardate bene, i protagonisti sono sempre gli stessi.

A un mese dall’apertura delle scuole, nel pieno della discussione sul Mes, mentre si dovrebbe discutere di come ripensare il Paese con i soldi che arrivano dall’Europa, qui si continua a discutere da giorni di discoteche. Nell’anno di una pandemia mondiale.

Ma vi sembra normale?

Buon mercoledì.

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Contrordine, sovranisti: ora la mascherina va messa. La ridicola retromarcia di Trump e Salvini

Dice Trump che chi usa la mascherina è un vero patriota. Dice Salvini che bisogna usare la testa (è credibile come un bradipo che ci insegna come correre lesti) e che bisogna mettere la mascherina nei posti chiusi. Contrordine camerati! La mascherina non è più la spada con cui il sovranismo combatte la sua sacra guerra contro l’ordine mondiale e ora di colpo si diventa tutti responsabili. Bellissimi i messaggi disorientati di quelli che hanno creduto al Covid come una messinscena e avevano trovato i loro falsi profeti. Non hanno mica capito che Trump, Salvini e compagnia cantante hanno come arma di propaganda quella di leccare i complotti ma poi non hanno nemmeno il coraggio di cavalcarli davvero, con la faccia tosta di chi ci mette almeno la faccia.

No, Salvini butta l’amo e poi lo ritira subito, giusto in tempo per pescare in superficie i pesci che abboccano. Non hanno idee: sono opinioni omeopatiche che durano il tempo di qualche mi piace su Facebook o di qualche retweet ma poi sono pronti a cambiare fronte se i sondaggi scendono. E così quando i collaboratori del Trump originale e del nostro Trump in versione discount gli hanno fatto notare che con questa storia della mascherina stavano perdendo voti (presumibilmente anche solo quelli dei malati, dei famigliari delle vittime e degli amici dei malati, che nel nord Italia e che negli USA sono numeri considerevoli) allora hanno inforcato la retromarcia. E così il loro bullismo suona ancora più goffo, più stonato, risibile e estremamente pericoloso.

Avere dei leader di partito che come giochetto non fanno nient’altro che dire il contrario di quello che dicono i loro avversari politici li costringerà presto a affermare che il nero è bianco, che gli alberi hanno le ruote e che i tram crescono sotto i cavoli. Un trucco di propaganda talmente banale che li mostra per quello che sono: banalissimi propagatori di bufale che devono far credere che un nemico invisibili giochi tutto il giorno per portarli alla sconfitta.

La retromarcia sulle mascherine è un manifesto politico: prima era tutto un “non usatele, non usatele, viva la libertà” e ora che si sono ammalati gli altri è tutto un correre ai ripari per salvarsi la pelle. Del resto il vero sovranista ha un’unica Patria: se stesso. E per la propria autopreservazione sono disposti a tutto, anche a apparire più ridicoli di quello che sono già stati. E continueranno così finché ci sarà una nuova bufala da cavalcare per fomentare un po’ di gratuita indignazione.

Leggi anche: Lauree in Albania, soldi scudati in Svizzera: quando “serve” la Lega diventa internazionale (di G. Cavalli)

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Orfini a TPI: “Lamorgese non fa la ministra. I flussi di migranti sono gestibili, ma preferiamo finanziare i torturatori libici”

Se c’è una figura nel Partito Democratico che invoca una svolta, quanto alla gestione dei flussi migratori, già dall’epoca di Minniti, si tratta sicuramente di Matteo Orfini. Il tema dei migranti è ormai tornato al centro del dibattito politico, con l’aumento degli sbarchi, Salvini che ha ripreso la sua propaganda a tamburo battente e la maggioranza in pieno stallo, incapace di cambiare rotta. TPI ha intervistato il deputato del Pd per capire quali sono gli scenari futuri e quali decisioni prenderà la maggioranza di governo su una questione non più differibile.

Tre migranti sono stati uccisi dalla Guardia Costiera libica, e non erano passate nemmeno 24 ore dalla manifestazione che si teneva per contestare il rifinanziamento da parte del governo italiano. La notizia tra l’altro non sembra avere nemmeno indignato più di tanto.

Questa purtroppo è la storia di questi mesi, di questi anni. Non è una notizia, succede quasi tutti i giorni e fuori da ogni forma di ipocrisia e di circostanza è la ragione per cui paghiamo la Guardia Costiera libica: trattenere i migranti con ogni strumento e con ogni mezzo mettendo in conto che possono essere chiusi in un lager, torturati, seviziati e anche uccisi. Se tu finanzi torturatori e assassini, quelli torturano e assassinano.

Ci siamo abituati all’orrore?

C’è un’amnesia collettiva di fronte a un qualcosa di enorme che è e sarà una delle pagine più vergognose del nostro Paese nei libri di storia. Tutto questo oggi, purtroppo, non solleva una discussione adeguata nell’opinione pubblica e nella politica.

Ma qual è il blocco che impedisce di cambiare rotta nel governo? L’alleanza con il Movimento 5 Stelle o vogliamo ammettere che c’è anche un serio problema all’interno del Partito Democratico?

È ovvio che c’è un problema anche dentro al Partito Democratico, che per altro è ancora più incomprensibile quando addirittura Minniti è oggi su una linea differente, tanto che nelle ultime interviste ha definito “inapplicabile” quella politica che ha disegnato e concepito nelle ultime interviste. Siamo di fronte a un accanimento incomprensibile da parte della maggioranza e quindi anche del Pd. Questo atteggiamento è figlio della difficoltà a misurarsi con con una strategia radicalmente alternativa e della paura di una battaglia difficile. Mettere in discussione radicalmente quell’impianto significa affrontare uno scontro culturale e politico molto duro nel Paese e in Parlamento. Evidentemente spaventa.

Il Movimento 5 Stelle da questo punto di vista è più coerente: quell’impianto lì l’hanno sempre avuto e sono i coestensori dei decreti sicurezza. Io ricordo sempre che il secondo decreto sicurezza fu peggiorato dagli emendamenti del M5S rivendicati da Di Maio. Loro sono in continuità. È mancata la volontà del PD.

Carmelo Miceli in un’intervista a Il Foglio dice: “Io non ci sto a dire che l’immigrazione non è un problema. E dico anche, con buona pace dei buonisti, che bisogna rimpatriare chi non ha diritto di rimanere in Italia”. Se lo aspettava di sentire la parola “buonisti” usata come roncola da un suo compagno di partito?

Ormai mi aspetto di tutto. Non mi sorprendo più di nulla. Che vada rimpatriato chi non ha diritto mi pare un’evidenza. Il problema è se l’Italia sia in grado di garantire salvataggio nel Mediterraneo, accoglienza dignitosa e un percorso di integrazione. Di questo stiamo parlando: rinunciamo a salvare, paghiamo la Libia per respingimenti che sono illegali, nel momento in cui qualcuno arriva non siamo in grado di gestire l’accoglienza. In queste ore la ministra degli Interni continua a fare dichiarazioni ma non fa la ministra degli Interni: noi siamo di fronte a flussi ampiamente gestibili che diventano un’emergenza perché non c’è un piano.

Che gli sbarchi aumentino d’estate è così da sempre e di solito si dispone un meccanismo adeguato, non si chiudono 600 persone in un tendone sotto al sole in un posto che ne dovrebbe ospitare solo cento. Non è questo il modo. Caricare la pressione solo su alcune comunità locali non è una soluzione. Noi dovremo essere in grado di organizzarci, vedere chi ha diritto di restare e chi no e mettere in campo un processo di integrazione e invece tutto questo è stato smontato in larga parte dai decreti sicurezza e non c’è stato nessun tentativo di ricostruire un meccanismo complessivo.

Ma come può cambiare la linea del PD? Con la vittoria di una corrente interna, visto che la pressione degli elettori non sembra funzionare?

Io penso che servano entrambe le cose: deve crescere una battaglia interna nel Pd che si deve incrociare con una mobilitazione nel Paese. È chiaro che noi abbiamo perso. Il voto sulla Guardia Costiera libica è una sconfitta. L’assemblea del PD aveva votato contro il rifinanziamento e questa decisione non è stata rispettata: abbiamo anche un serio problema di democrazia interna.

Se Orfini potesse cosa cambierebbe, subito?

Intanto abrogherei le norme che ci sono. Dobbiamo abrogare (e non modificare) i decreti sicurezza, abrogare la Bossi-Fini e ricostruire da un punto di vista complessivo le norme che gestiscono i flussi migratori e che aprono canali legali. Poi abbiamo bisogno di una politica differente dall’altra parte del Mediterraneo che smonti quel meccanismo di sostegno ai respingimenti illegali e che ripristini ciò che accadeva con Mare Nostrum: ricerca e salvataggio di concerto con le Ong e le navi della Marina e della Guardia Costiera.

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Lauree in Albania, soldi scudati in Svizzera: quando “serve” la Lega diventa internazionale

Lauree in Albania, soldi scudati in Svizzera: se “serve”, la Lega è internazionale

Dice “prima gli italiani” ma la Lega ama l’estero, eccome se lo ama, e si riferisce a Paesi stranieri quando c’è da brigare affari di soldi e utilità. C’è la laurea di Renzo Bossi in Albania, all’Università albanese Kriistal di Tirana, che potrebbe essere la prima scena di questa brutta commedia all’italiana in cui gli odiati albanesi (quelli contro cui la Lega ha lanciato strali) sono gli stessi che poi incoronano il figlio dell’imperatore. Rimarrà negli annali anche la meravigliosa risposta del figlio del Senatur, che ai giornali disse di essersi laureato a sua insaputa.

Ma Umberto Bossi e i figli Riccardo e Renzo sono finiti anche in un processo che ci porta addirittura in Tanzania, dove l’ex tesoriere del partito Francesco Belsito ha investito parte dei rimborsi elettorali, acquistato partite di diamanti e poi distribuito soldi alla famiglia del segretario della Lega. Il tesoriere genovese Franco Belsito alla vigilia di Capodanno 2012 fa partire da Genova il bonifico da 4,5 milioni di euro, destinati a finire in Tanzania, svelando il giro di mega prelievi, operazioni offshore, movimenti di assegni, vorticosi giri tra Africa e Cipro, milioni di corone norvegesi e pacchi di dollari australiani. La seconda scena della commediola in salsa leghista potrebbe essere quella Audi A6 che parte da Genova a Milano con undici diamanti e dieci lingotti d’oro nel bagagliaio da consegnare direttamente in via Bellerio. Si tratta del famoso processo dei famosi 49 milioni di euro (di cui Salvini continua a parlare come “parte lesa” dimenticandosi di diritti lesi dei cittadini italiani) che si è chiuso con un’inedita trattativa per cui il partito di Salvini pagherà in 76 comode rate annuali da 600mila euro l’una. Data di estinzione del debito: 2094, alla faccia dei cittadini abituati alle rateizzazioni di Equitalia.

Poi c’è quell’incontro in Russia, con la visita a Mosca del leader leghista all’epoca ministro e vicepremier, in cui il suo ex portavoce Gianluca Savoini all’Hotel Metropoli il 18 ottobre del 2018 parla di alcuni fondi neri che dovrebbero arrivare al partito attraverso una fornitura di petrolio. L’inchiesta è ancora in corso ma la conversazione (al di là del fatto che Salvini sapesse o meno) l’abbiamo ascoltata tutti. Infine c’è il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, con il suo trust alle Bahamas con 5 milioni di euro, regolarizzati da uno scudo fiscale ma sulla cui origine nulla dice.

Prima gli italiani, dicono, ma questi leghisti hanno le mani in pasta sui conti correnti in giro per il mondo.

Leggi anche:

1. Esclusivo TPI: Ecco che fine hanno fatto i 49 milioni della Lega / 2. Fondi Lega, l’ex tesoriere Belsito: “Dovete chiedere a Maroni e Salvini come hanno usato quei soldi” / 3. Fondi Lega: tutto quello che c’è da sapere sulla truffa allo Stato e sui soldi del partito spariti nel nulla

4. Esclusivo TPI, ex tesoriere Lega: “I 49 milioni? Li abbiamo spesi scientemente. Salvini era d’accordo” / 5. Esclusivo TPI: L’ex segretaria di Bossi accusa anche Giorgetti: “I milioni della Lega usati per licenziare i dipendenti” / 6. Esclusiva TPI: “Salvini sapeva dei 49 milioni spariti, ma non fece nulla”. Le rivelazioni shock dell’ex dipendente della Lega che incastrano il Segretario

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Abbas intanto è recluso, per niente

Abbas Mian Nadeem, un ragazzo pakistano con regolare permesso di soggiorno, è finito per errore nel Cara di Isola Capo Rizzuto insieme a migranti trovati positivi al Covid. Lui è sieropositivo, malato di epatite, immunodepresso e in quel luogo la sua salute è fortemente a rischio

È una storia che inizia con una pesca a strascico solo che si pescano uomini, mica pesci. L’hanno raccontata Alessia Candito e Floriana Bulfon per Repubblica e inizia a Amantea, in Calabria, dove i giorni scorsi molti cittadini sono scesi in piazza per protestare contro il trasferimento di alcuni migranti trovati positivi al Covid. Immaginate la scena: arrivano i mezzi per trasferire 11 persone da Amantea al Cara di Isola Capo Rizzuto. La struttura di Amantea è presidiata dai militari e molta gente esulta per essere riuscita a liberarsi dal peso di questi negri, sporchi e forse malati. Ma fin qui la storia non stupisce, è una storia che abbiamo già sentito in questi anni.

I militari arrivano a raccogliere le persone e a un certo punto una donna da una finestra si mette a urlare «Anche lui! Anche lui! Prendete anche lui!» e indica un altro ragazzo, lì nei pressi della struttura, anche lui nero per cui nella pesca a strascico il nero va con il nero. Prendono anche lui.

Lui è Abbas Mian Nadeem, un ragazzo pakistano con regolare permesso di soggiorno che vive da qualche anno a Amantea, si arrangia con qualche lavoretto e si trovava in quel momento in quel posto perché sa bene cosa significhi attraversare il mare e quindi aveva deciso di portare supporto e qualcosa di utile ai suoi compagni di sventura. Una persona legittimamente sul suolo italiano e legittimamente impegnata a portare solidarietà. Nel dubbio l’hanno caricato ed è finito anche lui al Cara di Isola Capo Rizzuto, una struttura in condizioni vergognose dove qualche materasso dovrebbe sembrare un letto. Il Cara di Isola Capo Rizzuto, tanto per capirsi, è lo stesso che stava nelle mani del clan di ‘ndrangheta Arena con un prete come prestanome.

All’arrivo al Cara qualcuno si accorge che le persone sono 12 rispetto alle 11 programmate, si prova a fare notare l’errore, Mian Nadeem prova a spiegarsi non accade niente. Niente. Il ragazzo, illegalmente recluso, contatta giornalisti e associazioni ma non si riesce a sbrogliare questa kafkiana situazione. Ma c’è di più: Mian Nadeem è sieropositivo e malato di epatite quindi immunodepresso e in questo momento sta con persone in quarantena per rischio coronavirus. Immaginate l’odore della paura.

Lui ha girato anche un video per mostrare le terribili condizioni in cui si ritrova ma ieri hanno tolto l’elettricità e non riesce nemmeno a caricare il suo telefono per comunicare con l’esterno. L’associazione La Guarimba Film Festival si è mossa per chiedere un intervento della Croce Rossa e della Questura. Per ora tutto tace. Abbas intanto è recluso, per niente.

Il Paese che siamo.

Buon martedì.

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Fratoianni a TPI: “Governissimo con Berlusconi? Non con noi. Ci sono interessi economici dietro”

Il rifinanziamento della Guardia Costiera libica ha spaccato il governo. Sono in molti a lamentare un cambio di rotta sull’immigrazione. Ne abbiamo parlato con il deputato Nicola Fratoianni di Leu, per TPI.it.

Fratoianni, ancora una volta l’Italia finanzia quelli che sono considerati quasi universalmente dei veri e propri aguzzini. Non le sembra che la gestione di questo Governo, in tema di immigrazione, non si discosti molto dalla gestione con Salvini al ministero dell’interno?
Per la verità non è cambiato molto nemmeno con quello che è successo con i governi precedenti al primo governo Conte: sono stati loro ad avviare la collaborazione con le autorità libiche. Piuttosto la votazione di ieri, con i voti contrari di 14 senatori e 23 parlamentari, indica che i numeri di chi si oppone a questa politica in campo migratorio sono decisamente più alti. Il rifinanziamento è passato con un voto trasversale che ha coinvolto anche i partiti all’opposizione.

E intanto rimangono lì anche i decreti sicurezza…
La discussione sui decreti sicurezza si sta svolgendo con un altro tratto e alla luce del lavoro che stiamo facendo mi sento di dare un giudizio prudentemente positivo perché da quel che vedo credo sia possibile ottenere un risultato assai significativo rispetto all’obiettivo che ci eravamo dati, ossia cancellare gli aspetti più regressivi che quei decreti avevano introdotto in materia di immigrazione.

Cosa ha pensato quando ha letto la notizia di quel cadavere rimasto per 15 giorni in acqua, avvistato ben 4 volte e con nessuna autorità che si è mossa?
Ho pensato che che il comportamento dell’Europa di fronte alla vicenda migratoria che ormai da troppi anni investe il Mediterraneo centrale resta un comportamento ipocrita e troppo spesso indifferente. Io sono stato in quel mare più di una volta, su diverse navi, e so che significa stare su una barca, in condizioni precarie, quando si ha l’impressione che non ci sia nessuna possibilità di arrivare sull’altra sponda.

Possiamo però dire che gli elettori che hanno a cuore la solidarietà possono essere ben poco soddisfatti di questo governo?
Certo non possono essere soddisfatti fino in fondo perché io credo che affrontare in modo radicalmente diverso le politiche migratorie sia la strada migliore per sconfiggere la destra peggiore di questo Paese. Serve un’alternativa radicale molto maggiore di oggi. Nello stesso tempo non sono tra quelli che pensa che le politiche migratorie siano le stesse del governo precedente: non lo sono nelle scelte concrete, nel rapporto con le ONG e nella gestione di porti. E spero di poter dire ben presto, forse a settembre, che non lo sarà più neanche sul terreno della legislazione.

Prodi e De Benedetti invocano addirittura Berlusconi. Che ne pensa?
Il rientro di Berlusconi è una vecchia tentazione che torna in alcuni momenti della politica italiana, la tentazione della trasversalità dell’unità nazionale intesa però come trasversalità di interessi. Penso che sarebbe un errore strategico e per quanto mi riguarda incompatibile con la nostra presenza.

Leggi anche: Rifinanziamento Guardia costiera libica, 23 dissidenti Pd e LeU votano contro il governo; 2. [Retroscena] – Nel Pd è saltato l’asse Zingaretti-Franceschini: ora il governo rischia davvero (di Luca Telese)

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“Addio Benetton. Il governo ha vinto. E anche l’Italia”: Giarrusso (M5S) a TPI

Dino Giarrusso è europarlamentare del Movimento 5 Stelle ma sempre molto attento alle dinamiche nazionali che riguardano il governo Conte. Si dice soddisfatto per l’accordo trovato su Autostrade e fiducioso per la tenuta del governo in futuro.
Onorevole Giarrusso, come valuta l’accordo con i Benetton preso dal governo?
Lo valuto molto positivamente perché per una volta un governo non cede al capitalismo di relazione che secondo me ha inquinato completamente la società italiana negli ultimi decenni, legando grandi capitali a vecchi partiti e sistema dell’informazione. Non era facile estromettere Benetton dal controllo delle Autostrade e questo governo ce l’ha fatta, la ritengo una vittoria per i cittadini.

Qualcuno però fa notare, anche all’interno del Movimento 5 Stelle, che la soluzione sia una revoca dolce e ci vorrà molto tempo prima che la soluzione si realizzi…
Io non la ritengo una revoca dolce. Per la prima volta in Italia chi ha commesso delle gravi mancanze (oltre ad avere fatto morire 43 persone, il crollo di un ponte è in sé una ferita per Genova e per l’Italia) non riceve sconti, cosa che ci è stata riconosciuta anche dalla Corte Costituzionale quando abbiamo deciso di non far partecipare la società alla ricostruzione del ponte. Poi…
Cosa?
Poi per i cittadini il pedaggio diminuirà significativamente e anche questa la ritengo una vittoria civile, un lavoro ben fatto. Inoltre ci sarà il risarcimento di 3,4 miliardi di euro, quindi chi ha sbagliato pagherà. Tra l’altro l’accettazione di queste condizioni fa sì che non ci siano contenzosi, ciò che in Italia può durare decenni e far permanere la concessione “in attesa di sentenza definitiva”. Abbiamo anche casi di contenziosi finiti economicamente molto male per lo Stato e quindi per le tasche di tutti noi: questa volta non accadrà.

Tutto bene quindi?
La ritengo una soluzione positiva ed anche un buon esempio per il futuro: val la pena sottolineare anche che scendendo sotto il 10% i Benetton non siederanno nemmeno più nel Consiglio di Amministrazione.
Come legge le fibrillazioni di Italia Viva, di alcuni del PD e addiritutra dello stesso M5S?
I mal di pancia di Italia Viva e minima parte del PD li leggo allo stesso modo in cui leggo che Prodi e De Benedetti insieme propongono di fare entrare Berlusconi nel governo: sono i colpi di coda di un sistema che non ha funzionato, non ha fatto il bene degli italiani eppure non vuole cedere per fini di potere. Nostalgie trasversali in tutti i vecchi partiti (tutti, nessuno escluso, purtroppo, compresi quelli che stanno e che stavano al governo con noi) di esponenti che fanno parte del vecchio sistema e che non vogliono cambiarlo. Per questo ci sono tante resistenze, il cambiamento scontenta molti. Nel M5S non ho sentito voci dissonanti sulla vicenda Autostrade.

Come valuta le tenuta di questo governo alla luce dei retroscena sull’ingresso di Forza Italia e i mal di pancia di Renzi?
Penso che questo governo abbia innegabilmente portato un cambiamento. Poi, per carità, può piacere o non piacere ma il cambiamento in Italia è una dinamica molto difficile. Ci sono state molte persone per bene che nei decenni scorsi hanno fatto battaglie anche importanti in formazioni “pulite”, ma purtroppo non hanno portato nessun risultato concreto se non quello della semplice testimonianza: il Movimento ha invece cambiato delle cose concrete -con tutti i nostri limiti – e questo crea problemi a chi vorrebbe che le cose non cambiassero mai. Il fatto che molti sedicenti antiberlusconiani – e persino storici nemici di Berlusconi come Prodi e De Benedetti – abbiano rivalutato la figura di Berlusconi “pur di togliere Conte e M5S dal governo” la dice lunga su quanto fastidio diamo al vecchio sistema. Questo valeva durante il contratto di governo con la Lega e vale adesso: abbiamo perseguito i nostri obiettivi e il nostro programma politico (penso alla legge Spazzacorrotti, al reddito di cittadinanza, al taglio dei vitalizi…) cercando di tenere la barra di governo quanto più vicina al nostro programma.

Intanto il Movimento ha trovato l’accordo sulla Liguria con il Partito Democratico candidando Sansa…
Non mi risultano accordi chiusi. Ciò detto: io penso che il Movimento sia alternativo a tutti gli altri partiti, dunque riguardo eventuali alleanze vanno valutate solo se rispettano i nostri valori. Ci sono regioni come la Sicilia in cui abbiamo sfiorato il 40% e non governiamo. Prima di parlare di accordi bisogna però decidere insieme programma, valori di riferimento e candidato presidente. In Campania, ad esempio, dove c’è De Luca per quel che mi riguarda non c’è nemmeno da discutere. Altrove si può discutere, ma tenendo sempre la barra dritta. Peraltro son cose che poi decideranno i nostri iscritti come abbiamo sempre fatto.
Ma il nome di Sansa la soddisfa?
C’è un tavolo in corso: se gli attivisti liguri e il capo politico stringono un accordo alle nostre condizioni, potremmo mettere fine alla disastrosa gestione Toti.

Leggi anche: 1. Autostrade: chi ha vinto e chi ha perso. Tra Conte e i Benetton, passa la linea Gualtieri / 2. Autostrade: dopo il Cdm vicina l’intesa finale. Niente revoca, ma Atlantia sotto il 10%: entra lo Stato

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